Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Decisione dell’8 novembre 2001
“La disciplina dei servizi pubblici locali nell’articolo 23 del disegno di legge n. 699”
(Bollettino n. 43/2001)
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Il disegno di legge n. 699 del 2001, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (di seguito d.d.l.), detta all’articolo 23 la nuova disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, prevedendo la sostituzione dell’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; di seguito T.U.).
Al fine di consentire che, attraverso la prospettata riforma dell’articolo 113 del T.U., la tutela della concorrenza, materia rientrante nella legislazione esclusiva dello Stato in base all’articolo 117 della Costituzione nella sua nuova formulazione, possa trovare ampio spazio nella gestione dei servizi pubblici locali, l’Autorità intende esprimere, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 287/90, un parere sull’articolo 23 del disegno di legge n. 699.
L’articolo 23 individua due tipologie di servizi:
a) i servizi a rilevanza imprenditoriale e
b) i servizi privi di rilevanza imprenditoriale.
La norma detta una disciplina solo con riferimento ai servizi pubblici locali di rilevanza imprenditoriale.
Quanto ai servizi privi di rilevanza imprenditoriale, l’articolo 23 si limita, infatti, a disporre che essi siano gestiti mediante “istituzione” -conservando la forma di gestione attualmente prevista per tale categoria nell’articolo 113, lettera e) del T.U.- e rinvia, per la relativa disciplina, all’articolo 114 del T.U.
1. La separazione tra proprietà e gestione delle reti ed erogazione dei servizi
Il comma 2 dell’articolo 113, così come riscritto dall’articolo 23 del d.d.l. n. 699, prevede che l’ente locale titolare del servizio possa perseguire la separazione tra la proprietà e gestione delle reti e delle infrastrutture, da un lato, e l’erogazione del servizio, dall’altro.
La misura prevista in tale disposizione appare potersi condividere poiché consente la presenza di una pluralità di soggetti in concorrenza tra loro nell’erogazione di servizi i quali, per ragioni tecniche strettamente connesse alla presenza di una rete indivisibile e difficilmente replicabile, sono stati generalmente prestati, sino ad ora, in situazioni monopolistiche.
La separazione della proprietà e gestione delle reti dall’erogazione del servizio costituisce inoltre una soluzione conforme alle scelte effettuate dal legislatore comunitario in altri settori, quali ad esempio quelli delle telecomunicazioni e delle ferrovie.
Considerati gli effetti positivi riconducibili a tale misura, sarebbe auspicabile che anche nel settore dei servizi pubblici locali la separazione della gestione delle reti dall’erogazione del servizio non fosse prevista come mera possibilità, ma fosse assistita da un chiaro favor normativo.
2. La gestione delle reti e delle infrastrutture
Quanto alle forme di gestione, il nuovo articolo 113, al comma 3, prevede che le reti e le infrastrutture possano essere affidate dall’ente locale, in via diretta, a soggetti appositamente costituiti nella forma dell’azienda speciale e della società consortile tra enti di diritto pubblico, o mediante gara ad altro soggetto idoneo.
Questa norma lascia pressoché invariato il regime attualmente in vigore.
Inoltre, continuando a prevedere la possibilità per l’ente locale di procedere ad affidamenti diretti in assenza di procedure ad evidenza pubblica, consente un’apertura soltanto parziale alla concorrenza.
Per consentire un più ampio ed effettivo ricorso alla concorrenza per il mercato, basata sulla scelta dell’operatore tramite gara, sarebbe opportuno che nel nuovo articolo 113 venisse privilegiata la via dell’affidamento tramite procedura ad evidenza pubblica.
3. L’erogazione dei servizi: concorrenza per il mercato e concorrenza nel mercato
Con riferimento ai servizi a “rilevanza imprenditoriale”, il comma 4 del modificato articolo 113 prevede che la gestione “può” essere garantita da società di capitali, regolate dal codice civile, individuate tramite gare pubbliche.
Alle società che in Italia o all’estero gestiscono servizi pubblici locali in base ad affidamenti diretti o a procedure non ad evidenza pubblica è fatto divieto di partecipare a gare bandite dagli enti locali.
L’affidamento mediante gara -cioè la concorrenza per il mercato- come più volte ribadito da questa Autorità, costituisce un valido strumento di individuazione dei gestori del servizio e di apertura alla concorrenza solo nei settori in cui specifiche caratteristiche oggettive dell’attività, tecniche ed economiche, impongono e giustificano una limitazione del numero dei soggetti ammessi ad operare.
Viceversa, nei casi in cui tali limitazioni non siano giustificate, i servizi dovrebbero essere svolti in regime di concorrenza nel mercato tra tutti gli operatori.
D’altra parte, secondo l’impostazione dell’articolo 86.2 del Trattato CE, la concorrenza tra tutti i possibili operatori (cosiddetta concorrenza nel mercato) costituisce la regola e i regimi che prevedono diritti speciali ed esclusivi in capo ad un numero ristretto di operatori o ad un’unica impresa rappresentano l’eccezione.
Il d.d.l. dovrebbe seguire tale impostazione, precisando che, ove non sussistano specifiche caratteristiche tecniche ed economiche che rendano necessaria la limitazione del numero degli operatori, e dunque l’affidamento mediante gara, i servizi pubblici locali devono essere gestiti in regime di piena concorrenza nel mercato; resta salvo il possibile impiego di autorizzazioni amministrative, là dove sia necessario che gli imprenditori presentino determinati requisiti soggettivi.
La normativa secondaria, prevista nell’articolo 23, ultimo comma, potrebbe precisare le modalità di attuazione di una simile disposizione.
4. Concessioni, aziende speciali e società “miste”
Per i servizi a “rilevanza imprenditoriale” la gestione tramite società di capitali selezionate con gara pubblica costituisce uno dei modelli a disposizione dell’ente locale.
L’articolo 113, infatti, prevedendo che la gestione del servizio a rilevanza imprenditoriale “può” essere assicurata mediante tale forma, lascia intendere che resti inalterata la possibilità di utilizzare anche le aziende speciali e le società “miste”.
La sorte di simili forme di gestione andrebbe chiarita, tenendo conto che esse, in quanto basate su affidamenti diretti, effettuati in assenza di procedure ad evidenza pubblica, derogano alla concorrenza per il mercato.
Per quel che attiene alle gestioni in essere, il comma 2 dell’articolo 23 fa salvi fino alla loro scadenza i diritti e le concessioni attribuiti ai soggetti affidatari dei servizi pubblici locali.
L’indeterminatezza dell’arco temporale di conservazione di tali gestioni, ove attribuite in assenza di procedure ad evidenza pubblica, unitamente alla possibilità di un loro rinnovo, si pone in contrasto con un’effettiva apertura alla concorrenza dei servizi pubblici locali, poiché ritarda sensibilmente l’avvio del processo di apertura alla concorrenza dei servizi pubblici locali a rilevanza imprenditoriale e si traduce in un ostacolo all’accesso al mercato di nuovi operatori, consentendo il consolidamento “in via automatica” delle gestioni esistenti.
5. Privatizzazioni e liberalizzazioni
Nel d.d.l. l’obiettivo di privatizzazione sembra prevalere su quello di liberalizzazione e alle imprese privatizzate vengono riconosciuti consistenti privilegi.
Infatti, il nuovo comma 6 dell’articolo 113 prevede: “L’ente locale può cedere la propria partecipazione di controllo nelle società erogatrici dei servizi. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere e consente alla società, anche in deroga al divieto di cui al comma 4, la partecipazione ad attività imprenditoriali al di fuori del relativo ambito territoriale (…)”.
La norma sopra richiamata fa salvi, a favore del processo di privatizzazione, affidamenti diretti effettuati in assenza di gara.
Il riferimento alla cessione della partecipazione di controllo dell’ente locale presuppone infatti che il soggetto da privatizzare sia una società a prevalente partecipazione pubblica locale, e dunque un soggetto cui la gestione del servizio è stata di regola affidata in via diretta.
Ciò comporta il prolungamento di gestioni affidate in deroga alla concorrenza per il mercato a favore di soggetti i quali, assunta una veste privatistica in seguito all’avvenuto processo di privatizzazione, e dunque non più legati all’ente locale da un rapporto di strumentalità, dovrebbero essere al contrario sottoposti al confronto competitivo con altri operatori presenti sul mercato.
In altri termini, in virtù della previsione che fa salva la durata delle concessioni e degli affidamenti in essere a favore degli enti da privatizzare, si verrebbe a determinare una preoccupante sostituzione di monopoli pubblici con monopoli privati.
Anche in questo caso, la durata delle concessioni e degli affidamenti in essere andrebbe pertanto limitata.
Se così non fosse, si rischierebbe di rinviare sine die la liberalizzazione, consentendo il mantenimento di situazioni monopolistiche e favorendo la sola privatizzazione, che di per sé non appare idonea a risolvere i problemi di efficienza e di qualità del servizio.
Al fine di limitare i problemi applicativi che si verrebbero a determinare con un immediato passaggio dal monopolio all’apertura alla concorrenza dei servizi, si ritiene che la previsione di un adeguato periodo transitorio, non eccessivamente prolungato nel tempo, potrebbe introdurre i necessari elementi di flessibilità che consentano il compimento di una riforma evidentemente complessa.
Particolari perplessità solleva anche la deroga al divieto di partecipare a gare al di fuori dell’ambito territoriale di riferimento, prevista a favore delle società privatizzate.
Tale deroga, infatti, introduce un privilegio e un ingiusto vantaggio concorrenziale che andrebbe rimosso.
Garanzie a favore del processo di privatizzazione sostanziale sono, del resto, già assicurate, nell’impianto del disegno di legge, dalla conservazione delle concessioni e degli affidamenti in essere alle società il cui controllo pubblico sia stato ceduto ai privati: va ribadito che tale perdurante effetto dovrebbe comunque essere limitato nella durata.
6. Conclusioni
Ad avviso dell’Autorità, in definitiva, alcune disposizioni dell’articolo 23 del d.d.l., là dove non si pongono in sintonia con la tutela della concorrenza, andrebbero modificate.
In particolare, l’Autorità ritiene che:
1. L’articolo 23 dovrebbe prevedere un chiaro favor per la separazione della gestione delle reti e delle infrastrutture dall’erogazione del servizio.
2. Le norme di legge dovrebbero stabilire espressamente che, ove non siano presenti specifiche caratteristiche oggettive dell’attività, tecniche ed economiche, che impongono una limitazione del numero delle imprese ammesse ad operare, i servizi pubblici locali sono svolti in regime di concorrenza nel mercato; resta salvo l’impiego delle autorizzazioni nei casi in cui sia necessario che gli imprenditori presentino determinati requisiti soggettivi.
3. Per i servizi assoggettati alla disciplina dell’affidamento, le procedure di gara dovrebbero costituire la regola, sia per la gestione delle reti e delle infrastrutture, sia per l’erogazione del servizio.
4. Andrebbe chiarita la sorte delle gestioni mediante aziende speciali e società “miste”, tenendo in adeguata considerazione che si tratta di forme di gestione che derogano alla concorrenza per il mercato.
5. Dovrebbe essere limitata la durata dei diritti e delle concessioni attribuiti a soggetti individuati in assenza di procedure ad evidenza pubblica. Affidamenti diretti di lunga durata, infatti, ostacolano o vanificano il processo di liberalizzazione.
6. L’obiettivo di privatizzazione non può essere anteposto a quello di liberalizzazione. A questo proposito, andrebbero eliminate le disposizioni che introducono un privilegio e un ingiustificato vantaggio concorrenziale a favore delle imprese privatizzate e dovrebbe essere limitata la durata delle concessioni e degli affidamenti attribuiti alle società privatizzate in assenza di procedure ad evidenza pubblica.
L’Autorità confida che nel corso della discussione in sede parlamentare le osservazioni qui rappresentate possano essere tenute in adeguata considerazione, nella prospettiva di poter varare un intervento riformatore che valorizzi appieno il principio della concorrenza nella gestione dei servizi pubblici locali.
Roma, 8 novembre 2001
(Il presidente Giuseppe Tesauro)