Da “In Rete si moltiplicano i blog di guerra”, di Giancarlo Mola – Repubblica.it
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I blog sono siti Internet personali di facile gestione, e sono certamente una delle novità mediatiche di questo conflitto.
Chiunque può aprire un blog, gratuitamente ed in meno di cinque minuti. Non serve alcuna competenza tecnica e informatica per aggiornarli, basta un computer collegato alla rete o addirittura un telefonino di nuova generazione. L’ideale per comunicare anche in condizioni difficili. Come in guerra, appunto.
Tra quelli citati, quello del “Soldato Smash”, un riservista della marina americana mandato nel Golfo a dicembre che racconta la vita quotidiana degli ultimi giorni, dai pessimi pasti serviti alla mensa alla fatica di arrivare a sera. Per i militari americani, infatti, comunicare è molto semplice: nelle basi hanno accesso a Internet e alla posta elettronica. Con una sola, ovvia, limitazione: nessuna descrizione del luogo preciso e della missione svolta.
Un altro blog citato è quello di Christopher Allbritton. E’ stato reporter dell’Associates Press e del New York Daily News, inviato in Iraq durante la prima guerra del Golfo. Stavolta ha deciso di andarci per conto proprio. Così ha lanciato sul suo blog una raccolta di fondi per finanziare la sua spedizione. In poche settimane gli sono arrivati più di diecimila dollari.
Un fenomeno che spiazza, soprattutto perché i blog mettono in discussione il ruolo dei media tradizionali. Che stanno a guardare. E in alcuni casi fanno retromarcia. Pochi giorni fa la Cnn ha infatti chiesto al suo inviato nel Nord Iraq Kevin Sites di bloccare il suo blog. Le sue ultime parole in rete sono state: “Cari lettori, mi è stato chiesto di sospendere il mio blog di guerra per un po’. E’ stata una grande esperienza essere il vostro testimone”.
Clicca qui per l’articolo integrale, pubblicato su Repubblica.it il 27 marzo 2003.