Ordinanza 21 XII 2001

Corte Costituzionale

Ordinanza 21 dicembre 2001 n. 434

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 14 e 15 della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali) e della allegata tabella A, promosso con ordinanza emessa il 18 gennaio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione I, sul ricorso proposto da Paolo Turco contro il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, iscritta al n. 316 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione I, solleva, con ordinanza del 18 gennaio 2001, questione di legittimità costituzionale del «combinato disposto» degli artt. 14 e 15 della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali) e della allegata tabella A, nelle parti in cui pongono «su piani distinti le qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, con separate dotazioni organiche numericamente differenziate», in riferimento agli artt. 3, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione;

che, nel giudizio a quo, un consigliere di Stato, in servizio presso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ha impugnato il provvedimento del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, che ha respinto la sua domanda di trasferimento presso il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna con funzioni di consigliere di Tar, ritenendo che «la puntuale e tassativa disciplina relativa alle funzioni dei giudici amministrativi di primo e secondo grado (…), stante la rigida distinzione, all’interno del ruolo, per qualifiche» non permetterebbe di accoglierla;

che, secondo il rimettente, l’ordinamento della giurisdizione amministrativa stabilisce una rigida correlazione tra le qualifiche e le funzioni dei giudici amministrativi, in virtù della quale le qualifiche di consigliere di Stato e di

consigliere di Tar sono «sostanzialmente distinte non soltanto in ragione delle specifiche funzioni che rispettivamente vi si connettono, ma – e soprattutto – in ragione della dotazione organica separata e di differente consistenza numerica, nonché dei differenti meccanismi di provvista delle relative dotazioni»;

che, ad avviso del Tar, le norme e la tabella impugnate, impedendo al giudice amministrativo di svolgere funzioni differenti da quelle corrispondenti alla qualifica a lui attribuita e, quindi, l’applicazione della regola della reversibilità delle funzioni prevista per i magistrati ordinari (art. 21-sexies, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356), violerebbero l’art. 3 della Costituzione, in quanto realizzerebbero una non ragionevole disparità di trattamento tra le due figure magistratuali, tenuto conto che, per altri profili, queste sarebbero disciplinate in modo sostanzialmente omogeneo;

che la rigida distinzione stabilita dalle disposizioni censurate tra la qualifica di consigliere di Stato e di consigliere di Tar, non permettendo la reversibilità delle funzioni, recherebbe vulnus anche al principio di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione), in quanto impedirebbe il «proficuo svolgersi dell’attività di giustizia», ponendosi altresì in contrasto con l’art. 107, terzo comma, della Costituzione, il quale, disponendo che «i magistrati si distinguono fra loro solo per diversità di funzioni», tutela l’indipendenza e l’imparzialità del giudice;

che, nel giudizio innanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione I, impugna, in riferimento agli artt. 3, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione, il «combinato disposto» degli artt. 14 e 15 della legge n. 186 del 1982 e la

allegata tabella A, nelle parti in cui pongono «su piani distinti le qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, con separate dotazioni organiche numericamente differenziate» e stabiliscono che

le due categorie non sono fungibili anche per quanto riguarda le funzioni, rendendo in tal modo inapplicabile ai magistrati amministrativi la norma che, per i magistrati ordinari, prevede la cd. «reversibilità delle funzioni» (art. 21-sexies del d.l. n. 306 del 1992, convertito in legge n. 356 del 1992);

che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, gli artt. 102 e 103 della Costituzione prevedono differenti ambiti e forme di esercizio della funzione giurisdizionale, riferibili alla magistratura ordinaria e alle altre magistrature, appunto caratterizzate da discipline specifiche quanto alla loro organizzazione ed alle relative garanzie costituzionali (ex plurimis, ordinanza n. 542 del 2000), e proprio per questo l’ordinamento vigente non contempla uniformità, oltre che di attribuzione di funzioni, di regolamentazione dell’assetto strutturale degli uffici e del sistema di progressione in carriera

della magistratura ordinaria e di quella amministrativa (sentenza n. 1 del 1978);

che le peculiarità di norme costituzionali ed ordinarie che, sotto questi profili, connotano la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa escludono la ipotizzata omogeneità tra le figure poste in comparazione e tanto basta a negare l’asserita violazione del principio di eguaglianza;

che, per quanto riguarda la censura riferita all’art. 97 della Costituzione, è costante giurisprudenza di questa Corte che il principio di buon andamento, anche se può riguardare disposizioni legislative concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo (di recente, ordinanza n. 204 del 2001), non impedisce, però, che al legislatore ordinario spetti nella materia dell’organizzazione dei pubblici uffici e dell’articolazione delle carriere un’ampia discrezionalità, il cui esercizio può costituire oggetto del sindacato di costituzionalità soltanto allorquando si dimostri la palese arbitrarietà o la manifesta irragionevolezza della scelta (tra le tante, ordinanza n. 296 del 2000; sentenza n. 34 del 1999);

che il rimettente non ha, invece, indicato le ragioni del supposto contrasto delle norme impugnate con il parametro costituzionale invocato, limitandosi ad affermare in modo apodittico che esse violerebbero il principio di buon andamento;

che il richiamo all’art. 107, terzo comma, della Costituzione è improprio ed erroneo in quanto, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale, esso riguarda esclusivamente la magistratura ordinaria, poiché le garanzie di indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali sono stabilite dalla legge ordinaria ex art. 108, secondo comma, della Costituzione (tra le più recenti, ordinanza n. 542 del 2000; sentenza n. 433 del 2000);

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

La Corte

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 15 della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali) e della allegata tabella A, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione I, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.

(Massimo Vari, Presidente; Piero Alberto Capotosti, Redattore)

Redazione

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