Il Consiglio di Stato dà torto al Ministero

Diversamente da quanto reputato nella circolare impugnata, deve reputarsi assorbito nel punteggio spettante per l’abilitazione conseguita alla conclusione positiva del corso (comprendente il buono di trenta punti) anche il punteggio che spetterebbe per il servizio prestato nei periodi non coincidenti con la durata effettiva del corso.

Consiglio di Stato, Sezione VI

Sentenza 30 dicembre 2002 n. 8252

sul ricorso in appello n. 7460/2002 proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

(…)

Per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione III bis, 13 agosto 2002, n. 7121;

Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati e dei controintressati evocati in giudizio; Visti tutti gli atti di intervento; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 19 novembre 2002 relatore il Consigliere Francesco Caringella. Uditi, altresì, l’avv. dello Stato Nunziata, l’avv. Carrozzo, l’avv. Vaccari, l’avv. Selvaggi, l’avv. Sorace, l’avv. Lofoco per delega dell’avv. Viciconte, l’avv. Dini e l’avv. Murgia;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto avverso la circolare con la quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha impartito le disposizioni necessarie al fine di dare esecuzione alla sentenza resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione III bis, 28 maggio 2002 n. 4731. Il Tribunale ha reputato fondata la censura con la quale i ricorrenti si erano doluti della statuizione della circolare con la quale si era stabilito di detrarre il punteggio per i servizi di insegnamento prestati dagli specializzati presso le SSIS durante il biennio di frequenza dei corsi di specializzazione con esclusivo riferimento ai periodi di coincidenza del servizio con la effettiva attivazione e frequenza dei corsi e non per l’intero biennio di durata legale dei corsi stessi.

Il Ministero appellante contesta le argomentazioni poste a fondamento del decisum ed eccepisce la violazione del principio del contraddittorio in sede di conversione dell’incidente cautelare in decisione sul merito della controversia, a mente dell’art. 21, comma decimo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come integrato dalla legge 21 luglio 2000 n. 205.

Resistono i ricorrenti originari.

Si sono altresì costituiti in giudizio i soggetti menzionati in epigrafe evocati già in primo grado nella qualità di controinteressati. Sono altresì intervenuti in giudizio i docenti in epigrafe indicati, manifestando, a seconda dei casi, posizione adesiva od oppositiva. Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 19 novembre 2002 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Con il primo motivo di ricorso il Ministero appellante deduce la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio. La conversione del rito cautelare in decisione sul merito della controversia sarebbe, infatti, in radice inficiata dalla mancata comunicazione dell’avviso della camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare.

Il motivo non è fondato.

Osserva la Sezione che, secondo un pacifico indirizzo giurisprudenziale che trova il suo riferimento essenziale nella decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 20 febbraio 1985, n. 2, non è richiesto l’avviso della data della camera di consiglio se essa coincide con quella stabilita ex lege, costituita, ai sensi dell’art. 36 del RD 17 agosto 1907, n. 642 e 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dalla prima udienza (o camera di consiglio) successiva allo scadere del termine di dieci giorni dalla notifica dell’istanza, sempre naturalmente che in detto torno di tempo si sia provveduto al deposito del ricorso; pertanto, ove il processo segua lo sviluppo stabilito dalla legge non occorre la previa comunicazione formale al difensore della data di trattazione dell’incidente cautelare, essendo tale data accertabile dalle parti o facilmente conoscibile. Del pari, la citata decisione dell’Adunanza Plenaria ha chiarito che ugualmente un avviso non è richiesto se la trattazione dell’istanza, non potendosi tenere nell’udienza prefissata, sia rinviata alla prima udienza successiva in conformità alla regola generale.

Applicando le esposte coordinate ermeneutiche al caso che occupa, si ricava che l’avviso della data della camera di consiglio non doveva essere comunicato alle parti in quanto, alla stregua delle indicazioni fornite dai ricorrenti originari non contestate in punto di fatto dal Ministero ricorrente, l’istanza cautelare è stata delibata, per subire la conversione ai sensi dell’articolo 21, comma 10, della legge n. 1034/1971, il 25 luglio 2002, nell’ambito della prima tornata di udienze del periodo feriale successiva al decimo giorno dalla notifica del ricorso (il ricorso è stato infatti notificato il 10 luglio 2002 per essere poi depositato il successivo 13 luglio), tornata per l’appunto stabilita per i giorni 24 e 25, con eventuale prosecuzione il successivo 25 luglio.

Giova per completezza soggiungere che, assodata la ritualità della trattazione dell’istanza cautelare sul piano del rispetto del principio dell’integrità del contraddittorio, la mancata presenza dell’amministrazione, pur regolarmente costituita, non ostava all’assunzione della decisione di merito ai sensi del più volte citato comma 10 dell’articolo 21 della legge n. 1034/1971.

Questa sezione (decisione 20 febbraio 2002, n. 1033) ha di recente osservato, in subiecta materia, che la mancata comparizione alla camera di consiglio delle parti costituite non è di ostacolo alla definizione del giudizio nel merito, ai sensi e per gli effetti dell’ art. 26, comma 2, L. n. 1034 del 1971, una volta che il Collegio accerti la sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’istituto della sentenza in forma semplificata, trattandosi di apprezzamento rimesso alla valutazione discrezionale del Giudice amministrativo nel superiore interesse pubblico alla sollecita definizione dei processi, mentre, per altro verso, la tutela dell’interesse (eventualmente contrario) delle parti costituite, risulta essere sufficientemente garantito dalla possibilità che le stesse siano sentite sul punto.

Ne deriva che l’obbligo di procedere all’audizione delle parti costituite deve intendersi logicamente limitato alle parti presenti, posto che la logica acceleratoria che presiede all’istituto in parola e la caratterizzazione ufficiosa del potere di conversione, non vincolato all’istanza o all’opposizione delle parti, mal si sincronizza con un’interpretazione della norma che conferisca all’assenza volontaria della parte l’effetto di precludere in radice la conversione del rito.

3. Non merita favorevole valutazione neanche il secondo motivo di appello con il quale l’amministrazione ricorrente deduce l’inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione della non diretta ed immediata lesività delle prescrizioni recate dalla circolare gravata in prime cure.

Giova osservare che la circolare in esame, nella misura in cui detta prescrizioni relative al computo dei punteggio per i periodi di insegnamento scolastico non coincidente su piano cronologico con l’attivazione dei corsi di specializzazione, non assume un valore meramente ricognitivo ed esplicativo ma assume una caratterizzazione dispositiva sostanziata dalla fissazione di regole innovative e vincolanti su dispiegarsi dell’azione amministrativa finalizzata a valle alla compilazione delle graduatorie provinciali.

Non appare pertanto conferente il richiamo alla natura interna e, per conseguenza, all’assenza di effetto immediatamente lesivo all’esterno delle circolari interpretative, posto che nella specie la circolare è volta alla fissazione di regole caratterizzate da una chiara incidenza sulla sfera giuridica dei terzi e, quindi, è dotata di quel crisma dell’autonoma lesività che ne giustifica la possibilità di immediata ed autonoma impugnazione.

Si deve soggiungere, sempre sul versante dell’interesse al ricorso, che, in disparte il riferimento alla nota 15.7.2002 del dirigente del CSA di Lecce in merito alle rettifiche disposte in attuazione della circolare con effetto immediatamente lesivo per gli interessi dei ricorrenti, in ogni caso la ricorrente Mancini era destinataria della sentenza n. 4731/2002 resa dal TAR del Lazio e, come tale, era portatrice dell’interesse qualificato, dotato della consistenza di vero e proprio diritto soggettivo, alla verifica della conformità della circolare emanata agli obblighi rivenenti dal giudicato formatosi in suo favore.

4. Si deve in ogni caso rilevare, con riguardo ai motivi di cui ai precedenti punti 2 e 3, che, in sede di discussione, l’Avvocatura dello Stato ha manifestato l’interesse alla decisione relativa al merito della controversia al fine di acquisire elementi di certezza sull’assetto delle regole che devono presiedere allo svolgimento dell’azione amministrativa in materia.

5. Venendo allora al merito della controversia, è d’uopo premettere che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sentenze (tra le quali la citata sentenza n. 4731/2002) da ultimo confermate da questo Consiglio, ha annullato le determinazioni amministrative concernenti i criteri per l’aggiornamento delle graduatorie permanenti per l’accesso all’insegnamento, nella parte in cui consentivano il cumulo del punteggio assegnato per la frequenza del corso biennale delle SIS e di quello attribuito per le supplenze svolte con riferimento allo stesso biennio.

Il Tribunale ha fondato il suo convincimento sulla considerazione della caratterizzazione esclusiva dell’impegno richiesto per la frequenza della scuola di specializzazione e della conseguente incompatibilità di detto impegno con la contemporanea prestazione di attività di insegnamento, che non si esaurisce nell’impartire le lezioni nelle ore antimeridiane, ma richiede la presenza dei docenti nelle attività collaterali, eppure fondamentali per il corretto espletamento della funzione.

Si pensi alle attività di programmazione, di relazione con gli utenti, di preparazione delle lezioni e alle frequenti e svariate attività collegiali; ovvero all’elevato monte – ore delle lezioni (1200 ore: art. 2, comma sesta, decreto ministeriale 26 maggio 1998); alla preparazione e partecipazione alle prove di valutazione da superare durante il corso, che attribuiscono il punteggio previsto dall’art. 5 del decreto 268 del 2001; alle intense attività di tirocinio e di laboratorio didattico svolte nel biennio di formazione (art. 4 del citato 268 del 2002); alle esperienze da acquisire presso istituzioni scolastiche (art. 1, lett. f, del decreto ministeriale 26 maggio 1998); agli adempimenti dei corsisti in relazione all’impegno didattico complessivo sulla base delle disposizioni attuative del decreto ministeriale 21 luglio 1997 n. 245 in materia di frequenza a tempo pieno e a tempo parziale nei corsi universitari (art. 2, comma sesto, del decreto ministeriale 26 maggio 1998).

Sulla base di detta considerazioni il Tribunale ha concluso nel senso della riqualificazione dell’attività di insegnamento espletata nel periodo di svolgimento delle scuole di specializzazione alla stregua di tirocinio già considerato ed apprezzato nell’attribuzione del punteggio di trenta punti per la frequenza delle scuole di specializzazione. Si è soggiunto, ad ulteriore conforto dell’assunto, che il punteggio fisso di trenta punti è nella sostanza dato dalla risultante dei 24 punti spettanti ordinariamente per l’insegnamento biennale (cfr. tabella di valutazione dei titoli approvata con decreto ministeriale 29 marzo 1993 e modificata con decreto 2 gennaio 1994) e di 6 punti, pari questi ultimi al doppio del punteggio normalmente riconosciuto per titoli di studio di portata equivalente ovvero per il superamento di un concorso per titoli ed esami anche ai soli fini abilitativi.

5.1. Tale essendo la parabola motivazionale tracciata nella sentenza originaria del Tribunale, reputa il Collegio che la circolare ministeriale 14 giugno 2002 n. 69, annullata dalla sentenza in questa sede gravata nella parte in cui consente il cumulo del punteggio assegnato per l’insegnamento svolto nel periodo non coincidente con l’effettivo svolgimento dei corsi presso le SSIS, non presti ossequio al vincolo riveniente dal dictum giurisdizionale e, in ogni caso, si ponga in distonia con le coordinate normative di riferimento.

Si deve osservare che le pronunce alle quali la circolare afferma di volere dare esecuzione non hanno asserito l’illegittimità (rectius, la illiceità) del servizio di insegnamento prestato durante la frequenza della scuola di specializzazione (né ha affermata la illegittimità della sua valutazione), così come non hanno opinato nel senso dell’incompatibilità, di diritto o sul versante puramente fattuale, tra le due attività.

Il dato centrale delle argomentazioni svolte dal TAR, in questa parte pienamente condivise da questo Collegio, è infatti dato dalla considerazione alla stregua della quale la rilevanza del punteggio fisso di trenta punti assegnato per il semplice dato del superamento del corso biennale, a prescindere dal punteggio di merito riportato all’esito dell’esame finale, si giustifica solo partendo dal presupposto della non cumulabilità di detto punteggio con altri punteggi conseguibili per effetto dell’insegnamento prestato nello stesso biennio di riferimento (punteggio da riconoscersi per converso con riferimento a graduatoria per classi di insegnamento per le quali non venga in rilievo il punteggio SSIS).

Se si considera, infatti, che i trenta punti sono concettualmente scindibili in ventiquattro punti normalmente assegnati per due anni scolastici di insegnamento e sei punti per i titoli di studio, è nella sostanza chiaro che i ventiquattro punti non possono essere duplicati con riguardo alle docenze svolte nel medesimo periodo e, più precisamente, che l’insegnamento per il biennio legale va considerato alla stregua di tirocinio preso in considerazione ed apprezzato in sede di computo del punteggio fisso in parola.

A sostegno dell’assunto si pone, sul piano schiettamente positivo, la duplice considerazione che,da un lato, l’articolo 1 del decreto interministeriale 26 maggio 1998 considera in via generale il “tirocinio” come il complesso delle esperienze svolte presso istituzioni scolastiche al fine dell’integrazione tra competenze teoriche e competenze operative; dall’altro, il rilievo che l’articolo 2, comma 9, dello stesso decreto prevede che, nell’organizzazione delle attività della scuola, le università “tengono conto, ai fini dei necessari raccordi, dei momenti formativi previsti quale formazione in servizio degli insegnamenti”.

Si deve soggiungere che il comma 6, lett. c, dello stesso art. 2 prevede l’abbreviazione della durata dei corsi in relazione ai crediti riconosciuti

La formazione in servizio, mettendo in evidenza un credito sul piano pratico, risulta quindi un parametro di valutazione al fine di stabilire la durata del tirocinio tradizionale, svolto sotto il controllo tutorio del docente titolare.

Deve in definitiva reputarsi, in omaggio ad un principio di conservazione che impone la preferenza per l’approccio interpretativo capace di salvaguardare la legittimità degli atti gravati, che il servizio di insegnamento eventualmente prestato nello stesso tempo va accreditato all’attività obbligatoria di tirocinio inerente ai corsi

La soluzione è sicuramente praticabile, atteso che il tirocinio richiesto agli insegnanti secondari in formazione è di carattere generico senza alcun collegamento necessario alle materie curricolari insegnate nel corso.

Pertanto, il punteggio fisso aggiuntivo previsto dall’art. 8 del decreto ministeriale 4 giugno 2001 n. 268 costituisce il doveroso riconoscimento dell’impegno dedicato alla formazione e all’elevato livello di preparazione che è raggiunto con la frequenza delle scuole SSIS, oltre a rappresentare un adeguato compenso per il servizio di insegnamento prestato nel biennio, col quale evidentemente non può essere cumulato.

5.2. Tale essendo l’interpretazione del quadro normativo, non si può allora che coerentemente concludere nel senso che, diversamente da quanto reputato nella circolare impugnata, deve reputarsi assorbito nel punteggio spettante per l’abilitazione conseguita alla conclusione positiva del corso (comprendente il buono di trenta punti) anche il punteggio che spetterebbe per il servizio prestato nei periodi non coincidenti con la durata effettiva del corso.

Sul piano strettamente processuale va rimarcato, in prima battuta, che le sentenze del Tribunale amministrativo, non gravate dall’amministrazione, escludevano in radice la possibilità di dare rilievo ad attività di insegnamento svolte nel biennio legale ancorché in un arco temporale non coincidente con la durata effettiva dei corsi SSIS.

Sul punto, in particolare, la sentenza n. 4731/2002 del TAR Lazio osservava: “Considerato che il decreto ministeriale 26 maggio 1998, che disciplina l’organizzazione delle anzidette scuole, conferma che la durata curriculare del corso è di due anni, apparirebbe del tutto inutile una precipitosa concentrazione della durata concreta di detti corsi entro tempi più ristretti, a detrimento di una preparazione seria e completa: la sola che giustifica l’attribuzione del punteggio aggiuntivo.

Ove questo fosse in ipotesi avvenuto, ancorché come manifestazione di autonomia universitaria, è incontestabile che il servizio di insegnamento prestato a qualsiasi titolo successivamente a una frettolosa conclusione del corso, non può essere considerato, si ripete, che come periodo di esercitazioni pratiche attinenti obbligatoriamente alla formazione impartita nella scuola di specializzazione di durata biennale: pertanto, non valutabile come autonomo servizio.

Una diversa interpretazione, che cercasse in altro modo di giustificare l’aggiuntività del punteggio in questione, aprirebbe il fronte a evidenti censure di disparità, di irragionevolezza, di difetto di proporzionalità e di adeguatezza di questa specifica determinazione adottata dall’amministrazione”.

E’ quindi concettualmente chiaro che il principio di diritto, dato dalla non duplicabilità di periodi di insegnamento e di frequenza del corso che cadano nello stesso periodo legale, pur se riferito ai casi di insegnamento successivo alla fine del corso, non può che riferirsi anche al periodo precedente all’inizio del corso.

Al di là del profilo della non conformità al vincolo riveniente dalla sentenza alla quale pure la circolare mostra di volere dare esecuzione, la scelta adottata in sede di circolare non si armonizza in ogni caso con la ricordata considerazione che il particolare “valore aggiunto” (si intende: 30 punti) che l’ordinamento ha voluto attribuire alle abilitazioni conseguite alla conclusione di un corso di specializzazione è riferito alla durata legale del corso SSIS, da misurare in termini di anno scolastico ovvero di anno accademico, senza che abbia rilievo il dato in qualche misura accidentale della durata effettiva.

Considerato che la durata legale dei corsi SSIS è biennale, i docenti che conseguono l’abilitazione non hanno allora titolo ad avere accreditato alcuno dei 24 punti attribuibili (nel massimo) per due anni di insegnamento, secondo la tabella di valutazione aggiornata con il decreto ministeriale 12 febbraio 2002 n. 11.

Pertanto, ove pure il corso SSIS durasse in concreto meno di due anni, il servizio di insegnamento eventualmente prestato durante il biennio di durata curricolare del corso (una parte del quale coincidente con esso; l’altra collocato al di fuori del corso), in ogni caso deve ritenersi improduttivo di punteggio utile ai fini del bagaglio in dotazione del docente. Si tratta, infatti, di servizio di insegnamento sostitutivo o comunque integrativo del tirocinio e, come tale, già compensato (in termini di punteggio) con il riconoscimenti di trenta punti.

Si consideri, ad ulteriore sostegno di detta conclusione, da un lato, che il rammentato d.m. del 1998 considera anche l’attività di insegnamento svolto prima dell’inizio effettivo dei corsi come tirocinio in servizio di cui tenere conto nel corso dello svolgimento del corso; dall’altro, che una diversa opzione esegetica porterebbe al risultato irragionevole di discriminare la posizione dei docenti che frequentino le SIS e svolgano attività di insegnamento nel biennio legale a seconda dell’inizio più o meno posticipato dei corsi che può essere fissato dalle singole Università nell’esplicazione dell’autonomia, così frustrando, anche sul piano dell’equità, l’esigenza di considerare in modo uguale per tutti i docenti l’insegnamento svolto nel biennio legale come attività apprezzata nel computare i ventiquattro per il tirocinio obbligatorio, anche in servizio, svolto nel biennio legale, che, sommati ai sei punti per il titolo di studio formano il valore aggiunto fino di trenta punti di cui si è fin qui detto.

6. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello.

Le spese di giudizio possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in epigrafe indicato.

(…)

(Giorgio Giovannini, Presidente; Francesco Caringella Estensore)

Redazione

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