TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
SEZIONE
III BIS
Sentenza
numero 2799/2001
Oggetto:
Modalità
di integrazione e di aggiornamento delle graduatorie permanenti di
cui alla legge n. 124/99
(Depositata
il 3 aprile 2001)
sul
ricorso n. 12771 del 2000 proposto da MONTINARO Daniela ed altri
(come da allegato elenco), rappresentati e difesi dall’Avv.to
Franco Carrozzo unitamente al quale sono elettivamente domiciliati
presso lo studio dell’avv.to Edoardo Bruno in Roma, Viale Giulio
Cesare, 95;
C
O N T R O
Ministero
della Pubblica Istruzione in persona del Ministro in carica,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato
domiciliataria per legge;
PER
L’ANNULLAMENTO
a) del
D.M. 27.3.2000, pubblicato nella G.U. del 17.5.2000, recante norme
sulle modalità di integrazione aggiornamento delle graduatorie
permanenti di cui alla legge n. 124/99, nella parte in cui (art. 2,
comma IV e V) si stabilisce che l’integrazione debba avvenire
secondo scaglioni indicati in ordine di precedenza e in
considerazione anche del possesso o meno di requisiti di servizio
nelle scuole statali;
b) del
D.M. 18.5.2000 n. 146, pubblicato sulla G.U. del 23.5.2000, recante
termini e modalità per la presentazione delle domande per la
prima integrazione delle graduatorie permanenti nella parte in cui
(art. 3 comma II) sono previste distinte fasce di inserimento in
ordine di precedenza;
c) delle
tabelle “A” allegate ai DD.MM. di cui ai precedenti punti,
nella parte in cui attribuiscono al servizio di insegnamento prestato
nelle scuole non statali un punteggio dimezzato rispetto a quello
prestato nelle scuole statali (p. 6 per anno al posto di 12);
d) di
ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato o
conseguenziale, comunque ostativo all’inclusione dei ricorrenti
in una graduatoria concorsuale unica, secondaria solo rispetto alla
“graduatoria base”, ed alla valutazione del servizio di
insegnamento in base ad un punteggio unico, a prescindere dal tipo di
scuola (statale o non statale) in cui lo stesso è stato
prestato.
Visto
l’atto di costituzione in giudizio della amministrazione
intimata;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
Uditi
alla pubblica udienza del 2 aprile 2001, con designazione del
consigliere Antonio Amicuzzi relatore della causa, i procuratori
delle parti comparsi come da verbale di udienza;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
E DIRITTO
1
– Parte ricorrente, docenti di scuole non statali in possesso dei
requisiti richiesti dalla normativa vigente per essere inclusi nelle
graduatorie permanenti in sede di prima integrazione ai sensi
dell’art. 2 della legge 3 maggio 1999 n. 124, contesta la
legittimità dei decreti ministeriali indicati in epigrafe
nelle parte in cui, ai sensi dell’art. 2, comma terzo, della
citata legge 124 del 1999, stabiliscono le modalità delle
operazioni della prima integrazione delle graduatorie permanenti in
termini lesivi delle loro posizioni giuridiche come sono tutelate
dalla legge.
2
– Alla parte ricorrente deve essere riconosciuta legittimazione
alla impugnazione immediata dei decreti ministeriali innanzi
ricordati a causa della discriminazione che essa subisce direttamente
per effetto della normativa regolamentare, che è contestata
per i seguenti motivi:
1- Violazione
e falsa applicazione dell’art. 2, comma 3, legge 3.5.1999 n.
124, dell’art. 401, comma 3, d.lgs. 16.4.1994 n. 297, art. 17
legge 23.8.1988 n. 400, straripamento di potere, eccesso di potere
per carenza di presupposti istruttoria e motivazione, travisamento e
sviamento di potere, disparità di trattamento, illogicità
manifesta e manifesta ingiustizia.
2- Violazione
della normativa e dei principi generali in materia di istruzione e di
istituzioni scolastiche, violazione degli artt. 2 L. n. 124/99 e 2
O.M. 153/99, violazione del principio di uguaglianza nel lavoro e dei
lavoratori, del principio di equiparazione delle istituzioni
scolastiche non statali, violazione e falsa applicazione dell’art.
395 T.U. 297/94, della L. n. 62/2000 e degli artt. 3, 4, 33, 34 e 38
della Costituzione, violazione del principio di imparzialità e
di parità di trattamento nel lavoro e tra lavoratori,
straripamento, eccesso di potere per sviamento, carenza di
presupposti istruttoria e motivazione, eccesso di potere per
illogicità manifesta, manifesta ingiustizia, disparità
di trattamento.
3
– La legge 3 maggio 1999 n. 124 applica con fedeltà
l’art. 97 della Costituzione: agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi
(straordinari, non ordinari) stabiliti dalla legge.
E’
inutile dare ordine sistematico a questa nuova legge, che disciplina
le assunzioni degli insegnanti della scuola pubblica, avendo come
riferimento la normativa precedente.
La
legge 124 del 1999 va letta unicamente con riferimento al precetto
costituzionale ora ricordato.
Nello
stesso modo è necessario che l’interprete dimentichi le
motivazioni che erano alla base della normativa precedente, la quale
si discostava dai canoni costituzionali per dare ingresso a una
pluralità di ragioni, non tutte di dignitosa considerazione,
quale quella di evitare l’espletamento dei concorsi pubblici per
contenere la spese pubblica.
La funzione di insegnamento, premessa per la preparazione delle
future generazioni, è talmente importante da attribuire agli
oneri per la sua attuazione carattere assolutamente prioritario e
ineludibile.
4
– Il reclutamento degli insegnanti avviene esclusivamente
attraverso il concorso pubblico.
E’
il caso di rimarcare che in un pubblico concorso gli idonei, che pure
hanno superato con esito positivo le prove di esame, non sono
vincitori. In questo il concorso si distingue dall’esame.
Vincitori
del concorso, nei limiti dei posti messi a bando, sono i migliori di
quanti hanno superato le prove di esame.
Questa
è la chiave di lettura della nuova legge.
5
– Altro punto da considerare è la sorte degli idonei non
vincitori.
L’art.
8 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (di approvazione del T.U. delle
disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello
Stato) disponeva: “L’amministrazione ha facoltà di
conferire, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che risultino
disponibili alla data di approvazione della graduatoria” (nei
limiti del decimo o del quinto dei posti messi a concorso
rispettivamente per le carriere direttive e per le altre carriere).
Entro
il termine di validità della graduatoria (sei mesi)
l’amministrazione aveva la facoltà di procedere alle
nomine dei posti messi a concorso rimasti scoperti per rinuncia o
decadenza dei vincitori.
La
posizione degli idonei non vincitori si concretava, rispetto alla
nomina, in una mera aspettativa di fatto, che non trovava tutela
nell’ordinamento giuridico (Cons. Stato; V, 27 ottobre 1956 n.
934; VI, 9 giugno 1970 n. 512).
Nella
legislazione successiva, che pure ribadiva il principio del pubblico
concorso come primo meccanismo di reclutamento dei pubblici
dipendenti (legge 11 luglio 1980 n. 312; legge 29 marzo 1983 n. 93;
legge 23 ottobre 1992 n. 421), si è ampliato l’uso della
graduatoria consentendo una assunzione più generosa dei
candidati idonei non vincitori.
La
legge 8 luglio 1975 n. 305 estendeva, infatti, a due anni la validità
della graduatoria per gli ulteriori posti di pari qualifica
funzionale e profilo professionale che si rendevano disponibili
successivamente alla indizione del concorso, ad eccezione di quelli
istituiti successivamente alla detta indizione.
L’uso
della graduatoria è stato poi ulteriormente ampliato a opera
degli accordi nazionali di lavoro e delle diverse leggi finanziarie,
che hanno consentito di utilizzare, per una quota delle nuove
assunzioni, graduatorie di concorsi approvate da lungo tempo (fino a
quattro anni prima) o che hanno addirittura consentito la riapertura
delle graduatorie di vecchi concorsi (cfr.: art. 8, comma dodicesimo,
legge 22 dicembre 1986 n. 810, art. 24, comma sesto, legge 11 marzo
1988 n. 67; art. 2 legge 29 dicembre 1988 n. 554; legge 27 dicembre
1997 n. 449 e altre).
Per
quanto riguarda l’argomento in esame, la legge 124 del 1999 per
le assunzioni utilizza, oltre ai vincitori di concorso, anche gli
idonei in un modo del tutto particolare, che andrà visto tra
breve, nella considerazione che detti soggetti assommano due
requisiti ritenuti dal legislatore, nell’ambito della propria
discrezionalità, sufficienti a garantire il presupposto
richiesto dalla Costituzione per accedere all’impiego pubblico.
6
– L’amministrazione determina per ogni triennio la effettiva
disponibilità di cattedre o di posti di insegnamento tenuto
conto di quanto previsto dall’art. 442 del T.U. 16 aprile 1994
n. 297 per le nuove nomine e dalle disposizioni in materia di
mobilità professionale del personale docente recate dai
contratti collettivi nazionali decentrati, nonché dal numero
dei passaggi di cattedra o di ruolo attuati a seguito dei corsi di
riconversione professionale.
Individuato
il numero dei posti effettivamente disponibili nel triennio, il
Ministro della pubblica istruzione indice altrettanti concorsi su
base regionale per la metà di quei posti.
Espletati
i concorsi regionali i vincitori scelgono, nell’ordine in cui
essi sono inseriti nelle graduatorie, il posto di ruolo fra quelli
annualmente disponibili nelle varie province della regione.
Gli
altri vincitori attenderanno che si rendano disponibili i posti
programmati per il secondo anno e per l’ultimo anno del triennio
in relazione al quale il concorso è stato bandito.
Le
graduatorie restano valide fino alla entrata in vigore delle
graduatorie corrispondenti relative al concorso successivo: questo
sia per coprire i posti programmati per il secondo e per il terzo
anno, sia per sopperire alle rinunce o alle decadenze dei precedenti
vincitori assunti o in posizione da essere assunti.
7
– La sorte degli idonei non vincitori (ai quali possono essere
aggiunti i vincitori non assunti nel primo e poi nel secondo anno
nella attesa di essere assunti: questo per avere nel frattempo delle
supplenze) è quella di confluire, a domanda, nelle graduatorie
provinciali permanenti e uniche per ciascuna classe di concorso o
posto di ruolo, dalle quali nel corso del triennio di riferimento
l’amministrazione attingerà per coprire, secondo l’ordine
di iscrizione nella graduatoria, l’altra metà dei posti
messi a concorso suddivisi per anno.
Anche
coloro che sono assunti attraverso le graduatorie permanenti e uniche
(per ciascuna classe o posto) sono soggetti a periodo di prova (il
c.d. “anno di formazione” previsto dall’art. 440 del
T.U. 297 del 1994).
La
graduatoria permanente svolge anche l’altra importante funzione
di essere l’unica fonte per il conferimento delle supplenze
annuali e temporanee, qualora non sia possibile provvedere alla
copertura provvisoria della cattedra o dei posti di insegnamento con
il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o
mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero e
sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato
a qualsiasi titolo personale di ruolo.
In
questo modo gli insegnanti confluiti nelle graduatorie permanenti e
uniche, se non assunti nel contingente del 50% dei posti assegnabili,
in attesa di espletare un prossimo concorso ovvero di essere assunti
per scorrimento della graduatoria permanente, hanno la possibilità
di acquisire professionalità attraverso le supplenze.
Pertanto,
anche gli idonei del concorso pubblico hanno possibilità di
essere assunti vantando due requisiti: il superamento delle prove del
concorso pubblico e l’esperienza maturata con le supplenze.
8
– Il sistema delle graduatorie uniche permanenti parte alla
entrata in vigore della legge 124 del 1999 dalla costituzione di
altrettante graduatorie di base, formate dalle graduatorie ancora
valide dei concorsi per soli titoli espletati nel corso della
precedente disciplina.
Nella
graduatoria permanente il personale è disposto con un proprio
punteggio.
Nel
silenzio della legge, il punteggio spettante a ciascun aspirante è
quello acquisito sulla base della normativa vigente, che il
regolamento di attuazione (decreto ministeriale 27 marzo 2000 n. 123,
adottato secondo la procedura dell’art. 17 della legge 23 agosto
1988 n. 400) individua nel decreto ministeriale 29 marzo 1993, come
modificato col successivo decreto ministeriale 29 gennaio 1994.
9
– Le graduatorie uniche permanenti sono periodicamente integrate
e aggiornate.
L’integrazione
si attua con l’inserimento nella graduatoria dei candidati che
hanno superato le prove dell’ultimo concorso regionale per
titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo
posto di insegnamento, nonché dei docenti che hanno chiesto il
trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra
provincia.
L’integrazione
può anche essere chiesta dal vincitore del concorso in attesa
della chiamata, nelle due annualità successive, del proprio
contingente allo scopo di concorrere all’assegnazione delle
supplenze.
L’aggiornamento
riguarda la posizione di coloro che sono già compresi nella
graduatoria, i quali hanno interesse a fare valere i titoli
precedentemente non valutati ovvero i nuovi titoli nel frattempo
conseguiti per migliorare la loro posizione.
10
– Ha evidentemente creato problemi di interpretazione nella
adozione dei regolamenti di attuazione (decreto ministeriale 27 marzo
2000 n. 123 e decreto ministeriale 18 maggio 2000 n. 146) l’inciso
che “le procedure per l’aggiornamento e l’integrazione
delle graduatorie permanenti sono improntate a principi di
semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa
salvaguardando comunque le posizioni di coloro che sono già
inclusi in graduatoria”.
E’
innanzitutto chiaro che l’aggiornamento della posizione del
docente già incluso in graduatoria, per effetto della nuova
valutazione dei titoli a domanda dell’interessato, va a
sconvolgere (e così non può non essere) la posizione
degli altri iscritti, i quali in ipotesi non hanno titoli da fare
valere per conseguire un avanzamento.
Il
docente al quale è riconosciuto un maggiore punteggio scala la
graduatoria, sopravanzando chi rimante fermo.
La
stessa cosa accade per i nuovi iscritti, i quali devono trovare
inserimento nella graduatoria in ragione del punteggio vantato.
E’
la logica della immobilità della graduatoria a fare cadere
nell’errore l’amministrazione, come andrà visto, in
sede di predisposizione dei regolamenti di attuazione.
Se
la graduatoria fosse immobile non sarebbe permanente e, in ogni caso,
non sarebbe soggetta non tanto ad aggiornamenti, quanto a
integrazioni.
La
graduatoria è permanente perché quella stessa
graduatoria (non altre) subisce periodicamente aggiornamenti (con lo
spostamento di posto degli iscritti ai quali è riconosciuto un
punteggio migliore) e integrazioni (con l’inserimento “a
pettine” dei nuovi arrivati).
Se
così non fosse, non vi sarebbe una graduatoria permanente (e
unica) periodicamente aggiornata e integrata; ma vi sarebbe una
graduatoria iniziale (tutt’al più periodicamente
aggiornata) alla quale sono periodicamente aggiunte in coda le altre
graduatorie che raccolgono i nuovi iscritti.
In
realtà non si tratta di una successione di graduatorie, ma
della modificazione periodica di una stessa graduatoria che dura nel
tempo fino all’ipotetico suo completo esaurimento.
Una
diversa interpretazione stravolgerebbe la legge 124 del 1999,
perpetuando l’immobilismo delle graduatorie, che nel sistema
previgente portava a considerare gli idonei quali portatori di
posizioni acquisite intoccabili.
Il
sistema concorsuale, al quale è rigidamente ancorata la legge
124 del 1999, attribuisce la posizione di legittima aspettativa alla
assunzione ai vincitori del concorso, non agli idonei.
A
questi ultimi viene riconosciuto come beneficio di grosso rilievo
(con la conseguente aspettativa alla assunzione) l’ingresso
nella graduatoria permanente.
Il
beneficio peraltro si giustifica con l’acquisizione di
professionalità per effetto delle supplenze prestate nella
attesa di trovare collocazione nel contingente da assumere e dimostra
che, anche se indirettamente (perché riguarda gli idonei e non
i vincitori del pubblico concorso) le assunzioni avvengono sempre
attraverso una procedura selettiva esterna, con abbandono del sistema
che premia dubbie professionalità, quali sono quelle che non
passano attraverso la verifica selettiva che lo strumento concorsuale
è capace di assicurare.
Pertanto,
il dubbio di cui si è detto, creato dall’inciso
“salvaguardando comunque le posizioni di coloro che sono già
inclusi in graduatoria” va risolto secondo le comuni regole del
possesso da parte di più candidati di identico punteggio,
nella specie derogate dalla disposizione speciale recata dall’art.
401, comma terzo, del T.U. 297 del 1994 come modificato dall’art.
1, comma sesto, della legge 124 del 1999.
Se
una tale situazione dovesse verificarsi in sede di aggiornamento
delle posizioni di coloro che sono già compresi nelle
graduatorie permanenti o anche di inserimento degli idonei
dell’ultimo concorso ovvero ancora di docenti che hanno chiesto
il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra
provincia, il rapporto interno tra tali soggetti si risolverebbe
applicando le comuni regole in vigore, comprese quelle che riguardano
le categorie riservatarie e le preferenze.
In
deroga a tale disciplina l’ingresso di nuovi iscritti nella
graduatoria permanente in posizione paritaria a soggetto già
iscritto (si potrebbe dire nel rapporto esterno tra chi è
iscritto nella graduatoria e il soggetto che ha titolo ad entrarvi)
deve avvenire con salvaguardia delle “posizioni di coloro che
sono già inclusi in graduatoria”.
Pertanto,
in deroga, i nuovi iscritti e i trasferiti devono trovare
collocazione in posizione successiva a quella del parigrado già
in graduatoria.
Al
di fuori di questa eccezione, la posizione degli iscritti nella
graduatoria è mobile, destinata in ogni caso a cedere dinnanzi
a quanti riescono a farsi riconoscere titoli maggiori e, di
conseguenza, si presentano con punteggio più elevato.
Nei
regolamenti di attuazione si rinvengono due utili disposizioni di
logica applicazione della normativa primaria.
Il
ritocco della graduatoria permanente è subordinato
all’espletamento su tutto il territorio nazionale dei
corrispondenti concorsi per titoli ed esami (art. 4, comma primo, del
decreto 123 del 2000).
Questo
è per consentire agli idonei del concorso regionale espletato
di chiedere l’iscrizione nella graduatoria permanente, peraltro
limitata a una sola provincia.
Per
corrette ragioni organizzative la graduatoria permanente rinnovata è
utilizzata per le assunzioni del primo anno scolastico successivo
alla data di approvazione della graduatoria del concorso se tale
approvazione interviene su tutto il territorio nazionale entro il 31
marzo; qualora l’approvazione intervenisse in data successiva
(fino al 31 agosto) la nuova graduatoria verrebbe utilizzata per il
secondo anno scolastico successivo.
Inoltre,
correttamente l’amministrazione, nel definire le modalità
di attuazione delle operazioni di aggiornamento e integrazione delle
graduatorie permanenti, ha stabilito che queste avvengano subito dopo
l’espletamento del concorso triennale per raccogliere le domande
degli idonei (o dei vincitori che restano in attesa del contingente
di assunzione loro spettante).
11
– Non possono essere negate le difficoltà di lettura
dell’art. 2 della legge 124 del 1999, che detta disposizioni
transitorie per il passaggio al nuovo sistema nel quale ha esclusivo
rilievo il merito in conformità ai principi della
Costituzione.
Come
non può essere revocato in dubbio che la norma reca una vera e
propria sanatoria con la particolarità che si poggia sugli
stessi principi della disciplina a regime.
Ed
infatti, ciascun soggetto che chiede di essere inserito nella
graduatoria permanente si presenta con un proprio punteggio sulla
base del quale trova sistemazione nella graduatoria, rispettando le
regole delle precedenze e, in ogni caso, la posizione degli iscritti
nella graduatoria di base, la quale aveva avuto origine dalla
trasformazione in graduatorie permanenti delle graduatorie relative
ai concorsi per soli titoli ancora in essere al momento della entrata
in vigore della legge 124 del 1999.
Per
quanto riguarda il novero dei soggetti da inserire nelle graduatorie
permanenti in sede di prima integrazione delle graduatorie di base,
l’art. 2, commi primo e secondo, appaiono sufficientemente
chiari.
Per
quanto riguarda, invece, la posizione che ciascuno conquista al
momento di inserirsi nella graduatoria permanente non vi sono dubbi
sulla circostanza che l’intera massa dei soggetti indicati nel
primo e secondo comma dell’art. 2 in esame vanno a disporsi
nelle singole graduatorie, ciascuna di esse considerata
unitariamente, secondo l’ordine spettante in ragione del
punteggio in dotazione.
Ed
infatti, l’art. 2 ha individuato le categorie di docenti che
hanno titolo all’inclusione “nelle graduatorie permanenti
di cui all’art. 401 del testo unico” (le ex graduatorie del
doppio canale, denominate “graduatorie base”). La norma
stabilisce, al comma I, che “hanno titolo all’inclusione…..:
i docenti che siano in possesso dei requisiti richiesti dalle norme
previgenti per la partecipazione ai soppressi concorsi per soli
titoli; i docenti che abbiano superato le prove di un precedente
concorso…..anche ai soli fini abilitativi e siano inseriti in
una graduatoria per l’assunzione del personale non di ruolo”.
Il
comma II prosegue disponendo che “fra i docenti di cui al comma
I sono compresi anche quelli che abbiano superato gli esami della
sessione riservata di cui al comma IV”. A completamento della
procedura viene indetta una sessione riservata di esami per il
conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento.
La
semplice lettura della norma ne rende chiaro il contenuto, almeno ai
fini che qui interessano. E’ evidente infatti che l’indicazione
delle categorie di docenti destinatari della disposizione transitoria
ha valore meramente enumerativo e non seriale. In altre parole
costituisce una semplice elencazione dei soggetti considerati, senza
creare una sequenzialità fra gli stessi.
12
– Non hanno ragione di essere i problemi che l’amministrazione
si è posta in sede di attuazione delle disposizioni dell’art.
2, comma quarto, della legge 124 del 1999.
La
norma descrive il procedimento dell’ultima sessione riservata di
esami per il conseguimento della abilitazione o della idoneità
all’insegnamento che dà titolo all’inserimento nelle
graduatorie permanenti.
Detti
soggetti hanno titolo all’inserimento nelle graduatorie
permanenti con il punteggio in dotazione, che determinerà la
posizione nella anzidetta graduatoria nel rispetto delle precedenze e
della posizione dei docenti con pari punteggi già iscritti in
essa.
La
disposizione in esame indica i requisiti per partecipare alla
sessione riservata di esami, introducendo a tale fine le distinzioni
che il legislatore ha ritenuto opportuno adottare.
Pure,
una volta che il candidato, dopo avere seguito il c.d. “minicorso”
di durata non superiore a 120 ore, ottiene il titolo di abilitazione
o di idoneità e con esso raggiunge un proprio “punteggio
finale” (nel quale “interverrà a titolo di
riconoscimento della professionalità acquisita in servizio una
quota proporzionale agli anni di insegnamento prestato nella medesima
classe di concorso o posto di ruolo”), è con quel
punteggio che verrà inserito nella unitaria graduatoria
permanente, senza che tornino in considerazione i requisiti di
servizio che sono stati necessari per partecipare agli esami.
Pertanto,
hanno titolo all’inclusione i docenti che “abbiano superato
gli esami della sessione riservata di cui al comma quattro” col
diritto di occupare il posto spettante in base al punteggio in
dotazione.
E’
vero che ai predetti esami sono ammessi i docenti non abilitati o
privi di idoneità che si sono formati attraverso esperienze
eterogenee; pure, il passato professionale se incide in vario modo
sul punteggio del quale essi vengono dotati, non ha alcun rilievo ai
fini di distinguere tra loro i titoli di abilitazione o di idoneità,
che sono tutti di eguale misura.
L’inserimento
dovrà avvenire non sulla base dei servizi prestati, ma
unicamente in relazione al possesso del titolo di abilitazione o di
idoneità, dove la collocazione in graduatoria dipende dal
punteggio in dotazione.
13
– Alla luce della normativa sopra descritta devono essere
valutati i decreti oggetto di impugnativa, i quali devono
evidentemente rispettare il principio di pieno merito che la legge ha
voluto introdurre nel reclutamento degli insegnanti delle scuole
statali.
E’
pure evidente come sia del tutto normale che il soggetto che si
colloca nella graduatoria del concorso, per poi transitare a domanda
nella graduatoria permanente, con un punteggio vile, resti fuori
dalle assunzioni che la legge riserva al personale più capace.
Solo
così è possibile risollevare le sorti di una classe di
dipendenti pubblici che ha troppo risentito del sistema delle
sanatorie e che, invece di migliorare la propria preparazione, si è
solo preoccupata di mantenere posizioni che in nessun altro settore
del pubblico impiego hanno mai avuto dignità di legittime
aspettative.
14
– I ricorrenti muovono nella sostanza due autonome censure.
La
prima contesta il potere dell’amministrazione di introdurre in
sede di attuazione della legge 3 maggio 1999 n. 124 modificazioni e
integrazioni alla normativa primaria che finiscono per stravolgere
l’intero impianto delle legge.
Ed
invero, i decreti impugnati hanno suddiviso i docenti da inserire
nelle graduatorie permanenti in quattro fasce autonome disposte
secondo un ordine decrescente, subordinando a tale dislocazione il
momento della assunzione.
Sulla
base di questa costruzione non si procede alla nomina di un
aspirante, a prescindere dal punteggio di merito in dotazione, se
prima non risultino sistemati tutti i soggetti inclusi nelle fasce
precedenti.
Il
motivo è fondato.
La
legge 124 del 1999 stabilisce un solo principio di tale genere,
peraltro in sede di prima attuazione.
Ed
invero, ai sensi dell’art. 1, comma quinto, della legge 124 del
1999 le graduatorie permanenti sono utilizzate dopo l’esaurimento
delle corrispondenti graduatorie compilate ai sensi dell’art. 17
del decreto – legge 3 maggio 1988 n. 140, convertito in legge 4
luglio 1988 n. 246, nonché delle graduatorie provinciali di
cui agli articoli 43 e 44 della legge 20 maggio 1982 n. 270.
La
ragione della deroga è nel fatto che, riferendosi a
graduatorie consolidate da antica data, i docenti in esse inseriti e
pertanto utilizzabili sono già in servizio da tempo.
Al
di fuori di siffatta eccezione, nella legge 124 del 1999 non vi è
traccia di gerarchia tra le diverse categorie di soggetti che hanno
titolo all’inserimento nella graduatoria permanente che non sia
il punteggio di merito in dotazione di ciascuno.
Indubbiamente
trattandosi di graduatoria che va periodicamente aggiornata deve
prevedersi che ogni aggiornamento comporti non soltanto l’inserimento
dei soggetti che abbiano maturato successivamente il loro titolo
all’insegnamento, ma anche l’aggiornamento dei punteggi
attribuiti ai soggetti già inseriti nella graduatoria
attraverso la valutazione dei titoli nel frattempo conseguiti, tanto
più che il terzo comma dell’art. 401 del T.U. prevede la
salvaguardia delle posizioni di coloro che sono già inclusi
nella graduatoria.
Ma
tale salvaguardia non può estendersi sino a trasformare la
graduatoria permanente in tante graduatorie, pena lo snaturamento
della stessa e la violazione dei principi costituzionali di
eguaglianza e di imparzialità della P.A.
Se,
come è indubbio, si tratta di concorso di accesso, l’unico
criterio di graduazione è quello che discende dalla
valutazione dei titoli al fine di individuare i più capaci e
meritevoli, non essendo il momento di conseguimento dei requisiti di
ammissione utile a individuare i soggetti più capaci e
meritevoli.
Peraltro
il legislatore nel dettare l’art. 2 della L. 124/99 non ha
minimamente previsto una articolazione della graduatoria in varie
sub-graduatorie, né lo ha previsto nel modificare l’art.
401 del T.U. 297/94.
Tale
articolazione disposta nei due decreti impugnati determina il
sovvertimento dei principi che regolano la selezione del personale
per l’accesso a uffici della P.A. privilegiando il fattore
temporale (avere conseguito i titoli per l’ammissione in data
precedente) rispetto al fattore merito (essere in possesso di
maggiori e più rilevanti titoli).
Ciò
determina altresì un privilegio per i soggetti più
anziani che naturalmente sono fra coloro che hanno conseguito
precedentemente i requisiti, in un momento in cui invece la P.A. ha
ritenuto di privilegiare nei concorsi a parità di punteggio i
soggetti più giovani.
Nella
presente fattispecie i soggetti più anziani sono privilegiati
anche con punteggi più bassi rispetto ai soggetti più
giovani.
E’
il caso di ribadire che solo in sede di prima applicazione della
nuova disciplina ai soggetti che hanno conseguito precedentemente i
requisiti per la partecipazione ai concorsi in via generale viene
dato diritto alla nomina sulla base di graduatorie già formate
in precedenti concorsi rispetto ai soggetti che hanno acquisito
titoli soltanto successivamente a partecipare ai nuovi concorsi.
Pertanto
per un primo limitato periodo, che è il periodo di validità
delle graduatorie precedenti, l’amministrazione può
attingere da queste in luogo di indire nuovi concorsi.
Né
vi è da spendere sul carattere non vincolante per
l’amministrazione dell’ordine del giorno 0/4754/8/6
presentato alla Camera nella seduta del 14 aprile 1999, che, al di là
delle buone intenzioni di introdurre una ulteriore sanatoria,
contrasta con le determinazioni inequivocabili della nuova legge 124
del 1999.
Il
Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, nel
parere del 21 febbraio 2000 n. 23 reso sullo schema del regolamento
in argomento, si esprime nei termini seguenti: numerose disposizioni
dello schema risultano ispirate all’intento di tenere in
adeguata considerazione gli ordini del giorno presentati in sede
Parlamentare ed accolti dal Governo nel corso della discussione del
disegno di legge.
Ora,
è noto che gli ordini del giorno (cfr. art. 95 Reg. Senato
della Repubblica e art. 88 Reg. Camera dei Deputati) costituiscono
direttive che il Parlamento dà al Governo per l’applicazione
della legge o di sue singole disposizioni.
Si
tratta dunque, sia detto in estrema sintesi, di deliberazioni che
hanno una precettività politica poggiante sul rapporto
fiduciario: del che è riprova il fatto che il Parlamento,
mentre ha poteri di “controllo-ispezione” sull’esecuzione
che la P.A. dà alle leggi, ha invece poteri solo di
“controllo-direzione” sull’ottemperanza tenuta dal
Governo ad ordini del giorno relativi all’interpretazione della
legge.
In
ogni caso, comunque si voglia ricostruire la natura di tale
strumento, è pacifico anche nella prassi parlamentare che
l’ordine del giorno, proprio in quanto deliberazione non
legislativa, non si presta a fornire l’interpretazione autentica
(cioè vincolante verso tutti) di un testo normativo primario:
da ciò deriva che sul piano giuridico, nel caso di contrasti
fra precetto normativo e atto di indirizzo non componibili secondo i
canoni ermeneutici legali, l’interprete e soprattutto il giudice
non possono non riconoscere la prevalenza della norma positiva.
Inoltre,
considerato che i requisiti per accedere all’insegnamento sono
costituiti soltanto dal titolo di studio specificatamente richiesto e
dal titolo di abilitazione allo specifico insegnamento, avendo il
possesso di ogni altro titolo soltanto valore al fine di determinare
il maggiore o minor merito, è evidente che la collocazione dei
soggetti, che hanno conseguito i requisiti di accesso
successivamente, in posizione comunque deteriore, quali che siano i
titoli valutati, rispetto ai soggetti che li hanno conseguito
precedentemente, viola il principio costituzionale che garantisce
l’accesso ai pubblici uffici a tutti coloro che ne hanno titolo,
indipendentemente dal momento in cui l’hanno conseguito.
Di
conseguenza non si poteva distinguere la graduatoria in fasce e non
potevano porsi in posizione deteriore soggetti aventi maggior
punteggio rispetto a soggetti che con un punteggio inferiore sono
stati collocati in fasce precedenti, sia perché non è
disposto dalla L. 124/99, che così viene ad essere violata,
sia perché in contrasto con i principi costituzionali di cui
all’art. 3 comma 1° (eguaglianza), 97, comma 1°
(imparzialità della P.A.) e 51 comma 1° (accesso agli
uffici pubblici in condizioni di eguaglianza) della Costituzione.
D’altra
parte l’interesse pubblico preminente di attribuire una
occasione di occupazione a chi da più anni rispetto ad altri
presta lavoro precario seguendo procedure a volte particolarmente
gravose (ma nient’affatto selettive) è ampiamente
rispettato con la sanatoria introdotta con l’art. 2 della legge
124 del 1999, ancorché basta sul principio di merito e non
della mera anzianità.
Infatti,
nel punteggio finale da attribuire ai partecipanti alla sessione
riservata di esami (art. 2, comma quarto, legge 124 del 1999)
“interverrà a titolo di riconoscimento della
professionalità acquisita in servizio, una quota proporzionale
agli anni di insegnamento prestato nella medesima classe di concorso
o posto di ruolo”.
Lo
stravolgimento della legge alla quale i decreti impugnati avrebbero
dovuto dare puntuale applicazione (poiché solo il Governo, ai
sensi dell’art. 17, comma primo lettera a, della legge 23 agosto
1988 n. 400 ha un generale potere disciplinare l’esecuzioni
delle leggi, è da ritenere che il regolamento ministeriale non
è fonte di grado idoneo a dettare disposizioni esecutive non
autorizzate) poggia sulla inveterata abitudine di considerare il
merito come l’ultimo elemento da considerare nelle assunzioni
del personale docente. Sulla base di siffatta ottica
l’amministrazione, attribuendo ai meno titolati il diritto alla
assunzione, ha costituito sulla legge una complicata e indebita
superfetazione, oltre tutto in palese violazione della direttiva
legislativa di predisporre una normativa di attuazione nel rispetto
dei principi di semplificazione e snellimento dell’azione
amministrativa.
Tutto
questo con arbitraria valorizzazione di dati ai quali la legge non ha
attribuito alcun rilievo, avendo informato il sistema delle
assunzioni degli insegnanti della scuola pubblica alla scelta dei più
meritevoli.
Tanto
per dimostrare la farraginosità del meccanismo ideato
palesemente al di fuori dei poteri regolamentari conferiti con la
legge 124 del 1999, è sufficiente osservare che i decreti
impugnati hanno previsto, senza alcuna ragione logica, che il docente
inserito in coda a una certa fascia consegua dopo un anno
l’avanzamento al posti che gli spetta.
L’art.
4, comma quarto, del decreto 123 del 2000 dispone, infatti, che al
momento della integrazione delle graduatorie permanenti “coloro
che sono già inseriti in coda alle graduatorie permanenti, in
quanto trasferiti dalle corrispondenti graduatorie in altre province
nei precedenti anni scolastici intermedi, sono inseriti a pieno
titolo nello scaglione corrispondente a quello di provenienza con il
punteggio posseduto”.
Non
si comprende la ragione per la quale in un primo momento
l’inserimento nella graduatoria debba avvenire disconoscendo il
punteggio posseduto come se l’interessato avesse titolo
incompleto all’inserimento nel posto che gli spetta.
Tanto
è per dimostrare la logica errata nella quale si è
posta l’amministrazione, che, ancorata ai vecchi schemi, non
riusciva a trovare una regolamentazione coerente con lo spirito e la
lettera della nuova legge 124 del 1999, finalmente rispettosa del
dettato costituzionale.
Applicazione
conseguenziale di questa stessa erronea impostazione è il
trattamento che l’amministrazione ha preteso di riservare agli
insegnanti di scuola privata.
Ed
invero, neppure è il caso di scomodare l’assetto generale
dell’ordinamento giuridico, a partire dall’art. 33 della
Costituzione (che assicura la parità scolastica) fino a
giungere alla normativa primaria sull’istruzione privata (legge
19 gennaio 1942 n. 86; legge 6 maggio 1923 n. 1054; art. 353 del T.U.
297 del 1994: normativa che obbliga i gestori di istituti privati al
possesso di requisiti professionali specifici, all’uniformità
di programmi, di dotazione organica, di edilizia scolastica rispetto
alla corrispondente scuola statale, della quale nella sostanza ne
condivide le finalità e l’efficacia legale dei titoli
rilasciati), per rilevare che la legge 124 del 1999, innovando
rispetto alla precedente disciplina, ha previsto pari dignità
al servizio prestato nelle scuole private ovvero statali ai fini
dell’ammissione alla sessione riservata di esami di abilitazione
o di idoneità introdotta dall’art. 2, comma quarto, della
citata legge 124 del 1999.
Discorso
diverso è quello che riguarda l’entità del
punteggio attribuito al servizio prestato nella scuola pubblica o in
quella privata.
Di
questo di parlerà più avanti.
Quello
che ora interessa è il fatto che nella prima integrazione
delle graduatorie permanenti (operazione da espletare immediatamente)
rientrano nelle schiere di insegnanti da inserire nella graduatoria
permanente tutti “quelli che abbiano superato gli esami della
sessione riservata di cui al comma quarto” (art. 2, comma
secondo, legge 124 del 1999), senza che rilevi l’originario
servizio espletato (in scuola pubblica ovvero in scuola privata) in
misura utile per costituire requisito per l’ammissione all’esame
della sessione riservata.
La
differenza con la disciplina precedente è profonda.
La
legge 30 dicembre 1989 n. 417, infatti, prescriveva fra i titoli di
accesso al concorso per soli titoli, un periodo di servizio prestato
nelle scuole statali.
La
legge 124 del 1999 non prevede alcun requisito di servizio per la
partecipazione al concorso abilitante e, di conseguenza, per
l’inserimento nelle graduatorie permanenti: operazione,
quest’ultima, che nella sostanza è un vero e proprio
“concorso per soli titoli”, che dà accesso
all’elenco per le supplenze ovvero al canale per l’assunzione
in ruolo nei limiti della metà dei posti da ricoprire anno per
anno.
E’
superfluo aggiungere che ciascun docente si presenta all’appuntamento
delle prime operazioni di inserimento nella graduatoria permanente (a
titolo di sanatoria) con il punteggio in dotazione; come appare ovvio
che, allo stato, l’entità del punteggio in dotazione
resta influenzato dalla natura della scuola presso la quale il
servizio è stato prestato.
Dato
per scontato che il servizio in scuola privata vada valutato in
termini ridotti, se venisse adottato il sistema perverso delle fasce,
i docenti di scuola privata finirebbero per essere penalizzati due
volte: la prima per il punteggio ridotto; la seconda per
l’inserimento in coda alla graduatoria permanente pur vantando
pari dignità rispetto ai docenti dello Stato.
Pertanto,
tutti coloro che hanno superato l’esame di abilitazione o di
idoneità, qualunque sia la loro provenienza, partecipano alle
operazioni di inserimento nella graduatoria permanente con il
punteggio in dotazione.
15
– La seconda censura contesta l’attribuzione di un punteggio
dimezzato per il servizio reso presso scuole private rispetto a
quello prestato nelle scuole statali. Il motivo non può essere
condiviso.
Sul
punto la giurisprudenza amministrativa, dalla quale il Collegio non
ha motivo di discostarsi, è solida nel ritenere che, ferma
restando la pari dignità dei due insegnamenti, rientra nella
discrezionalità del legislatore valutare in misura differente
i titoli di servizio in ragione della natura della struttura
scolastica presso la quale il servizio stesso è prestato.
La
clausola limitativa risponde, infatti, alla sostanziale diversità
della posizione degli insegnanti privati rispetto a quelli pubblici:
posizione segnata dal differente sistema di reclutamento, che è
libero nella scuola privata, dove è procedimentalizzato in
quella pubblica.
D’altra
parte non è certo possibile vincolare l’imprenditore
scolastico privato a scegliere nell’ambito di apposite
graduatorie, nelle quali andrebbero inseriti docenti connotati
dall’impostazione culturale, didattica ed educativa non
compatibili con l’orientamento ideologico della scuola medesima.
E tale esigenza è giustificata dallo stesso art. 33 della
Costituzione, che, dopo aver affermato il principio della libertà
di insegnamento (primo comma), riconosce il diritto ad enti e privati
di istituire proprie scuole (terzo comma). Al contrario lo Stato,
investendo pubblico denaro e per le sue stesse finalità, è
ovviamente tenuto a scelte imparziali, per cui si è dato
doverosamente un’organizzazione particolare per la scelta del
personale docente con apposite graduatorie, nelle quali gli aspiranti
sono inclusi in base a criteri oggettivi.
Tutto
questo non implica affatto un giudizio di valore ridotto per gli
insegnanti di scuola privata.
Al
contrario, l’interesse del gestore privato di offrire un
servizio che non pregiudichi il prestigio dell’istituto, che
attiri nuovi clienti e che costituisca una soddisfacente
remunerazione del capitale investito, induce all’arruolamento
del personale migliore reperibile sul mercato (quali i giovani
brillantemente laureati, che non hanno possibilità di trovare
occupazione immediata nella scuola pubblica).
Altrettanto
non può dirsi per la scuola pubblica nella quale, fino alla
svolta impressa dalla legge 124 del 1999, abbondavano più i
docenti sanati che quelli veramente meritevoli.
16
– I decreti ministeriali impugnati sono illegittimi per le
ragioni esposte nella parte in cui istituiscono distinte graduatorie
di soggetti da inserire nelle graduatorie permanenti, stravolgendo
l’unitarietà della procedura e il principio meritocratico
che la legge 124 del 1999 ha posto alla base del sistema di
assunzione del personale insegnante della scuola pubblica.
17
– Il ricorso deve essere, pertanto, in parte accolto e i decreti
ministeriali annullati nei limiti sopra indicati.
Le
spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.
Q. M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III bis –
accoglie in parte il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
annulla i decreti ministeriali impugnati nei termini indicati in
motivazione.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.
Così
deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio –
-Sezione III bis -, nella Camera di Consiglio del 2 aprile 2001 con
l’intervento dei signori magistrati elencati in epigrafe.
(Depositata
il 3 aprile 2001)
Consigliere
Roberto SCOGNAMIGLIO Presidente
Consigliere
Antonio AMICUZZI Relatore
Consigliere
Antonio VINCIGUERRA Correlatore