Si applica la disciplina dell’appalto ai servizi di tesoreria ?

T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 22 settembre 2003 n. 1402

(presidente Giallombardo; estensore Maisano)


E’ compatibile con lo schema del contratto di appalto di servizi (di tesoreria) la previsione di un corrispettivo a carico dell’appaltatore ed a favore dell’amministrazione interessata. L’istituto bancario che assume il compito di tesoriere di un’amministrazione ottiene la remunerazione del servizio dalla ingente movimentazione del denaro che ne deriva, e dalla conseguente induzione di clientela.

L’assenza di un corrispettivo a favore dell’istituto non muta il carattere sinallagmatico del rapporto, ed è ben possibile che i vantaggi derivanti all’appaltatore siano talmente elevati da richiedere (sotto un profilo di equilibrio economico) che sia questi a versare un corrispettivo all’amministrazione (cfr. C.G.A. per la Regione Siciliana, decisione del 19 marzo 2002 n. 144).

Il rapporto che si viene ad instaurare tra una P.A. ed un istituto bancario, che assume il compito di tesoriere obbligandosi al contempo a corrispondere una somma di danaro a favore dell’amministrazione, va ricostruito in termini di accessione di un contratto di sponsorizzazione a quello di appalto (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 18 giugno 2002 n. 6).

Nel contratto misto che ne deriva, il rapporto prevalente è quello inerente al contratto di appalto di servizi, con la conseguente applicazione della normativa inderogabile dettata per gli appalti di servizi.

Nel caso di servizi bancari e altri servizi finanziari, in sede di valutazione dell’importo stimato dell’appalto, ai fini dell’applicazione della normatica comunitaria, occorre tenere conto di onorari, commissioni, interessi o altri tipi di remunerazione (art. 4 co. 3° lett. b del D. Lgs. 157/95).


(…)

DIRITTO

In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del controinteressato, secondo il quale, poiché il Banco di Sicilia non ha partecipato alla gara in questione, secondo l’orientamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, non sarebbe legittimato ad impugnare gli atti del relativo procedimento.

Il Collegio ritiene non condivisibile tale prospettazione.

Invero una delle censure articolate da parte ricorrente attiene alla violazione delle norme che impongono determinati requisiti di pubblicità delle gare di appalto, norme poste a presidio della conoscibilità di tali procedure e, quindi, in ultima analisi, dirette a favorire la maggiore partecipazione possibile alle gare di appalto.

La, ipotizzata, violazione di tali norme determina una maggiore difficoltà a conoscere la stessa esistenza della gara, e non può conseguentemente ritenersi che la mancata partecipazione ad essa impedisca ad un soggetto, potenzialmente interessato (quale è certamente il Banco di Sicilia), di far valere il vizio procedurale attinente proprio alla carenza di pubblicità.

Sul punto non appaiono condivisibile le deduzioni articolate dal controinteressato secondo il quale l’odierno ricorrente sarebbe comunque venuto a conoscenza dell’esistenza della gara.

Per un verso non è stata fornita alcuna prova di tale conoscenza; inoltre ritiene il Collegio che a fronte di un sistema di pubblicità analiticamente indicato e tassativamente prescritto dal Legislatore, non sia possibile ritenere che la eventuale conoscenza della gara possa elidere le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme concernenti il sistema di pubblicità.

Nel merito il ricorso è fondato.

Punto centrale della controversia è quello della applicabilità, nella vicenda in questione, delle disposizioni dettate sia con legge nazionale che con legge regionale, dirette a regolare gli appalti di servizi.

Sostengono in merito sia l’Azienda intimata che la società controinteressata che poiché tale normativa, per sua espressa indicazione, riguarderebbe esclusivamente i contratti onerosi per la P.A., non sarebbe applicabile al procedimento per cui è causa concernente un contratto in ragione del quale l’amministrazione prevede di ricevere un compenso.

Tale tesi non può essere condivisa.

In merito a tale questione si è pronunziato il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che, con la decisione del 19 marzo 2002 n. 144, ha ritenuto compatibile con lo schema del contratto di appalto di servizi (di tesoreria) la previsione di un corrispettivo a carico dell’appaltatore ed a favore dell’amministrazione interessata.

In tale pronunzia, con condivisibili argomentazioni, ha rilevato il Consiglio che l’istituto bancario che assume il compito di tesoriere di un’amministrazione ottiene la remunerazione del servizio dalla ingente movimentazione del denaro che ne deriva, e dalla conseguente induzione di clientela.

Pertanto l’assenza di un corrispettivo a favore dell’istituto non muta il carattere sinallagmatico del rapporto, ed è ben possibile che i vantaggi derivanti all’appaltatore siano talmente elevati da richiedere (sotto un profilo di equilibrio economico) che sia questi a versare un corrispettivo all’amministrazione.

E’ poi intervenuta la significativa pronunzia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 18 giugno 2002 n. 6 con la quale il rapporto che si viene ad instaurare tra una P.A. ed un istituto bancario, che assume il compito di tesoriere obbligandosi al contempo a corrispondere una somma di danaro a favore dell’amministrazione, viene ricostruito in termini di accessione di un contratto di sponsorizzazione a quello di appalto.

Proseguendo l’apprezzabile ragionamento di tale pronunzia, si può senza dubbio ritenere che nel contratto misto che ne deriva, il rapporto prevalente sia quello inerente al contratto di appalto di servizi; conseguentemente, sulla base della giurisprudenza pressoché costante in materia, si deve ritenere applicabile la normativa inderogabile dettata per gli appalti di servizi.

Ciò chiarito, deve altresì essere puntualizzato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione resistente, non può ritenersi che il rapporto in questione sia sottratto alla disciplina comunitaria per esiguità del valore.

Come rilevato dalla difesa della ricorrente, il caso in esame rientra pienamente nel disposto dell’art. 4 co. 3° lett. b del D. Lgs. 157/95, che, nel caso di servizi bancari e altri servizi finanziari, prevede che in sede di valutazione dell’importo stimato dell’appalto occorra tenere conto di onorari, commissioni, interessi o altri tipi di remunerazione.

Sulla base di tali argomentazioni deve pertanto ritenersi che il tipo di rapporto per cui è causa sia soggetto alla disciplina dettata per gli appalti di servizi dal D. Lgs. n.157/95 nonché dalla L.R. n.7/2002.

A tale conclusione consegue la fondatezza del secondo e terzo motivo di ricorso.

E’ invero pacifico tra le parti che il bando oggetto della presente controversia non sia stato trasmesso all’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, come prescritto dall’art.8 co.4° del D.Lgs. 157/95, e tale circostanza vizia l’intero procedimento seguito.

Inoltre taluni dei giornali sui quali è avvenuta la pubblicazione di tale bando di gara non hanno i requisiti inderogabilmente previsti dalla L.R. n. 7/2002 e, complessivamente considerate, le pubblicazioni effettuate non risultano rispondenti alle prescrizioni dettate dalla medesima L.R. n. 7/2002.

Deve poi ritenersi fondato anche l’ultimo motivo di ricorso, attinente la deliberazione n. 227 dell’8 aprile 2003, con la quale l’Azienda intimata ha disposto la proroga del servizio di tesoreria, già svolto dalla società ricorrente, oltre i termini di scadenza contrattuale.

Invero l’amministrazione intimata non ha il potere di disporre autoritativamente la proroga di un contratto scaduto ed il relativo provvedimento, avente tale oggetto e fine, non può non essere considerato illegittimo.

Dichiarate assorbite le ulteriori censure, il ricorso deve pertanto essere accolto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P. Q. M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione prima, accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Redazione

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