Sul divieto di rinnovo tacito dei contratti con le P.A. per la fornitura di beni e di servizi
(art. 44 della l. n. 724/94 e art. 6 della l. n. 537/1993)
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Consiglio di Stato, sezione V
Sentenza 1 ottobre 2002 n. 5116
sul ricorso in appello numero di registro generale 10644/2001 del 25 ottobre 2001 proposto dal Comune di Castel Campagnano in persona del Sindaco pro-tempore rappresentato e difeso, per delega a margine dell’atto di appello dall’Avv. Carlo Sarro ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Piazza di Spagna, 35,
Contro
il Sig. Antonio Marcuccio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vincenzo Cinque, Sergio Cinque e Domenico Coppola ed elettivamente domiciliato presso la segreteria del Consiglio di Stato,
Per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, I Sezione, n.3231 del 9 luglio 2002.
Visto il ricorso con i relativi allegati. Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata. Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese. Visto il dispositivo di sentenza n. 162 del 15/3/2002; Visti gli atti tutti della causa. Relatore, alla pubblica udienza del 12 marzo 2002, il Consigliere Francesco D’Ottavi. Uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
Con l’originario ricorso, il Sig. Antonio Marcuccio, attuale appellato, impugnava il provvedimento del responsabile dell’U.T.C. del Comune di Castel Campagnano, n.1687, del 21 marzo 2001, con il quale l’Amministrazione: “preso atto che in data 30 giugno 1994 era scaduto il rinnovo tacito decennale del contratto di appalto del servizio di lampade votive nel cimitero comunale, stipulato con la stessa ditta Marcuccio in data 22 giugno 1974, rep. n.125″, disponeva la risoluzione del predetto contratto”, ivi deducendone l’illegittimità sotto vari profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Il Tribunale con sentenza in forma abbreviata ai sensi degli artt. 23 bis e 26, comma 4, della legge n.1034/71, “considerato che il provvedimento impugnato è basato sul disposto dell’art.44 della legge n.724/94, secondo cui: è vietato il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi…, che tale norma, entrata in vigore, ex art. 47 della citata legge, il 1° gennaio 1995, dispone per l’avvenire (art.11 preleggi) e non contiene alcuna statuizione che ne stabilisca la retroattività; rilevato che sfuggono alla sua sfera di applicazione i rapporti contrattuali preesistenti alla data dalle sua entrata in vigore;
che il rapporto contrattuale inciso dal provvedimento impugnato si era tacitamente rinnovato prima della entrata in vigore della norma in esame e perciò deve ritenersi alla stessa sopravvissuto; che il provvedimento impugnato, in quanto emesso in applicazione del citato art. 44 e nel presupposto, non corretto che tale articolo si estendesse anche ai contratti rinnovati anteriormente alla sua entrata in vigore, deve ritenersi viziato da falsa applicazione di legge”, accoglieva il ricorso, con conseguente annullamento del provvedimento n.1687 del 21 marzo 2001 e contestuale condanna al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in £. 3.000.000.
Il Comune di Castel Campagnano ha presentato rituale appello in cui deduce l’ingiustizia e l’illegittimità della sentenza per le seguenti censure: “error in judicando – violazione e falsa applicazione art.6 legge 24 dicembre 1993 n.537 e art.44 legge 24 dicembre 1994 n.724 – inesistenza assoluta dei presupposti in fatto e in diritto”.
Rileva in particolare il Comune appellante che, con la nota dirigenziale n.1687 del 21 marzo 2001, aveva comunicato alla ditta Marcuccio l’avvenuta risoluzione del contratto di appalto del servizio di lampade votive nel cimitero comunale, stipulato in data 22 giugno 1974, decorrente dal 1° luglio 1974 e scaduto, dopo il primo rinnovo tacito, il 30 giugno 1994, invocando e richiamando espressamente sia l’art.6 della legge n.537, del 24 dicembre 1993, che l’art.44 della legge 24 dicembre 1994, n.724, di modifica della prima richiamata disposizione.
L’art.6 della citata legge n.537 del 24 dicembre 1993, ancor prima della modifiche introdotte dall’art.44 della legge n.724 del 24 dicembre 1994, già prevedeva espressamente il divieto di “rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche Amministrazioni per la fornitura di beni e servizi”.
Nella specie, pertanto, diversamente da quanto affermato dal Tribunale il contratto in oggetto, che si era automaticamente rinnovato la prima volta alla scadenza dei primi dieci anni (1° luglio 1984 – 30 giugno 1994), perché, a tale data, era già vigente la legge 24 dicembre 1993 n.537 che, all’art.6, vietava espressamente il rinnovo tacito dei contratti.
Inoltre, sempre secondo l’appellante relativamente alla censura dedotta nel ricorso di primo grado, di omessa comunicazione di avvio del provvedimento, si deve rilevare che, nel caso di specie, l’ulteriore proroga del contratto era espressamente vietata (impedita) sia dall’art.6 della legge n.375/93 che dall’art.44 della legge n.724/94, per cui non residuava alcun potere discrezionale in capo alla P.A., e quindi a fronte di un espresso divieto legislativo, la comunicazione di avvio del procedimento non aveva alcun significativo rilievo e valenza giuridica.
Sempre secondo il Comune è parimenti infondata l’altra censura sollevata col ricorso di primo grado, relativa al difetto di motivazione, in quanto, ai sensi dell’art.6 della legge n.357/93 e dell’art.44 L. n.724/94, la motivazione puntuale e specifica è necessaria nella sola ipotesi che l’Amministrazione intenda rinnovare o prorogare il contratto e non nella ipotesi inversa di mancato rinnovo.
L’appellante conclude per l’accoglimento del ricorso con ogni consequenziale statuizione di legge. Si è costituito in giudizio il Sig. Antonio Marcuccio, come in epigrafe rappresentato e difeso, che con apposita memoria contesta analiticamente le censure svolte dall’appellante Comune e conclude per la reiezione del ricorso.
Alla Camera di Consiglio del 4 dicembre 2001 veniva accolta la domanda di sospensione della sentenza proposta in via cautelare dall’appellante Comune. Alla pubblica udienza del 12 marzo 2002, il ricorso veniva trattenuto in decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.
Diritto
Come riportato nella narrativa che precede con l’appello in esame il Comune di Castel Campagnano impugna la sentenza – resa in forma abbreviata – n.3231/02, del 9 luglio 2002, con cui il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli, Prima Sezione, ha accolto il ricorso ivi proposto dall’attuale appellato contro il provvedimento con cui il predetto Comune gli comunicava la risoluzione del contratto di appalto rep. n.125, del 22 giugno 1974, concernente la concessione per il servizio di illuminazione del cimitero comunale.
Come pure evidenziato in precedenza l’appellante Comune deduce l’ingiustizia e l’illegittimità dell’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art.6 della l. 24 dicembre 1993, n.537, e dell’art.44 della l. 24 dicembre 1994, n.724, rilevando in sostanza che contrariamente a quanto affermato dal Tribunale il contratto de quo non poteva ritenersi rinnovato in quanto la disposizione di cui all’art.6 della richiamata legge n.537/1993 vietava espressamente la rinnovazione tacita dei contratti.
La censura è fondata.
Osserva il Collegio che l’argomentazione svolta dal Tribunale, resa con sentenza in forma abbreviata, si basa interamente sul presupposto della non retroattività della disposizione di cui all’art. 44 della l. n. 724/94 concernente il diniego di rinnovo tacito dei contratti delle P.A. per la fornitura di beni e servizi.
Tale presupposto è errato in quanto il diniego di rinnovo tacito dei contratti con le P.A. non è stato introdotto per la prima volta dalla riportata norma ma era già previsto dalla disposizione di cui all’art. 6 della l. n.537/1993 che altrettanto disponeva espressamente il “divieto del rinnovo tacito dei contratti con le P.A. per la fornitura di beni e di servizi”.
Nella fattispecie quindi la disposta risoluzione del Comune è avvenuta sulla base di una disposizione in vigore sin da 1° gennaio 1994, per cui non si pone alcuna ipotesi di retroattività della legge.
Il Collegio deve quindi esaminare le censure di omessa comunicazione di avvio del procedimento e di difetto di motivazione dedotte dall’appellato nel giudizio di primo grado.
Per ciò che concerne la pretesa omessa comunicazione dell’avvio del procedimento è sufficiente rilevare che essendo la proroga impedita direttamente da una espressa disposizione di legge, l’Amministrazione non aveva alcuna disponibilità volitiva da cui derivasse l’obbligo partecipativo.
Infondate sono poi le censure relative al difetto di motivazione in quanto, nell’ipotesi in cui come nella fattispecie l’Amministrazione eserciti un’attività tipicamente vincolata, la motivazione è insita nel richiamo – peraltro nella specie avvenuta in maniera del tutto puntuale – alle relative disposizioni di legge.
Conclusivamente quindi l’appello deve essere accolto.
Sussistono tuttavia validi motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto annulla la sentenza pure in epigrafe indicata. Compensa tra le parti le spese di ambo i gradi di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
(Così deciso in Roma, il 12 marzo 2002, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati: Alfonso Quaranta Presidente; Giuseppe Farina Consigliere; Paolo Buonvino Consigliere;
Francesco D’Ottavi Consigliere relatore; Filoreto D’Agostino Consigliere)