Sentenza numero 294 del 2001

TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA

SEZIONE
PRIMA DI CATANIA

Sentenza
numero 294 del 2001

Oggetto:

L’inquadramento
dei tecnici laureati medici quali ricercatori ex art. 8 della legge
19.10.1999 n. 370

(depositata
il 12 febbraio 2001)

nel
ricorso n. 1584 del 2000 proposto da Baradello Alice, Mandolfini
Tommaso, Magraviti Antonio, Sa1ibra Mario, Mandolfino Tommaso, Di
Bella Paolo, De Francesco Francesco, Alafaci Elisabetta, Marabello
Grazia, Scisca Claudio,Galletti Bruno, Caponetti Antonio, Tringali
Michelangelo, Quattrocchi Paolina, Barbera Adalberto, Leonello Grazia
Immacolata, Mastrojeni Claudio, Pagano Grazia Maria, Casella Carmela,
Sturlese Emanuele,

Manzo
Angela, Marullo Massimo, Galetti Claudio, Terranova Antonella,
Garipoli Claudia, Lupo Giuseppe, Maisano Carmelo, Picciotto Maria,
Scafiddi Mariella, Zanghì Mariangela, Spanò Francesca,
Corrado Francesco, Bruno Rocco, Quadarella Giuseppina, Pellicanò
Giovanni Francesco, Costa Gaetano, Costantino Giuseppa, Buemi
Barbara, Denuzzo Giulia, Lepore Valeria, Gnani Alessandro, Magaudda
Adriana, Scalisi Rosalba, Milone Antonino, Sacco Daniele, Costa
Gregorio, Ferraro Giuseppa, Marotta Giuseppe, Beccaria Antonio,
Fracassi Maria, Sciglitano Pietro, Restuccia Grazia, Andò
Filippo, Micali Antonio, Papalia Igor, rapp. e dif. dall’avv. prof.
Giuseppe Barone, dall’avv. Attilio Luigi Maria Toscano e dall’avv.
Aldo Loiodice nel cui studio è elett. dom. in Catania piazza
della Repubblica n. 31;

CONTRO

L’Università
degli Studi di Messina in persona del Rettore p. t., rapp. e dif. ope
legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania,
domiciliataria;

per
l’annullamento

del
Decreto del Rettore n. 82 del 7 febbraio 2000, con il quale viene
rigettata l’istanza presentata dai ricorrenti in data 31.1.2000 volta
a conseguire l’inquadramento nella qualifica di ricercatore;

e
per il riconoscimento

del
diritto dei ricorrenti all’inquadramento nel ruolo di
ricercatore universitario ed alla partecipazione a tutti gli
organismi collegiali ove è prevista la presenza del personale
docente ricercatore e delle figure assimilabile e di ogni altro
diritto spettante ai ricercatori;

Visto
il ricorso con i relativi allegati;

Visto
l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;

Designato
relatore per la pubblica udienza del giorno 16 gennaio 2001 il
Consigliere Vincenzo Salamone;

Uditi
i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue

F
A T T O

Con
il gravame introduttivo del giudizio si espone che i ricorrenti sono
dottori laureati in Medicina e Chirurgia, tutti in servizio presso
l’APU dell’Universita’ degli studi di Messina, con la qualifica di
collaboratore o di funzionario tecnico dell’area tecnico-scientifica
e socio sanitaria appartenenti al personale di cui all’art. 6, comma
5 del D. L.vo n. 502 del 1992 e successive modificazioni.

In
data 31.1.2000 gli stessi invitavano il Rettore dell’Università
degli studi di Messina a dare applicazione alla disposizione di cui
all’art. 8, comma 10, della legge 19.10.1999 n . 370 e ad adottare
gli atti necessari per il loro inquadramento nel ruolo del personale
docente ricercatore o delle figure assimilabili.

Con
D.R. n. 82 del 7.2.2000, il Rettore dell’Università degli
studi di Messina ha rigettato l’istanza suddetta.

All’atto
impugnato si muovono le censure di violazione e falsa applicazione
dell’art. 8 comma 10 della legge 19 ottobre 1999 n. 370, violazione e
falsa applicazione dell’art. 12 commi 1, 2, 3, 4, 6, 7 della legge 19
novembre 1990 n. 341, violazione e falsa applicazione degli artt. 30,
31 e 32 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382; violazione dell’art. 16,
comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341, contraddittorietà
della motivazione.

L’Università
degli Studi di Messina, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il
rigetto del gravame.

Alla
pubblica udienza del 16 gennaio 2001 la causa è passata in
decisione.

D
I R I T T O

Il
ricorso è fondato.

L’art.
8 della legge 19.10.1999 n. 370 – contenente disposizioni in materia
di università e di ricerca scientifica e tecnologica – dopo
avere dettato una serie di norme, in gran parte di interpretazione di
precedenti normative, in materia di rapporto di lavoro del direttore
amministrativo e del personale docente e non docente universitario
(comprese talune categorie di tecnici), ha stabilito, al comma l0,
che al personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si applicano le disposizioni di
cui all’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre
1990, n. 341. Il suddetto personale – aggiunge lo stesso comma – è
ricompreso nelle dizioni previste dall’articolo 16, comma 1, della
legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Precisa,
infine, la disposizione in parola che dalla sua attuazione non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Il
personale destinatario della norma è, dunque, esclusivamente
quello indicato nel richiamato art. 5 del d. l.vo n. 502, come
sostituito dall’art. 7, D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, cioè
il personale laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio
nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia, il
quale, ove alla data del 31 ottobre 1992 si trovasse ad operare
presso le stesse strutture e fosse appartenuto all’area
tecnico-scientifica e socio-sanitaria, era autorizzato, in base alla
stessa disposizione, a svolgere anche le funzioni assistenziali,
risultando in tal senso modificato il contenuto delle attribuzioni
dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico
socio-sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e
chirurgia ed in odontoiatria.

Va
aggiunto che la stessa norma del decreto 502 sanciva il divieto per
le università di assumere nei profili indicati (cioè di
collaboratore e funzionario socio sanitario) i laureati in medicina e
chirurgia ed in odontoiatria.

Detta
disposizione appare significativa dell’intento di uno scorrimento in
avanti della categoria dei tecnici in questione, le cui funzioni
originarie risultavano modificate ed arricchite con l’aggiunta delle
attività assistenziali; con la conseguenza che i ruoli dei
tecnici, sostanzialmente svuotati sul piano funzionale, non potevano
essere rincalzati con nuove assunzioni, per evidenti tini di
contenimento della spesa per tale personale.

Sulla
natura della riportata norma del decreto n. 502 si è,
d’altronde, già espressa la giurisprudenza, rilevandone la
finalità di sanatoria rispetto alla illegittima prassi
amministrativa – motivata sulla base della necessità si
sopperire ad eccezionali esigenze assistenziali ma in patente
contrasto con il disposto dell’art. 102 DPR n. 382/1980 (che aveva
esteso al personale docente universitario e ai ricercatori esplicanti
attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti
universitari di ricovero e cura anche se gestiti direttamente dalle
università, convenzionati ai sensi dell’art. 39, L.23 dicembre
1978, n. 833, i diritti e i doveri previsti per il personale di
corrispondente qualifica del ruolo regionale ) – di attribuire al
personale assunto con qualifiche diverse da quelle docenti funzioni
assistenziali, con la conseguente inammissibilità, in linea
generale, di attribuire funzioni assistenziali ai tecnici laureati in
medicina ed odontoiatria dopo la data del 31.10.1992 (Cons. St., sez
VI, 24.6.1998 n. 1011].

Tale
orientamento risulta successivamente confermato dallo stesso
Consiglio di Stato, laddove, ai fini della erogazione ai tecnici
laureati svolgenti attività assistenziali dell’indennità
c.d. De Maria di cui alla legge n. 213/1971 e dell’art. 31 d. lgs. n.
761/1979, ha statuito che il carattere di sanatoria posseduto
dall’art. 5 del d. lgs. n. 502/1992 comporta la modifica del profilo
funzionale dei tecnici laureati in medicina “per cui è
vano risalire ai profili professionali ordinari previsti dal DPCM 24
settembre 1981" (si tratta dei profili di collaboratore e
funzionario tecnico-VII e VII qf.), almeno per quelli operanti con
funzioni assistenziali alla data dell’ottobre 1992 (Cons. St.,
sez. VI, 28 gennaio 2000, n. 407
).

Osserva
inoltre il Collegio che l’art. 12 della legge n. 341/1990 (come in
parte modificata dall’art. 1, comma 11, L. 14 gennaio 1999, n. 4),
sull’ordinamento didattico universitario, richiamata nel citato art.
8 della legge n. 370/1999, ha modificato i contenuti della funzione
didattica del personale docente universitario, in connessione con
l’ampliamento – rispetto alla categoria unica del diploma di laurea –
delle tipologie dei titoli conseguibili presso le Università
ed alle nuove forme di sostegno didattico agli studenti, disponendo,
in materia di “attività di docenza”, che:


(comma 1) i professori di ruolo, a integrazione di quanto previsto
dagli articoli 1, 9 e 10 del DPR n. 382 del 1980 e dall’articolo 4
del DPR n. 162/1982, adempiono ai compiti didattici nei corsi di
diploma universitario e nei corsi di cui all’articolo 6, comma 1,
lettera a), e comma 2, della legge; i ricercatori, a loro volta, a
integrazione di quanto previsto dagli articoli 30, 31 e 32 del
decreto del Presidente della Repubblica 11luglio 1980, n. 382
adempiono ai compiti didattici in tuffi i corsi di studio previsti
dalla nuova legge, secondo le modalità di cui ai commi 3, 4,
5, 6 e 7 dello stesso articolo;


(comma 2) è altresì compito istituzionale dei
professori e dei ricercatori guidare il processo di formazione
culturale dello studente secondo quanto previsto dal sistema di
tutorato di cui all’articolo 13 della legge;


(comma 3) ferma restando per i professori la responsabilità
didattica di un corso relativo ad un insegnamento, le strutture
didattiche secondo le esigenze della programmazione didattica,
attribuiscono ai professori e ai ricercatori, con le modalità
di cui al DPR n. 382/1980, e con il consenso dell’interessato,
l’affidamento e la supplenza di ulteriori corsi o moduli che,
comunque, non danno diritto ad alcuna riserva di posti nei concorsi.
Il medesimo comma precisa, ancora, che la programmazione deve in ogni
caso assicurare la piena utilizzazione nelle strutture didattiche dei
professori e dei ricercatori e l’assolvimento degli impegni previsti
dalle rispettive norme di stato giuridico.


(comma 4) i ricercatori possono essere componenti delle commissioni
di esame di profitto nei corsi di diploma universitario, di laurea e
di specializzazione e relatori di tesi di laurea;


(comma 6) gli insegnamenti nei corsi di laurea e di diploma sono di
norma sdoppiati quando il numero degli esami sostenuti nell’anno
precedente, moltiplicato per il rapporto tra gli iscritti nell’anno
in corso e gli iscritti dell’anno precedente, supera 250; gli
insegnamenti sdoppiati possono essere coperti dai professori e dai
ricercatori per supplenza o per affidamento;


(comma 7) la supplenza o l’affidamento di un corso o modulo, che
rientrino nei limiti dell’impegno orario complessivo previsto per i
professori e per i ricercatori dalle rispettive norme, sono conferiti
a titolo gratuito, salvo che per le supplenze e gli affidamenti che
superino i predetti limiti, le quali possono essere retribuiti
esclusivamente con oneri a carico degli ordinari stanziamenti dello
stato di previsione del Ministero dell’università.

Osserva
il Collegio che si tratta di una serie di disposizioni tendenti ad
ampliare le competenze dei ricercatori al fine di evitare che, anche
in relazione all’aumento delle funzioni svolte dalle università,
la relativa attività amministrativa rischiasse difficoltà
operative.

La
norma finale di cui all’art. 16, comma 1, della stessa legge n.
341/1990 specificava, a sua volta, le dizioni di ricercatore e
ricercatore confermato ai fini dell’applicazione della stessa legge,
ricomprendendovi anche gli assistenti del ruolo ad esaurimento e quei
tecnici laureati in possesso dei requisiti, stabiliti dall’art. 50
del DPR n. 382/1980, al fine della partecipazione ai giudizi di
idoneità per l’inquadramento nella fascia dei professori
universitari associati (svolgimento di attività didattica per
almeno tre anni entro l’anno accademico 1979-80, etc.).

Per
completare il quadro normativo indirettamente richiamato dalla
disposizione del citato art. 8 della legge n. 370/1999, vale
ricordare il contenuto degli artt da 30 a 33 del DPR n. 382/1980, i
quali disciplinano la dotazione organica del ruolo dei ricercatori,
il procedimento di conferma degli stessi, nonché i loro
compiti di contribuzione alla ricerca scientifica e svolgimento delle
attività didattiche.

Per
quanto concerne la figura del tecnico laureato, poi, vale ricordare a
tini di completezza del quadro normativo, che essa era prevista,
subito dopo le statuizioni relative ai ricercatori, dall’art. 35 del
DPR n. 382/1980, dedicato appunto al “personale tecnico delle
Università”.

Secondo
tale norma, i posti di tecnico laureato sono assegnati ai laboratori
dotati di attrezzature scientifiche di particolare complessità
per le esigenze della ricerca, della sperimentazione e delle
esercitazioni degli istituti e, ove costituiti, dei dipartimenti,
facendosi conseguentemente luogo alla revisione dell’allora vigente
distribuzione di posti di tecnico laureato.

Per
quanto concerne specificamente i compiti dei tecnici laureati, la
norma specificava che essi coadiuvano i docenti per il funzionamento
del laboratorio, sono direttamente responsabili delle attrezzature
scientifiche e didattiche in dotazione e dirigono l’attività
del personale tecnico non laureato assegnato al laboratorio.

I
posti di tecnico coadiutore e di tecnico esecutivo, secondo la stessa
disposizione, sono assegnati ai laboratori dotati di attrezzature
scientifiche e didattiche per la ricerca, la sperimentazione e le
esercitazioni degli istituti e, ove costituiti, dei Dipartimenti;
inoltre, i tecnici coadiutori e i tecnici esecutivi svolgono la loro
attività sotto la direzione del tecnico laureato preposto al
laboratorio.

Vale
ricordare ancora, a tini di completezza espositiva, le seguenti
norme:


l’art. 72, comma 3, del d. lgs. n. 29/1993, che, nel mantenere ferma
la vigente disciplina tendenzialmente negativa in materia di
iscrizione agli albi professionali dei dipendenti pubblici, ha
disposto che “Il personale di cui all’articolo 6, comma 5, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, può iscriversi,
se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine
professionale”.


l’art. 1 comma 6 della legge n. 662 del 23 dicembre1996, per il quale
le disposizioni previste dai commi da 1 a 19 (relative alla
disciplina dell’attività libero professionale intra ed extra
moenia dei medici pubblici dipendenti) si applicano anche al
personale di cui all’articolo 102 del decreto del Presidente della
Repubblica 11luglio 1980, n. 382, e al personale di cui all’articolo
6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Osserva
il Collegio che con la legge n. 370/1999 si è completato un
processo di graduale attribuzione ai tecnici laureati operanti nelle
facoltà universitarie di medicina delle stesse funzioni
assistenziali e didattiche attribuite ai ricercatori universitari
(Cons. Stato sez. VI, 2.11.1998, n. 1480)

La
difesa dell’Amministrazione muove dal presupposto che sia
avvenuta soltanto una “assimilazione” o “equiparazione”
tra tecnici e ricercatori ma tale processo normativo sarebbe tuttavia
limitato ai soli aspetti funzionali, perché servirebbe
esclusivamente ad attribuire ai tecnici il “diritto” o la
“possibilità” di svolgere mansioni (didattiche ed
assistenziali) che altrimenti sarebbe loro interdetto.

Tale
tesi appare tuttavia troppo formalistica e potrebbe dar luogo a forti
dubbi di costituzionalità.

Troppo
formalistica, perché la distinzione tra aspetti funzionali ed
aspetti ordinamentali dello status del dipendente non ha senso, alla
luce del principio di significatività ed effettività
della norma e del consolidato principio di corrispondenza tra
qualifica e funzioni, più volte invocato proprio per negare
riconoscimenti economici e giuridici a dipendenti che pretendevano
l’estensione di discipline governanti altre categorie di dipendenti,
svolgenti funzioni diverse.

Da
tale incongruenza ed irragionevolezza semantica scaturiscono i dubbi
di costituzionalità, sul piano della illogicità,
disparità di trattamento, adeguatezza e proporzionalità
dei rispettivi trattamenti La stessa Corte Costituzionale ha più
volte affermato, infatti, che “il criterio funzionale è
il solo idoneo a rendere omogeneo, sotto il denominatore comune delle
funzioni, il trattamento economico del personale” e che “ad
identità di funzioni non può che corrispondere pari
trattamento economico” (C. Cost., 12 giugno 1991, n. 2771),
condividendo e legittimando quelle scelte di politica legislativa
tese a razionalizzare ed uniformare situazioni ordinamentali
formalmente distinte ma caratterizzate da omogeneità di
funzioni (C. Cost., 17 marzo 1998, n. 63; 23 dicembre 1993, n. 455).

Va
rammentato, sempre con riguardo ai principi costituzionali, che
proprio a proposito delle procedure concorsuali (giudizi di idoneità)
di inquadramento dei medici interni universitari (i c.d m.i.u.r.a.)
previste dall’art. 58 del DPR n. 382/1980 la Corte ebbe a statuire
l’illegittimità di tale norma nella parte in cui escludeva i
medici assunti con delibera nominativa del solo Consiglio di facoltà
e non già, come prescriveva la legge, con delibera del
Consiglio di amministrazione, rilevando che la discriminazione delle
due categorie di medici aspiranti all’inquadramento, in quanto
fondata su una distinzione formale, creava un irrazionale e
ingiustificata disparità di trattamento tra categorie che
avevano svolto le stesse funzioni e per le stesse esigenze funzionali
dell’amministrazione (C. Cost., 22 febbraio 1985, n. 46).

Facendo
applicazione dei predetti principi ed insegnamenti al caso di specie,
appare irrazionale e sperequato un intervento legislativo che
scarichi su una categoria compiti ed obblighi funzionali già
spettanti ad altra categoria operante all’interno della medesima
struttura, senza riconoscere la complessiva disciplina di status a
quest’ultima riservata,

D’altra
parte, le ricordate disposizioni del decreto legislativo 29 del 1993
(art. 72) e della legge n. 662/1996, che hanno applicato ai tecnici
laureati le stesse disposizioni relative ai ricercatori medici
universitari (iscrizione all’albo professionale e disposizioni
sull’attività libero professionale) sono preordinate proprio
alle esigenze funzionali dell’amministrazione di far svolgere –
attraverso la concessione delle prerogative professionali e
l’estensione del regime della libera professione – alla specifica
categoria dei tecnici laureati in questione le stesse attività
assistenziali rimesse ai ricercatori. Parlare, quindi, secondo le
argomentazioni ostative all’inquadramento dei tecnici laureati, di
loro “diritti” e “possibilità” come una
sorta di opzione individuale rimessa alla scelta del dipendente
appare fuor di luogo, atteso che quei “diritti” accedono
piuttosto ad esigenze funzionali dell’amministrazione per le quali si
è inteso equiparare tecnici e ricercatori.

Per
converso, è da rilevare che effettivamente la dizione
letterale della legge non sembra consentire un’immediata
interpretazione favorevole ai tecnici, per le considerazioni innanzi
svolte sub nn. 5, 6 e 7 a proposito delle argomentazioni poste a
contrasto dell’equiparazione indifferenziata: rigidità
dell’apparato amministrativo sub specie della preventiva
determinazione delle piante organiche, principio concorsuale, divieto
di nuove e maggiori spese, coerenza legislativa sul piano della
successione temporale delle norme.

Sarebbe,
tuttavia, da ribattere, al riguardo, che l’argomento relativo alla
definizione delle piante organiche non appare poi cosi determinate,
non solo perché l’esperienza conosce, in connessione con
numerose fattispecie di sanatoria, l’istituto dell’inquadramento
soprannumerario, ma anche tenuto conto che ai sensi dell’art. 51
della L. n. 449/1997 sono le singole università statali
(conformemente al principi di autonomia ribadito dall’art. 17 L. n.
127/1997) che definiscono e modificano gli organici di ateneo secondo
i rispettivi ordinamenti: ciò che consentirebbe a ciascuna
università di provvedere sulle rideterminazioni organiche
conseguenti a provvedimenti di inquadramento dei tecnici laureati
secondo criteri compensativi e redistributivi che potrebbero valere,
oltretutto, come una delle possibili misure tese ad assicurare
l’invarianza della spesa per il personale.

Neppure
va dimenticato che secondo l’insegnamento costante della
giurisprudenza costituzionale e di merito, fra due possibili
interpretazioni deve prevalere quella più conforme ai principi
e precetti costituzionali e che fra due possibili opzioni di
conformità a costituzione deve preferirsi quella fondata sul
principio avente maggiore dignità con riferimento al caso
concreto.

Ora,
a fronte di due contrapposti principi, quello dell’imparzialità
e quello concorsuale, nella specie appare prevalente il primo,
considerato che il secondo, secondo lo stesso insegnamento della
Corte, è suscettibile di deroghe le quante volte esigenze
eccezionali e speciali individuate dal legislatore consentano
meccanismi di accesso o di progressione nei pubblici uffici. Le già
esposte ragioni di eccezionalità e di sanatoria della
disciplina normativa dei tecnici laureati appaiono coerenti con il
ricordato orientamento.

D’altra
parte, anche sul piano strettamente formale non si capisce cosa abbia
voluto dire il legislatore del 1999 quando ha disposto che nelle
dizioni “ricercatori” o “ricercatori confermati”
– nelle quali, ai sensi del richiamato art. 16 della legge n.
314/1990, già erano comprese anche quelle di “assistenti
di ruolo ad esaurimento” e di “tecnici laureati in possesso
dei requisiti previsti dall’articolo 50 del decreto del Presidente
della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 – è da intendere
ricompresa anche la speciale categoria dei tecnici laureati
contemplata dal d. lgs. 502.

Alla
norma, per il ricordato principio di significatività ed
utilità, non può darsi altro significato se non quello
espressivo della volontà di attribuire a quest’ultima
categoria la stessa qualificazione giuridica, non essendo pensabile,
secondo i predetti criteri di significanza ed effettività, che
tale equiparazione denominatoria fosse mirata all’attribuzione di
compiti e mansioni (assistenziale e didattiche) che i tecnici già
svolgevano in base alla normativa precedente (
Cons
Stato parere sez. 2^ 22 novembre 2000 n. 921/2000
).

Il
ricorso di cui in epigrafe va, conseguentemente, accolto e per
l’effetto va annullato l’atto impugnato, dichiarando l’obbligo
dell’Amministrazione resistente ad esaminare le istanze di
inquadramento presentate dai ricorrenti in data 31.1.2000 volte a
conseguire l’inquadramento nella qualifica di ricercatore sulla
base di principi sopra esposti.

Sussistono,
comunque, i giusti motivi per compensare interamente tra le parti
spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata
di Catania (sez. 1^ interna), definitivamente pronunciando, accoglie
il ricorso di cui in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto
impugnato, e dichiara l’obbligo dell’Amministrazione resistente ad
esaminare le istanze di inquadramento presentate dai ricorrenti in
data 31.1.2000 volte a conseguire l’inquadramento nella
qualifica di ricercatore sulla base di principi sopra esposti.

Compensa
interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dell’autorità
amministrativa.

Così
deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del giorno 22 gennaio
2001.

Il
Presidente ff– estensore

Dr.
V. Salamone

Depositata
il 12 febbraio 2001

Redazione

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