Consiglio di Stato del 27 XI 2001

Consiglio di Stato, Quinta Sezione

Sentenza 27 novembre 2001 n. 5986

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La questione:

Per aversi piena conoscenza, non basta una semplice notizia dell’atto, costituita da una conoscenza vaga o imperfetta: l’interessato deve almeno conoscere gli elementi essenziali del provvedimento, idonei ad evidenziare l’avvenuta lesione della propria sfera giuridica. In tal senso, il decorso del tempo dall’emanazione dell’atto non è di per sé indice dell’acquisita conoscenza. E tuttavia, la percezione delle retribuzioni senza contestazione di sorta per un periodo rilevante di anni (quasi dieci anni, nel caso in esame) costituisce indice presuntivo grave, preciso e concordante idoneo a dimostrare che, in un tempo largamente anteriore a quello di proposizione del ricorso, gli interessati conoscevano il contenuto lesivo di una deliberazione di inquadramento adottata dall’Ente in esecuzione di delibere generali di recepimento di accordi sindacali (Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 1046; 9 ottobre 2000, n. 5365; 23 ottobre 2000, n. 5668).

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Il testo:

Consiglio di Stato, Quinta Sezione

Sentenza 27 novembre 2001 n. 5986

sul ricorso in appello n. 9382 del 1995 proposto dalla Provincia di Napoli, in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Aldo Di Falco e dall’avv. Luciano Scetta, e domiciliato in Roma, via G.B. Tiepolo 21, presso l’avv. Brunello Mileto;

Contro

i signori, Librino Teresa, Francesc Carmela, Amadoro Antonio, Ripoli Ugo, Prisco Nicola, Fusca Pellegrino, De Sena Carlo, Pisani Teresa, Visone Salvatore, Russo Enrico, Renzi Rosaria, Langella Vito, Meterangelis Pasquale, Pieri Stefano, Pollio Bice, Schifosi Rita, Di Gioia Pasquale, Bruno Domenico, Captano Maria, Giogo Ulisse, Coppola Maria Luisa, Matone Antonio, Migliaccio Francesco, Schifosi Antonio, Giovannini Paloa, De Felice Ugo, Tebano Maria Rosa, Teot Maria Grazia, Valenti Giuseppina, Altieri Ida, D’Aniello Salvatore, Ascione Antonio, Piccirilli Luigi, Fabbrocino Stefano, Guida Gaetano, Ferro Florindo, Dirozzi Giuseppina, Di Fiore Vincenzo, Galassi Alfredo, Della Vecchia Raffaele, De Martino Salvatore, Zellio Gelsomina, Paolillo Luigi, Regine Antonio, Esposito Giovanni, Milone Carlo, Rescigno Sabato, Pollio Rosa Maria, eredi di Ciotola Gaetano: Pollio Rosa Maria, Ciotola Alberto ed Antonio, Mazzeo Vincenzo, Perrino Vittoria, eredi di Esposito Gennaro: Urbaniello Giulia, in proprio e quale legale rappresentante della minore Esposito Anna, ed Esposito Antonio, Cariello Gennaro, De Rosa Giulio, Pinto Armando, Gison Aniello, Di Marino Vittorio, De Rosa Liliana, eredi di Sdellavato Gennaro: Porcelli Giovanna, Sdellavato Immacolata e Carmela, come da procura alle liti per notar Leopoldo Chiari di Afragola del 21.12.1995 re. N. 161931, 61) Di Vito Gustavo, Polito Maria, Catania Licia, Caruso Umberto, Sgambati Gigino, Palese Carmine, Bianco Salvatore, Olivieri Raffaele, Gioia Vera, Prota Adriana, De Simone Cristina, Aprea Maria Pia, Esposito Antonio, De Gregorio Rosaria, D’Angiolillo Atonia Romana, Del Giudice Vincenzo, Carbonetti Salvatore, Raia Mario, Vaccaio Antonieta, Casentino Luigi, Balletta Bartolomeo, Fedele Maria, Conte Alfredo, Ciotola Anna, Rappacciuolo Liberato, eredi di Cerciello Bartolomeo: Del Piano Giovanna, in proprio e quale rappresentante del minore Cerciello Luciano, Cerciello Fiorella e Laura, Napoletano Pietro, Flaminio Pasquale, Vaia Sebastiano, Finestrino Antonio, Niola Stefano, Terracciano Antonio, Gerla Gennaro, Pischetola Teresa, Martella Orsola, Festini Giuseppe, Gioia Maria, Muoio Gabriele, Verde Luigi, Cilento Michele, Russo Aldo, Granata Luigi, Ronchi Liliana, Grisolia Mario, Franco Salvatore, Papaccio Francesco, Tammaro Ulderico, Ambretti Antonio, Del Peschio Amerigo, Macello Domenico, Micillo Tobia, Nerino Rita, Millauro Alfonso, Bellotti Gaetano, Coltella Giuseppe, Gozzolino Lucia, Auriemma Giuseppe, Langella Antonio Vincenzo, Mastrantuoni Laura e Visciano Francesco, con i quali sono domiciliati in Roma, via Muzio Clementi 18, presso l’avv. Giuseppe Prudenzano;

Per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. per la Campania, sezione V, n. 322 del 1995.

Visto l’atto di appello con i relativi allegati.

Visto l’appello incidentale e la memoria della parte appellata;

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore, all’udienza del 23 gennaio 2001, il Consigliere di Stato dott. Marco Pinto, udito l’avv. G. D’Acunto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. per la Campania, su ricorso proposto da alcuni dipendenti della Provincia di Napoli, annullava alcuni atti del comitato regionale di controllo e della Provincia stessa, in virtù dei quali la decorrenza giuridico-economica del loro inquadramento (disposto in base alla delibera consiliare n. 381 del 6 aprile 1977 di recepimento del contratto collettivo del 1974 e di quello integrativo regionale del 1975, il cui articolo 8 aveva stabilito la rilevanza delle mansioni di fatto svolte dal dipendente) era stata fissata al 14 novembre 1982 (data di approvazione, da parte della Commissione Centrale della Finanza Locale, della delibera n. 3336 del 14 luglio 1982).

Il Tribunale, dichiarata nulla la costituzione in giudizio della Provincia di Napoli in quanto fondata su un mandato generale anziché speciale, riteneva che la decorrenza economica dei predetti inquadramenti dovesse essere individuata nella data di adozione della deliberazione n. 1022 del 1979 (cioè il 25 giugno 1979) avente ad oggetto la riorganizzazione degli uffici.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Provincia di Napoli, deducendo la erroneità della declaratoria di nullità della sua costituzione in giudizio nonché la tardività del ricorso – in relazione sia al decorso del termine di sessanta giorni per la impugnazione dei singoli atti sia alla prescrizione delle pretese patrimoniali fatte valere- oltre che la sua infondatezza.

Al gravame resistevano gli originari ricorrenti, i quali proponevano appello incidentale deducendo che la decorrenza economica degli inquadramenti avrebbe dovuto essere stabilita al 1° gennaio 1975 o, quanto meno, al 1° gennaio 1978 e che, comunque, da tale data spettava loro l’indennizzo per ingiustificato arricchimento della pubblica amministrazione.

DIRITTO

L’appello della provincia di Napoli è fondato secondo quanto appresso indicato.

In primo luogo, ad avviso della Sezione, è infondato il motivo con il quale la Provincia si duole del fatto che il T.A.R. abbia dichiarato la nullità della sua costituzione in giudizio in primo grado.

Difatti, va condiviso il rilievo del T.A.R. in base al quale la costituzione avrebbe dovuto essere effettuata in virtù di procura speciale, e non di un mandato generale.

Per il resto, l’appello è fondato.

In linea di fatto va rilevato che il più recente degli atti impugnati in primo grado risale all’anno 1983.

Il ricorso di primo grado risulta notificato nel gennaio del 1993.

Il giudice di primo grado ha ritenuto il ricorso tempestivo sul presupposto che non era stata fornita la prova della piena conoscenza dell’atto da parte dei singoli ricorrenti.

Né, secondo gli appellati, sarebbe maturata la prescrizione, giacchè si applicherebbe il termine decennale, decorrente dagli ultimi atti applicativi della decorrenza economica degli inquadramenti.

3. La Sezione, invece, ritiene il ricorso tardivo.

4. In termini generali, occorre considerare che, per quanto riguarda il termine per proporre il ricorso giurisdizionale amministrativo avverso gli atti autoritativi, l’art. 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (nel testo previgente alle modifiche apportate dall’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205), riproducendo, in sostanza, la previsione dell’art. 36, comma primo, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, dispone che il ricorso deve essere notificato entro il termine di giorni sessanta da quello in cui l’interessato ne abbia avuto piena conoscenza.

La norma costituisce espressione del generale principio in forza del quale la decorrenza del termine per l’impugnazione e la conseguente inoppugnabilità del provvedimento, conseguono all’inerzia dell’interessato protrattasi per il tempo stabilito dalla legge, nei casi in cui il destinatario degli effetti dell’atto abbia potuto concretamente rendersi conto della lesività del provvedimento.

Peraltro, per aversi piena conoscenza, non basta una semplice notizia dell’atto, costituita da una conoscenza vaga o imperfetta: l’interessato deve almeno conoscere gli elementi essenziali del provvedimento, idonei ad evidenziare l’avvenuta lesione della propria sfera giuridica.

Il decorso del tempo dall’emanazione dell’atto non è di per sé indice dell’acquisita conoscenza, poiché non può escludersi che l’amministrazione per molto tempo non lo abbia eseguito o, addirittura, non l’abbia eseguito affatto.

5. Tuttavia, in alcuni casi, il decorso del termine può far presumere la piena conoscenza dell’atto. Ciò avviene, in particolare nelle ipotesi in cui il provvedimento ha natura regolamentare, o, comunque, portata generale, necessitando, per la sua effettiva operatività, l’adozione di un provvedimento concreto applicativo.

In tali eventualità, la conoscenza si presume, qualora sia dimostrato che, per un lungo lasso di tempo, l’amministrazione abbia dato costante e continua applicazione all’atto generale, emanando tutti i consequenziali provvedimenti.

Ciò è avvenuto nella presente fattispecie: l’amministrazione ha dato attuazione alle delibere di recepimento dell’accordo nazionale di lavoro, provvedendo ad adeguare la posizione retributiva dei singoli dipendenti (e quindi anche degli attuali appellati) alla nuova disciplina di derivazione contrattuale.

6. Inoltre, a fronte del dato oggettivo dell’intervenuta pubblicazione delle delibere l’amministrazione non aveva alcun onere di dimostrare che i dipendenti avessero conseguito la conoscenza effettiva dei provvedimenti in epoca anteriore al sessantesimo giorno precedente la notifica del ricorso.

Non si può trascurare, peraltro, che, essendo trascorsi circa dieci anni tra l’adozione dei provvedimenti e la loro impugnativa, appare ragionevole la presunzione che gli interessati ne abbiano comunque acquisito la conoscenza in epoca largamente anteriore ai sessanta giorni precedenti la proposizione del ricorso.

7. Va anche osservato che, trattandosi di atti generali, non soggetti a notifica individuale, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla loro pubblicazione e non dal momento, eventualmente successivo, in cui la parte interessata ne abbia acquisito l’effettiva conoscenza.

8. Pertanto, non assume rilievo, ai fini della valutazione della tempestività del ricorso di primo grado, la circostanza che le delibere di recepimento dell’accordo collettivo e dei conseguenti provvedimenti di inquadramento non siano state notificate agli interessati.

9. Inoltre, la percezione delle retribuzioni senza contestazione di sorta per un periodo rilevante di anni (quasi dieci anni, nel caso in esame) costituisce indice presuntivo grave, preciso e concordante idoneo a dimostrare che, in un tempo largamente anteriore a quello di proposizione del ricorso, gli interessati conoscevano il contenuto lesivo di una deliberazione di inquadramento adottata dall’Ente in esecuzione di delibere generali di recepimento di accordi sindacali (Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 1046; 9 ottobre 2000, n. 5365; 23 ottobre 2000, n. 5668).

10. Va anche considerato che a diverse conclusioni non si perviene ove si consideri che la domanda proposta davanti al Tribunale concerna anche la tutela di posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

In tale ipotesi, il termine di prescrizione andrebbe determinato in cinque e non in dieci anni, in quanto dopo la modificazione dell’articolo 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, avvenuta con la legge 7 agosto 1985, n. 428, i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti pagabili periodicamente soggiacciono in ogni caso alla prescrizione quinquennale (Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1998, n. 850; sez. Vi, 29 marzo 1999, n. 348; 22 aprile 1999, n. 511; sez. V, 12 novembre 1999, n. 1881), senza che si possa fare alcuna distinzione tra crediti contestati e crediti non contestati (sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 143; 18 marzo 1999, n. 307).

11. Pare utile segnalare che la prescrizione osta, comunque, anche alla domanda (inammissibilmente formulata per la prima volta nell’appello incidentale) con la quale gli appellati hanno reclamato un indennizzo per ingiustificato arricchimento.

Tale domanda, difatti, per non esulare dalla giurisdizione amministrativa in materia di pubblico impiego, deve infatti essere considerata come una richiesta di differenze retributive connesse all’esercizio di mansioni superiori. Cosicché ad essa si applica, per le ragioni anzidette, il termine di prescrizione di cinque anni.

12. In conclusione, l’appello della Provincia di Napoli va accolto nei limiti anzidetti, mentre l’appello incidentale va rigettato.

13. Per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado va dichiarato irricevibile.

14. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, pronunciando sull’appello, così provvede:

accoglie l’appello principale della Provincia di Napoli;

rigetta l’appello incidentale;

per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado;

compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

(Stefano Baccarini, Presidente; Marco Pinto, Estensore)

Redazione

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