Consiglio di Stato, VI Sezione
Sentenza 25 febbraio 2002 n. 1102
sul ricorso in appello n.4782/2001 proposto da Pedio Roberta, Fabbrizio Lucia, Elia Paola Anna, Caracuta Addolorata, Cazzatello M. Rita, Trotta M. Letizia, Zacchino Francesco, Petraroli Simonetta Maria, Stomeo M. Giuliana, Mellacca Patrizia, Raho Claudia Martina Roberta, Cazzato Luisella, Ingusci Parisi Roberta, Mellacca Liliana, D’Amore Rita, Scuro Stefania, Leopizzi Maria Angela, Campana Fabio, Buonocore Stefania, Mazzotta M. Francesca, Cassar Alessandra, Spinazzola Marinella, Russo Anna, Calcagnile M. Rosa, Marsigliante Luigina, Molendini Stefania, Molendini Antonella, De Simone Angela, Quarta Carmela, Giuffrida Antonino, rappresentati e difesi dall’Avv. Franco Carrozzo ed elettivamente domiciliati in Roma, Viale G. Cesare n.95 presso lo studio dell’Avv. E. Bruno;
Contro
il Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro pro-tempore, presso il quale è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
Interventori ad opponendum
Lumino Maria Raffaela, Basile Maria Teresa, Bernardi Angela, Bottiglia Floriana, Buonsanti Sandra, Capuano Bianca, Cardellicchio Lucia, Cerasuolo Maria Rosaria, Colangelo Angelina, Cosma Maria Maddalena, Curci Angela, De Bernardo Grazia, De Mitri Annamaria Pia, De Mitri Luigi, Dettoli Maria Vincenza, Di Napoli Margherita, Donato Annina, Franchino Rosanna, Fontana Luisa, Fucci Filomena, Giannelli Luigi, Giannico Rosanna, Greco Maria Teresa, Lacovara Maria Teresa, Lanzillotti Maria, Laterza Francesca Maria, Laterza Francesco, Leggieri Carmela, Maraglini Maria, Marinelli Cira, Marzano Rita, Messinese Maria Gabriella, Micelli Silvana, Mola Giovanna, Monna Liliana, Moretti Carmela, Nardelli Anna Maria, Palmatè Elena, Palmisano Angela Marisa, Panzardi Valentina, Peluso Carmela, Perrini Maria Anna, Perrone Angela Maria, Pupino Tiziana, Recchia Antonietta, Renò Ida, Ressa Catalda, Rotelli Antonia, Sansò Francesca, Schiavone Anna, Sergi Maria Teresa, Sergi Teresa Natalina, Sgobio Maria Teresa, Sportelli Maria Rosaria, Strippoli Nella, Tamma Liliana Gabriella, Tarantino Giuseppe, Trigante Rita, Vacca Antonietta, Vacca Comasia, Zappini Luisa, Zilio Rosanna, Lucchese Anna, Bertuglia Giuseppa, Verboschi Camilla, rappresentati e difesi dall’Avv. Franco Carrozzo ed elettivamente domiciliati in Roma, Viale Giulio Cesare n.95 presso lo studio dell’Avv. E. Bruno;
per l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione III bis, 3 aprile 2001, n.2799;
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato e l’appello incidentale autonomo dallo stesso proposto; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2002 relatore il Consigliere Francesco Caringella.
Uditi per le parti l’Avv. Carrozzo e l’Avv. dello Stato Zerman; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza appellata i Giudici di primo grado hanno accolto in parte il ricorso proposto dai docenti in epigrafe specificati avverso i decreti ministeriali 27.3.2000 e 18.5.2000, n.146 con i quali, ai sensi dell’art. 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, sono state dettate le modalità delle operazioni di prima integrazione delle graduatorie permanenti.
Il Tribunale ha reputato fondati i motivi di ricorso con i quali era stata sottoposta a critica la previsione di quattro scaglioni di soggetti destinati in ordine progressivo all’inserimento nelle nuove graduatorie permanenti, dati rispettivamente dalle seguenti categorie:
a) soggetti già inseriti in graduatoria all’atto dell’entrata in vigore della legge;
b) coloro che, al momento dell’entrata in vigore della legge del 1999, avessero maturato i requisiti necessari, in base alla normativa previgente, per l’ammissione ai soppressi concorsi per soli titoli;
c) coloro che avessero maturato detti requisiti alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di inclusione nella graduatoria permanente;
d) quanti, a detta ultima data, avessero superato le prove di un concorso per titoli ed esami o di esami anche ai soli fini abilitativi.
I Giudici hanno invece considerato infondata la censura con la quale i ricorrenti si erano doluti dell’attribuzione, per il servizio prestato presso le scuole private, di un punteggio dimezzato rispetto a quello riservato al servizio prestato nelle scuole statali.
Con il ricorso in epigrafe specificato i docenti appellano la sentenza limitatamente a tale ultimo capo.
Propone appello incidentale non condizionato il Ministero.
Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’ulteriore illustrazione delle tesi difensive.
All’udienza del 5 febbraio 2002 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. Osserva preliminarmente il Collegio che il sopravvenuto decreto legge 3 luglio 2001, n.255, convertito dalla legge 20 agosto 2001, n.153, ha dettato disposizioni di rilievo ai fini della controversia in parola.
2.1. Segnatamente, l’art.1 della normativa d’urgenza ha previsto che le disposizioni di cui all’art.2 della legge n.124/1999, in tema di prima integrazione delle graduatorie permanenti, vanno interpretate nel senso che in coda alle graduatorie e nell’ordine seguente hanno titolo all’inserimento:
primo scaglione: personale in possesso dei requisiti richiesti dalle norme previgenti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa previgente per i concorsi per soli titoli alla data dell’entrata in vigore della legge n.124/1999;
secondo scaglione: docenti che abbiano superato le prove di un precedente concorso per titoli ed esami ai soli fini abilitativi e siano inseriti, alla data di entrata in vigore della legge n.124/1999, in una graduatoria per l’assunzione del personale non di ruolo.
La norma interpretativa, fatta salva la priorità accodata ai soggetti già inseriti nella graduatoria permanente, ha in definitiva ribadito la porziorità accordata dalle norme ministeriali impugnate in prime cure ai docenti che alla data di entrata in vigore della legge n.124/1999 avessero maturato i requisiti previsti dalla normativa previgente per i soppressi concorsi per titoli (abilitazione e 360 giorni di servizio nel triennio precedente), mentre ha accorpato in un’unica seconda fascia i docenti prima suddivisi nel terzo e nel quarto scaglione.
2.2. Quanto, invece, alla distinzione tra scuola pubblica e privata, l’articolo 2 del decreto legge in parola ha previsto che, a decorrere dall’anno scolastico 2002-2003, l’aggiornamento della graduatoria, con periodicità annuale, deve essere ispirato al principio della parificazione dei servizi prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n.62 a quelli prestati nelle scuole statali.
3. Tanto premesso in merito all’illustrazione dello jus superveniens, osserva la Sezione, venendo all’esame del ricorso principale proposto dai docenti, che la norma da ultimo citata, laddove prevede la parificazione, a partire dal 1° settembre 2000, dei servizi di insegnamento prestati presso le scuole paritarie al servizio svolto nelle scuole statali, conferma la tesi, posta a fondamento del decisum di prime cure, dell’inesistenza, per il periodo previgente, di una norma ovvero di un principio che imponesse la valutazione in termini identici del servizio. Merita allora condivisione la tesi sostenuta dal Tribunale a guisa della quale, in assenza di un precetto legislativo di segno opposto, la clausola limitativa del peso del servizio presso un istituto privato, lungi dall’incidere sulla pari dignità degli insegnamenti, costituisce il precipitato logico del differente sistema di reclutamento, libero in ambito privato ed ispirato a criteri di procedimentalizzazione in sede pubblica.
Sfugge del pari ad un giudizio di illegittimità costituzionale la normativa sopravvenuta, laddove, nel sancire l’equiparazione per il servizio prestato dal mese di settembre dell’anno 2000, si è agganciata logicamente l’equiparazione al riconoscimento della parità scolastica, ai sensi dell’articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, in favore degli istituti richiedenti che posseggano i requisiti e si impegnino a dare attuazione alle prescrizioni volte ad assicurare i requisiti di qualità e di efficacia dell’offerta formativa. In definitiva la parificazione dei servizi costituisce logico corollario di una parificazione degli istituti privati a quelli pubblici sulla scorta di adeguati parametri atti a valutare l’omogeneità qualitativa dell’offerta formativa. Il ricorso principale deve in definitiva essere respinto.
4. Si deve passare ora all’esame dell’appello incidentale autonomo con il quale il Ministero contesta la sentenza dei primi Giudici, nella parte in cui è stato disposto l’annullamento dei decreti ministeriali impugnati in ragione dell’illegittimità della divisione in quattro scaglioni in ordine successivo dei soggetti da inserire nelle graduatorie permanenti.
Ai fini dell’esame dell’appello incidentale assume rilievo la disciplina introdotta dallo jus superveniens di cui si sono tracciate in precedenza le linee qualificanti.
Osserva il Collegio che la citata norma di interpretazione autentica,
se da un lato supera, in conformità alle censure svolte dai ricorrenti di prime cure, la contestata distinzione tra terza e quarta fascia (ora accorpate in un’unica seconda fascia), dall’altro ribadisce la priorità accordata ai docenti in possesso del requisito dei 360 giorni di servizio al momento dell’entrata in vigore della legge n. 124/1999, docenti prima previsti nella seconda fascia ed ora inseriti nel primo scaglione.
Viene così confermata, sulla base di una disciplina dichiaratamente retroattiva, l’originaria disciplina dei decreti ministeriali impugnati (e delle nomine conseguentemente disposte) nella parte in cui si accordava una posizione poziore nella graduatoria unica al personale docente che alla data di entrata in vigore della legge (25 maggio 1999) fosse in possesso dei requisiti previsti dalla legge per partecipare ai soppressi concorsi per soli titoli.
Il legislatore, nel sancire il passaggio dal pregresso sistema dei concorsi per soli titoli al nuovo sistema della graduatoria permanente, ha in questo modo inteso perseguire l’obiettivo della tutela dei diritti acquisiti e degli affidamenti ingenerati in capo a quanti avessero maturato, all’entrata in vigore della nuova legislazione, i requisiti richiesti per partecipare ai soppressi concorsi per soli titoli.
In definitiva la normativa sopravvenuta detta, in via retroattiva, una disciplina integrale delle procedure e dei criteri volti a regolare la prima integrazione della graduatoria permanente. Risulta pertanto in parte superato, in senso favorevole alle prospettazioni dei ricorrenti originari, ed in parte confermato ex tunc l’assetto stabilito dalle regole impugnate in primo grado in merito alla formazione delle graduatorie di che trattasi.
5. La normativa in esame sfugge ai dubbi di costituzionalità prospettati dai ricorrenti originari, in relazione sia ai parametri di cui agli articoli 3, 51, 97, 100, 101 e 103 della Costituzione.
Quanto al profilo dell’incompatibilità con il parametro di eguaglianza della disposizione del decreto legge che reintroduce in parte gli scaglioni di cui si è detto, giova osservare che la disposizione persegue il non irragionevole obiettivo di evitare che il passaggio, per effetto della legge n. 124/1999, dal pregresso sistema di reclutamento basato sui concorsi per soli titoli al nuovo sistema imperniato sulla graduatoria permanente implicasse la frustrazione della posizione dei soggetti che, al momento dell’entrata in vigore della novella, fossero titolari di un’aspettativa legittima in quanto avevano maturato i requisiti di servizio necessari ai fini della partecipazione ai concorsi per soli titoli. La prescrizione contestata non differenzia, quindi, irragionevolmente situazioni identiche ma apprezza l’oggettiva diversità dei soggetti titolari di un affidamento maturato alla stregua dell’assetto previgente; di qui la non illogica, ancorché discrezionale, scelta, volta anche a sopperire le deficienze della normativa transitoria di cui alla legge del 1999, di attribuire una corsia preferenziale, oltre che per i soggetti già inseriti nella graduatoria, anche a quelli dotati di una significativa anzianità di servizio, versanti in una condizione di risalente sofferenza lavorativa che ne giustifica la preferenza rispetto a soggetti che, senza vantare detta anzianità, abbiano di recente superato un concorso per l’abilitazione. Di qui la compatibilità dell’opzione legislativa con il criterio della meritocrazia di cui all’art. 51 della Costituzione, posto che nella specie la diversità delle posizioni, in relazione all’anzianità maturata nel pregresso regime, giustificava l’utilizzazione di criteri di preferenza in deroga al principio meritocratico. Non appare peraltro stigmatizzabile, sul piano della costituzionalità, la mancata estensione di detto regime differenziato per i conservatori musicali e le accademie, appartenendo alla discrezionalità del legislatore la verifica dei settori nei quali il fenomeno del precariato dei soggetti aventi titolo a partecipare ai soppressi concorsi per soli titoli assuma una consistenza tale da giustificare l’introduzione delle fasce più volte citate.
Quanto, poi, ai sospetti di violazione del giudicato e di indebita interferenza nell’esercizio della funzione giurisdizionale, con conseguente violazione degli articoli 2, 97, 100, 101 e 103 della Carta Fondamentale, il Collegio deve osservare, per un verso, che nella fattispecie non risultava formato un giudicato asseritamente non eludibile da parte del legislatore; per altro verso che costituisce jus receptum il principio alla stregua del quale la pendenza di un giudizio non costituisce ex se ostacolo all’esercizio del potere legislativo ed alla conseguente rilevanza dello jus superveniens rispetto all’esito del giudizio medesimo. Nella specie detto esercizio del potere legislativo d’urgenza, lungi dal costituire frutto di un’arbitraria ingerenza del potere legislativo, appare, come innanzi osservato, frutto della non irragionevole volontà di salvaguardare, per via dell’innesto di una norma dichiaratamente retroattiva, la posizione differenziata dei soggetti passibili di una non irragionevole penalizzazione al momento della transizione dal vecchio al nuovo regime.
Non è del pari contestabile, sul versante dei presupposti legittimanti il ricorso alla leva della decretazione d’urgenza, la ricorrenza dei presupposti della necessità e dell’urgenza, evidente essendo che il prossimo inizio dell’anno scolastico non rendeva praticabile in termini realistici altra via al fine di evitare una complessa opera riformulazione delle graduatorie non rispettosa dei criteri di differenziazione di cui si è fin qui detto.
Non risulta a questo punto condivisibile neanche il rimprovero di sconfinamento del legislatore nel campo dell’esecuzione della decisione riservato al plesso amministrativo, chiaro essendo che nella fattispecie non viene in rilievo un’esecuzione legislativa della pronuncia ma, al contrario, la previsione ex lege di criteri di inserimento nella graduatoria in parte ripropositivi in parte di quelli regolamentari oggetto di annullamento giurisdizionale.
Tanto detto in relazione all’incidenza ed alla costituzionalità della nuova disciplina, osserva la Sezione che sulla base della nuova disciplina sono state integralmente riformulate le graduatorie in esame.
Ne deriva il venir meno dell’interesse fatto valere in prime cure ai fini della contestazione di statuizioni regolamentari, che allo stato risultano, in base a quanto detto, in parte modificate ed in parte confermate con efficacia retroattiva da una disciplina sopravvenuta che costituisce l’unica fonte sulla base della quale sono regolate e risultano aggiornate le graduatorie in parola.
6. Il Collegio, preso anche atto dell’inserimento dei ricorrenti originari nelle graduatorie riformate, deve, pertanto, dichiarare il venir meno dell’interesse posto a sostegno del ricorso di primo grado, dichiarandone l’improcedibilità, ed annullare in parte qua la sentenza appellata.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso principale e pronunciando nell’appello incidentale dichiara l’improcedibilità del ricorso di primo grado e annulla, nei sensi in motivazione specificati, la sentenza impugnata.
(…)
(Giovanni Ruoppolo, Presidente; Francesco Caringella Estensore)