Giacomo Scalzo, La partita si gioca sulla carenza assoluta di potere giustiziale della Corte federale (La Sicilia)

Rassegna stampa.

Da “La Sicilia” del 9 giugno 2003.

II Catania ha finalmente vinto a Cagliari la prima partita in trasferta creando i presupposti tecnico sportivi per proseguire nella rincorsa alla giustizia dopo l’infelice decisione della Corte federale sul ripristino del risultato della gara Catania-Siena conseguito sul campo. La rincorsa si svolge su due piste: l’amministrativa, col ricorso al Coni, alla sua Giunta nazionale e al suo Comitato esecutivo, e il giurisdizionale col ricorso al Tar di Sicilia, sezione di Catania. Ho letto l’uno e l’altro ricorso, il primo dell’avv. Grassani, il secondo dell’avv.Scuderi: sono frutto di sapienza giuridico sportiva e ricchi di afflato giustiziale.

La vicenda, da tifosi e, per me, da curioso del diritto sportivo, è singolare. Si inserisce in una situazione processuale sostanziale creata da un “qualcosa” di indefinibile della Corte federale. Cicerone, nelle < > (libro 4) parla di “monstra dicere” a proposito di contenuti come quelli che si reggono sulla decisione che si commenta. “Monstra dicere”, in traduzione spicciola, significa dire cose mirabolanti, e non serie: un vaniloquio, intessuto di affermazioni retoriche e prive di agganci normativi che legalità sportiva e giustizia devono dissolvere.

Valga il vero. La Corte federale, evocato il giusto processo e le decisioni della Corte costituzionale sulla indispensabilità di consentire al terzo, toccato dal giudicato amministrativo, di fare valere le sue ragioni, lo presidia con l’istituto della opposizione di terzo ordinario di cui all’art. 404 del codice di rito civile nel quadro di una pretesa situazione di violazione di diritti fondamentali, personali o associativi affidati, per così dire, alla sua cura (e che cura !) sulla scorta dell’articolo 32, comma 5, del codice di giustizia sportiva. Tutto “impupato”, direbbero nella mia Caltagirone, ove si producono appunto pupi da soli o in gruppo umano. Argomenti mostruosi, meravigliosi e vuoti al contempo.

L’avv. Grassani ha mirabilmente dimostrato nel ricorso al Coni e illustrato in una memoria che si è fuori degli evocati diritti fondamentali ma, più pedestremente e concretamente, di fronte a una questione tecnico regolamentare bene decisa dalla Caf e malamente ridiscussa dalla Corte federale sulla base di principi separatezza delle varie competizioni previste in ambito federale smentite dalla chiara coordinazione dei commi 3 e 13 dell’articolo 17 del codice di giustizia sportiva. In ogni caso, aggiungerei, altrettanto chiaro il principio del codice di rito ordinario, se ammissibile l’opposizione di terzo costruita dalla Corte federale, essa è di competenza della Caf. All’art. 405, comma 1° del codice richiamato si legge che l’opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.

Carraro stia zitto. Senso di responsabilità imporrebbe di non proporre appello contro l’ordinanza di sospensione pronunciata dal Tar di Catania, puntuale e pregevole, che non offre a mio giudizio, il fianco a censure da parte del giudice d’appello. Non si fanno questioni tecnico regolamentari, non si interviene in calendari o competizioni: la partita si gioca sulla carenza assoluta di potere giustiziale della Corte federale, che si è concessa una licenza inconcepibile e incomprensibile anche alla luce della sua precedente giurisprudenza.

Il Catania deve rimanere nella Serie B. Il risultato sportivo si salda con le ragioni che animano i ricorsi attivati. Legalità sportiva e giustizia cospirano a favore del Catania, al quale vanno restituiti in via definitiva, e non soltanto provvisoria, i punti della gara con Siena.

E ora tocca al Coni: l’articolo 7, comma 2, lettera “e” del Decreto legislativo numero 242 del 1999, attribuisce alla Giunta nazionale il potere di controllo sulle federazioni sportive nazionali, potere riaffermato dall’articolo 23, comma 3° dello statuto, dove si prevede espressamente il potere di vigilanza sul corretto funzionamento delle federazioni sportive nazionali. Ora, se per corretto funzionamento s’intende il controllo circa gravi violazioni dell’ordinamento sportivo da parte degli organi federali, dovrebbe essere conseguenziale ed evidente che la vicenda in esame, in cui la Corte federale ha operato in carenza assoluta di potere giustiziale, si inscrive naturalmente, sicchè la “decisione” della Corte federale va eliminata.

Un’ultima considerazione esortazione. Ci sono uomini politici a Catania ? Se sì, come parrebbe, battano non uno ma tutti i colpi necessari affinchè già in sede amministrativa e senza le remore giustiziali, si spazzi via dal mondo giuridico-sportivo la “decisione” contestata e avviino un’ottemperanza (in senso improprio) interna alle ragioni del Catania. E’ un intervento di giustizia, non di raccomandazione.

Giacomo Scalzo

(Procuratore Generale della Repubblica di Catania)

da “La Sicilia” del 9 giugno 2003

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Redazione

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