Ministero dell’economia e delle finanze
Dipartimento per le politiche fiscali
Circolare 8 febbraio 2002 n. 1
Prot. n. 2065-2002/DPF/UFF
"Chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all’imposta comunale sulla pubblicità ed al diritto sulle pubbliche affissioni introdotte dalla legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002). Modificazioni al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507"
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La legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)", pubblicata sul supplemento ordinario n. 285/L alla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001, contiene all’art. 10 varie disposizioni modificative della disciplina dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, sulle quali si forniscono i necessari chiarimenti.
1) LE MODIFICAZIONI IN MATERIA DI DELIBERAZIONI TARIFFARIE
Il comma 1 dell’art. 10, prevede, alla lettera a), la sostituzione del comma 5 dell’art. 3 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, relativo alla disciplina del regolamento e delle tariffe dei tributi in esame.
In base alla nuova disposizione, le tariffe dell’imposta sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni sono deliberate entro il 31 marzo di ogni anno e si applicano a decorrere dal 1° gennaio del medesimo anno.
La retroattività dell’efficacia della deliberazione delle tariffe in questione viene espressamente stabilita in deroga all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni sullo Statuto dei diritti del contribuente, che, nel disciplinare l’efficacia temporale delle norme tributarie, ha sancito il principio che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.
Occorre inoltre precisare che la stessa legge n. 448 del 2001 stabilisce all’art. 27, comma 8, che il termine per deliberare le aliquote e le tariffe degli altri tributi locali, nonché per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali è "stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione".
In base alle disposizioni dell’art. 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (T.U.E.L.), approvato con D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, detta data è fissata al 31 dicembre, ma può essere differita con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Al riguardo è opportuno sottolineare che sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2001, n. 300, è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’interno del 20 dicembre 2001, con il quale il termine in questione è stato prorogato al 28 febbraio 2002.
Pertanto, coesistono per l’anno 2002 due diversi termini entro i quali la Giunta comunale, in base al combinato disposto dell’art. 42, comma 1, lettera f) e dall’art. 48, comma 2, del T.U.E.L., deve approvare le tariffe:
quello del 28 febbraio valido, in via generale, per i tributi locali;
quello del 31 marzo, efficace esclusivamente per l’imposta sulla pubblicità e per il diritto sulle pubbliche affissioni.
Le disposizioni in esame nulla prevedono riguardo al differimento dei termini di pagamento dell’imposta sulla pubblicità annuale che ha, di norma, scadenza nel mese di gennaio o comunque prima della definizione delle nuove tariffe.
Può accadere, quindi, che il pagamento effettuato dal contribuente non risulti corrispondente alle tariffe deliberate dall’ente locale in un momento successivo. Per evitare questa situazione e semplificare gli adempimenti a carico del contribuente, il comune, sulla base della potestà regolamentare generale prevista dall’art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997, può stabilire un’adeguata proroga per il versamento dei tributi in esame.
La deliberazione contenente il differimento dei termini di pagamento non si rende di regola necessaria nel caso in cui l’ente locale non intenda apportare modifiche regolamentari che incidono sulla quantificazione dei tributi.
E’ opportuno, inoltre, aggiungere, che se le modificazioni regolamentari dei tributi in questione intervengono successivamente al 31 gennaio 2002 senza che sia stata stabilita al contempo la proroga del termine di scadenza dei pagamenti, il comune dovrà comunque rimettere in termini i contribuenti per il versamento della differenza del tributo con esclusione, in ogni caso, dell’applicazione di interessi e sanzioni.
Nell’ultima parte del comma 5 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 507 del 1993, è stato reintrodotto il principio – che il comma 18, dell’art. 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133 aveva soppresso – in base al quale in caso di mancata adozione di apposita deliberazione, le tariffe in vigore si intendono prorogate di anno in anno.
2) LA FACOLTÀ RICONOSCIUTA AI COMUNI DELLE ULTIME DUE CLASSI DI DELIBERARE UNA CATEGORIA SPECIALE
La lettera b), del comma 1 dell’art. 10, attraverso un intervento modificativo dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993, attribuisce anche ai comuni delle ultime due classi – e cioè a quelli che in base al comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 507 del 1993, hanno fino a 30.000 abitanti – la facoltà di suddividere le località del proprio territorio in due categorie in relazione all’ importanza che assumono ai fini pubblicitari.
Pertanto, la possibilità che la norma riconosceva ai soli comuni delle prime tre classi è attualmente estesa a tutti i comuni che potranno, perciò, previa individuazione della stessa, applicare alla categoria speciale una maggiorazione fino al 150 per cento della tariffa normale, sia dell’imposta sulla pubblicità che del diritto sulle pubbliche affissioni, sia pure, quest’ultimo, limitatamente alle affissioni di carattere commerciale.
3) LE MODIFICAZIONI ALLA DISCIPLINA DELL’IMPOSTA SULLA PUBBLICITÀ PER LE INSEGNE DI ESERCIZIO
Il comma 1, lettera c), dell’art. 10, della legge finanziaria in esame, inserisce all’art. 17 del D.Lgs. n. 507 del 1993, che elenca le fattispecie pubblicitarie che godono dell’esenzione dal tributo, il comma 1-bis, in base al quale l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.
E’ innanzitutto opportuno sottolineare che la suddetta esenzione si rende applicabile ai soli mezzi pubblicitari che possono definirsi "insegne di esercizio". Sulla base della dottrina e della giurisprudenza formatesi sull’art. 2568 del codice civile, possono considerarsi "insegne di esercizio" quei mezzi che contengono un messaggio, emblematico o nominativo, che contraddistingue il locale nel quale si esercita un’attività commerciale o un’attività diretta alla produzione di beni o servizi. Si rammenta, al riguardo, che l’art. 47 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, approvato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, definisce insegna di esercizio "la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli o da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa. Può essere luminosa sia per luce propria che per luce indiretta."
Alla luce di quanto esposto ed al fine di fugare dubbi in ordine alla corretta applicazione della norma, si precisa innanzitutto che le insegne di esercizio possono essere esposte presso la sede dove si svolge un’attività imprenditoriale, non necessariamente sulle vetrine o sulle porte di ingresso della stessa, nè tantomeno occorre far riferimento al loro posizionamento in relazione a ciascuna vetrina o ingresso, in quanto la norma in esame non pone i limiti che si trovano invece espressamente stabiliti nel comma 1, lettera a), dello stesso art. 17. Si aggiunge che rientrano nella fattispecie in questione anche le insegne che contraddistinguono comunque i luoghi ove si svolge l’attività dell’impresa, quindi anche le sedi secondarie, in quanto la norma non limita l’esenzione alla sede legale o principale della stessa.
Ulteriore condizione per il riconoscimento dell’esenzione è che le insegne di esercizio abbiano una superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.
Per quanto attiene al suddetto limite dimensionale, occorre precisare che appare conforme allo spirito della norma considerare la superficie di 5 metri quadrati come una misura da computare in diminuzione ad un’eventuale superficie imponibile superiore, nel complesso delle insegne di esercizio esposte, a tale limite.
Da ciò consegue che se, per esempio, l’unica insegna di esercizio ovvero la totalità delle insegne, ha una superficie di 9 metri quadrati il soggetto passivo dovrà pagare il tributo commisurandolo alla superficie di 4 metri quadrati, che risulta dalla differenza tra la superficie complessiva ed i 5 metri quadrati stabiliti dalla norma Questi ultimi rappresentano una franchigia che il legislatore ha inteso riconoscere ritenendola la superficie minima necessaria all’individuazione della sede dove si svolge l’attività. In altri termini, l’intento della norma è quello di definire una misura convenzionale fino alla quale le insegne costituiscono la necessaria comunicazione al pubblico dell’esistenza dell’esercizio e dell’attività ivi svolta che, in quanto tali, risultano sostanzialmente prive di effetto pubblicitario, la cui esposizione sia comunque consentita per qualsiasi sede ove si svolge l’attività.
Occorre inoltre precisare che il secondo periodo del comma 1-bis, in esame, attribuisce ai comuni la facoltà di prevedere, con regolamento adottato ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di 5 metri quadrati.
4) I TRASFERIMENTI AI COMUNI DEI MINORI IMPORTI INTROITATI
Il comma 3 dell’art. 10 della legge finanziaria in commento, stabilisce che sono integralmente rimborsate dallo Stato a ciascun comune soltanto le minori entrate derivanti dall’applicazione del primo periodo del comma 1-bis dell’art. 17 del D. Lgs. n. 507 del 1993 e non, quindi, quelle connesse alle eventuali deliberazioni con cui l’ente locale innalza il limite dimensionale di 5 metri quadrati delle insegne a cui accordare l’esenzione.
Riguardo alla quantificazione dei rimborsi, la norma stabilisce che le minori entrate derivanti dalla non applicazione dell’imposta alle ipotesi in questione devono essere ragguagliate per ciascun comune all’entità riscossa nell’esercizio 2001 per le stesse fattispecie, mentre le modalità con cui devono essere effettuati detti trasferimenti aggiuntivi – che, peraltro, non sono soggetti a riduzione per effetto di altre disposizioni di legge – sono definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato di concerto con il Ministro dell’interno.
Inoltre, il comma 4 dell’art. 10 dispone che in relazione alle competenze attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di finanza locale, i trasferimenti erariali in questione sono disposti a favore di questi enti, che provvedono poi all’attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori nel rispetto dello statuto speciale e delle norme di attuazione.
5) LA DEFINIZIONE BONARIA DI CONTROVERSIE PENDENTI
La lettera d) del comma 1 dell’art. 10, aggiunge all’articolo 24, del D.Lgs. n. 507 del 1993, il comma 5-bis che consente ai comuni di prevedere nel proprio regolamento, misure di repressione dell’abusivismo pubblicitario, nonché di definizione bonaria di accertamenti e contenziosi in materia di imposta di pubblicità, che tendano a favorire l’emersione volontaria dell’abusivismo anche attraverso l’applicazione di sanzioni ridotte o sostituite da prescrizioni di recupero e riqualificazione a carico dei responsabili.
Inoltre, l’ultimo periodo del comma 5-bis prevede la possibilità di definizione bonaria degli accertamenti non definitivi e dei procedimenti contenziosi pendenti concernenti violazioni in materia di imposta sulla pubblicità commesse fino al 30 settembre 2001, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 145, commi 55 e 56, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Si rammenta che dette norme hanno modificato rispettivamente il comma 7 dell’art. 9 ed il comma 3 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 507 del 1993, e pertanto gli accertamenti e le controversie pendenti attengono esclusivamente al pagamento di canoni richiesti dall’ente locale per gli impianti pubblicitari installati su beni appartenenti o dati in godimento al comune o al pagamento della pubblicità effettuata mediante affissioni dirette.
Il capo del Dipartimento
(Giorgio Tino)