Corte Costituzionale n. 466 del 2000

Corte Costituzionale n. 466 del 2000

La Corte Costituzionale
ha pronunciato la seguente

Ordinanza (n.466/2000)

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), promossi con cinque ordinanze emesse il 25 novembre 1999, quindi il 27 gennaio 2000 con undici ordinanze, il 10 gennaio 2000 con quattro ordinanze, il 27 gennaio 2000 con sette ordinanze, il 10 gennaio 2000 con 13 ordinanze, il 27 gennaio 2000 con sei ordinanze, il 10 febbraio 2000 con sei ordinanze e il 9 marzo 2000 con sette ordinanze dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia rispettivamente iscritte ai nn. dal 117 al 121, dal 213 al 253, dal 417 al 421, al 449 e dal 502 al 508 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 21, 30 e 31, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visti gli atti di costituzione di Russo Aldo, di De Grazia Antonio e di Angelillo Giustina, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2000 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
uditi gli avvocati Giovanni Cocco per Russo Aldo, Umberto Ghezzi per De Grazia Antonio e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – investito di ricorsi per l’annullamento di provvedimenti di non ammissione alle prove orali per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato – con cinquantanove ordinanze di identico contenuto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);
che ad avviso del rimettente l’enunciazione dei motivi del giudizio, ancorché sintetica, è indispensabile affinché il candidato possa effettuare un riscontro fra il contenuto della prova e la valutazione sfavorevole, potendosi comprendere il “perché” del voto soltanto quando esso è accompagnato da un giudizio o trova illustrazione nella simbologia utilizzata nelle correzioni o, ancora, quando può essere compiuto il raffronto con criteri predeterminati;
che secondo il diritto vivente, quale risulta dalle decisioni del Consiglio di Stato, l’art. 3 della legge n. 241 del 1990 esime la commissione dall’obbligo di motivare i giudizi d’esame; ma il vincolo costituito dal diritto vivente – prosegue il TAR – non implica che su di esso non possano essere avanzati dubbi di legittimità costituzionale, come chiarito dalla sentenza di questa Corte n. 350 del 1997;
che il Tribunale amministrativo dubita pertanto della conformità a Costituzione di tale indirizzo interpretativo, sostenendo che non sarebbe ragionevole (art. 3) escludere l’obbligo di motivazione per i giudizi d’esame;
che la tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113) si ridurrebbe al mero riscontro di profili estrinseci e formali, come quelli inerenti alle garanzie relative alla collegialità dell’organo giudicante e alla sua composizione; e che, comunque, il principio di buon andamento e di imparzialità (art. 97) richiede la piena trasparenza dell’azione amministrativa;
che il giudice a quo chiede “in subordine”, ove si ritenga conforme al dato normativo l’interpretazione dell’art. 3 della legge n. 241, quale risulta dal diritto vivente, che sia dichiarata l’illegittimità di esso, in rapporto ai parametri costituzionali indicati;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, nel senso della inammissibilità e comunque della infondatezza;
che si sono costituite innanzi a questa Corte tre parti private, aderendo ai dubbi di legittimità costituzionale avanzati dal Tribunale amministrativo;
che è pervenuto, altresì, atto tardivo di costituzione di altro ricorrente innanzi al Tribunale amministrativo.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla luce dell’interpretazione di detta disposizione fornita dal Consiglio di Stato in pronunce che il rimettente reputa “diritto vivente”: pronunce che hanno escluso l’obbligo di esplicita motivazione per i giudizi espressi in sede di valutazione degli esami di abilitazione professionale;
che il TAR chiede una pronuncia sulla conformità a Costituzione di tale indirizzo interpretativo, con riguardo ai principi costituzionali sopra indicati;
che “in subordine” si chiede la declaratoria di illegittimità dell’art. 3, citato;
che i giudizi, aventi a oggetto identica norma, vanno riuniti e decisi con unica pronuncia;
che la questione è palesemente inammissibile, perché essa non è in realtà diretta a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio tentativo di ottenere l’avallo di questa Corte a favore di una determinata interpretazione della norma, attività, questa, rimessa al giudice di merito (v., tra le varie, le ordinanze nn. 70 del 1998 e 436 del 1996), tanto più in presenza di indirizzi giurisprudenziali non stabilizzati, sì che non è congruente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 350 del 1997.
P.Q.M.

La Corte Costituzionale
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sollevata, in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con le ordinanze indicate in epigrafe.
Roma, 23 ottobre 2000.
Depositata il 3 novembre 2000.

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