Garante per la Privacy
Decisione del 24 luglio 2001
Diritto di Accesso – Accesso a dati anche di carattere valutativo contenuti in atti e documenti del datore di lavoro
E’ legittima la richiesta del lavoratore di ottenere l’accesso ai propri dati personali, ivi compresi i giudizi, le valutazioni ed ogni notizia, informazione o elemento contenuti nella documentazione riferita ad una serie ben individuata di circostanze e di procedimenti. Ciò senza necessità di motivare o dimostrare di dover acquisire i dati per difendere un diritto in giudizio. Il diritto di accesso ai propri dati personali non è soggetto a limitazioni o differimento secondo i presupposti del diverso diritto di accesso ai documenti amministrativi, né può essere precluso quando i dati sono contenuti in documenti esibiti all’autorità giudiziaria.
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
In data odierna, con la partecipazione del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del Mauro Paissan, componente e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
esaminato il ricorso presentato dalla Sig.a XY;
nei confronti di
INPS, Istituto nazionale della previdenza sociale, Agenzia di produzione di ZX;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000 adottato con deliberazione n. 15 del 28 giugno 2000 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 162 del 13 luglio;
RELATORE il dott. Mauro Paissan;
VISTA la documentazione in atti;
PREMESSO:
La ricorrente, dipendente dell’Istituto indicato in premessa, lamenta di non aver ricevuto un positivo riscontro all’istanza avanzata il 19 giugno 2001 ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675, con la quale aveva chiesto di accedere ai propri dati personali, "ivi compresi i giudizi, le valutazioni ed ogni altra notizia o informazione…contenuti nella documentazione amministrativa relativa a presunte indagini espletate dall’Istituto", in relazione ad una delicata vicenda personale relativa a presunte molestie sessuali che l’aveva coinvolta unitamente ad un dirigente dell’Istituto.
All’invito ad aderire spontaneamente alle richieste della ricorrente, formulato da questa Autorità con nota n. 7221 del 2 luglio 2001, il direttore della sede locale dell’istituto ha risposto con nota anticipata via fax il 5 luglio 2001 nella quale è stato confermato il diniego espresso in precedenza, "trattandosi di una richiesta sulla quale si è pronunciata la direzione generale dell’Istituto" (la quale aveva già sottolineato in passato come gli atti richiesti dall’interessata rientrassero fra quelli sottratti all’accesso sulla base delle specifiche norme attuative della legge n. 241). Tale posizione è stata ribadita con successiva nota in data 16 luglio con la quale è stata eccepita anche la presenza all’interno della documentazione richiesta di dati concernenti altre persone.
Con memoria in data 11 luglio 2001 l’interessata ha però ribadito le proprie richieste, evidenziando come l’istanza a suo tempo presentata all’INPS, ed alla quale l’ente si è riferito nel predetto riscontro, fosse in realtà avanzata ai sensi della legge n. 241 del 1990 in relazione ad uno specifico documento, anziché al complesso di informazioni e dati personali cui fa riferimento il ricorso in questione.
CIO’ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA:
Il ricorso è fondato.
Il diritto tutelato dall’art. 13, comma 1, della legge n. 675/1996 permette all’interessato di accedere ai propri dati personali comunque trattati dal titolare del trattamento. Tale diritto presenta caratteri peculiari e non deve essere confuso con il diverso diritto di accedere ad atti e a documenti. Ai sensi del citato art. 13 è infatti possibile proporre un’istanza volta ad avere contezza del complesso (o, come nel caso di specie, di una particolare tipologia) dei propri dati personali detenuti da un individuato titolare di trattamento.
A fronte di un’istanza di questo tipo, secondo quanto disposto dal citato art. 13 e dall’art. 17 del d.P.R. n. 501/1998, il responsabile o gli incaricati del trattamento devono estrarre i dati oggetto di accesso e comunicarli all’interessato senza ritardo. Tali dati possono "essere comunicati al richiedente anche oralmente, ovvero con prospettazione mediante mezzi elettronici o comunque automatizzati … Se vi è richiesta, si provvede in ogni caso alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico …".
Alla luce del citato quadro normativo ogni soggetto interessato può quindi chiedere di avere accesso ai propri dati personali, ma non può chiedere, invocando l’art. 13 della legge n. 675, di avere copia integrale degli atti, delle relazioni o di altri documenti contenenti tali dati. Solo quando l’estrazione dei dati risulti particolarmente difficoltosa, l’adempimento della richiesta di accesso può avvenire anche tramite la modalità dell’esibizione e/o della consegna in copia della documentazione.
Nel concetto di dato personale, attesa l’accezione particolarmente ampia di cui all’art. 1 della legge n. 675/1996, rientrano poi non solo informazioni di tipo anagrafico o comunque oggettivo, ma anche ogni notizia, informazione o elemento che abbia comunque un’efficacia informativa tale da fornire un contributo aggiuntivo di conoscenza rispetto ad un soggetto identificato o identificabile. E ciò in riferimento sia ad informazioni oggettivamente caratterizzate, sia a giudizi, analisi, valutazioni, come quelle presumibilmente contenute anche nella citata documentazione riferita all’interessata.
Nel caso in esame, l’interessata ha espressamente e con evidenza chiesto con istanza del 19 giugno 2001 preliminare al ricorso, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675, di accedere ai propri dati personali contenuti nella documentazione (detenuta dalla sede locale dell’istituto) riferita ad una serie ben individuata di circostanze e di procedimenti. Pertanto, la risposta da parte dell’istituto titolare del trattamento doveva fare riferimento alla specifica disciplina attinente alla protezione dei dati personali, senza involgere impropri riferimenti ad altre disposizioni normative (come la legge n. 241/1990) poste a tutela di differenti situazioni soggettive.
Va inoltre sottolineato che le richieste di esercizio dei diritti di cui all’art. 13 della predetta legge n. 675 non richiedono, da parte del soggetto richiedente, alcuna motivazione, né tantomeno dimostrazione della necessità di acquisire i dati per difendere un diritto in giudizio. Anche sotto questo profilo non ha alcuna rilevanza nella vicenda il richiamo a disposizioni regolamentari (attuative della citata legge n. 241) relative a ipotesi di esclusione dall’accesso di determinati tipi di atti.
Parimenti, l’accesso ai sensi del citato art. 13 non è soggetto a limitazione o differimento secondo i presupposti previsti per il diverso diritto di accesso ai documenti amministrativi, né può essere precluso in ragione della circostanza che i dati oggetto di richiesta sono contenuti in documenti in passato esibiti all’autorità giudiziaria su sua richiesta.
A seguito della richiesta dell’interessata, si ritiene congruo determinare, ai sensi dell’art. 20, commi 2 e 9, del d.P.R. n. 501/1998, l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso nella misura forfettaria di lire 300.000, di cui 50.000 per diritti, posti a carico del titolare del trattamento in ragione del mancato riscontro alle richieste della ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE:
a) accoglie il ricorso per quanto concerne la richiesta dell’interessata di accedere ai dati personali che la riguardano, ivi compresi gli eventuali dati di carattere valutativo, contenuti negli atti detenuti dall’istituto resistente e indicati nella richiesta di accesso del 19 giugno 2001 e ordina al titolare del trattamento di corrispondere in tal senso alla richiesta dell’interessata entro il 15 settembre 2001, dando conferma di tale adempimento entro la stessa data all’Ufficio del Garante;
b) determina ai sensi dell’art. 20, commi 2 e 9, del d.P.R. n. 501/1998, nella misura forfettaria di lire 300.000, di cui 50.000 per diritti, l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al presente ricorso, posti a carico dell’Istituto resistente che dovrà liquidarli direttamente a favore dell’interessata.
Roma, 24 luglio 2001
IL PRESIDENTE
Rodotà
IL RELATORE
Paissan
IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli