Intervista al Sen. Cortiana (Portazero)

Il Senatore Fiorello Cortiana è il presentatore del Disegno di Legge n. 1188 intitolato: “Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione”

Vista la rilevanza delle discussioni circa l’opportunità da parte della Pubblica Amministrazione di adottare software libero, Portazero ha intervistato il Sen. Cortiana.

L’intervista ripercorre le origini del fenomeno open source, i vantaggi di questa scelta, il suo iter legislativo, il consenso avuto tra le forze politiche ma soprattutto introduce un tesi interessante: come l’adozione del software libero sia un’esigenza democratica.

L’INTERVISTA

Da dove nasce la sua sensibilità rispetto alle problematiche connesse all’informatica in generale e al software libero in particolare?

Da molto lontano. Ho sempre seguito con attenzione il problema della comunicazione e della partecipazione attiva alla comunicazione. A mio giudizio Internet e le reti civiche svolgono un ruolo importante nella ricostruzione della polis, rispetto alle derive di tipo plebiscitario che interessano anche il nostro Paese. A partire da questo sono arrivato al software libero, attraverso un percorso basato sull’idea di come la conoscenza sia un bene indisponibile al mercato.

In che cosa consiste la sua proposta di legge? Quali sono i principi che vuole introdurre?

La proposta di legge prevede come tutta la Pubblica Amministrazione, compresa la scuola e l’università, adotti il software libero.

Diversi sono i vantaggi di questa scelta: il software libero è più sicuro, permette di risparmiare denaro pubblico, ma soprattutto consente un controllo diretto, attraverso il codice sorgente, dei dati. Solo se c’è una giustificazione che regga rispetto a questi vantaggi, si può adottare un altro tipo di sistema operativo o un altro tipo di software.

Soffermiamoci su quest’aspetto, quali sono gli altri vantaggi che l’amministrazione dello Stato avrà dall’approvazione del suo disegno di legge? Il cittadino sarà più tutelato?

Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, il sistema open source, si è rivelato più sicuro rispetto alla gestione dei dati, garantendo una maggiore protezione delle informazioni custodite dal pubblico impiego. Il software libero fornisce, di conseguenza, una maggiore tutela della privacy per il cittadino.

Si è rivelato più stabile, più flessibile e più adattabile alle esigenze specifiche di chi lo utilizza.

Un altro aspetto importante è lo spostamento dell’investimento, il quale passa dalla licenza, all’orientamento, alla consulenza, al supporto, consentendo, peraltro, di poter sviluppare un know how specifico proprio dei funzionari pubblici.

Dunque un volano per uno sviluppo tecnologico e culturale del Paese che parte dalla Pubblica Amministrazione e tocca la società civile?

Esattamente. Mi piace ricordare lo studio che fece a suo tempo il vice presidente americano Al Gore, intitolato Reinventing Goverment. La tesi è semplice: considerare la Pubblica Amministrazione, non come uno strumento di scambio di consenso, o di peso rispetto ai costi pubblici, ma come un motore per l’innovazione sia sul piano sociale che sul piano prettamente economico.

Quali sono stati i consensi che ha raccolto tra i suoi colleghi?

Qual è invece la posizione del Governo nella persona del ministro dell’Innovazione Lucio Stanca?

Ho avuto un consenso trasversale tra maggioranza ed opposizione. Ho affiancato al disegno di legge la proposta di un intergruppo parlamentare bicamerale, al quale hanno aderito circa 70 parlamentari di tutti gli schieramenti.Mi sono incontrato col ministro Stanca che ho trovato sensibile a questa problematica, credo quindi che esistano dei presupposti positivi.

Attualmente il vero problema è quello di informare il resto dei parlamentari dell’esistenza della proposta di legge e delle sue valenze democratiche.

L’esito di tutto questo sarà positivo, se esisterà, accanto ad una sensibilità sociale intesa in termini di cultura dell’innovazione tecnologica del software, un’altra sensibilità, legata, più prosaicamente, alle convenienze di settori sociali che dal punto di vista imprenditoriale lavorano in questo campo o sono utenti attivi del software libero.

Non riesco ad essere ottimista o pessimista, ma se devo pensare rispetto alla scorsa legislatura, vedo una sensibilità aumentata. Lo dicono i numeri delle adesioni che prima vi ho dato.

Qual è l’iter parlamentare del disegno di legge? E’ stato assegnato in commissione?

Al momento è ancora al drafting. Stiamo apportando alcune modifiche. Il disegno di legge è cresciuto grazie alle indicazioni fornite da chi utilizza e sviluppa il software libero. Tra poco avremo il testo definitivo.

A quel punto dovrò riuscire a concretizzare quell’ampio sostegno ottenuto dalla proposta di legge, affinché il testo venga effettivamente discusso in commissione.

Auspico che il consenso sia tale per ottenere la deliberante. (Commissione deliberante: in questo caso i poteri dell’aula vengono attribuiti alla commissione. Il lavoro in commissione sostituisce quello dell’aula. Il testo, una volta approvato con la deliberante, passa direttamente all’altro ramo del parlamento per l’approvazione finale. N.d.R.) In questo modo i tempi tecnici per l’approvazione si riducono sensibilmente.

Prima parlava di come la Rete abbia contribuito a perfezionare il suo disegno di legge, a chi faceva riferimento in particolare?

Innanzitutto ai moltissimi Linux user group che mi hanno contattato, ma anche a tante imprese piccole e grandi, anche multinazionali, che hanno fatto scelte sull’open source.

Questo mondo imprenditoriale deve provare a vivere in una dimensione pubblica, come esiste il mondo dei produttori di scarpe o di vino, deve esistere anche un mondo legato a questo tipo di attività, capace di fare lobbying pubbliche e trasparenti e di darsi una nuova soggettività sociale ed economica.

Oltre alla Regione Toscana esistono altri esempi di Pubblica Amministrazione che hanno adottato il software libero? Non pensa che la diffusione dell’open source dipenda anche da un retroterra culturale tipicamente europeo?

Il comune di Firenze e il comune di Prato sono solo alcuni esempi delle molte amministrazioni pubbliche che si sono già sono relazionate col software libero. In Europa altrettanto, tra tutte le nazioni cito la Germania.

Sono d’accordo con lei. Il successo dell’open source dipende anche dal retroterra culturale europeo.

Una cultura, quella del vecchio continente, legata al principio di precauzione e di partecipazione.

Per le sue valenze democratiche e culturali, la questione sulla proprietà della conoscenza, deve essere inserita nella discussione sulla Costituzione Europea.

Il mondo dell’open source ha una propria dignità, con implicazioni economiche, sociali, culturali e democratiche, delle quali la politica deve farsi carico.

In sintesi la diffusione dell’open source in Europa è legata, non solo a motivi economici, ma anche ad un retroterra culturale diverso da quello americano. Il software libero è figlio del principio dell’indisponibilità al mercato della conoscenza, principio con valenze democratiche di cui l’Europa deve farsi carico.

L’Europa sta affrontando una crisi d’identità paurosa, dalla quale si esce soltanto con una nuova soggettività. Deve nascere un’Europa di campanili e nello stesso tempo un’Europa come continente dal punto di vista politico. Questa è la grande sfida che dobbiamo vincere. L’alternativa non sono le piccole patrie di Le Pen o di Haider. Prima ci disponiamo su questo piano, prima garantiamo un futuro più sostenibile.

La questione della proprietà della conoscenza è una questione cardine. Bill Gates, durante il processo alla Microsoft, ha chiesto leggi più severe per tutela della proprietà intellettuale. Egli però concepisce la proprietà intellettuale, non soltanto quella sul prodotto, ma anche sull’alfabeto che è servito per produrlo. A mio giudizio si deve distinguere nettamente il prodotto dall’alfabeto.

Per noi è grave pensare, attraverso il transgenico, di brevettare sequenze geniche. Altrettanto impensabile è permettere di brevettare segmenti di algoritmo. Mi pare che siano evidenti le analogie con chi vuole brevettare sequenze geniche.

E’ una questione di civiltà che ci differenzia profondamente dagli americani. L’Europa ha adottato il principio di precauzione, per gli americani vige il principio del rischio: finché non sia provato che una cosa fa male, questa viene utilizzata, invece in Europa si dice che finché non sia dimostrato che non fa male, questa non viene utilizzata.

Due approcci profondamente diversi, uno subordina alla tecnologia e alla logica dell’economia la vita sociale, l’altra, quella Europea, attribuisce l’adeguata dignità alla dimensione sociale del fenomeno.

Chi è il Senatore Cortiana al di fuori del suo ruolo istituzionale?

Sono un’ecologista. Mi sono dato alla politica nazionale, parlamentare ed elettorale attraverso la creazione dei Verdi di cui sono uno dei fondatori.

Al di fuori del mio ruolo istituzionale cerco di essere un buon padre e un buon marito. Ci tengo molto a questa sfera, ma so di essere assolutamente inadeguato. Sono molto innamorato di mia moglie e del mio bambino che compierà tra poco dieci anni.

Tempo permettendo pratico diverse attività motorie: nuoto, karatè e yoga.

Altri aspetti che mi interessano sono legati allo studio delle culture nella loro complessità.

Non credo ad un uomo ad un’unica dimensione, credo che si possa portare della ricchezza positiva qua nel Palazzo solo se si resta una persona viva anche al di fuori.

Credo infine che ci si debba sforzare di preservare quella natura inquieta da cui siamo nati, cercando di essere, per quello che possiamo, non omologati, per poter essere reincantati, ogni giorno, al di là di ogni disincanto.

[Intervista di R. Grementieri, giugno 2002, tratta da Portazero.info]

Redazione

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