Direttiva 98/5/CE del 16.2.98

Direttiva 98/5/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 49 e l’articolo 57, paragrafo 1 e paragrafo 2, prima e terza frase,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 189 B del trattato,

1. considerando che, secondo l’articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne e che, a norma dell’articolo 3, lettera c) del trattato, l’eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi costituisce uno degli obiettivi della Comunità; che, per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, in particolare, la facoltà di esercitare, nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui essi hanno acquisito le loro qualifiche professionali;
2. considerando che un avvocato in possesso di tutte le qualifiche prescritte in uno Stato membro può fin da ora chiedere il riconoscimento del proprio diploma per stabilirsi in un altro Stato membro, allo scopo di esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale di questo Stato membro a norma della direttiva 89/48/CEE, del 21 dicembre 1988, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di insegnamento superiore che sanzionano formazioni professionali della durata minima di tre anni (4;; che tale direttiva ha lo scopo di garantire l’integrazione dell’avvocato nella professione dello Stato membro ospitante e non mira né a modificare le regole professionali in esso vigenti, né a sottrarre l’avvocato all’applicazione delle stesse;
3. considerando che alcuni avvocati possono integrarsi rapidamente nella professione dello Stato membro ospitante, in particolare superando la prova attitudinale prevista dalla direttiva 89/48/CEE, mentre altri avvocati in possesso di tutte le qualifiche prescritte devono poter ottenere tale integrazione dopo un certo periodo di esercizio della professione nello Stato membro ospitante con il proprio titolo professionale d’origine oppure continuare la loro attività con il titolo professionale d’origine;
4. considerando che questo periodo deve consentire all’avvocato di integrarsi nella professione dello Stato membro ospitante previa verifica del possesso di un’esperienza professionale in tale Stato membro;
5. considerando che un’azione comunitaria in materia è giustificata non solo perché rispetto al sistema generale di riconoscimento offre agli avvocati un metodo più semplice che consente loro di integrarsi nella professione di uno Stato membro ospitante, ma anche perché, dando agli avvocati la possibilità di esercitare stabilmente con il loro titolo professionale d’origine in uno Stato membro ospitante, risponde alle esigenze degli utenti del diritto, che a motivo del flusso crescente delle attività commerciali, dovuto particolarmente alla creazione del mercato interno, chiedono consulenze in occasione di operazioni transfrontaliere nelle quali si trovano spesso strettamente connessi il diritto internazionale, il diritto comunitario e i diritti nazionali;
6. considerando che un’azione comunitaria è giustificata anche dal fatto che alcuni Stati membri già consentono ad avvocati provenienti da altri Stati membri di esercitare attività professionali, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, sul proprio territorio con il loro titolo professionale d’origine; che, tuttavia, negli Stati membri che riconoscono tale diritto le modalità del suo esercizio sono profondamente diverse in relazione, ad esempio, al campo di attività e all’obbligo di iscrizione presso le autorità competenti; che una siffatta disparità di situazioni dà luogo a disparità di trattamento e a distorsioni della concorrenza fra gli avvocati degli Stati membri e costituisce un ostacolo alla loro libera circolazione; che solo una direttiva che stabilisca le condizioni per l’esercizio della professione, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, da parte degli avvocati che esercitano la loro attività con il loro titolo professionale di origine, è in grado di risolvere questi problemi e di dare, in tutti gli Stati membri, identiche possibilità agli avvocati ed agli utenti del diritto;
7. considerando che la presente direttiva, in armonia con le sue finalità, si astiene dal disciplinare situazioni giuridiche puramente interne e lascia impregiudicate le norme nazionali dell’ordinamento professionale, salvo laddove ciò risulti indispensabile per consentire di conseguire pienamente i suoi scopi; che, in particolare, essa non lede in alcun modo la disciplina nazionale relativa all’accesso alla professione di avvocato e al suo esercizio con il titolo professionale dello Stato membro ospitante;
8. considerando che occorre sottoporre gli avvocati contemplati dalla presente direttiva all’obbligo di iscriversi presso l’autorità competente dello Stato membro ospitante, in modo che questa possa accertare che essi ottemperano alle regole professionali e deontologiche ivi vigenti; che resta riservata al diritto applicabile agli avvocati dello Stato membro ospitante la disciplina degli effetti di detta iscrizione relativamente alle circoscrizioni giudiziarie e ai vari ordini e gradi di giurisdizione dinanzi ai quali gli avvocati possono patrocinare;
9. considerando che gli avvocati non integrati nella professione dello Stato membro ospitante sono tenuti ad esercitare nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine, onde garantire la corretta informazione dei consumatori e permettere di distinguere questi avvocati e gli avvocati dello Stato membro ospitante che esercitano con il titolo professionale rilasciato da quest’ultimo;
10. considerando che occorre permettere agli avvocati contemplati dalla presente direttiva di dare consulenze, in particolare nel diritto dello Stato membro di origine, nel diritto comunitario, nel diritto internazionale e nel diritto dello Stato membro ospitante; che questa possibilità era già contemplata per quanto attiene alla prestazione di servizi dalla direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati (5; che, tuttavia, occorre prevedere, come nella direttiva 77/249/CEE, la facoltà di escludere dalle attività degli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale di origine nel Regno Unito ed in Irlanda determinati atti in materia immobiliare e successoria; che la presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni che, in ogni Stato membro, riservano alcune attività a professioni diverse da quella di avvocato; che occorre altresì prevedere, come nella direttiva 77/249/CEE, la facoltà per lo Stato membro ospitante di esigere che l’avvocato che esercita con il suo titolo professionale di origine agisca di concerto con un avvocato ivi stabilito per rappresentare e difendere un cliente in giudizio; che l’obbligo di agire di concerto si applica secondo l’interpretazione che di tale nozione ha dato la Corte di giustizia delle Comunità europee, in particolare nella sentenza pronunciata il 25 febbraio 1988 nella causa 427/85, Commissione/Germania (6);
11. considerando che per garantire il buon funzionamento della giustizia occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di riservare, mediante norme specifiche, l’accesso ai loro più alti organi giurisdizionali ad avvocati specializzati, senza ostacolare l’integrazione degli avvocati degli Stati membri che soddisfino le condizioni richieste;
12. considerando che l’avvocato iscritto con il proprio titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante deve restare iscritto presso l’autorità competente dello Stato membro d’origine se vuole conservare la sua qualifica di avvocato ed avvalersi della presente direttiva; che, per tale ragione, è indispensabile instaurare una stretta collaborazione fra le autorità competenti, soprattutto nell’eventualità di procedimenti disciplinari;
13. considerando che gli avvocati contemplati dalla presente direttiva possono, indipendentemente dalla loro qualifica di liberi professionisti o di lavoratori subordinati nello Stato membro di origine, esercitare la professione nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato nello Stato membro ospitante se ed in quanto quest’ultimo offra tale possibilità ai propri avvocati;
14. considerando che la presente direttiva permette agli avvocati di esercitare la loro attività in un altro Stato membro con il proprio titolo professionale di origine anche allo scopo di facilitare loro l’ottenimento del titolo professionale dello Stato membro ospitante; che, a norma degli articoli 48 e 52 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia, lo Stato membro ospitante è comunque tenuto a prendere in considerazione l’esperienza professionale acquisita nel suo territorio; che, dopo tre anni di attività effettiva e regolare svolta nello Stato membro ospitante e riguardante il diritto di questo Stato membro, ivi compreso il diritto comunitario, è lecito presumere che tali avvocati abbiano acquisito le competenze necessarie per integrarsi completamente nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante; che al termine di tale periodo l’avvocato in grado, con riserva di una verifica, di comprovare la propria competenza professionale nello Stato membro ospitante, deve poter ottenere il titolo professionale di tale Stato membro; che, qualora l’attività effettiva e regolare di almeno tre anni sia di durata inferiore relativamente al diritto dello Stato membro ospitante, l’autorità deve tenere conto anche delle altre conoscenze di tale diritto che può verificare nel corso di un colloquio; che se non viene fornita la prova che tali condizioni sono soddisfatte, la decisione dell’autorità competente di tale Stato di non concedere il titolo professionale di quest’ultimo, secondo le modalità di agevolazione connesse con tali condizioni, deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno;
15. considerando che l’evoluzione economica e professionale nella Comunità dimostra che la facoltà di esercitare in comune la professione di avvocato, ivi compreso in forma di associazione, sta diventando una realtà; che occorre evitare che il fatto di esercitare la professione in comune nello Stato membro di origine costituisca un pretesto per opporre ostacoli o intralci allo stabilimento nello Stato membro ospitante degli avvocati che vi partecipano; che occorre tuttavia consentire agli Stati membri di adottare provvedimenti adeguati per conseguire lo scopo legittimo di garantire l’indipendenza della professione; che si devono prevedere in ogni Stato membro delle garanzie che consentano l’esercizio in comune della professione,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1
Scopo, campo di applicazione e definizioni
1. Scopo della presente direttiva è di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato, in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale.
2. Ai fini della presente direttiva, si intende per
a) avvocato, ogni persona, avente la cittadinanza di uno Stato membro, che sia abilitata ad esercitare le proprie attività professionali facendo uso di uno dei seguenti titoli professionali:
b) Stato membro di origine, lo Stato membro nel quale l’avvocato ha acquisito il diritto di utilizzare uno dei titoli professionali di cui alla lettera a) prima di esercitare la professione di avvocato in un altro Stato membro;
c) Stato membro ospitante, lo Stato membro nel quale l’avvocato esercita secondo le disposizioni della presente direttiva;
d) titolo professionale di origine, il titolo professionale dello Stato membro nel quale l’avvocato ha acquistato il diritto di utilizzare tale titolo prima di esercitare la professione di avvocato nello Stato membro ospitante;
e) studio collettivo, qualsiasi entità, con o senza personalità giuridica e costituita secondo la legislazione di uno Stato membro, nell’ambito della quale alcuni avvocati esercitano la loro attività professionale in comune e sotto una denominazione comune;
f) titolo professionale corrispondente o professione corrispondente, il titolo professionale o la professione facente capo all’autorità competente presso la quale l’avvocato si è iscritto a norma dell’articolo 3, e per autorità competente, tale autorità.
3. La presente direttiva si applica agli avvocati che esercitano la professione sia come liberi professionisti che come lavoratori subordinati nello Stato membro di origine e, fatto salvo l’articolo 8, nello Stato membro ospitante.
4. L’esercizio della professione di avvocato, a norma della presente direttiva, non riguarda le prestazioni di servizi disciplinate dalla direttiva 77/249/CEE.
Articolo 2
Diritto di esercitare la professione con il proprio titolo professionale di origine
Gli avvocati hanno il diritto di esercitare stabilmente le attività di avvocato precisate all’articolo 5 in tutti gli altri Stati membri con il proprio titolo professionale di origine.
L’integrazione nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante è soggetta alle disposizioni dell’articolo 10.
Articolo 3
Iscrizione presso l’autorità competente
1. L’avvocato che intende esercitare in uno Stato membro diverso da quello nel quale ha acquisito la sua qualifica professionale deve iscriversi presso l’autorità competente di detto Stato membro.
2. L’autorità competente dello Stato membro ospitante procede all’iscrizione dell’avvocato su presentazione del documento attestante l’iscrizione di questi presso la corrispondente autorità competente dello Stato membro di origine. Essa può esigere che l’attestato dell’autorità competente dello Stato membro di origine non sia stato rilasciato prima dei tre mesi precedenti la sua presentazione. Essa dà comunicazione dell’iscrizione all’autorità competente dello Stato membro di origine.
3. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1:
– nel Regno Unito e in Irlanda, gli avvocati, che esercitano con un titolo professionale diverso da quelli del Regno Unito e dell’Irlanda si iscrivono presso l’autorità competente per la professione di “barrister” o di “advocate”, oppure presso l’autorità competente per la professione di “solicitor”.
– nel Regno Unito, l’autorità competente per un “barrister” irlandese è quella competente per la professione di “barrister” o di “advocate” e per un “solicitor” irlandese è quella competente per la professione di “solicitor”.
– in Irlanda, l’autorità competente per un “barrister” o un “advocate” del Regno Unito è quella competente per la professione di “barrister” e per un “solicitor” del Regno Unito quella competente per la professione di “solicitor”.
4. Quando pubblica i nomi degli avvocati iscritti nei suoi albi professionali, l’autorità competente dello Stato membro ospitante pubblica anche i nomi degli avvocati iscritti in forza della presente direttiva.
Articolo 4
Esercizio con il titolo professionale di origine
1. L’avvocato che esercita nello Stato membro ospitante con il proprio titolo professionale di origine è tenuto ad esercitare facendo uso di questo titolo, che deve essere indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di origine, comunque in modo comprensibile e tale da evitare confusioni con il titolo professionale dello Stato membro ospitante.
2. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, lo Stato membro ospitante può esigere che l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine aggiunga la denominazione dell’organizzazione professionale cui appartiene nello Stato membro di origine ovvero quella della giurisdizione presso la quale può patrocinare secondo la normativa dello Stato membro di origine. Lo Stato membro ospitante può altresì esigere che l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine menzioni la sua iscrizione presso l’autorità competente di tale Stato membro.
Articolo 5
Campo di attività
1. Salvo i paragrafi 2 e 3, l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine svolge le stesse attività professionali dell’avvocato che esercita con il corrispondente titolo professionale dello Stato membro ospitante, e può, in particolare, offrire consulenza legale sul diritto del proprio Stato membro d’origine, sul diritto comunitario, sul diritto internazionale e sul diritto dello Stato membro ospitante. Esso rispetta comunque le norme di procedura applicabili dinanzi alle giurisdizioni nazionali.
2. Gli Stati membri che autorizzano una determinata categoria di avvocati a redigere sul loro territorio atti che conferiscono il potere di amministrare i beni dei defunti o riguardanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, che in altri Stati membri sono riservati a professioni diverse da quella dell’avvocato, possono escludere da queste attività l’avvocato che esercita con un titolo professionale di origine rilasciato in uno di questi ultimi Stati membri.
3. Per l’esercizio delle attività relative alla rappresentanza ed alla difesa di un cliente in giudizio e nella misura in cui il proprio diritto riservi tali attività agli avvocati che esercitano con un titolo professionale dello Stato membro ospitante, quest’ultimo può imporre agli avvocati che ivi esercitano con il proprio titolo professionale di origine di agire di concerto con un avvocato che eserciti dinanzi alla giurisdizione adita e il quale resta, eventualmente, responsabile nei confronti di tale giurisdizione, oppure con un “avoué” patrocinante dinanzi ad essa.
Ciononostante, per assicurare il buon funzionamento della giustizia, gli Stati membri possono stabilire norme specifiche di accesso alle Corti supreme, quali il ricorso ad avvocati specializzati.
Articolo 6
Regole professionali e deontologiche applicabili
1. Indipendentemente dalle regole professionali e deontologiche cui è soggetto nel proprio Stato membro di origine, l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale d’origine è soggetto alle stesse regole professionali e deontologiche cui sono soggetti gli avvocati che esercitano col corrispondente titolo professionale dello Stato membro ospitante per tutte le attività che esercita sul territorio di detto Stato.
2. Gli, avvocati che esercitano con il proprio titolo professionale di origine devono essere adeguatamente rappresentati nelle organizzazioni professionali dello Stato membro ospitante. Tale rappresentanza prevede almeno un diritto di voto per l’elezione degli organi di dette organizzazioni.
3. Lo Stato membro ospitante può imporre all’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine l’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione per la responsabilità professionale o l’obbligo di affiliarsi ad un fondo di garanzia professionale, secondo la normativa che disciplina le attività professionali esercitate sul suo territorio. L’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine è tuttavia dispensato dall’osservanza di tale obbligo, qualora documenti di avere sottoscritto un’assicurazione o di essere coperto da una garanzia secondo la normativa dello Stato membro di origine, nella misura in cui le modalità e l’estensione della copertura siano equivalenti. Qualora l’equivalenza sia solo parziale, l’autorità competente dello Stato membro ospitante può esigere che l’interessato sottoscriva un’assicurazione o una garanzia complementare per coprire gli elementi che non risultino già coperti dall’assicurazione o dalla garanzia sottoscritta secondo la normativa dello Stato membro d’origine.
Articolo 7
Procedimenti disciplinari
1. Se l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine non ottempera agli obblighi vigenti nello Stato membro ospitante si applicano le regole di procedura, le sanzioni e i mezzi di ricorso previsti nello Stato membro ospitante.
2. Prima di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale d’origine, l’autorità competente dello Stato membro ospitante ne dà comunicazione con la massima sollecitudine all’autorità competente dello Stato membro di origine fornendo a questa ogni informazione utile.
Il primo comma si applica, mutatis mutandis, allorché un procedimento disciplinare è avviato dall’autorità competente dello Stato membro d’origine, che ne informa l’autorità competente dello Stato o degli Stati membri ospitanti.
3. Senza pregiudizio del potere decisionale dell’autorità competente dello Stato membro ospitante, questa coopera per tutto lo svolgimento del procedimento disciplinare con l’autorità competente dello Stato membro di origine. In particolare, lo Stato membro ospitante prende le disposizioni necessarie affinché l’autorità competente dello Stato membro di origine possa presentare le proprie osservazioni dinanzi agli organi competenti per i ricorsi.
4. L’autorità competente dello Stato membro di origine decide, secondo le proprie norme sostanziali e procedurali, quali conseguenze debbano trarsi dalla decisione presa dall’autorità competente dello Stato membro ospitante nei confronti dell’avvocato che ivi esercita con il proprio titolo professionale d’origine.
5. Pur non costituendo una condizione preliminare della decisione dell’autorità competente dello Stato membro ospitante, la revoca temporanea o definitiva dell’abilitazione all’esercizio della professione disposta dall’autorità competente dello Stato membro di origine comporta automaticamente, per l’avvocato che ne è oggetto, il divieto temporaneo o definitivo di esercitare con il proprio titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante.
Articolo 8
Esercizio nell’ambito di un rapporto subordinato
L’avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione come lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un’associazione o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, qualora lo Stato membro ospitante lo consenta agli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia.
Articolo 9
Motivazione e ricorso giurisdizionale
Le decisioni con cui viene negata o revocata l’iscrizione di cui all’articolo 3 e le decisioni che infliggono sanzioni disciplinari devono essere motivate.
Tali decisioni sono soggette a ricorso giurisdizionale di diritto interno.
Articolo 10
Assimilazione all’avvocato dello Stato membro ospitante
1. L’avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine e che abbia comprovato l’esercizio per almeno tre anni di un’attività effettiva e regolare nello Stato membro ospitante, e riguardante il diritto di tale Stato, ivi compreso il diritto comunitario, è dispensato dalle condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 89/48/CEE per accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante. Per attività effettiva e regolare si intende l’esercizio reale dell’attività senza interruzioni che non siano quelle dovute agli eventi della vita quotidiana.
Grava sull’interessato l’onere di provare all’autorità competente dello Stato membro ospitante l’esercizio di tale attività effettiva e regolare per una durata minima di tre anni nel diritto dello Stato membro ospitante. A tal fine:
a) l’avvocato fornisce all’autorità competente dello Stato ospitante ogni informazione e documento utile, in particolare per quanto attiene al numero e alla natura delle pratiche trattate;
b) l’autorità competente dello Stato membro ospitante può verificare il carattere regolare ed effettivo dell’attività esercitata e, se necessario, invitare l’avvocato a fornire oralmente o per iscritto chiarimenti o precisazioni supplementari in merito alle informazioni e ai documenti menzionati nella lettera a).
La decisione dell’autorità competente dello Stato membro ospitante di non concedere tale dispensa qualora non sia fornita la prova che i requisiti di cui al primo comma sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno.
2. Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine in uno Stato membro ospitante può in qualsiasi momento chiedere il riconoscimento del proprio diploma a norma della direttiva 89/48/CEE, allo scopo di accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante e di esercitarla con il titolo professionale corrispondente a tale professione in detto Stato membro.
3. Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine, che dimostri un’attività effettiva e regolare per un periodo di almeno tre anni nello Stato membro ospitante, ma di durata inferiore relativamente al diritto di tale Stato membro, può ottenere dall’autorità competente di detto Stato membro l’accesso alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante e il diritto di esercitarla con il titolo professionale corrispondente a tale professione in detto Stato membro, senza dover rispettare le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 89/48/CEE, alle condizioni e secondo le modalità qui di seguito indicate:
a) L’autorità dello Stato membro ospitante prende in considerazione l’attività effettiva e regolare nel corso del periodo sopra precisato, nonché le conoscenze e le esperienze professionali nel diritto dello Stato membro ospitante, nonché la partecipazione del richiedente a corsi o seminari che vertono sul diritto dello Stato membro ospitante, compreso l’ordinamento della professione e la deontologia professionale.
b) L’avvocato fornisce all’autorità dello Stato membro ospitante tutte le informazioni e i documenti utili, in particolare sulle pratiche da lui seguite. La valutazione dell’attività effettiva e regolare dell’avvocato svolta nello Stato ospitante, nonché la valutazione della sua capacità di proseguire l’attività ivi esercitata viene effettuata nell’ambito di un colloquio con l’autorità competente dello Stato membro ospitante, che mira a verificare il carattere regolare ed effettivo dell’attività esercitata.
La decisione dell’autorità competente dello Stato membro ospitante di non concedere l’autorizzazione qualora non sia fornita la prova che i requisiti stabiliti al primo comma sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno.
4. L’autorità competente dello Stato membro ospitante può, con decisione motivata soggetta a un ricorso giurisdizionale di diritti interno, non ammettere l’avvocato al beneficio delle disposizioni del presente articolo qualora ritenga che l’ordine pubblico sarebbe pregiudicato, in particolare a causa di procedimenti disciplinari, di reclami o di altri incidenti di qualsiasi natura.
5. I rappresentanti dell’autorità competente incaricati di istruire le domande garantiscono il segreto su tutte le informazioni ottenute.
6. L’avvocato che accede alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante secondo le modalità previste dai paragrafi 1, 2, e 3 ha diritto di far uso, a fianco del titolo professionale corrispondente alla professione di avvocato nello Stato membro ospitante, del titolo professionale d’origine indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro d’origine.
Articolo 11
Esercizio in comune della professione
Ove l’esercizio in comune della professione sia consentito agli avvocati che esercitano l’attività col titolo professionale corrispondente nello Stato membro ospitante, agli avvocati che intendono esercitare l’attività con tale titolo o che si iscrivono presso l’autorità competente si applicano le seguenti disposizioni:
1) Uno o più avvocati che esercitino col proprio titolo professionale d’origine in uno Stato membro ospitante e membri di uno stesso studio collettivo nello Stato membro di origine, possono praticare la loro attività professionale nell’ambito di una succursale o di un’agenzia del loro studio collettivo nello Stato membro ospitante. Tuttavia, quando le regole fondamentali che disciplinano la costituzione dell’attività di tale studio collettivo nello Stato membro di origine siano incompatibili con le regole fondamentali derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro ospitante, queste ultime regole si applicano se ed in quanto la loro osservanza sia giustificata dall’interesse generale della tutela dei clienti e dei terzi.
2) Ogni Stato membro offre la possibilità a due o più avvocati provenienti dallo stesso studio collettivo o dallo stesso Stato membro d’origine e che esercitano sul suo territorio con il loro titolo professionale d’origine di accedere ad una forma d’esercizio in comune della professione. Agli stessi avvocati devono essere accessibili tutte le forme di esercizio in comune della professione eventualmente consentite dall’ordinamento dello Stato membro ospitante. Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dello Stato membro ospitante disciplinano le modalità secondo le quali tali avvocati esercitano in comune le loro attività.
3) Lo Stato membro ospitante prende i provvedimenti necessari per consentire l’esercizio in comune delle attività professionali anche
a) a più avvocati provenienti da Stati membri diversi che esercitano con il loro titolo professionale di origine,
b) a uno o più avvocati di cui alla lettera a) e a uno o più avvocati dello Stato membro ospitante.
Le modalità secondo le quali detti avvocati esercitano in comune la loro attività nello Stato membro ospitante sono disciplinate dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro.
4) L’avvocato che intenda esercitare col proprio titolo professionale di origine informa l’autorità competente dello Stato membro ospitante di far parte di uno studio collettivo nel proprio Stato membro di origine e fornisce tutte le informazioni utili riguardanti quest’ultimo.
5) In deroga ai punti da 1 a 4 lo Stato membro ospitante, qualora vieti agli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale corrispondente l’esercizio della professione di avvocato nell’ambito di uno studio in cui operino persone estranee alla professione, può rifiutare ad un avvocato iscritto col suo titolo professionale d’origine di esercitare sul proprio territorio in qualità di membro di tale studio. Si considera che nello studio operano persone estranee alla professione allorché:
– il capitale di quest’ultimo è detenuto in tutto o in parte, o
– la denominazione con la quale viene esercitata la professione è utilizzata, ovvero
– il potere decisionale viene esercitato di fatto e di diritto,
da persone non aventi la qualifica di avvocato a norma dell’articolo 1, paragrafo 2.
Qualora le norme fondamentali alla base di un simile studio collettivo di avvocati nello Stato membro di origine siano incompatibili con le norme in vigore nello Stato membro ospitante o con le disposizioni di cui al primo comma, lo Stato membro ospitante può, senza le restrizioni di cui al punto 1), opporsi all’apertura di una filiale o di un’agenzia nel proprio territorio.
Articolo 12
Denominazione dello studio collettivo
Indipendentemente dalle modalità secondo le quali esercitano la professione con il loro titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante, gli avvocati possono menzionare la denominazione dello studio collettivo di cui fanno parte nello Stato membro di origine.
Lo Stato membro ospitante può esigere che, oltre alla denominazione di cui al primo comma sia indicata anche la forma giuridica dello studio collettivo nello Stato membro di origine e/o i nomi dei suoi membri che esercitano nel proprio territorio.
Articolo 13
Cooperazione fra le autorità competenti dello Stato membro ospitante e dello Stato membro d’origine e riservatezza
Allo scopo di facilitare l’applicazione della presente direttiva ed evitare che le sue disposizioni siano eluse al solo scopo di sottrarsi all’osservanza della normativa vigente nello Stato membro ospitante, le autorità competenti di questo e dello Stato membro d’origine collaborano strettamente e si accordano reciproca assistenza.
Esse garantiscono la riservatezza delle informazioni che si comunicano.
Articolo 14
Designazione delle autorità competenti
Al più tardi il 14 marzo 2000 gli Stati membri designano le autorità competenti a ricevere le domande e a prendere le decisioni contemplate dalla presente direttiva. Essi ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.
Articolo 15
Relazione della Commissione
Entro dieci anni a decorrere dall’entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenterà una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva.
Dopo aver proceduto a tutte le consultazioni necessarie, essa presenterà in tale occasione le sue conclusioni e le eventuali modifiche da apportare al sistema in vigore.
Articolo 16
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 14 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 17
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 18
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Bruxelles, 16 febbraio 1998.
Per il Parlamento
Il Presidente
J. M. GIL-ROBLES
Per il Consiglio
Il Presidente
J. CUNNINGHAM

La pubblicazione del testo non ha carattere di ufficialità.
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Redazione

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