Protezione degli autori che segnalano illeciti nel pubblico impiego

L’Assemblea della Camera dei deputati ha avviato, il 23 novembre 2015, la discussione del nuovo testo della proposta di legge recante disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, approrato dalle Commissioni riunite Giustizia e Lavoro pubblico e privato.

Il progetto è volto a introdurre misure di protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell’interesse pubblico, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel settore privato.Il progetto di legge è volto a introdurre misure di protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell’interesse pubblico, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel settore privato.

Il nuovo testo è composto da 2 articoli, relativi, rispettivamente, alla protezione dei dipendenti che segnalano illeciti nel settore pubblico e in quello privato.

All’articolo 1 viene infatti sostituito l’art. 54-bis del testo unico del pubblico impiego, in tema di tutela del dipendente pubblico.

La riforma prevede, anzitutto, che colui che denuncia in buona fede al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro non può essere – per motivi collegati alla segnalazione – soggetto a sanzioni, licenziato o sottoposto a misura comunque discriminatoria che abbia effetto sulle condizioni di lavoro.

L’ambito della segnalazione – comunque sottratta al diritto d’accesso agli atti previsto dalla legge 241 del 1990 – risulta più ampio rispetto a quello odierno, in quanto è fatto riferimento non solo a condotte illecite oggetto di segnalazione ma anche all’abuso.

Anche in tal caso, l’adozione eventuale delle misure discriminatorie va comunicata dall’interessato o dai sindacati più rappresentativi all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che, a sua volta, ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e gli altri organismi di garanzia per le determinazioni di competenza.

In particolare, rispetto al vigente art. 54-bis, la disciplina si applica alle segnalazioni fatte dal dipendente pubblico in buona fede, considerandosi tali quelle circostanziate, per le quali sia altamente probabile la verificazione dell’illecito o dell’abuso; la stessa buona fede è comunque esclusa ove il dipendente abbia agito con colpa grave.

E’ poi prevista l’estensione della norma ai collaboratori, consulenti con ogni tipologia di incarico o contratto nonché ai lavoratori o collaboratori di imprese appaltatrici di opere o di beni e servizi in favore della amministrazione pubblica.

L’art. 1 prevede poi il divieto di rivelare l’identità del segnalante. Tuttavia, se la contestazione disciplinare è fondata, anche solo parzialmente, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.

Non si prevede, in ogni caso, la possibilità di segnalazioni in forma anonima.

Viene poi affidata all’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la predisposizione di linee guida per la presentazione e gestione delle segnalazioni che garantiscano la riservatezza del dipendente segnalante.

Sono poi previsti meccanismi sanzionatori. In primo luogo, qualora venga accertata, nell’ambito dell’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte dell’ente, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro. Inoltre, qualora venga accertata l’assenza ovvero la adozione di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni non conformi, l’ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro.

Viene poi prevista un clausola di esclusione, secondo cui le nuove disposizioni non si applicano alle segnalazioni che costituiscano reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia, accertati anche solo da sentenza di condanna in primo grado. Disposizione di analoga finalità è contenuta nell’art. 54-bis del TU pubblico impiego (ma è necessaria la definitività della sentenza). Analogamente, le tutele sono escluse in caso di accertamento, anche con sentenza di primo grado, della responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.

Se, inoltre, al termine del procedimento (penale, civile o contabile) o all’esito dell’attività di accertamento dell’ANAC, risulti l’infondatezza della segnalazione e la carenza della buona fede da parte del segnalante, questi è sottoposto a procedimento disciplinare, che può concludersi anche con il licenziamento senza preavviso.

In relazione ai profili di compensazione connessi alla segnalazione fondata, si prevede che siano riconosciute “forme di premialità” in favore del dipendente; tali forme possono riguardare anche la valutazione della professionalità, da definirsi in sede contrattuale.

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Redazione

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