Autorità di vigilanza sui lavori pubblici
Determinazione del 15 ottobre 2003, n. 14
“Clausole di gradimento”
Le stazioni appaltanti possono inserire nei bandi gara la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, clausola che estrinseca una più puntuale definizione del principio della segretezza delle offerte, nel rispetto dell’art. 1 c. 1, della legge 109/1994
Il subappalto invero, come disciplinato dall’art. 18 della legge 55/1990 e dall’art. 141 del DPR 554/1999, richiede: a) la dichiarazione del concorrente, in sede di gara, di voler subappaltare determinate lavorazioni, b) il possesso, in capo al subappaltatore, dei requisiti di qualificazione, c)
il rispetto dei vincoli posti dalla legislazione antimafia, d) la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell’articolo 2359 c.c. con l’affidataria delle lavorazioni, e) il deposito del contratto di subappalto.
La dichiarazione di non aver presentato autonoma offerta alla medesima gara, dunque, non ha riscontro esplicito nella norma, ma può essere considerata espressione del rispetto del principio della trasparenza che in questo caso si concretizza in una azione (sottoscrizione della clausola) tesa ad evitare comportamenti anticoncorrenziali.
(…)
Considerato in fatto
Sono stati richiesti all’Autorità chiarimenti relativamente alla prassi diffusa da parte di numerose S.A. di inserire nei bandi di gara clausole di esclusione non previste dall’ordinamento, e specificamente, in merito a quella relativa al divieto per l’impresa aggiudicataria di subappaltare i lavori ad imprese che abbiano partecipato alla medesima gara, potendosi con ciò delineare una eventuale violazione del principio della libertà di organizzazione di impresa e del libero e concorrenziale mercato.
Ritenuto in diritto
L’Autorità, nell’esercizio della funzione di vigilanza ad essa attribuita, ha sviluppato sul territorio nazionale un’attività di riconoscimento e di classificazione di vari fenomeni di devianza degli appalti pubblici con particolare riferimento alle anomalie relative alle offerte poste in essere con modalità di volta in volta diverse ma sempre con scopi elusivi dei principi della concorrenza e trasparenza. Tale fenomeno viene in evidenza in particolar modo nella fase che precede l’aggiudicazione, con il fine di predeterminare il nominativo dell’aggiudicatario e/o il ribasso o analoghe fattispecie.
Nell’intento di porre freno e di prevenire detti comportamenti devianti, l’Autorità è addivenuta alla stipula di n. 11 protocolli di intesa con altrettante Amministrazioni, contenenti clausole di gradimento –clausole di tutela- tese a responsabilizzare i partecipanti alle gare di appalto sulle conseguenze interdittive di comportamenti illeciti, e riguardanti un ventaglio di cd. situazioni a rischio, che, sebbene non individuate specificamente dalla normativa di settore, delineano fattispecie che possono dar luogo a comportamenti illeciti.
La predisposizione dei citati protocolli di intesa nasce dall’esigenza, sollevata dagli operatori del settore, di individuare nuovi strumenti di prevenzione da affiancare a quelli normativamente previsti, principalmente dalla normativa sull’infiltrazione mafiosa, per operare più incisivamente in tale ambito preventivo, esigenza che trova peraltro riscontro nell’orientamento del Consiglio di Stato che riconosce all’amministrazione il potere di non aggiudicare in presenza di specifiche ragioni di pubblico interesse (CdS, n. 5903/2000).
In tale ambito, ove l’Autorità ha inteso rispondere alla esigenza delle stazioni appaltanti di individuare azioni e strumenti aggiuntivi deterrenti di comportamenti collusivi, si sono peraltro concretizzate, fin dal 2001, autonome e non coordinate proposte, formulate dalle singole amministrazioni, che di volta in volta hanno trovano la loro definizione nella sottoscrizione, da parte dell’impresa, di “codici etici” ovvero di “patti di integrità”.
Per completezza si evidenzia che in passato il Consiglio Autorità si è già pronunciato, con specifica deliberazione, circa la conformità delle clausole contenute nel patto di integrità predisposto dalla Transparency International Italia, pur sollevando riserve che hanno dato luogo ad una rinnovata versione.
Per ciò che concerne il quesito specifico all’esame, si osserva che nel novero delle clausole dei menzionati protocolli di intesa, è inserita la seguente dichiarazione: “l’offerente dichiara che non subappalterà lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti alla gara – in forma singola o associata – ed è consapevole che, in caso contrario tali subappalti non saranno autorizzati”.
L’istituto del subappalto trova compiuta disciplina nell’articolo 18 della legge 55/1990 e s.m. e nell’articolo 141 del DPR 554/1999.
Per quanto riguarda la disciplina autorizzatoria, la norma pone l’accento sulla dichiarazione del concorrente, in sede di gara, di voler subappaltare determinate lavorazioni, sul possesso, in capo al subappaltatore, dei requisiti di qualificazione, sul rispetto dei vincoli posti dalla legislazione antimafia, sulla sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell’articolo 2359 c.c. con l’affidataria delle lavorazioni, e sul deposito del contratto di subappalto.
La dichiarazione di che trattasi, quindi, pur non avendo riscontro esplicito nella norma, può essere considerata espressione del rispetto del principio della trasparenza che in questo caso si concretizza in una azione (sottoscrizione della clausola) tesa ad evitare comportamenti anticoncorrenziali.
Per il prosieguo della trattazione non può non tenersi conto di due ulteriori aspetti che investono la questione: la possibilità o meno per la S.A. di prescrivere adempimenti ulteriori rispetto alle previsioni normative stabilite per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici e la considerazione che il contenuto della dichiarazione costituisce una più puntuale definizione del principio della segretezza delle offerte, nel rispetto, non solo della concorrenza, ma anche della par condicio.
Quanto al primo profilo, è orientamento costante della giurisprudenza amministrativa ritenere che sussiste la facoltà per la S.A. di individuare nel bando di gara ulteriori adempimenti purché proporzionati alle finalità dell’amministrazione e purché non costituiscano richieste irrazionali e pretestuose, con conseguente violazione del principio della più ampia partecipazione alla gara. Il procedimento amministrativo è improntato al rispetto dei principi generali di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, secondo il disposto dell’articolo 97 della Costituzione. Nel settore degli appalti pubblici detti principi si estrinsecano nelle regole della concorsualità, segretezza e della serietà delle offerte: tali regole, trovano applicazione in virtù del criterio teleologico, che mira, in via suppletiva, all’individuazione del particolare interesse dell’amministrazione sotteso alla garanzia della parità dei concorrenti, ovvero perché esplicitate nella lex specialis, come nel caso in questione.
Quanto al secondo profilo, la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, è una presa d’atto dell’evoluzione, in termini di concentrazione e aggregazione, del mercato imprenditoriale la cui conseguenza può essere la riduzione dell’effettivo confronto concorrenziale fra imprese. Al contrario l’individuazione del miglior contraente per l’amministrazione è garantita grazie al rispetto del principio di libera concorrenza che presuppone offerte serie, indipendenti e segrete.
In tale contesto, la probabilità che si producano effetti distorsivi sulla regolarità della procedura di affidamento alterando la competizione, rappresenta un alto fattore di rischio, cui l’amministrazione non può esporsi se non con grave pregiudizio dell’erario. Ne consegue che la tutela al miglior contraente possibile deve essere attuata al momento della gara senza attendere l’eventualità o meno che si verifichi una lesione concreta.
Si ritiene, pertanto, che la S.A. può prevedere ulteriori fatti o situazioni rispetto a quelli previsti dalla legge, capaci, in pectore, di alterare la segretezza delle offerte.
Tuttavia tale assunto deve contemperarsi con il rispetto del principio fondamentale della libertà di organizzazione di impresa.
È per tali motivazioni che si ritiene indispensabile un apprezzamento da parte della S.A., che di volta in volta valuterà, anche sulla base delle singole situazioni ambientali che abbiano già condotto all’adozione di formali iniziative con gli organismi istituzionalmente preposti, la eventualità di inserire nei bandi di gara detta clausola di gradimento.
Dalle considerazioni svolte l’Autorità è dell’avviso che
le stazioni appaltanti possono inserire nei bandi gara, anche sulla base delle singole situazioni ambientali che abbiano già condotto all’adozione di formali iniziative con gli organismi istituzionalmente preposti, la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, clausola che estrinseca una più puntuale definizione del principio della segretezza delle offerte, nel rispetto dell’articolo 1, comma 1, della legge 109/1994 e s.m.
(Depositato il 22 ottobre 2003)