Autorità lavori pubblici, SOA, imprese

Il D.P.R. n. 34 del 2000 ha inteso scindere in due momenti il procedimento di qualificazione delle imprese, tenendo ben distinto il rapporto che intercorre l’Autorità e le SOA da quello che si instaura tra queste ultime e le imprese da qualificare.

Il D.P.R. n. 34 del 2000 attribuisce all’Autorità solo poteri di controllo – d’ufficio o su istanza di parte – sul comportamento delle SOA.

A loro volta, SOA ed impresa aspirante all’attestazione sono legate da un vincolo privatistico, che deriva dalla sottoscrizione di un apposito contratto, il cui sinallagma si sostanzia nella prestazione della SOA di verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio dell’attestazione richiesta e nella controprestazione di riconoscere un compenso (in tal senso si è espresso, in sede consultiva, il Cons. Stato, Sez. atti normativi 6 dicembre 1999 n. 203/99).

Le SOA non sono dunque influenzabili da alcun atto preventivo dell’Autorità, rimanendo del tutto libere nell’esecuzione della propria obbligazione, avendo, come unico parametro da rispettare, quello derivante dalla normativa di riferimento.

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza

Sentenza 16 ottobre 2002 n. 8722

sul ricorso n. 3126 del 2002 Reg. Gen., proposto dall’Impresa Eugenio BATELLI, in persona dell’omonimo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Barberis, con il quale elettivamente domicilia in Roma, Via Valdagno n. 22;

Contro

l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con la quale elettivamente domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

E nei confronti

di TECNOSOA – Società Organismo di Attestazione S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Torchia, Tommaso Di Nitto e Paola Romanucci, con i quali elettivamente domicilia in Roma, Via Sannio n. 65;

Per l’annullamento

– del provvedimento n. rep. D.19.6.02 del 13 febbraio 2002 con il quale l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha imposto alla Tecnosoa di rivedere l’attestato di qualificazione rilasciato all’impresa Batelli Eugenio con conseguente riduzione delle classifiche di qualificazione già riconosciute;

– di ogni altro atto comunque connesso a quelli innanzi indicati;

Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente Nazionale per le Strade; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa; Nominato relatore il consigliere Antonino Savo Amodio e uditi, alla pubblica udienza del 12 giugno 2002, l’avv. Lagonegro e Romano;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

L’Impresa Batelli espone di avere stipulato con la Soc. Tecnosoa un contratto per l’ottenimento dell’attestato di qualificazione previsto dal D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, necessario per la partecipazione alle gare di appalto di lavori pubblici.

In sede di verifica dei requisiti posseduti dall’Impresa, la Soc. Tecnosoa ha attribuito a quest’ultima il beneficio del cd. "incremento convenzionale premiante" di cui all’art. 19 del citato D.P.R..

In occasione di una visita ispettiva, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, rilevando tale modus operandi e ritenendolo non conforme alla normativa di riferimento, ha prima inviato diffida formale alla Soc. Tecnosoa e successivamente le ha imposto di rivedere l’attestazione di qualificazione rilasciata, dando luogo alla rettifica dell’attestato a suo tempo rilasciato.

Avverso la determinazione dell’Autorità ricorre l’Impresa Batelli, deducendo:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 comma 1 lett. t), 15 comma 1 e 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34. Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 comma 2 e 10 comma 1 della legge 11 febbraio 1994 n. 109. Eccesso di potere, risultando del tutto infondata l’interpretazione della normativa epigrafata effettuata dall’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici.

Quest’ultima si è costituita in giudizio, eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice adito e, nel merito, l’infondatezza del motivo di doglianza.

Parte ricorrente ha prodotto memoria conclusionale, nella quale controdeduce all’eccezione di rito e ribadisce la tesi esposta con l’atto introduttivo del giudizio.

DIRITTO

Va, innanzi tutto, esaminata l’eccezione di inammissibilità.

Sostiene l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (successivamente indicata come Autorità) che le imprese qualificate non sarebbero destinatarie dirette ed immediate dei suoi poteri autoritativi, sicché non sarebbero titolari di interessi legittimi, ma semplicemente di diritti soggettivi perfetti da far valere nei confronti delle S.O.A..

Replica l’Impresa Batelli affermando che quello adottato nella specie dalla Soc. Tecnosoa non sarebbe atto di natura privatistica, vale a dire autonomamente assunto dalla medesima, ma conseguenza necessitata del provvedimento emanato dall’Autorità, nel quale, per giunta, compare espressamente il suo nome. A voler seguire il ragionamento di parte resistente, l’Impresa rimarrebbe priva di tutela nei confronti dell’atto impugnato in questa sede.

L’eccezione è fondata.

Occorre partire dagli artt. 15 e ss. del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, che regolano il procedimento di qualificazione delle imprese.

E’ necessario, all’uopo, stipulare un "contratto" con una delle SOA (società organismi di attestazione) autorizzate (dall’Autorità in parola), la quale è tenuta a svolgere gli accertamenti istruttori del caso e a rilasciare ovvero denegare l’attestazione richiesta.

L’art. 16 del D.P.R. n. 34 del 2000 stabilisce che l’Autorità eserciti un controllo sulle SOA "in merito ai contratti stipulati dalle imprese per ottenere la qualificazione", su richiesta delle imprese stesse.

A latere, l’art. 14 prevede un potere di vigilanza sulle SOA ed, in particolare, sulle attestazioni rilasciate, che, qualora risultino non conformi alle disposizioni normative di riferimento, danno luogo all’indicazione, da parte dell’Autorità, "delle eventuali condizioni da osservarsi nell’esecuzione del contratto stipulato".

L’inottemperanza a tali indicazioni può comportare la revoca dell’autorizzazione.

Da quanto esposto, appare evidente che il D.P.R. n. 34 del 2000, abbia inteso scindere in due momenti il procedimento di qualificazione delle imprese, tenendo ben distinto il rapporto che intercorre l’Autorità e le SOA da quello che si instaura tra queste ultime e le imprese da qualificare. Tale distinzione attiene sia alla natura che agli effetti che ciascuna di dette relazioni è suscettibile di produrre:

a) quanto alla prima, essa si estrinseca in un tipico rapporto pubblicistico, atteso che il potere di autorizzazione, controllo e vigilanza dell’Autorità sulle SOA costituisce espressione di una potestà amministrativa, a fronte della quale è possibile configurare esclusivamente interessi legittimi;

b) diametralmente opposta è la conclusione in merito alla seconda: SOA ed impresa aspirante all’attestazione sono legate da un vincolo privatistico, che deriva dalla sottoscrizione di un apposito contratto, il cui sinallagma si sostanzia nella prestazione della SOA di verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio dell’attestazione richiesta e nella controprestazione di riconoscere un compenso (in tal senso si è espresso, in sede consultiva, il Cons. Stato, Sez. atti normativi 6 dicembre 1999 n. 203/99).

Pertanto, le controversie che discendono dall’esecuzione di tal rapporto rientrano nella sfera di cognizione del giudice ordinario, competente a valutare ordinariamente il comportamento adempitivo di una delle parti del contratto.

Deve aggiungersi, per completezza, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le SOA non sono influenzate da alcun atto preventivo dell’Autorità, rimanendo del tutto libere nell’esecuzione della propria obbligazione, avendo, come unico parametro da rispettare, quello derivante dalla normativa di riferimento.

Il D.P.R. n. 34 del 2000, come si è detto in precedenza, attribuisce all’Autorità poteri di controllo – d’ufficio o su istanza di parte – sul comportamento delle SOA.

Il caso di specie si caratterizza, in particolare, per essere il frutto di un controllo ispettivo, che è culminato con l’emanazione della diffida impugnata "ad assumere le iniziative per la sostituzione dell’attestato" e, dunque, senza effetti diretti su quest’ultimo, la cui sostituzione non poteva che avvenire ad opera della Soc. Tecnosoa che vi aveva provveduto.

Nulla vietava, come osserva parte resistente nella memoria difensiva, che quest’ultima non ottemperasse a tale diffida, sottoponendosi al successivo procedimento di revoca dell’autorizzazione stessa e facendo valere in quella sede l’infondatezza della tesi sostenuta dall’Autorità.

Quello che però maggiormente rileva nella specie è che la Batelli non è pregiudicata dall’atto impugnato in questa sede, ma dal successivo atto ottemperativo assunto dalla Soc. Tecnosoa ed è nei confronti di quest’ultimo che deve orientare la propria istanza giurisdizionale, ovviamente nell'(unica) sede propria: quella destinata a valutare il comportamento adempitivo della Soc. Tecnosoa all’obbligazione sorta in base al contratto sottoscritto con la controparte, disapplicando, se del caso, il provvedimento assunto dall’Autorità, destinato (a questo punto, appare evidente) ad operare solo indirettamente sull’Impresa legata contrattualmente a quest’ultima.

Risulta, altresì, infondato l’ulteriore argomento addotto dall’Impresa Batelli, la quale assume che la declaratoria di inammissibilità del ricorso in esame comporterebbe l’impossibilità di difendersi avverso un atto della P.a..

In realtà, questa possibilità non può non esservi, ma è riservata al soggetto – la Soc. Tecnosoa – destinato a subire gli effetti – immediati e diretti – dell’azione amministrativa, fermo restando che, in quella sede, all’Impresa Batelli potrebbe riconoscersi la legittimazione ad intervenire, quale portatore di un interesse di fatto, derivante dalla posizione comunque differenziata nella quale si trova rispetto all’atto assunto dall’Autorità.

In conclusione, il ricorso proposto va dichiarato inammissibile.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. III, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe indicato.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio, comprese quelle della fase cautelare.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 giugno 2002.

(Luigi Cossu, Presidente; Antonino Savo Amodio, Consigliere estensore)

Redazione

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