Dovrebbe giungere a breve in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente della Repubblica con il quale verrà deciso il ricorso straordinario al Capo dello Stato promosso da AGI (Associazione Grandi Imprese) contro alcune norme del Regolamento di attuazione del Codice degli appalti in tema di qualificazione.
Il Decreto Presidenziale dovrebbe nella sostanza confermare il parere n. 3014/2013 del Consiglio di Stato che, di fatto, annullava gli artt. 109, comma 2 e 107, comma 2, del Regolamento.
Di seguito, riportiamo la nota dell’Ance dello scorso luglio in cui vengono analizzati i punti salienti della questione:
1. – Informiamo che il 26 giugno u.s. è stato emesso dal Consiglio di Stato il parere n. 3014/2013, richiesto dal Ministero delle Infrastrutture nell’ambito del procedimento avviato nel 2011 dall’AGI (Associazione Grandi Imprese) con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e finalizzato a contestare la legittimità di diversi articoli del Regolamento Generale (D.P.R. n. 207/2010) in materia di qualificazione.
In particolare, l’AGI ha contestato le disposizioni del Regolamento Generale che impediscono all’impresa appaltatrice, in possesso di qualificazione in una categoria di lavorazione generale (OG), di poter eseguire direttamente anche tutte le lavorazioni delle categorie specialistiche nonché “super specialistiche” previste nel bando come scorporabili (artt. 107, comma 2, 109, comma 2 e Allegato A).
La questione nasce dal fatto che la gran parte delle categorie specializzate menzionate nell’Allegato A del Regolamento sono indicate come categorie a qualificazione obbligatoria, con la conseguenza che l’affidatario privo della relativa specifica qualificazione non può eseguirle in via diretta, ma deve necessariamente subappaltarle ad un soggetto idoneamente qualificato (art. 109, comma 2). Inoltre, alcune delle categorie del Regolamento, ed in particolare quelle elencate all’art. 107, comma 2, sono definite come “superspecializzate” e per esse vale un regime ancora più rigido, considerato che, laddove siano di importo superiore al 15% dell’appalto, possono essere subappaltate solo nel limite del 30%, con conseguente obbligo per il concorrente privo della relativa qualificazione, di costituire un’ATI verticale obbligatoria con l’impresa specialistica (art. 37, comma 11, codice appalti).
Tale impostazione della normativa vigente, secondo AGI, finisce per vanificare il principio, pur contenuto nell’ambito del Regolamento Generale (art. 109, comma 1), secondo il quale, in linea di massima, l’affidatario dei lavori in possesso della qualificazione nella categoria generale dovrebbe poter eseguire tutte le lavorazioni complementari e necessarie per completare quello che è l’intervento che costituisce l’oggetto principale della sua qualificazione.
In sostanza, il dato quantitativo legato al numero eccessivo di categorie definite dal Regolamento “a qualificazione obbligatoria” (si tratta di 46 categorie su 52 complessive, delle quali ben 24 sono “superspecializzate”, con conseguente parziale divieto di subappalto) determina, di fatto, una inversione del rapporto tra regola ed eccezione, con l’effetto, illogico e contraddittorio, di imporre, ai fini dell’esecuzione, il ricorso pressoché generalizzato alle competenze delle imprese specialistiche.
Le contestazioni sollevate da AGI sono state condivise dal Consiglio di Stato che, dunque, ha accolto il ricorso relativamente a tali profili di illegittimità, sancendo l’annullamento delle relative previsioni normative. Pertanto, quando l’annullamento sarà efficace, con l’emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica, l’eliminazione dell’articolo 109, comma 2 comporterà, come effetto consequenziale, il venir meno dell’obbligo di ricorrere al subappalto per eseguire le categorie scorporabili specialistiche, le quali potranno essere eseguite direttamente dall’impresa appaltatrice in possesso di qualificazione nella categoria generale prevalente.
Inoltre, per quanto riguarda le categorie cosiddette “superspecializzate”, l’annullamento dell’articolo 107, comma 2 comporterà il momentaneo “congelamento” dell’articolo 37, comma 11 del decreto legislativo n. 163/2006, che ad esse si richiama.
2. – L’Agi ha contestato anche l’attuale articolo 85, comma 1, lett. b), nn. 2 e 3 del Regolamento, nella parte in cui prevede un limite all’utilizzabilità, ai fini della qualificazione nella categoria scorporabile, dei lavori affidati in subappalto, se questo ha superato il 30% dell’importo della categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria, ovvero il 40% nel caso di categoria a qualificazione obbligatoria.
Si ricorda, infatti, che, sensi dell’art. 85, ove l’appaltatore si mantenga entro i limiti segnati dalla disposizione (30% o 40% dei lavori) esso potrà sfruttare, ai fini della futura qualificazione, tutti i lavori subappaltati della categoria scorporabile, oltre a quelli eseguiti in proprio. Viceversa, nel caso in cui si oltrepassino tali limiti, fermo restando che la parte eccedente gli stessi non potrà essere sfruttata ai fini della qualificazione, le percentuali del 30% o 40% non potranno essere interamente destinate alla qualificazione nella categoria scorporabile, potendo al massimo essere ripartite tra categoria prevalente e scorporabile, con un limite di attribuibilità alla categoria scorporabile comunque non superiore al 10%.
Le contestazioni legate alla illegittimità di tale limite del 10% sono state condivise dal Consiglio di Stato, che ne ha sancito l’irragionevolezza. Di conseguenza, quando sarà emesso il Decreto Presidenziale e l’annullamento della previsione sarà efficace, l’appaltatore avrà verosimilmente la possibilità di utilizzare a fini qualificatori la quota dei lavori subappaltati, decurtata della parte eccedente il 30% o il 40%, ripartendola tra categoria prevalente e scorporabile, senza particolari limitazioni per quanto concerne la riferibilità alla categoria scorporabile.
3. – Sono state, invece, respinte le censure volte a far valere l’illegittimità:
- dell’art. 79, comma 19, nella parte in cui prevede l’obbligo, ai fini della qualificazione nelle categorie specializzate, di presenza in organico di operai dotati di patentino certificato. La norma, infatti, secondo il Consiglio di Stato, non si pone in contrasto con la normativa comunitaria in quanto la richiesta di una specifica qualificazione professionale dei lavoratori comporta una valorizzazione e non una contraddizione del requisito di qualificazione comunitario relativo all’organico medio.
- dell’ art. 79, comma 20, nella parte in cui prevede, per la qualificazione nelle categorie OS 13, OS 18-A, OS 18-B, e OS 32, l’obbligo di dimostrare di disporre di un adeguato stabilimento industriale specificamente adibito alla produzione dei beni oggetto della categoria. La norma non risulta in contrasto con la normativa comunitaria, che si riferisce all’attrezzatura, al materiale e all’equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore dispone per eseguire l’appalto. Infatti, lo stabilimento industriale si risolve, di fatto, in un insieme di attrezzature, materiali ed equipaggiamenti tecnici fisicamente collocati all’interno di una struttura logistica adibita alla produzione.
- dell’art. 79, comma 17, nella parte in cui prevede che, per la qualificazione nella categoria OS 12-A, ai fini del collaudo, l’esecutore debba presentare una certificazione del produttore dei beni oggetto della categoria attestante il corretto montaggio e la corretta installazione degli stessi. La norma, infatti, non risulta irragionevole, essendo finalizzata a prevedere una garanzia aggiuntiva che si traduce, per l’impresa, in un onere proporzionato rispetto al fine dell’interesse pubblico con essa perseguito.
4. – Va segnalato, infine, che sono state respinte anche le censure volte a far valere l’illegittimità dell’art. 92, comma 2 del regolamento, in tema di requisiti minimi e quote di esecuzione nelle ATI. Al riguardo, tuttavia, il Consiglio di Stato ha chiarito quale debba essere la corretta interpretazione della norma, alla luce del principio, elaborato dalla giurisprudenza, sulla necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione e quote di esecuzione.
In particolare, il Consiglio di Stato ha chiarito che la disposizione deve essere interpretata nel senso che l’impresa mandataria deve essere in possesso di una qualificazione superiore al 40% cento dei lavori, così come le mandanti devono essere in possesso di una qualificazione superiore al 10% dei lavori. Queste percentuali minime, tuttavia, non devono necessariamente essere spese in gara, potendo le imprese raggruppate decidere liberamente di partecipare al raggruppamento per una quota anche inferiore.
Si tratta di una indicazione particolarmente importante, che consente di risolvere definitivamente l’annoso problema concernente le quote di partecipazione ed esecuzione nelle ATI, riconoscendo alle imprese una maggiore libertà nella organizzazione della ripartizione dei lavori appaltati.
Si evidenzia che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica si concluderà, formalmente, con l’adozione di un Decreto Presidenziale, su proposta del Ministero delle Infrastrutture, conforme al parere reso dal Consiglio di Stato, che ha carattere vincolante per l’Amministrazione. Pertanto, anche il Decreto Presidenziale con cui sarà deciso il ricorso straordinario sarà, nel merito, sostanzialmente ripetitivo dei contenuti del parere del Consiglio di Stato. Naturalmente, verrà data tempestiva comunicazione della pubblicazione del Decreto Presidenziale, non appena nota.
Scarica il testo del parere num. 3014 del 26 giugno 2013 del Consiglio di Stato