Sentenza numero 3075 del 6.6.2001

CONSIGLIO DI STATO

QUINTA SEZIONE

SENTENZA N. 3075 DEL 6 GIUGNO 2001

sul ricorso in appello n. 7815/1994 proposto dal Comune di Diamante, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Mirigliani presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, Via L. Concetti, n. 1;

contro

***, in qualità di legale rappresentante dell’impresa di costruzioni degli eredi di Nervino Vincenzo, s.n.c., rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Vetere unitamente al quale è elettivamente domiciliata in Roma, Via della Balduina, n. 84 presso lo studio dell’avv. Ugo Scalise;

e con l’intervento ad adiuvandum

della *** s.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Corbo e Lucio V. Moscarini ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma, Via Sesto Rufo, n. 23;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria-Catanzaro- 25 maggio 1994, n. 665;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’impresa di costruzioni ***, nonché l’atto di intervento ad adiuvandum della Società ***;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza n. 1988/94 con la quale è stata accolta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;

Vista la decisione interlocutoria n. 924/2000;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 30 gennaio 2001 la relazione del Consigliere Andrea Camera e uditi, altresì, l’avv. Salvatore Vetere e l’avv. L. Valerio Moscarini;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

In data 2 febbraio 1982 il Sindaco di Diamante rilasciava alla ditta *** la concessione edilizia n. 12 per la costruzione di una villa bifamiliare in località Pastani.

Il 31 gennaio 1983 il Sindaco di Diamante invitava la ditta *** a non dare corso ai lavori fino all’acquisizione del nulla osta da parte della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia. Tale provvedimento di sospensione veniva confermato e ribadito con nota del 29 luglio 1983.

Acquisito il predetto nulla osta, il Sindaco non procedeva alla revoca dei citati provvedimenti di sospensione (né all’approvazione del progetto di variante nel frattempo presentato) ma, con provvedimento 14 marzo 1988, n. 3171, dichiarava invece la decadenza della concessione edilizia data, per mancata ultimazione dei lavori nei termini in essa prescritti.

Avverso tale provvedimento la sig.ra ***, in qualità di legale rappresentante dell’impresa di costruzioni *** S.N.C., proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. per la Calabria chiedendone l’annullamento per il seguente motivo: violazione di legge, eccesso di potere, mancanza di motivazione.

Deduceva, in sostanza, che la decadenza della concessione edilizia era stata illegittimamente pronunciata, in quanto la costruzione non si era potuta realizzare per effetto dei provvedimenti inibitori assunti dal Sindaco di Diamante, che non li aveva revocati nonostante fosse venuto in possesso del richiesto nulla osta della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia.

L’adito Tribunale, con sentenza 25 maggio 1994, n. 665, dopo avere disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso per genericità, lo accoglieva, osservando che la mancata utilizzazione dei lavori nel termine (triennale) fissato dal titolo abilitativo non era imputabile al titolare della concessione edilizia, in quanto l’esecuzione dell’opera era stata inibita dalla mancata autorizzazione della Capitaneria di Porto di cui all’art. 55 del cod. nav., né il Sindaco aveva revocato, fino alla pronuncia di decadenza, la sospensione disposta con le note del 31 gennaio e del 29 luglio 1983.

Detta sentenza è stata appellata dal Comune di Diamante il quale ha innanzitutto dedotto che il ricorso originario doveva essere dichiarato improcedibile per intervenuta transazione della vertenza, con conseguente cessazione della materia del contendere o, comunque, per intervenuta acquiscenza al provvedimento impugnato per avere l’interessata avviato dinanzi al Tribunale di Paola azione per la restituzione del corrisposto contributo per oneri di urbanizzazione ed avere transatto il relativo giudizio accettando la somma di L. 17.260.000*.

Nel merito ha dedotto che il T.A.R. erroneamente ha disatteso l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per genericità e che quanto al ritardo nell’esecuzione dell’opera in questione, esso va imputato esclusivamente all’impresa ricorrente che, dopo avere comunicato l’inizio dei lavori (nel marzo 1982), ha presentato domanda di concessione in variante (mai rilasciata), e non ha dato corso all’esecuzione dei lavori neanche a seguito del rilascio dell’autorizzazione prescritta dall’art. 55 cod. nav. (avvenuta in data 20 dicembre 1983), perché mirava a realizzare la diversa opera di cui al progetto di variante. Ha concluso, chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Si è costituita in giudizio la sig.ra *** replicando, con memoria, alle tesi difensive dell’appellante Comune e chiedendo la reiezione del gravame.

E’ intervenuta in giudizio ad adiuvandum la Società ***, in qualità di acquirente del terreno cui si riferiva la concessione edilizia 2 febbraio 1982, n. 12, illustrando con memorie le proprie tesi difensive e facendo presente, con richiamo alla sentenza del Tribunale di Paola n. 246/99, che la transazione concerne soltanto la restituzione degli oneri di urbanizzazione e non il giudizio proposto dinanzi al Giudice amministrativo.

Con ordinanza 21.12.1999, n. 924 sono stati disposti incombenti istruttori, cui il Comune di Diamante ha adempiuto con nota 27 marzo 2000.

DIRITTO

Con sentenza 25 maggio 1994, n. 665, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria-sede di Catanzaro- ha accolto il ricorso dell’attuale appellata avverso il provvedimento sindacale di decadenza della concessione edilizia n. 12 del 2 febbraio 1982 di costruzione di una villa familiare da realizzare in località-Pastani del Comune di Diamante, osservando che la mancata ultimazione dei lavori nel termine (triennale) fissato dal titolo abilitativo non era imputabile al titolare della concessione edilizia, essendo l’esecuzione della opera stata inibita dalla mancanza dell’autorizzazione della Capitaneria di Porto prevista dall’art. 55 del cod. nav., né il Sindaco aveva revocato, fino alla pronuncia di decadenza, la sospensione dei lavori disposta in assenza del predetto nulla osta.

Con il presente appello il Comune di Diamante innanzitutto eccepisce l’improcedibilità del ricorso originario per intervenuta transazione della vertenza, con conseguente cessazione della materia del contendere o, comunque, per intervenuta acquiscenza al provvedimento impugnato, per avere la ricorrente, successivamente alla proposizione del gravame, avviato dinanzi al Tribunale Civile di Paola azione per la restituzione di quanto corrisposto a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione ed avere transatto il relativo giudizio, accettando la somma di L. 17.260.000, con accordo del 5 marzo 1991.

L’eccezione appare infondata se si considera che la sentenza 246/99 del Tribunale Civile di Paola, passata in giudicato, ha soltanto riguardato “la restituzione degli oneri di urbanizzazione relativi alla concessione edilizia n. 12 del 2 febbraio 1982”, senza investire il giudizio pendente dinanzi al T.A.R. per la Calabria, conclusosi con l’impugnata sentenza. Del resto il difensore dell’appellata, nel predetto giudizio civile, aveva soltanto il potere di transigere e conciliare per quel giudizio e non anche per altra controversia, alla quale era rimasto estraneo.

Parimenti va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per genericità.

Come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado l’impugnativa reca la chiara ed univoca indicazione non solo del provvedimento censurato, ma anche delle ragioni che ne determinerebbero l’invalidità, prospettate circa la ritenuta illegittima decadenza della concessione edilizia.

Quanto al merito l’appello è infondato.

Assume l’appellante Comune che il ritardo nell’esecuzione dell’opera va imputato esclusivamente all’appellata che, dopo avere comunicato l’inizio dei lavori (nel marzo 1982), aveva presentato domanda di concessione in variante (mai rilasciata), non dando corso all’esecuzione dei lavori neanche a seguito del rilascio del prescritto nulla osta (avvenuto in data 20 dicembre 1983), perché mirava a realizzare la diversa opera di cui al progetto di variante.

In altri termini, secondo l’appellante Comune, l’interessata ditta eredi Nervino avrebbe dovuto, una volta ottenuto l’autorizzazione della Capitaneria di Porto, riprendere i lavori, considerando tamquam non esset la disposta sospensione dei lavori.

Detta censura non appare meritevole di accoglimento alla stregua delle seguenti considerazioni.

La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che, al fine dell’emissione del provvedimento di decadenza di una concessione edilizia per inosservanza del termine di ultimazione dei lavori occorra solo accertare il fatto obiettivo della mancata ultimazione dell’opera nel triennio e constatare che non sussistono cause che rendano giustificabile l’inadempimento per elementi ostativi non addebitabili all’interessato.

Orbene nel caso di specie non può assurgere a fatto addebitabile al titolare della concessione edilizia la circostanza della mancata ultimazione dei lavori nel prescritto termine, ove l’esecuzione della costruzione sia stata inibita dalla carenza dell’autorizzazione della Capitaneria di Porto prevista dall’art. 55 del codice della navigazione (R.D.L. 30 marzo 1942, n. 327) secondo cui l’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all’autorizzazione del Capo del Compartimento, nonché dalla decretata sospensione sindacale dei lavori, per carenza dell’atto permissivo, fatti questi che, in quanto impeditivi ed estranei alla volontà dell’interessato, dovevano essere rimossi ai fini della ultimazione dei lavori nei termini prescritti.

Si è verificato che avendo l’interessato ottenuto e prodotto il nulla-osta rilasciato dalla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, il Sindaco del Comune di Diamante invece di revocare il provvedimento di sospensione dei lavori di cui alle note del 31 gennaio 1983 e 29 luglio successivo, consentendo la prosecuzione dei lavori, ha determinato, invece, la decadenza dell’assentita concessione edilizia, con evidente eccesso di potere nel comportamento tenuto.

Né dall’acquisizione del nulla osta poteva scaturire un’automatica caducazione del provvedimento sospensivo, perdurando la sua efficacia sino all’adozione della sua revoca da parte della medesima Amministrazione emanante.

Per le suesposte argomentazioni l’appello va respinto e le spese di lite vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale-Sezione Quinta, così decide:

– Respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe, con conferma dell’impugnata sentenza;

– Condanna l’appellante Amministrazione Comunale al pagamento delle spese di giudizio nei confronti dell’appellata per complessive lire 3.000.000* (tre milioni);

Compensa le spese di giudizio per la S.n.c. ***, interveniente ad adiuvandum.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 30 gennaio 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale-Sezione Quinta- riunito in camera di consiglio – con l’intervento dei seguenti magistrati:

Salvatore Rosa Presidente

Andrea Camera Consigliere estensore

Corrado Allegretta Consigliere

Aldo Fera Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

(Depositata il 6 giugno 2001)

Redazione

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