In Sicilia, il Comitato regionale di controllo ha cessato giuridicamente di esistere alla data del 31 dicembre 1999 in forza del disposto dell’art. 1, 1° comma della L. Reg. n. 17 del 1999.
Così ha affermato il Consiglio di giustizia amministrativa in ossequio anche al nuovo disegno costituzionale delineato dal combinato disposto degli artt. 9 e 10 della L. Cost. n. 3/2001 che ha reso immediatamente inoperante anche in Sicilia, fino alla futura revisione statuaria in adeguamento al nuovo titolo V della Costituzione della Repubblica, la funzione di controllo generale di legittimità sugli atti degli enti locali, già prevista dall’abrogato art. 130 Cost..
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Sentenza del 20 gennaio 2003 n. 6
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
Decisione
sul ricorso in appello n. 613 del 2002 proposto dal Comune di Catania, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. M. Arena e M. Petino, elettivamente domiciliato presso lo studio dell.avv. G. Condorelli, in Palermo, via Torricelli, 3;
contro
l’Assessorato Regionale Enti locali, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliato presso la stessa, in Palermo, via A. De Gasperi, 81;
e nei confronti
di Gaglio A. , non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza n. 539/02 del 22 marzo 2002, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione II di Catania, ha respinto il ricorso n. 121/02 proposto dal Comune di Catania per l’annullamento del provvedimento del Comitato Regionale di Controllo, sezione provinciale di Catania, 3 dicembre 2001, prot. n. 3498, notificato il 7 dicembre 2001, con il quale è stata annullata la deliberazione della Giunta Municipale di Catania 17 ottobre 2001, n. 1729, avente ad oggetto: „Concessione alla Catania Multiservizi s.p.a. Della gestione dello Stadio Comunale Cibali e relative pertinenze. Autorizzazione alla stipula“.
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Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
Fatto.
Il Comune di Catania ricorre in appello avverso la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha rigettato il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento della sezione provinciale del Comitato Regionale di Controllo con il quale è stata annullata la deliberazione della Giunta Municipale n. 1729 del 2001 sul presupposto che la stessa, avendo ad oggetto la concessione di nuovi servizi alla società mista Catania Multiservizi s.p.a., rientrasse nella competenza del Consiglio Comunale, anzichè della Giunta.
A sostegno dell’appello vengono dedotti i seguenti motivi:
1.Nullità e/o inesistenza dell’atto di controllo; carenza di potere del CO.RE.CO., in quanto organo inesistente e privo del potere di controllo, essendo stato abrogato l’art. 130 Cost.;
2.Nullità e/o inesistenza dell’atto di controllo; carenza di potere del CO.RE.CO., in quanto organo inesistente e privo del potere di controllo, in virtù del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, della L.R. 5 giugno 1997, n. 23, dell’art. 1, comma 1, della L.R. 7 settembre 1998, n. 23 e dell’art. 1, comma 1, della L.R. 19 agosto 1999, n. 17; violazione dell’art. 1 della L.R. 28 marzo 1995, n. 22, di recepimento del D.L. 16 maggio 1994, n. 293, convertito in L. 15 luglio 1994, n. 444;
3.Competenza della Giunta municipale all’adozione dell’atto impugnato; contraddittorietà ed erroneità della sentenza di primo grado, attesa la natura della deliberazione annullata in sede di controllo, costituente mero atto esecutivo della scelta operata dal Consiglio Comunale, con deliberazione n. 14 del 26.2.1997, di affidare alla società mista ivi istituita la gestione di un bene appartenente alla categoria degli immobili comunali;
4.Ulteriore profilo di erroneità della sentenza impugnata (nella parte in cui la stessa qualifica l’assegnazione a favore della società partecipata come concessione di nuovi servizi, anzichè come concessione di bene patrimoniale indisponibile);
5.Ancora erroneità della sentenza appellata (in relazione all’operata attribuzione di competenza al Consiglio Comunale ai sensi dell’art. 93 O.R.E.L.).
L’Amministrazione regionale intimata si è costituita in giudizio senza svolgere difese scritte.
Diritto.
L’appello è fondato in relazione alle assorbenti censure, dedotte con il primo e secondo motivo, di nullità dell’impugnato provvedimento di controllo negativo, in quanto adottato da organo giuridicamente non più esistente, nell’esercizio di una funzione prevista da norma costituzionale formalmente abrogata. Iniziando logicamente l’esame dal profilo di doglianza dedotto con il secondo mezzo, osserva il Collegio che, ancor prima della riforma del sistema delle autonomie locali attuata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (di cui al primo mezzo d’impugnazione), nella Regione Siciliana il Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali ha cessato ope legis di esistere ed operare alla data del 31 dicembre 1999, in forza del disposto dell’art. 1, 1° comma della L.reg. n. 17 del 1999.
Il contrario assunto della Seconda Sezione del TAR di Catania, rimasto peraltro isolato anche a livello di giurisprudenza amministrativa di primo grado, si fonda sull’affermazione che la norma regionale anzidetta non avrebbe comportato la cessazione dell’organo di controllo in quanto tale, ma soltanto la decadenza dei suoi componenti: i quali ultimi, ancorchè decaduti, continuerebbero comunque ad operare in regime di prorogatio fino alla rimodulazione legislativa del sistema dei controlli, previa riformulazione del Titolo V della Costituzione. A tale soluzione interpretativa si contrappongono, peraltro, tre concomitanti ordini di argomenti.
a) Sul piano letterale, a differenza delle disposizioni di cui agli artt. 2, comma 1 L.R. n. 23/1997 e 1, comma 1, L.R. n. 23/1998, riferentesi testualmente ai membri in carica del Comitato e delle sue sezioni, il già citato art. 1, comma 1 della L.R. n. 17/1999, nel prorogare ulteriormente sino al 31 dicembre 1999 il termine di decadenza delle funzioni di controllo, fa esplicito riferimento all’organo in quanto tale, e non soltanto ai suoi componenti.
b) Ove la norma si riferisse ai soli componenti, la stessa introdurrebbe un regime di prorogatio sine die di un organo amministrativo di controllo della Regione, in contraddizione con il disposto dell’art. 1 della L.R. n. 22/1995, che ha recepito in Sicilia il D.L. . 293/1994, convertito in legge n. 444/1994, il quale limita tassativamente a quarantacinque giorni il periodo massimo di operatività della proroga degli organi decaduti, in conformità ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 208 del 4 maggio 1992.
c) Infine, a seguito dell’entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione, ed in particolare dell’intervenuta abrogazione dell’art. 130 Cost., attuata dall’art. 9 della legge cost. n. 3/2001, la riserva relativa al riordino legislativo del sistema dei controlli, mantenuta ferma anche nella previsione dell’art. 1 della L.R. n. 17/99, deve ritenersi automaticamente sciolta nel senso del definitivo venir meno di ogni forma di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali (non essendo ovviamente configurabile da parte di alcun legislatore ordinario, nazionale o regionale, la reintroduzione di un istituto costituzionalmente abrogato, nè essendo realisticamente ipotizzabile una riformulazione dello Statuto regionale siciliano – ex art. 10 L.cost. n. 3/2001 – che, muovendo in direzione diametralmente opposta a quella seguita dal costituente nazionale, reintroduca un sistema di controlli di legittimità sugli atti delle autonomie locali definitivamente soppresso sul residuo territorio nazionale).
Il rilievo da ultimo formulato introduce all’esame del primo e più radicale motivo di doglianza, con il quale si assume la nullità o inesistenza dell’impugnato atto negativo di controllo, e la totale carenza di potere del CO.RE.CO., anche a seguito dell’intervenuta abrogazione dell’art. 130 Cost. Da parte dell’art. 9 della L.cost. n. 3/2001. Sul punto, il ragionamento sviluppato dalla sentenza appellata appare ancor meno condivisibile di quello dianzi richiamato con riferimento al secondo motivo di ricorso, sotto almeno due distinti profili.
a) In primo luogo, al fine di salvaguardare la legittimità dell’atto impugnato, sostituente esplicazione del generale potere di controllo di legittimità già previsto dall’abrogato art. 130 Cost., il Tribunale amministrativo si richiama, del tutto incongruamente, alle residue competenze assegnate ai CO.RE.CO. Da ulteriori disposizioni di legge, (costituzionale e/o ordinaria, statale e/o regionale), idonee al più a comprovare una perdurante residuale vigenza dell’organo, ma non anche della specifica funzione esercitata con il provvedimento che forma oggetto di giudizio.
b) In secondo luogo, non appare condivisibile il richiamo operato dal primo giudice al supporto costituzionale tuttora fornito dall’art. 15, comma III, dello Statuto regionale siciliano, atteso che il già citato art. 10 della legge cost. n. 3/2001, dopo aver posto a carico delle Regioni ad autonomia speciale l’obbligo di adeguare i rispettivi statuti al nuovo assetto delle autonomie locali delineato dalla riforma del titolo V della Costituzione della Repubblica, statuisce espressamente l’immediata applicabilità, nelle more, di quelle parti della riforma costituzionale che prevedano „forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite“.
A meno di voler riferire (come forse sottintende la sentenza di primo grado), il concetto di autonomia al solo livello regionale, e non anche a quello comunale e provinciale (peraltro espressamente riconosciuto ed esaltato dal nuovo testo dell’art. 114 Cost.), sembra innegabile che la disposizione abrogativa dell’art. 130 Cost. Rientri a pieno titolo fra quelle immediatamente operanti anche nelle regioni a statuto speciale, ed in particolare in Sicilia, per effetto del disposto del citato art. 10 L.cost. n. 3/2001. In sintesi, la sentenza appellata nella parte in cui rigetta (disgiuntamente e senza adeguatamente considerarne la reciproca interferenza ed interdipendenza) il primo e secondo motivo d’impugnazione, merita integrale riforma sulla base dei seguenti postulati logico-giuridici:
a) in Sicilia, il Comitato regionale di controllo ha cessato giuridicamente di esistere alla data del 31 dicembre 1999, con correlativa nullità, per assoluta carenza di potere, dell’impugnato atto di controllo negativo adottato dalla Sezione catanese a quasi due anni di distanza dall’intervenuta soppressione legislativa dell’organo e delle relative funzioni;
b) il nuovo disegno costituzionale delineato dal combinato disposto degli artt. 9 e 10 della L. Cost. n. 3/2001 ha reso immediatamente inoperante anche in Sicilia, fino alla futura revisione statuaria in adeguamento (e non già in contrapposizione) al nuovo titolo V della Costituzione della Repubblica, la funzione di controllo generale di legittimità sugli atti degli enti locali, già prevista dall’abrogato art. 130 Cost..
Stante il carattere preliminare ed assorbente delle censure fin qui esaminate, non v’è luogo di procedere al vaglio degli ulteriori motivi d’appello, afferenti ai capi della sentenza di primo grado che hanno rigettato, ritenendone l’infondatezza, anche le doglianze mosse al contenuto dell’impugnato atto di controllo negativo. All’annullamento di quest’ultimo per assoluta carenza di potere dell’organo emanante, consegue l’immediata e definitiva reviviscenza, con decorrenza ex tunc, della deliberazione comunale ivi annullata. Le spese dei due gradi di giudizio vengono interamente compensate, anche in considerazione dell’esistenza di contrasti nella giurisprudenza amministrativa siciliana, attualmente in via di composizione , ma ancora particolarmente accentuati all’epoca di adozione del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate.
(Andrea Camera, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Giorgio Giaccardi, estensore, Raffaele Tommasini, Andrea Parlato, componenti)