La questione
Gli articoli 7 del DPR n.128 del 1969 e, soprattutto, 63 del DPR n.761 del 1979, proteggono i poteri del primario in ordine all’organizzazione interna dell’unità affidata, con specifico riferimento agli indirizzi diagnostici e di cura; mentre gli atti che investono la complessiva organizzazione dell’Ospedale, per quanto attiene la distribuzione efficiente ed economica delle risorse materiali in generale e tecnologiche in particolare, rientrano in pieno nella competenza della direzione sanitaria.
Sono attribuite al primario specifiche ed esclusive funzioni di indirizzo e di verifica nelle prestazioni diagnostiche e di cura dei pazienti; esulano invece dai compiti assegnati al primario profili di organizzazione manageriale, di risorse umane e materiali, che sono invece assegnati alle competenze dei vertici amministrativi delle aziende sanitarie.
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Consiglio di Stato, V Sezione
Sentenza 24 dicembre 2001 n. 6370
sul ricorso in appello n.272/1993, proposto da Gaino Tommaso Maria, rappresentato e difeso dagli avv.ti proff. Marco Siniscalco e Paolo Vaiano, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo, in Roma Lungo Tevere Marzio 3
CONTRO
l’Azienda Ospedaliera O.I.R.M. Sant’Anna (già USL IX-Torino), in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Paolo Videtta, con domicilio in Roma, piazza Campo de’ Fiori, n. 24,
PER LA RIFORMA
della sentenza n.272/1992 del 9.10.1992 del TAR Piemonte – Sezione Seconda; Visto il ricorso con i relativi allegati. Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera O.I.R.M. Sant’Anna. Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese. Visti tutti gli atti di causa. Relatore alla pubblica udienza del 26 giugno 2001, il consigliere Paolo De Ioanna. Uditi gli avv.ti Resta, su delega dell’avv. Vaiano, e Videtta. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Tommaso M. Gaino ricorreva contro la deliberazione 23.3.1992, dell’Amministratore straordinario della USSL-Torino IX, con la quale veniva approvata una nuova disciplina per l’utilizzo dell’apparecchio T.A.C. (tomografia assiale computerizzata) in dotazione dell’Ospedale infantile “Regina Margherita” ed installato presso il servizio di neurologia dello stessa Ospedale, diretto dal prof. Gaino.
Il Gaino svolgeva in primo grado due ordini di censure: a) – eccesso di potere per mancata considerazione di circostanze essenziali, travisamento di fatti, carenza di presupposti;- eccesso di potere per carenza e pretestuosità della motivazione e per difetto di istruttoria; – eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e sviamento di potere; b) violazione di legge, con riferimento agli articoli 5 e 7 del DPR 27 marzo 1969, n. 128, in relazione all’art. 29 del DPR 20.12. 1979, n. 761.
2. Col primo ordine di censure, il Gaino contestava i presupposti di fatto del provvedimento impugnato (la sotto utilizzazione dell’apparecchiatura) e la soluzione adottata che, a suo dire, sarebbe frutto di una istruttoria non adeguata sia sotto il profilo della valutazione delle modalità in atto nell’utilizzo della T.A.C., sia di una carente ponderazione comparativa dello stato di utilizzo di apparecchi similari, operanti nell’ambito della stesa struttura ospedaliera.
Col secondo ordine di censure, il ricorrente prospettava una violazione delle norme che proteggono l’autonomia organizzativa di un reparto ospedaliero, riconoscendo al riguardo specifici poteri e responsabilità al primario incaricato della direzione, nell’organizzazione sia delle risorse umane, sia delle risorse tecnologiche.
3. Il ricorso veniva respinto nel merito: tutte le censure svolte erano giudicate non fondate. Il Gaino ha proposto ricorso in appello. Nell’udienza pubblica del 26 giugno 2001, l’appello è stato trattenuto per la decisione.
4. In sostanza, in appello vengono svolte e sviluppate le censure avanzate in primo grado. In primo luogo, si ripropone il vizio dell’eccesso di potere, in quanto il provvedimento in questione, sebbene qualificato come provvedimento di riorganizzazione, in realtà avrebbe come scopo reale, ma non dichiarato, quello di ridurre in modo drastico l’autonomia di un primario e di un servizio ospedaliero.
Il giudice di primo grado non avrebbe accertato gli elementi di fatto che furono posti a base della delibera contestata e dunque non avrebbe considerato le carenze istruttorie che eziologicamente viziano il provvedimento che ha disposto per una diversa modalità di utilizzo della TAC. L’apparecchiatura in questione, osserva l’appellante, fu a suo tempo acquistata specificamente per il Servizio di neuro radiologia pediatrica, diretto dal prof. Gaino, e la determinazione di metterla a disposizione, per tre giorni settimanali a disposizione del Servizio di Neuro radiologia infantile e per altri tre giorni a disposizione del Servizio di Radio diagnostica, non terrebbe conto dello specifico interesse pubblico che si intese proteggere e soddisfare, attribuendo l’apparecchiatura a disposizione esclusiva del Servizio di Neuro radiologia infantile, in considerazione anche delle particolari modalità con la quali gli esami diagnostici sui piccoli pazienti devono essere eseguiti. In particolare, l’appellante contesta la motivazione della sentenza impugnata, in quanto in essa non sarebbe dato rinvenire alcun riesame analitico dei passaggi che hanno condotto la U.S.S.L ad assumere un provvedimento illogico: sarebbe stato infatti necessario riesaminare il dato sulla potenzialità della TAC, per rendersi conto della circostanza di fatto che la strumentazione era utilizzata già al massimo e che il dato diverso, indicato dall’Amministrazione, era generico e non motivato.
In secondo luogo, l’appello ripropone la censura della violazione dei DPR n.128 del 1969 e n.761 del 1979, in ordine alla protezione accordata all’autonomia operativa ed organizzativa della figura professionale del primario, in quanto consentirebbe a medici di altro reparto di “entrare ed operare per tre giorni alla settimana nel reparto di Neuro radiologia”.
Il provvedimento in questione non avrebbe modificato ne’ i presupposti originari di acquisto dell’apparecchiatura, ne’ la struttura organizzativa dell’ospedale: in tal modo avrebbe in modo indiretto e quindi non legittimo, limitato i poteri-doveri del primario, così come disciplinati dall’art. 63 del DPR n.761 del1979.
5. Le censure mosse alla sentenza di primo grado non sono fondate.
In via di premessa è opportuno ricordare che ai sensi dell’art. 63, prima richiamato, sono attribuite al primario specifiche ed esclusive funzioni di indirizzo e di verifica nelle prestazioni diagnostiche e di cura dei pazienti; esulano invece dai compiti assegnati al primario profili di organizzazione manageriale, di risorse umane e materiali, che sono invece assegnati alle competenze dei vertici amministrativi delle aziende sanitarie; e tali profili richiedono una valutazione comparativa delle esigenze e delle risorse disponibili che realizzi al meglio le funzioni di pubblico interesse, che devono essere assolte dalle strutture sanitarie pubbliche con il minor esborso possibile di denaro.
Dunque, la scelta sulle modalità di utilizzo ottimali delle infrastrutture tecnologiche di cui dispone un’azienda ospedaliera è tipicamente una delle attività attraverso le quali i vertici amministrativi sono chiamati ad esprimere quei poteri di direzione che poi danno corpo ai profili di responsabilità propri della dirigenza amministrativa sanitaria.
Il provvedimento contestato poteva essere assunto dalla USSL IX di Torino, senza dover preventivamente modificare i presupposti originari di acquisto della apparecchiatura e la struttura organizzativa dell’ospedale: diversamente opinando, si metterebbero praticamente nel nulla tutte le disposizioni che negli stessi DPR invocati dall’appellante, intendono configurare un assetto aziendale per le strutture sanitarie; dove il carattere aziendale, calato in una funzione pubblica, sta soprattutto a significare che i responsabili amministrativi devono sempre operare considerando simultaneamente costi, opportunità ed obiettivi di pubblico interesse.
E una tale simultaneità nella ponderazione degli interessi, richiede proprio che l’efficienza e l’economicità dell’organizzazione sanitaria possa anzi debba continuamente riconsiderare il punto di miglior equilibrio distributivo nell’assegnazione delle risorse, umane e materiali, tra i diversi servizi.
E del resto è la stessa normativa di organizzazione del servizio sanitario che si fa carico in modo diretto di questa esigenza. Il DM 13.9.1988, all’art.2 (Indirizzi organizzativi), comma 1, lett. C), stabilisce che le USL devono organizzarsi in modo da consentire “l’utilizzazione in comune di attrezzature di tecnologia avanzata”.
Naturalmente, le determinazioni organizzative che attuano tale ricerca di ottimalità nell’utilizzo delle risorse disponibili, devono essere il prodotto di procedure istruttorie complete, analitiche e trasparenti.
6. In linea di fatto, il provvedimento contestato, sulla base di una valutazione tecnica relativa alle potenzialità operative della TAC, consente che questa apparecchiatura possa giovare anche ad un altro Servizio che ne era del tutto privo, regolando il regime di utilizzo tra i due Servizi interessati ed escludendo che tale regime di utilizzo rientri tra le competenze esclusive e non modificabili, se non previa adozione di atti formali di organizzazione, del Servizio che in origine si era vista assegnare l’apparecchiatura. Ora, gli elementi istruttori alla base della delibera impugnata, sono analitici e concatenati in modo ragionevole: in particolare, l’obiettivo di creare condizioni di utilizzo più intensivo dell’apparecchiatura, tali da ridurre il numero di esame diagnostici effettuati da strutture convenzionate e, quindi, i costi complessivi di erogazione dei servizi resi nei due Servizi ospedalieri, appare del tutto coerente con le esigenze di buona amministrazione e con le norme, primarie e secondarie, che regolano la materia. E comunque, dagli atti non emergono elementi obbiettivi che possono condurre alla conclusione che il diverso modulo operativo preordinato per l’utilizzo dell’apparecchiatura sia stato posto in esecuzione per favorire un servizio a danno di un altro e che, in ogni caso, da tale diversa organizzazione consegua una riduzione netta delle prestazioni rese agli aventi diritto. Anzi lo spettro più ampio e intenso nelle modalità di utilizzo della TAC è ragionevole supporre che avrà come conseguenza una risposta più rapida ed estesa alle richieste dell’utenza.
Una volta verificata la ragionevolezza dell’impianto istruttorio del provvedimento contestato, la sua logicità interna e la sua conformità con la normativa che disciplina il settore, non sembra ne’ opportuno, ne’ conforme alle finalità del giudizio amministrativo, analizzare profili che investono direttamente l’ambito di scelte interne, di opportunità e di adeguatezza, che articolano la discrezionalità dell’Amministrazione e che non sono comunque tali, nel caso in esame, da sacrificare posizioni giuridiche protette dall’ordinamento.
7. Infatti, gli articoli 7 del DPR n.128 del 1969 e, soprattutto, 63 del DPR n.761 del 1979, proteggono i poteri del primario in ordine all’organizzazione interna dell’unità affidata, con specifico riferimento agli indirizzi diagnostici e di cura; mentre gli atti che investono la complessiva organizzazione dell’Ospedale, per quanto attiene la distribuzione efficiente ed economica delle risorse materiali in generale e tecnologiche in particolare, e quello in esame va certamente ascritto a questa tipologia di atti, rientrano in pieno nella competenza della dirigenza sanitaria ed in questo caso dell’amministratore straordinario.
Al riguardo può aggiungersi che l’appello sottende una concezione organizzativa dei Servizi ospedalieri che concepisce l’utilizzo esclusivo delle apparecchiature tecnologiche come un prolungamento dell’autonomia riconosciuta al primario nel fissare gli indirizzi di diagnosi e cura; si tratta di una concezione discutibile ma comunque possibile in via teorica; essa tuttavia presupporrebbe un impianto normativo sostanzialmente diverso da quello vigente: un impianto idoneo a riconoscere a ciascun primario una piena autonomia, gestionale e finanziaria, nella conduzione del Servizio a lui affidato e delle connesse risorse, umane e materiali.
La scelta operata dal nostro legislatore, del resto in linea con omologhe esperienze europee di servizi sanitari pubblici, intende valorizzare l’autonomia tecnica del primario nel campo specifico delle scelte diagnostiche e di cura, perseguendo al contempo quelle economie di scala possibili e necessarie nella gestione integrata di strutture complesse, ad altissima intensità di investimenti tecnologici, particolarmente costosi, e che vanno utilizzati con criteri di economicità e di equilibrio finanziario complessivo di tutta la struttura ospedaliera.
E tali profili di economicità e di equilibrio sono esplicitamente affidati alla responsabilità della direzione sanitaria amministrativa.
Conclusivamente, l’appellante non ha fornito elementi, né presentato prospettazioni idonei a mettere in discussione l’impianto della sentenza di primo grado. Per le considerazioni svolte in precedenza, l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza anche in questo grado di giudizio e vengono determinate in lire tre milioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
(…)
(Pasquale de Lise, Presidente; Paolo De Ioanna, Estensore)