Sentenza del C.G.A. n. 645/02

Sentenza 5 dicembre 2002 n. 645 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sul riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato costituito in via di fatto.

– Il rapporto di lavoro costituito “di fatto”, al di fuori delle condizioni e delle modalità stabilite dalla legge è nullo di diritto e tale principio generale può essere derogato solo per motivi eccezionali e, comunque, assicurando il pieno rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione.

– L’art. 2126 c.c. regolamenta l’ipotesi della “prestazione di fatto con violazione di legge” e costituisce norma eccezionale e derogatoria della disciplina generale della nullità dei contratti, avente lo scopo di far salvo il sinallagma nel rapporto di lavoro e di tutelare il diritto del lavoratore alla retribuzione per le prestazioni lavorative eseguite.

Per la applicazione del disposto dell’art. 2126 c.c., tuttavia, devono sussistere i cosiddetti „indici rivelatori“ in concorso tra loro, in particolare la continuità e professionalità delle prestazioni lavorative, il vincolo di subordinazione gerarchica, la percezione di una retribuzione predeterminata corrispondente ad una delle qualifiche esistenti nell’organico dell’Ente, la volontà della Amministrazione, manifestata attraverso comportamenti univoci, di inserire il prestatore di lavoro nella propria organizzazione, il rispetto di un orario di inizio e termine dell’attività lavorativa.

In mancanza di tali requisiti non è possibile la qualificazione della esclusività e prevalenza della prestazione lavorativa a favore dell’Amministrazione (C.d.S., sez. V, 13.3.2000, n. 1300).

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Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale

Sentenza 5 dicembre 2002 n. 645

sul ricorso in appello n. 845/1999 proposto dal sig. M.S. rappresentato e difeso dall’avv. L. Savoca, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via M. D’Azeglio n. 8, presso e nello studio dell’avv. A. Arena;

contro

l’Università degli Studi di Catania, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in via Alcide De Gasperi, 81;

per la riforma

della sentenza n. 1327/1998 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. I, del 22.7.1998.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Università degli studi di Catania;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Consigliere Antonio Andò;

Uditi alla pubblica udienza del 10 gennaio 2002 l’avv. L. Savoca per l’appellante e l’avv. dello Stato Bucalo per l’amministrazione appellata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Il dott. S. M. ha prestato la propria attività presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Catania, Cattedra di Economia Politica I e II corso, dal maggio 1984 al dicembre 1985, e presso l’Istituto di Ragioneria Generale I e Tecnica delle ricerche di mercato dal 1986 al 31.12.1993. Il dott. M., ritenendo che l’attività prestata presso l’Università di Catania ed iniziata a titolo di tirocinio si fosse nel tempo consolidata assumendo i caratteri della continuità, della subordinazione e dell’inserimento nella organizzazione dell’Ente, proponeva, quindi, ricorso al Giudice Amministrativo per il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato – costituito per le vie di fatto – con la conseguente liquidazione dei compensi economici spettanti e della relativa contribuzione previdenziale, con equiparazione alla figura professionale del ricercatore universitario.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, con sentenza n. 1327/98, rigettava il ricorso ritenendo che, nella specie, il rapporto tra il dott. M. e l’Università di Catania si era costituito a titolo volontario e su espressa richiesta dello stesso dott. M., restando così precluso sia il riconoscimento della costituzione di un rapporto di pubblico impiego sia il più limitato effetto del riconoscimento del diritto alla retribuzione ed al trattamento contributivo previdenziale. Il dott. M. propone appello avverso tale sentenza insistendo nella richiesta di riconoscimento della natura subordinata dell’attività prestata in favore dell’Università di Catania, anche ai sensi dell’art. 2126 c.c., con il conseguente riconoscimento del trattamento economico e previdenziale spettante per la figura del ricercatore universitario. L’Università degli Studi di Catania, con memoria, si costituisce in giudizion chiedendo la reiezione del gravame. La causa viene in discussione alla pubblica udienza del 10 gennaio 2002 e trattenuta per la decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato. La pretesa dell’appellante fonda sulla riconoscibilità nella specie della esistenza di un rapporto di un lavoro subordinato, indipendentemente da un formale atto di nomina, ritenendo esistenti i cosiddetti „indici rivelatori“ della natura subordinata dell’attività prestata. La costituzione di un rapporto di pubblico impiego avviene, per principio generale, con condizioni e modalità tali da garantire la prevalente e superiore esigenza che, attraverso l’espletamento di pubblici concorsi, vengano selezionati coloro i quali siano risultati meritevoli ed idonei allo svolgimento delle mansioni richieste.

Il rapporto di lavoro costituto „di fatto“, al di fuori delle condizioni e delle modalità stabilite dalla legge è, quindi, nullo di diritto e tale principio generale può essere derogato solo per motivi eccezionali e, comunque, assicurando il pieno rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione. L’art. 2126 c.c. regolamenta l’ipotesi della „prestazione di fatto con violazione di legge“ e costituisce norma eccezionale e derogatoria della disciplina generale della nullità dei contratti, avente lo scopo di far salvo il sinallagma nel rapporto di lavoro e di tutelare il diritto del lavoratore alla retribuzione per le prestazioni lavorative eseguite.

Nel senso vi è, quindi, un orientamento giurisprudenziale che, a fronte di un rapporto di lavoro „nullo di diritto“ ritiene applicabili i meccanismi di protezione previsti, dal punto di vista retributivo e contributivo, dall’art. 2126 c.c., per il periodo di espletamento delle prestazioni di fatto (C.d.S. Sez. V, 7.9.2001, n. 4671). E’, tuttavia, altrettanto pacifico che per la applicazione del disposto dell’art. 2126 c.c. Devono sussistere i cosiddetti „indici rivelatori“ in concorso tra loro, in particolare la continuità e professionalità delle prestazioni lavorative, il vincolo di subordinazione gerarchica, la percezione di una retribuzione predeterminata corrispondente ad una delle qualifiche esistenti nell’organico dell’Ente, la volontà della Amministrazione, manifestata attraverso comportamenti univoci, di inserire il prestatore di lavoro nella propria organizzazione, il rispetto di un orario di inizio e termine dell’attività lavorativa.

In mancanza di tali requisiti non è possibile la qualificazione della esclusività e prevalenza della prestazione lavorativa a favore dell’Amministrazione (C.d.S., sez. V, 13.3.2000, n. 1300).

Nella specie si rileva che il Dott. M. aveva frequentato l’Istituto di Economia Politica dell’Università di Catania dapprima come borsista nel periodo 1.12.1983/30.11.1984 e, successivamente, fino all’anno accademico 1984/85, svolgendo attività di formazione personale e addestramento professionale, venendo formulato nei suoi confronti un giudizio di scarsa attitudine alle discipline economiche, espresso dal Direttore dell’Istituto di Economia Politica alla conclusione del suddetto anno accademico.

Appare, quindi, evidente che in tali condizioni non possa individuarsi alcuna volontà della Amministrazione tesa a conferire una diversa configurazione al rapporto con il dott. M., restando la sua attività prestata sempre a titolo volontario.

La Cassazione Civile ha dichiarato, peraltro, in sentenza pronunciata relativamente ad una fattispecie analoga a quella che ci occupa in ordine alle attività didattiche svolte da soggetto quale cultore della materia nell’ambito di collaborazione professionale con istituto universitario, che le disposizioni dell’art. 2126 c.c. non possono trovare applicazione ai rapporti di lavoro autonomo, pur se avente le caratteristice della parasubordinazione, trattandosi di norme a carattere eccezionale attinenti al lavoro subordinato (Cass. Civ., sez. Lav., 19.4.2001, n. 5738).

Le superiori argomentazioni conducono al rigetto dell’appello, restando assorbita ogni altra censura ed eccezione. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in € 1.500,00 a carico dell’appellante ed in favore dell’Amministrazione appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello di cui in epigrafe. Spese a carico dell’appellante e liquidate in € 1.500,00 in favore dell’Amministrazione appellata. Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 10 gennaio 2002 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale.

(Andrea Camera, Presidente, Antonio Andò, estensore, Pier Giorgio Trovato, Raffaele Carboni, Vittorio Mammana, componenti).

Redazione

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