L’esclusione per irregolarità fiscali non definitive del Decreto Sblocca Cantieri

La nuova causa di esclusione dalle gare prevista dallo Sblocca Cantieri per le gravi irregolarità fiscali e contributive, anche se non definitivamente accertate

Nel testo del Decreto Legge 32/2019, Sblocca Cantieri, tra le modifiche più significative al Codice Appalti vi è quella in materia di cause di esclusione e requisiti di moralità di cui all’art. 80 del D.Lgs 50/2016.

Se prima della modifica un operatore economico doveva essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se aveva commesso violazioni gravi definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, il nuovo art. 80 rende possibile (ma, apparentemente, non obbligatoria) l’esclusione anche nel caso di violazioni fiscali e contributive non definitivamente accertate, purché le medesime siano a conoscenza della P.A., che le possano adeguatamente dimostrare.

L’esclusione può essere decisa anche in tutti quei casi nei quali non ci sia ancora una sentenza o un atto amministrativo definitivo, non più soggetto ad impugnazione.

Rimane il requisito della gravità della violazione, che per essere significativa deve essere di un ammontare superiore ai 5 mila euro.

Il testo del nuovo art. 80, comma 4, dopo le modifiche dello Sblocca Cantieri

Nel nuovo testo della norma si legge che “un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati”

Tuttavia ci sono le eccezioni previste dallo stesso articolo, eccezioni che impediscono l’esclusione dell’operatore economico anche in presenza di irregolarità fiscali e contributive comprovate (ed eventualmente definitivamente accertate).

Nella nuova norma si legge che non si può addivenire ad un’esclusione “quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe” ovvero “quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”.

Da dove viene la nuova causa di esclusione: la procedura di infrazione contro l’Italia

Senza dubbio la nuova norma allarga di molto le maglie della discrezionalità delle P.A., che adesso possono escludere le imprese in un numero di casi molto più ampio che in precedenza.

La nuova disposizione sembra ricalcare la stessa Direttiva Appalti, 2014/23/UE, che all’articolo 38, paragrafo 5, prevede la medesima possibilità di esclusione, anche in assenza di accertamento definitivo della violazione contributiva e fiscale.

Il Codice Appalti italiano era stato ritenuto dalla Commissione Europea in violazione delle direttive, proprio in quanto non consentiva “di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.

Le critiche alla norma e la sua potenziale incostituzionalità

Ovviamente l’introduzione della nuova causa di esclusione è stata oggetto di diverse critiche, in particolare dalle associazioni di imprenditori come l’ANCE.

Ma soprattutto vi è stata una critica severa da parte dell’Associazione dei Dottori Commercialisti (AIDC), secondo cui la nuova norma creerebbe un vero e proprio “Stato di polizia tributaria”.

Secondo l’ente esponenziale dei dottori commercialisti “la norma che introduce una causa di esclusione dagli appalti pubblici per le imprese non in regola con gli obblighi di pagamento di imposte e contributi, anche non definitivamente accertati, è semplicemente illegittima”.

Si legge nel comunicato stampa dell’AIDC che “Il sistema tributario e legale prevede la distinzione tra pretese definitive e pretese in via di definizione. E’ del tutto evidente che non può essere considerato debitore un soggetto per il quale una data pretesa impositiva non sia stata ancora definitivamente accertata. Le stesse direttive europee nn. 23 e 24/2014, pur dettando specifiche regole a tutela della trasparenza negli affidamenti e della libera concorrenza, prevedono la possibilità di escludere gli operatori economici dagli appalti solo quando vi sia intervenuta una decisione giudiziaria ed amministrativa definitiva e vincolante ed a condizione che l’inadempimento sia di rilevante entità. Il diritto tributario e prima ancora le norme costituzionali prevedono, infatti, specifici diritti e doveri non solo per i contribuenti, ma anche per l’amministrazione   finanziaria, in tutte le sue articolazioni”.

Pertanto, l’Associazione dei Commercialisti auspica “che nell’iter di approvazione del DL 32/2019 sia rilevata la palese incostituzionalità della norma per lesione del diritto alla difesa, nella parte della disposizione che non consente di escludere dal novero delle irregolarità tributarie e previdenziali i debiti solo potenziali, oggetto di regolare impugnazione, sino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva che acclari la fondatezza e legittimità della pretesa. Del pari, invita a riformulare la norma, affinché sia rispettato il criterio quantitativo di significatività del debito, richiamato dalle stesse direttive di cui ante”.

Redazione

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