L’apertura dell’indagine conoscitiva dell’Antitrust (1994)
SETTORE DEGLI ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI
L’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
NELLA SUA ADUNANZA del 1° dicembre 1994;
SENTITO il Relatore Dottor Giacinto Militello;
VISTA la legge 10 ottobre 1990, n. 287;
VISTO in particolare l’articolo 12, comma 2, della legge citata, secondo il quale l’Autorità può procedere ad indagini conoscitive di natura generale nei settori economici nei quali l’evoluzione degli scambi, il comportamento dei prezzi o altre circostanze facciano presumere che la concorrenza sia impedita, ristretta, o falsata;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1991, n. 461, ed in particolare l’articolo 13 relativo alle indagini conoscitive di natura generale;
CONSIDERANDO i seguenti elementi:
1. Le professioni liberali c.d. protette assumono motivatamente una posizione di significativa rilevanza e prestigio nella società tanto da beneficiare di una disciplina specifica rispetto ad altri settori dell’economia nazionale. Il legislatore ha infatti riconosciuto a dette professioni un particolare interesse pubblico, prevedendo, per la tutela dello stesso, l’istituzione di Ordini e Collegi professionali. Agli Ordini e Collegi sono attribuiti, da specifiche leggi differenziate per tipo di professione, poteri di autoregolamentazione e disciplinari – di cui sono espressione le norme di organizzazione e funzionamento degli organi dell’ente, quelle relative alle forme di esercizio della professione, alla libertà del professionista di accettare o rifiutare l’incarico e quelle riguardanti i doveri verso i colleghi – nonché altre funzioni di tipo consultivo conciliativo, rappresentativo e designativo.
Tale particolare disciplina di valorizzazione e tutela dell’attività riguarda esclusivamente le professioni intellettuali c.d. protette, quelle cioè per il cui esercizio è necessaria l’iscrizione ad un albo o elenco tenuto dall’Ordine o Collegio.
Il quadro normativo e regolamentare di riferimento per l’analisi delle professioni liberali si presenta piuttosto complesso ed articolato a causa del mancato inquadramento della materia in una fonte unitaria generale finalizzata ad individuare i principi comuni ai diversi settori di applicazione. Si riscontrano pertanto, per diverse categorie professionalmente riconosciute e organizzate, differenze, non sempre giustificate, di particolari soluzioni normative a fronte di analoghe o identiche situazioni giuridiche e finalità economiche.
2. Una prima analisi del settore evidenzia quale caratteristica propria del sistema italiano rispetto agli altri Paesi europei, quella di attribuire all’Ordine o Collegio il potere esclusivo di riconoscere e tutelare non solo il possesso di un certo titolo di studio, ma anche lo svolgimento delle relative attività professionali. In tale ambito si individua di conseguenza una particolare regolamentazione finalizzata alla disciplina delle modalità di esercizio dell’attività, il rispetto della quale viene ritenuto necessario per garantire la qualità e la competenza del professionista, nonché per mantenere un adeguato livello qualitativo delle prestazioni professionali.
3. La regolamentazione in esame, tuttavia, anche per il lungo tempo trascorso dalla sua origine ed i profondi mutamenti intervenuti nella realtà economica, non appare totalmente giustificata dall’esigenza di garantire la qualità del professionista e della prestazione e, tenendo anche conto della progressiva diffusione di modalità più avanzate dello svolgimento delle attività professionali, potrebbe talora rivelarsi superata, dal punto di vista di un efficiente svolgimento delle attività economiche ed anzi risultare idonea a restringere o addirittura ad impedire il libero svolgersi della concorrenza.
4. La mancata informazione ai principi concorrenziali della regolamentazione delle professioni intellettuali trova probabilmente la sua origine nella convinzione per cui la concorrenza non garantirebbe i migliori risultati dal punto di vista sociale, e che solo la regolamentazione del settore avrebbe permesso di preservare l’integrità dei professionisti e la qualità dei loro servizi per la salvaguardia dell’interesse pubblico.
5. L’orientamento sopra descritto è tuttavia mutato negli ultimi anni. Estrinsecazione di questo mutamento è stata l’introduzione della libertà di stabilimento professionale nell’ambito comunitario, portando a ravvisare la necessità di aprire alla concorrenza anche il settore delle libere professioni. Peraltro, altre iniziative comunitarie in materia, quali in particolare la Direttiva n. 89/48 del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988, sull’unificazione dei diversi sistemi professionali nazionali, appaiono costituire un ulteriore stimolo per una revisione della disciplina delle professioni regolamentate alla luce delle regole concorrenziali.
Deve inoltre aggiungersi che la sottoscrizione da parte dell’Italia del nuovo accordo sul libero mercato internazionale (c.d. nuovo accordo GATT, firmato nell’aprile scorso), il quale prevede la liberalizzazione di molti servizi professionali, porterà ad una progressiva abolizione delle norme che ostacolano la concorrenza in questo settore; esso infatti introduce esplicitamente il principio di libera concorrenza nelle professioni intellettuali.
Si rileva infine che, di recente, in molti Paesi della comunità le competenti autorità nazionali hanno avviato un completo riesame della disciplina normativa e regolamentare inerente le libere professioni, al fine di individuare ed eliminare le eventuali distorsioni alla concorrenza.
6. L’analisi sotto il profilo concorrenziale degli ordini professionali non investe tuttavia i principi base sui quali detti enti si fondano, quali, in particolare, la funzione di garanzia sociale e di tutela degli interessi pubblici cui essi assolvono. Il rispetto delle regole concorrenziali non appare infatti incompatibile con l’esistenza delle libere professioni o degli Ordini professionali, costituendo al contrario un elemento indispensabile per favorire il rinnovamento del settore così da renderlo più adeguato alla realtà economica e sociale.
7. L’assoggettabilità delle libere professioni alle regole di concorrenza deriva dalla nozione d’impresa adottata dall’Autorità, secondo cui “ai fini dell’applicazione della disciplina della concorrenza deve qualificarsi impresa qualsiasi entità che esercita un’attività economica a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” (provv. A.I.C.I, 18 novembre 1992). L’Autorità ha infatti riconosciuto una nozione funzionale d’impresa, recependo, come richiede l’articolo 1, comma 4, della legge n. 287/90, i principi emergenti dalla giurisprudenza comunitaria in base ai quali “nel contesto del diritto della concorrenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento.” (Corte di Giustizia, sent. del 23 aprile 1991, caso Hoefner, Elser/Macrotron). Tale interpretazione peraltro non contrasta con le diverse qualificazioni che le attività professionali ricevono in altri ambiti dell’ordinamento, le quali risultano funzionali al perseguimento di fini diversi.
L’Autorità ritiene pertanto che l’attività svolta da chi esercita una professione intellettuale può essere qualificata come attività economica, proprio in quanto consiste nell’offerta di prestazioni riconducibili alla figura dei servizi forniti dietro corrispettivo.
8. Sulla base dei citati riferimenti giurisprudenziali e dell’effettivo esplicarsi della loro attività economica, i soggetti esercenti le professioni intellettuali possono essere qualificati come imprese e, di conseguenza, assoggettati alla normativa posta a tutela della concorrenza.
Da ciò discende inoltre che gli Ordini professionali possono essere qualificati come associazioni d’imprese e quindi sottoposti alla normativa a tutela della concorrenza.
9. Per quanto riguarda le principali restrizioni della concorrenza che appaiono emergere dall’attuale disciplina degli Ordini professionali, esse riguardano principalmente le barriere all’accesso alla professione, l’imposizione di tariffari obbligatori minimi o fissi, i vincoli posti all’esercizio dell’attività, il divieto di pubblicità dell’attività professionale, le limitazioni territoriali all’attività ed infine le restrizioni alle condizioni poste alle forme di esercizio dell’attività stessa. In taluni casi, anche l’esclusiva della prestazione di certi servizi, espressamente prevista per legge a favore dei soli professionisti iscritti all’Ordine, ove non giustificata dall’esistenza effettiva di un interesse pubblico da tutelare, potrebbe rivelarsi restrittiva della concorrenza.
10. In primo luogo, le barriere all’accesso alla professione (esami di ammissione, numero chiuso, praticantato obbligatorio, codici deontologici), normalmente finalizzate alla tutela del titolo del libero professionista, sono tradizionalmente motivate con la necessità di selezionare, con criteri meritocratici, gli aspiranti professionisti, onde evitare che il servizio possa essere prestato da persone non adeguatamente preparate. Pur potendosi considerare in linea generale restrittive della concorrenza, tali barriere potrebbero tuttavia effettivamente contribuire a garantire uno standard di qualità minimo nell’esercizio della professione.
I vincoli posti all’accesso alle professioni liberali, tuttavia, non dovrebbero essere strumentali ad una predeterminata articolazione dell’offerta. Una regolamentazione eccessivamente restrittiva rischia infatti di produrre l’effetto negativo derivante dall’eccessiva riduzione dell’offerta presente sul mercato e dalla conseguente attenuazione degli stimoli concorrenziali.
11. Nell’ambito delle restrizioni riconducibili all’esercizio dell’attività, una particolare analisi sotto il profilo concorrenziale sarà riservata all’uso dei tariffari per la determinazione dei corrispettivi ai professionisti. Gli orientamenti emergenti dalla giurisprudenza comunitaria in materia escludono infatti che la fissazione di tariffe minime costituisca lo strumento appropriato per mantenere un livello qualitativo minimo del servizio. In particolare, per l’Organo Comunitario, in nessun caso l’imposizione di un prezzo minimo viene ritenuta di per sé uno strumento idoneo a determinare l’innalzamento della qualità del servizio. Tale posizione è pienamente condivisa dall’Autorità per quanto concerne il normale funzionamento dei diversi settori dell’economia. Sarà materia dell’indagine conoscitiva accertare se anche nel caso delle professioni liberali l’imposizione di prezzi minimi risulti priva di una valida giustificazione economica.
12. Alla problematica relativa alla determinazione dei corrispettivi si deve aggiungere il divieto posto per alcune professioni alla fornitura del servizio da parte del professionista in qualità di dipendente di enti o imprese. Anche in questo caso le differenti discipline previste per le diverse categorie professionalmente riconosciute non appaiono trovare idonea giustificazione in relazione al servizio svolto. Peraltro, il divieto posto si configura come una limitazione alla libertà di scelta del professionista circa le soluzioni contrattuali ritenute più idonee, condizionando nel contempo le possibilità per le imprese di internalizzare determinati servizi.
13. Analogamente, dovrà essere valutata la compatibilità con le regole di mercato del divieto per i professionisti di pubblicizzare i propri servizi. Occorre infatti considerare che l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 74/92, in materia di pubblicità ingannevole, potrebbe costituire lo strumento idoneo a tutelare il consumatore da possibili messaggi pubblicitari contenenti informazioni non corrette o veritiere, finalità quest’ultima che appare posta a fondamento della restrizione attualmente prevista per l’esercizio di molte professioni liberali. Al contrario, l’impiego del messaggio pubblicitario potrebbe avere ricadute positive sul complesso dei consumatori, aumentando l’informazione sui servizi disponibili ed incentivando la concorrenza.
14. La valutazione concorrenziale dovrà estendersi inoltre alle restrizioni territoriali previste per l’esercizio di molte professioni liberali, in quanto la loro imposizione non sembrerebbe trovare un’obiettiva giustificazione in rapporto all’attività svolta. Dette limitazioni, che potrebbero essere oggi in contrasto con i principi comunitari di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi, risultano, in altri settori dell’economia, tra gli impedimenti più gravi al libero gioco della concorrenza.
15. Anche le condizioni poste alle forme organizzative per l’esercizio delle professioni liberali, richiedenti come necessario il carattere personale della prestazione, in quanto in grado di incidere sull’offerta del servizio e sulle possibilità di scelta dei professionisti, potrebbero configurarsi come ingiustificate restrizioni alla concorrenza ed al corretto funzionamento del mercato. Al riguardo, le principali argomentazioni addotte a favore del rigido mantenimento del carattere personale della prestazione, insistono sul fatto che strutture associative diverse non renderebbero trasparente la determinazione della responsabilità, limitando così le possibilità di tutela del cliente.
Sul punto deve però rilevarsi che in altri Paesi, dove è consentito lo svolgimento dell’attività professionale in forma societaria, la determinazione della responsabilità è stata altrimenti risolta, ritenendo che anche organizzazioni societarie possono permettere l’individuazione di responsabilità individuali e che la tutela assicurata da tali organizzazioni può essere ben più efficace delle stesse garanzie individuali. Recentemente anche il legislatore italiano, con la legge n. 1 del 2 gennaio 1991, ha disciplinato l’attività di intermediazione mobiliare, richiedendo che l’esercizio della stessa, precedentemente riservata ad appartenenti ad un ordine professionale, avvenisse attraverso forme di organizzazione societaria proprio al fine di rafforzare la tutela dei risparmiatori.
La disciplina vigente appare inoltre inadeguata all’attuale contesto economico e sociale nel quale è sempre più avvertita l’esigenza da parte dei liberi professionisti di ricercare forme diverse di associazione con altri professionisti dello stesso o di altri settori di attività. Nei fatti, all’interno delle stesse professioni liberali appaiono in via di diffusione esigenze di maggiore libertà ed articolazione organizzativa che permettano di sostenere la nascente concorrenza di organizzazioni professionali regolate da sistemi normativi più moderni.
16. Poiché la valutazione delle restrizioni alla concorrenza che emergono dal quadro normativo e regolamentare sopra richiamato richiede un’analisi approfondita in rapporto alle diverse situazioni e professioni liberali regolamentate, con particolare riferimento alle fattispecie individuate;
DELIBERA
a) di procedere, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, della legge n. 287/90, ad un’indagine conoscitiva di natura generale nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle relative professioni dagli stessi regolamentate;
b) che il Responsabile del procedimento è il Dottor Pier Luigi Parcu.
Il presente provvedimento verrà pubblicato ai sensi di legge.
IL SEGRETARIO GENERALE
Alberto Pera
IL PRESIDENTE
Giuliano Amato
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