Si avvicina la scadenza dell’ultima proroga del termine per l’entrata in vigore della Riforma del sistema di riscossione locale, prevista dall’art. 7 del decreto sviluppo 2011 (DL. n. 70/2011). Dal 1° luglio 2013 infatti dovrebbe diventare effettivo l’abbandono di Equitalia dall’attività di riscossione dei tributi locali, originariamente previsto per il 1°gennaio 2012 e poi prorogato per quasi due anni “in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali”.
Il condizionale in questi casi è d’obbligo: in primo luogo, perchè nelle more dell’entrata in vigore il riordino in questione non c’è stato, in secondo luogo perchè dopo lo scandalo “Tributi Italia” (società di riscossione accusata di aver riscosso almeno 100 milioni di euro per conto di molti Comuni senza averli riversati nelle casse pubbliche) sarebbe quantomeno opportuna una riforma organica del sistema di riscossione locale e di nuove regole per gli operatori privati, prime fra tutti l’adozione di un codice deontologico e la previsione di più stringenti obblighi per i riversamenti delle somme nelle casse pubbliche.
Per gli oltre 6 mila Comuni per i quali Equitalia effettua al riscossione spontanea o coattiva di tributi e tariffe l’alternativa è duplice e poco agevole: o ricorrere ad un altro soggetto esterno (quale?), oppure riportare il servizio alla gestione interna e diretta da parte del Comune, cercando di barcamenarsi tra i vincoli di spesa e alle assunzioni imposti dalla spending review.
In Emilia Romagna ad esempio è stata conclusa una gara per l’affidamento del servizio di riscossione dei tributi locali del valore di 215 milioni di euro, indetta dall’Anci regionale e dal Comune di Bologna, aggiudicata ad una ATI, cui potranno aderire i singoli Comuni rimasti orfani da Equitalia. Ma si tratta di un caso più unico che raro, il problema per il momento rimane in attesa di soluzione.