L’Accesso alla dirigenza

ASSESSORATO DEGLI ENTI LOCALI

Circolare 1 aprile 2003, n. 4. (G.U.R.S. del 24 aprile 2003 – n. 19)

Accesso alla qualifica dirigenziale (art. 28, decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993) – Attribuzione di incarichi dirigenziali a tempo determinato e delegabilità delle funzioni dirigenziali.

Alle Amministrazioni comunali

Alle provincie regionali

e, p.c. Alla Presidenza della Regione Segreteria Generale

All’Unione Regionale della Province siciliane

All’A.N.C.I. Sicilia

A) ACCESSO ALLA QUALIFICA DIRIGENZIALE

Con la precedente circolare 18 gennaio 2002, n. 1, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, parte prima, n. 11 in data 8 marzo 2002, è stato fornito alle amministrazioni locali l’avviso di questo Assessorato riguardo all’applicazione dell’art. 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per la copertura dei posti di qualifica dirigenziale.

A conferma e parziale integrazione della sopracitata circolare, appare, peraltro, opportuna una migliore e più dettagliata precisazione di alcuni aspetti particolari della problematica de qua, tenuto conto del parere n. 18053/IV reso in data 6 novembre 2002 dall’Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana e consultabile per esteso nella banca dati "Fons".

Nel suddetto parere, l’Ufficio legislativo e legale ha ribadito che il recepimento, nella materia dell’accesso alla dirigenza, delle specifiche norme contenute nel decreto legislativo n. 29/93 trova fondamento per i dipendenti degli enti locali della Regione siciliana, nell’art. 34, comma quinto, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, in forza del quale è stata espressamente prevista l’applicabilità del decreto legislativo 28 ottobre 1998, n. 387, il cui art. 10 ha sostituito l’art. 28 del decreto legislativo n. 29/93 che, appunto, disciplina l’accesso alla qualifica di dirigente.

Peraltro, così come chiarito dall’Ufficio legislativo e legale nel richiamato parere, la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127, così come recepita con l’art. 2, comma terzo, della legge regionale 7 settembre 1998, n. 23, non può trovare applicazione per la qualifica di dirigente la cui professionalità non si caratterizza come acquisita soltanto all’interno dell’ente e presuppone al contrario capacità ed esperienze professionali acquisite anche al di fuori della prestazione del servizio.

Conseguentemente, anche per il periodo temporale antecedente l’entrata in vigore della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, non potevano essere espletate, per l’accesso alla dirigenza, procedure diverse da quelle contemplate nell’art. 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 12 (concorso pubblico per esami).

E’ appena il caso di rilevare che, dopo l’entrata in vigore della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, l’art. 28 del decreto legislativo n. 29/93 (così come richiamato dall’art. 34, comma quinto, della legge regionale n. 10/2000 e nel testo recentemente sostituito dall’art. 3, punto 5, della legge 15 luglio 2002, n. 145, e dall’art. 34, punto 25, della legge 27 dicembre 2002, n. 289) non consente, in alcun modo, l’attivazione di procedure di accesso alla qualifica dirigenziale riservate al solo personale interno, seppure di qualifica apicale.

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Un altro tema meritevole di approfondimento è quello della autonomia organizzativa degli enti locali.

Al riguardo, l’Ufficio legislativo e legale ha chiarito che, nella gerarchia delle fonti del diritto, i regolamenti comunali costituiscono una fonte subordinata non solo rispetto alle leggi statali e regionali ma anche rispetto allo statuto dell’ente; ciò nel senso che non possono contenere disposizioni contrastanti con le previsioni legislative e, per i regolamenti adottati in attuazione degli statuti, con le norme statutarie.

Conseguentemente, poiché la legislazione regionale prevede, come già rilevato, che l’accesso agli impieghi pubblici avviene mediante pubblici concorsi (art. 3, legge regionale n. 12/91), appare da escludere che gli enti locali, in contrasto con tale previsione legislativa, abbiano potuto (o possano) legittimamente adottare regolamenti che disciplinino l’accesso alla qualifica dirigenziale mediante concorsi interni senza garantire, dunque, l’accesso dall’esterno.

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Con la precedente circolare n. 1 del 18 gennaio 2002, altresì, tenuto conto anche delle risultanze di alcuni accessi ispettivi, è stato espresso l’avviso della non conformità alla legge delle procedure concorsuali interne espletate da qualche ente locale e del conseguente inquadramento in qualifiche dirigenziali dei dipendenti che avevano superato le selezioni interne.

Pertanto, gli enti interessati sono stati invitati a regolarizzare, con annullamento in autotutela, gli inquadramenti ritenuti illegittini.

Pur tuttavia, in relazione all’annullamento di un inquadramento, il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare:

a) che l’esercizio del potere di annullamento di atti di illegittimo inquadramento del personale, allorché sia decorso un notevole lasso di tempo col conseguente consolidarsi di posizioni giuridiche soggettive, del legittimo affidamento dell’interessato e dell’assetto dell’organizzazione degli uffici, richiede una compiuta motivazione sull’attualità dell’interesse pubblico all’annullamento, atteso che l’eliminazione dell’atto illegittimo, alterando un assetto da tempo consolidato, potrebbe recare maggiore turbamento della sua conservazione;

b) che l’annullamento in autotutela costituisce pur sempre esercizio di un autonomo potere discrezionale dell’amministrazione attiva che ha a suo tempo adottato l’atto.

Pertanto, dopo avere valutato la sussistenza o meno dell’interesse pubblico attuale e concreto al ritiro dell’atto, mediante un provvedimento in via di autotutela, l’amministrazione locale, nei casi di sussistenza di posizioni consolidate, in alternativa, può comunque adottare una dichiarazione di scienza o un atto di conferma espressa con il quale ribadisce e mantiene ferma la sua precedente determinazione in relazione all’inquadramento.

B) ATTRIBUZIONE DI INCARICHI DIRIGENZIALI

Secondo quanto già segnalato nella precedente circolare n. 1 del 18 gennaio 2002, si ribadisce l’impossibilità dell’attribuzione delle mansioni superiori di qualifica dirigenziale al personale con qualifica non dirigenziale, risultando inapplicabile nella fattispecie l’art. 56 del decreto legislativo n. 29/93.

Nelle more della copertura dei posti vacanti, le amministrazioni locali potranno ricorrere all’affidamento degli incarichi scoperti ad interim ad altri dirigenti in servizio, chiamati a svolgere temporaneamente un incarico dirigenziale diverso da quello di cui conservano contemporaneamente la responsabilità; solo in mancanza di personale di qualifica dirigenziale, può farsi ricorso all’attribuzione delle funzioni ai sensi dell’art. 51, comma 3/bis, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (nel testo recepito dall. 1, lett. h) della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48).

Si evidenzia, inoltre, che l’art. 17, comma 1 bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall’art. 2 della legge 15 luglio 2002, n. 145, consente la delegabilità temporanea di alcune competenze comprese nelle funzioni dirigenziali ai dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici.

Si ritiene che, in forza dell’autonomia organizzativa sancita dall’art. 7 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, la sopracitata disposizione contenuta nel comma 1bis dell’art. 17 del decreto legislativo n. 165/2001 possa trovare applicazione presso gli enti locali, purché sia recepita da ciascun ente attraverso la propria potestà statutaria e/o regolamentare.

Alla luce dell’art. 7 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, si ritiene che possa, parimenti, trovare applicazione, dopo l’avvenuto recepimento nell’ordinamento degli uffici e del personale dell’ente locale, l’art. 19, comma sesto, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel testo sostituito dall’art. 3, punto 1, lett. g), della legge 15 luglio 2002, n. 145.

La suddetta norma, riguardante prioritariamente l’ambito delle amministrazioni dello Stato, consente, con il rispetto dei limiti specificati dettagliatamente nel testo, il conferimento di incarichi dirigenziali, con contratto a tempo determinato, a soggetti che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibili anche da concrete esperienze di lavoro maturate in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza.

Ogni ente locale, nel recepire all’interno del proprio ordinamento i principi desumibili dalle disposizioni della legge n. 145/2002, potrà prevedere l’affidamento degli incarichi dirigenziali, con contratto a tempo determinato, anche ai dipendenti interni all’ente, purché in possesso dei requisiti prescritti dal richiamato art. 3, punto 1, lett. g), della legge n. 145/2002.

Peraltro, rimangono fermi ed inderogabili i limiti ed i vincoli contenuti nell’art. 51 della legge n. 142/90 e successive modificazioni ed integrazioni nonché gli aspetti diversamente regolati da altre leggi vigenti (ad esempio, relativamente alla risoluzione del precedente rapporto di lavoro non dirigenziale).

L’Assessore: D’AQUINO

Redazione

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