Corte di Cassazione SS.UU. 15 ottobre 2003 n. 15403
(presidente Carbone – estensore Prestipino)
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione dì candidati esterni (1).
Il quarto comma dell’articolo 63 decreto legislativo 165/01, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: il termine “assunzione”, d’altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica.
(1) Secondo il precedente indirizzo delle Sezioni unite, la riserva in via residuale alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia di impiego pubblico cosiddetto privatizzato concernerebbe esclusivamente le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e dunque non riguarda i casi in cui il concorso sia diretto non già ad assumere. ma a promuovere il personale già assunto, dal momento che il legislatore avrebbe inteso attribuire al giudice ordinario la giurisdizione su tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua instaurazione fino all’estinzione, compresa ogni fase intermedia relativa a qualsiasi vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso una selezione di tipo concorsuale (così, testualmente, v. la sentenza 2954/02 in motivazione; v. nello stesso senso, in precedenza, le sentenze 128/01, 7859/01, 15602/01 e successivamente le ordinanze 2514/02 e 9334/02).
(…)
Motivi della decisione
Con la prima censura dell’unico motivo del l’impugnazione il Ministero ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 37 Cpc, 68, commi primo, terzo e quarto, decreto legislativo 29/1993, come modificato dall’articolo 29 decreto legislativo 80/1998 e dall’articolo 18 decreto legislativo 387/98 e sostiene che, in base alla nuova normativa che regola la ripartizione della giurisdizione fra il giudice amministrativo e il giudice ordinario nelle controversie relative al personale dipendente dalle Pubbliche amministrazioni, la materia dei pubblici concorsi, dalla emanazione del bando fino all’approvazione della graduatoria, è devoluta al giudice amministrativo mentre resta attribuita al giudice ordinario la disciplina successiva del rapporto, compresa fra la sottoscrizione del contratto di lavoro e la cessazione dal servizio e che tale normativa è applicabile anche ai concorsi interni, specie a quelli diretti a reclutare personale dirigenziale, tanto è vero che i vincitori sono tenuti a sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro.
Il motivo è fondato.
I. Stabilisce l’articolo 63, primo comma, decreto legislativo 165/01 – che reca le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni e che ha recepito le disposizioni contenute nel decreto legislativo 29/1993 e successive modificazioni – che «sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni».
Il medesimo articolo di legge, nel quarto comma, dispone peraltro che al giudice amministrativo continua ad essere attribuita la giurisdizione generale di legittimità, come deve intendersi in considerazione del fatto che la norma poi assegna alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice le controversie del personale indicato nel precedente articolo 3 (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, ecc.) sulle controversie «in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni».
II. Nell’interpretare quest’ultima disposizione di legge, da parte di queste Sezioni unite è stato affermato che la riserva in via residuale alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia dì impiego pubblico cosiddetto privatizzato concerne esclusivamente le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e non riguarda i casi in cui il concorso sia diretto non già ad assumere. ma a promuovere il personale già assunto, dal momento che il legislatore ha inteso attribuire al giudice ordinario la giurisdizione su tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua instaurazione fino all’estinzione, compresa ogni fase intermedia relativa a qualsiasi vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso una selezione di tipo concorsuale (così, testualmente, v. la sentenza 2954/02 in motivazione; v. nello stesso senso, in precedenza, le sentenze 128/01, 7859/01, 15602/01 e successivamente le ordinanze 2514/02 e 9334/02).
È stato al riguardo precisato che nell’ambito dello stesso rapporto, che ha natura privatistica, non è possibile configurare la procedura selettiva per ottenere un superiore inquadramento come un concorso esterno, trattandosi invece di un concorso interno per la progressione in carriera che si conclude con un atto amministrativo non negoziale (v. l’ordinanza 2514/02 sopra indicata).
III. L’articolo 35, primo comma, decreto legislativo 165/01 prescrive che l’ingresso nella Pubblica amministrazione deve avvenire “tramite procedure selettive”, che sono dirette ad accertare la professionalità richiesta e che garantiscono in misura adeguata l’accesso dall’esterno.
Questa regola deve ritenersi applicabile, in via generale, anche con riferimento all’attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute nei contratti collettivi cui rinvia l’articolo 40, primo comma, del medesimo decreto legislativo), dato che, a norma del successivo articolo 52, primo comma, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore «per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive».
Pertanto, considerato che mediante gli accordi collettivi stipulati nel comparto del pubblico impiego è stato previsto un sistema di inquadramento del personale articolato in aree o fasce, all’interno delle quali sono contemplati diversi profili professionali, si deve ritenere che le procedure che consentono il passaggio da un’area inferiore a quella superiore integrino un vero e proprio concorso – tali essendo anche le procedure che vengono denominate “selettive” qualunque sia l’oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere.
D’altra parte, fermo restando che in materia di impiego pubblico il legislatore è dotato di un’ampia discrezionalità riguardo al potere diretto all’inquadramento del personale, tale discrezionalità essendo soltanto limitata dal principio di non arbitrarietà e di non manifesta irragionevolezza come da tempo è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (vedi, in proposito, la sentenza 320/97; v. pure le sentenze 296/00 e 151/99), va rilevato che la stessa Corte costituzionale, argomentando dalla norma contenuta nell’articolo 97 della Costituzione secondo cui ai pubblici uffici, che debbono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione, si accede «mediante concorso salvi i casi stabiliti dalla legge” -anche prima della cosiddetta privatizzazione aveva sostenuto che il concorso costituisce, di norma, la regola generale per l’accesso ad ogni tipo di pubblico impiego, anche a quello inerente ad una fascia funzionale superiore, essendo lo stesso «il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione» (v. le sentenze 487/91, 453/90, 161/90).
Questo indirizzo ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza costituzionale intervenuta dopo la privatizzazione del rapporto di impiego, essendo stato in particolare precisato che il passaggio ad una fascia funzionale superiore costituisce l’accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, alla stregua di qualsiasi altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso (v., fra le tante, le sentenze 320/97 e 314/94).
IV. Questi principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale hanno trovato puntuale applicazione, da parte della medesima giurisprudenza, quando la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di diverse disposizioni legislative che avevano riservato solamente ai dipendenti interni – alcune volte in modo pressoché automatico, in carenza di una vera e propria procedura selettiva – l’accesso ad un’area funzionale superiore.
Il giudice delle leggi, dopo avere ribadito che «il passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema come quello oggi in vigore che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti», deve essere attuato mediante una forma di reclutamento che permette “un selettivo accertamento delle attitudini” e, quindi, mediante pubblico concorso, ha rilevato che quest’ultimo non può essere riservato esclusivamente ai dipendenti interni, il nuovo assetto creato dal legislatore essendo preordinato a realizzare «il valore dell’efficienza, grazie a strumenti gestionali che consentono di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua più flessibile utilizzazione».
Per questa ragione è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di plurime disposizioni di legge (alcune delle quali relative ai corsi-concorso per la riqualificazione del personale del ministero delle Finanze: articolo 3, commi, 205, 206 e 207 legge 549/95 e successive modificazioni) nella parte in cui le stesse prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori “in deroga alla regola del pubblico concorso” o comunque non prevedevano “alcun criterio selettivo”, ovvero riservavano, esclusivamente o in maniera ritenuta eccessiva, al personale interno l’accesso alla qualifica superiore.
Inoltre, come è stato sottolineato dalla stessa Corte costituzionale, la previsione non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso interno, in quanto riservato ai dipendenti dell’amministrazione per una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione (v. le sentenze 4 1/1999, 194/02, 218/02 e 373/02).
V. A tali principi si è ispirata la medesima Corte costituzionale nel motivare l’ordinanza 2/2001, con la quale è stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 68 decreto legislativo 29/1993 e successive modificazioni (ora articolo 63 decreto legislativo 165/01).
In tale ordinanza la Corte, nel fornire la sua interpretazione della norma di legge, ha affermato che la procedura selettiva diretta all’accesso ad una qualifica superiore – e riservata sia al personale interno all’amministrazione, sia a candidati esterni – integra “una vera e propria procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando”.
VI. Alla luce dell’intero quadro normativo, come deriva, soprattutto, dalle sentenze della Corte costituzionale che si sono succedute nel tempo (indicate nei paragrafi che precedono), l’indirizzo giurisprudenziale esposto nel paragrafo II deve essere sottoposto ad una necessaria rimeditazione.
Dovendo essere considerato come un imprescindibile presupposto (della conclusione che deve essere adottata) il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso -al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione dì candidati esterni – si deve affermare che il quarto comma dell’articolo 63 decreto legislativo 165/01, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: il termine “assunzione”, d’altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica.
VII. Nel caso in esame, come bene deduce il Ministero ricorrente, il concorso al quale ha partecipato il Guida riguarda l’accesso ad uno dei 999 posti della qualifica di primo dirigente del ruolo amministrativo.
Pertanto, trattandosi di un’area diversa (superiore) a quella di appartenenza dei candidati interni ed essendo stata dal Guida denunciata l’illegittimità della graduatoria e non già un atto a questa successivo, la controversia deve essere decisa dal giudice amministrativo nonostante che l’approvazione della medesima graduatoria sia intervenuta il 9 luglio 1999 e, quindi, che la questione sia relativa ad un periodo successivo al 30 giugno 1998 (v. Cassazione, Sezioni unite, 7856/01 per l’interpretazione dell’articolo 69, settimo comma, decreto legislativo 165/01 in ordine allo spartiacque costituito dalla data del 30 giugno 1998 e per la rilevanza che deve essere data all’approvazione della graduatoria nelle controversie inerenti a pubblici concorsi).
In tal senso debbono essere condivise le argomentazioni svolte nel ricorso per cassazione a sostegno della censura formulata avverso la decisione impugnata, essendo stata questa basata sull’indirizzo giurisprudenziale del quale viene qui operata la revisione.
Tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, deve essere accolta la prima censura dell’unico motivo del ricorso proposto dal ministero delle Finanze, con assorbimento della seconda censura (relativa al merito della controversia), deve essere dichiarata la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio in relazione alla censura accolta.
Giusti motivi sussistono, atteso l’effettuato mutamento del precedente indirizzo giurisprudenziale, per compensare interamente fra le parti le spese dei due gradi della fase di merito e della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie la prima censura dell’unico motivo del ricorso, dichiara assorbita la seconda censura e dichiara la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e compensa fra le parti le spese dell’intero giudizio.