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Corte di Giustizia CE, sezione I
Sentenza 11 gennaio
2005
n.
C-26/03
(presidente Jann – estensore Juhász)
Nell’ipotesi in cui un’amministrazione aggiudicatrice
intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti
nell’ambito
di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50, come modificata
dalla direttiva 97/52, con una società da essa giuridicamente distinta,
nella quale essa detiene una partecipazione insieme a una o
più imprese private, devono essere applicate le procedure di affidamento
degli appalti pubblici
previste dalla citata direttiva.
(…)
1
La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione
dell’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE,
che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative
all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione
degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificata
dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure
di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), a sua
volta modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13
ottobre 1997, 97/52/CE (GU L 328, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva
89/665»). La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda altresì l’interpretazione
degli artt. 1, punto 2, e 13, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno
1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori
di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli
enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199, pag. 84), come
modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio
1998, 98/4/CE (GU L 101, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/38»).
2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia
che oppone la Stadt Halle (Città di Halle) (Germania) e la società RPL
Recyclingpark Lochau GmbH (in prosieguo: la «RPL Lochau») alla
società Arbeitsgemeinschaft Thermische Restabfall- und Energieverwertungsanlage
TREA Leuna (in prosieguo: la «TREA Leuna»), in merito alla regolarità,
rispetto alle norme comunitarie, dell’affidamento senza pubblica gara
di un appalto di servizi relativo al trattamento dei rifiuti, effettuato dalla
Stadt Halle a favore della RPL Lochau, società questa il cui capitale è detenuto
dalla Stadt Halle, socio di maggioranza, e da una società privata, titolare
di una quota minoritaria.
Contesto giuridico-normativo
Normativa comunitaria
3
Ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50, come modificata
dalla direttiva 97/52 (in prosieguo: la «direttiva 92/50»), gli «appalti
pubblici di servizi» sono «contratti a titolo oneroso stipulati
in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un’amministrazione aggiudicatrice».
A norma dell’art. 1, lett. b), di tale direttiva, per «amministrazioni
aggiudicatrici» si intendono «lo Stato, gli enti locali, gli organismi
di diritto pubblico, le associazioni costituite da detti enti od organismi
di diritto pubblico». Infine, l’art. 1, lett. c), della medesima
direttiva definisce i «prestatori di servizi» come «le persone
fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici[,] che forniscono servizi».
4
A mente dell’art. 8 della direttiva 92/50, «[g]li appalti aventi
per oggetto servizi elencati nell’allegato I A vengono aggiudicati conformemente
alle disposizioni dei titoli da III a VI». Tali disposizioni contengono
in sostanza regole in materia di messa in concorrenza e di pubblicità.
L’art. 11, n. 1, della medesima direttiva dispone che nell’attribuire
gli appalti pubblici di servizi «le amministrazioni applicano le procedure
definite nell’articolo 1, lettere d), e) e f), adattate ai fini della
presente direttiva». Le procedure alle quali fa riferimento tale disposizione
sono, rispettivamente, le «procedure aperte», le «procedure
ristrette» e le «procedure negoziate».
5
La categoria n. 16 dell’allegato I A della detta direttiva menziona i
servizi consistenti in «[e]liminazione di scarichi di fogna e di rifiuti;
disinfestazione e servizi analoghi».
6
L’art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 92/50 prevede che questa si
applichi agli appalti pubblici di servizi il cui valore stimato al netto dell’imposta
sul valore aggiunto «sia pari o superiore a 200 000 ECU».
7
Dal secondo e dal terzo ‘considerando’ della direttiva 89/665 risulta
che la finalità di quest’ultima è di garantire l’applicazione
delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici attraverso mezzi di
ricorso efficaci e rapidi, in particolare in una fase in cui le violazioni
possono ancora essere corrette, tenuto conto del fatto che l’apertura
degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento
notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione.
8
A tal fine, l’art. 1, nn. 1 e 3, della direttiva 89/665 dispone quanto
segue:
«1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire
che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici
disciplinati dalle direttive (…), le decisioni prese dalle amministrazioni
aggiudicatrici possano essere oggetto di ricorsi efficaci e, in particolare,
quanto più rapidi possibile, secondo le condizioni previste negli articoli
seguenti, in particolare nell’articolo 2, paragrafo 7, qualora violino
il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali
che lo recepiscono.
(…)
3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure
di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno
a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione
di un determinato appalto pubblico (…) e che sia stato o rischi di essere
leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri
possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia
preventivamente informato l’autorità aggiudicatrice della pretesa
violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso».
9
L’art. 2, n. 1, della direttiva 89/665 dispone quanto segue:
«1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini
dei ricorsi di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che permettano di:
a)
prendere con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti
provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano
causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere
o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o
l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici;
b)
annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione
delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti
nei documenti di gara, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento
connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione;
c)
accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione.
(…)»
10
L’art. 1 della direttiva 93/38 è così formulato:
«Ai fini della presente direttiva, si intende
per:
(…)
2)
“
Imprese pubbliche”: le imprese su cui le autorità pubbliche possono
esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché ne
hanno la proprietà, o hanno in esse una partecipazione finanziaria,
oppure in conseguenza delle norme che disciplinano le imprese in questione.
L’influenza dominante è presunta quando le autorità pubbliche,
direttamente o indirettamente, riguardo ad un’impresa:
–
detengono la maggioranza del capitale sottoscritto dell’impresa, oppure
–
controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le parti emesse dall’impresa,
oppure
–
hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio
di amministrazione, del consiglio direttivo o del consiglio di vigilanza.
3)
“
Impresa collegata”: (…) qualsiasi impresa sulla quale l’ente
aggiudicatore eserciti, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante
ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo (…).
(…)»
11
L’art. 13 della direttiva 93/38 prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva non si applica
agli appalti
di servizi:
a) assegnati da un ente aggiudicatore ad un’impresa
collegata;
(…)
sempreché almeno l’80% della cifra d’affari media realizzata
nella Comunità dall’impresa in questione negli ultimi tre anni
in materia di servizi derivi dalla fornitura di detti servizi alle imprese
alle quali è collegata.
(…)»
Normativa nazionale
12
Dalla decisione di rinvio risulta che nell’ordinamento tedesco i ricorsi
in materia di appalti pubblici sono disciplinati dal Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen
(legge contro le restrizioni della concorrenza). In conformità dell’art.
102 di tale legge, «gli affidamenti di appalti pubblici» possono
costituire l’oggetto di un ricorso. L’offerente o candidato ha
un diritto soggettivo a che vengano rispettate «le disposizioni che disciplinano
le procedure di affidamento degli appalti», il quale gli consente di
azionare nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice le pretese
giuridicamente riconosciutegli dall’art. 97, n. 7, della legge suddetta «intese
ad ottenere che venga compiuto od omesso un determinato atto nell’ambito
di una procedura di affidamento di appalto (…)».
13
La decisione di rinvio precisa che, in base alle dette disposizioni, secondo
un’opinione seguita da una parte della giurisprudenza e della dottrina
in Germania, la proposizione di un ricorso in materia di affidamento di appalto è possibile
soltanto se il ricorrente mira a costringere l’amministrazione aggiudicatrice
a comportarsi in un certo modo nell’ambito di una formale procedura
di affidamento in corso di svolgimento, ciò che significa che la proposizione
di un ricorso è impossibile qualora l’amministrazione aggiudicatrice
abbia deciso di non indire una pubblica gara d’appalto e di non avviare
formalmente una procedura di affidamento. Tuttavia, tale opinione viene contrastata
da un’altra parte della giurisprudenza e della dottrina.
Causa principale e questioni pregiudiziali
14
Dalla decisione di rinvio risulta che la Stadt Halle, con delibera del consiglio
comunale in data 12 dicembre 2001, ha affidato alla RPL Lochau l’elaborazione
di un progetto per il trattamento preliminare, il recupero e lo smaltimento
dei propri rifiuti, senza avviare una formale procedura di affidamento di appalto.
Allo stesso tempo, la Stadt Halle ha deciso, anche in tal caso senza fare appello
alla concorrenza, di avviare negoziati con la RPL Lochau, al fine di concludere
con quest’ultima un contratto relativo allo smaltimento dei rifiuti urbani
residuali a partire dal 1° giugno 2005. La detta società si sarebbe
assunta gli oneri di investimento relativi alla costruzione dell’impianto
termico di smaltimento e recupero dei rifiuti.
15
La RPL Lochau è una società a responsabilità limitata
creata nel 1996. Il suo capitale è detenuto, da un lato, per una quota
del 75,1%, dalla Stadtwerke Halle GmbH, società il cui socio unico è la
Verwaltungsgesellschaft für Versorgungs- und Verkehrsbetriebe der Stadt
Halle mbH, a sua volta appartenente al 100 % alla Stadt Halle, e, dall’altro,
per una quota del 24,9 %, da una società privata a responsabilità limitata.
Il giudice del rinvio designa la RPL Lochau come «società mista
a prevalente capitale pubblico» e rileva come la ripartizione del capitale
di quest’ultima sia stata concordata nell’ambito di un contratto
di società soltanto alla fine del 2001, quando è stato previsto
l’affidamento della realizzazione del progetto in questione.
16
Il giudice del rinvio fa altresì osservare come l’attività della
RPL Lochau abbia ad oggetto la gestione di impianti di riciclaggio e di smaltimento
dei rifiuti. Secondo il detto giudice, le deliberazioni dell’assemblea
generale dei soci vengono adottate a maggioranza semplice ovvero con una maggioranza
del 75 % dei voti. Attualmente la direzione commerciale e tecnica di tale società sarebbe
attribuita ad un’impresa terza, mentre alla Stadt Halle spetterebbe in
particolare il potere di procedere alla verifica dei conti.
17
Avendo avuto notizia dell’affidamento dell’appalto al di fuori
della procedura prevista dalle norme comunitarie in materia di appalti pubblici,
la TREA Leuna, anch’essa interessata a fornire i detti servizi, si è opposta
alla decisione della Stadt Halle ed ha presentato dinanzi alla Sezione camerale
per gli appalti pubblici del Regierungspräsidium Halle un ricorso volto
ad obbligare la detta amministrazione ad indire una pubblica gara d’appalto.
18
La Stadt Halle si è difesa sostenendo che, ai sensi delle norme nazionali
menzionate ai punti 12 e 13 della presente sentenza, il ricorso era inammissibile,
a motivo del fatto che essa, quale amministrazione aggiudicatrice, non aveva
formalmente avviato una procedura di affidamento di appalto. Inoltre, la RPL
Lochau sarebbe piuttosto un’emanazione della Stadt Halle, essendo controllata
da quest’ultima. Si tratterebbe dunque di un’«operazione
di “in house providing”», alla quale non si applicherebbero
le norme comunitarie in materia di appalti pubblici.
19
L’organo adito ha accolto la domanda della TREA Leuna, ritenendo che,
anche in assenza di procedura di affidamento, le decisioni dell’amministrazione
aggiudicatrice dovessero poter essere oggetto di un ricorso. Esso ha altresì giudicato
che, nel caso di specie, non poteva parlarsi di «operazione di “in
house providing”», per il fatto che la partecipazione minoritaria
del socio privato superava la soglia del 10% a partire dalla quale, ai sensi
della normativa tedesca sulle società a responsabilità limitata,
si è in presenza di una minoranza che gode di taluni diritti particolari.
Il detto organo ha inoltre affermato che era lecito attendersi con ragionevole
certezza che le attività svolte dalla RPL Lochau per la Stadt Halle
avrebbero comportato uno sfruttamento pari soltanto al 61,25% della capacità del
previsto impianto di trattamento dei rifiuti, sicché, per l’utilizzazione
della capacità residua, l’impresa sarebbe stata obbligata a reperire
incarichi sul suo mercato di azione.
20
L‘Oberlandesgericht Naumburg, a seguito dell’appello dinanzi ad
esso proposto dalla Stadt Halle, ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) a)
Se l’art. 1, n. 1, della direttiva [89/665] imponga agli Stati membri
di garantire mezzi di ricorso efficaci e quanto più rapidi possibile
avverso la decisione dell’autorità aggiudicatrice di non affidare
un appalto pubblico mediante un procedimento adattato alle disposizioni delle
direttive in materia di affidamento di appalti pubblici.
b)
Se l’art. 1, n. 1, della direttiva [89/665] imponga altresì agli
Stati membri di garantire mezzi di ricorso efficaci e quanto più rapidi
possibile avverso le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici preliminarmente
alla formale indizione di una gara d’appalto, in particolare avverso
la decisione sulle questioni, di carattere preliminare, se un determinato procedimento
di acquisizione di beni o servizi rientri o meno nell’ambito d’applicazione
ratione personae o ratione materiae delle direttive in materia di affidamento
di appalti pubblici, ovvero se eccezionalmente resti esclusa l’applicazione
della normativa sugli appalti.
c)
In caso di risposta affermativa alla questione [1), sub a),] e di risposta
negativa alla questione [1), sub b)]:
se uno Stato membro adempia all’obbligo di garantire mezzi di ricorso
efficaci e quanto più rapidi possibile avverso la decisione dell’autorità aggiudicatrice
di non affidare un appalto pubblico nell’ambito di un procedimento adattato
alle disposizioni delle direttive in materia di affidamento di appalti pubblici,
nel caso in cui l’accesso alla procedura di ricorso sia subordinato al
raggiungimento di una determinata fase formale del procedimento di acquisizione
di beni o servizi, quale ad esempio l’avvio di trattative contrattuali
verbali o scritte con un terzo.
2) a)
Presupponendo che un’amministrazione aggiudicatrice, quale un ente territoriale,
intenda stipulare con un organismo formalmente distinto da essa (in prosieguo:
l’“organismo controparte”) un contratto scritto a titolo
oneroso relativo alla fornitura di servizi, il quale rientrerebbe nell’ambito
d’applicazione della direttiva [92/50], e ipotizzando inoltre che tale
contratto eccezionalmente non costituisca un appalto pubblico di servizi ai
sensi dell’art. 1, lett. a), della detta direttiva qualora l’organismo
controparte debba considerarsi come facente parte della pubblica amministrazione
ovvero come un organismo di gestione economica dell’amministrazione aggiudicatrice
(in prosieguo: l’“affidamento diretto a servizi od organismi propri
non soggetto alla normativa sugli appalti”), se debba sempre escludersi
la possibilità di qualificare un tale contratto come affidamento diretto
a servizi od organismi propri non soggetto alla normativa sugli appalti, nel
caso in cui un’impresa privata detenga una semplice partecipazione societaria
nel detto organismo controparte.
b)
In caso di risposta negativa alla questione [2), sub a)]:
in presenza di quali condizioni un organismo
controparte in cui vi sia la partecipazione societaria di privati (in prosieguo:
la “società mista a prevalente
capitale pubblico”) debba considerarsi come facente parte della pubblica
amministrazione ovvero come organismo di gestione economica dell’amministrazione
aggiudicatrice.
Più precisamente:
–
se, per poter qualificare una società mista a prevalente capitale pubblico
come organismo di gestione economica dell’amministrazione aggiudicatrice
con riferimento alle modalità e all’intensità del controllo,
sia sufficiente che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla detta
società un’“influenza dominante”, ad esempio ai sensi
degli artt. 1, punto 2, e 13, n. 1, della direttiva 93/38 (…), modificata
dall’Atto [relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria,
della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei
trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21,
e GU 1995, L 1, pag. 1)], nonché dalla direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio [16 febbraio 1998,] 98/4/CE [, che modifica la direttiva 93/38
(GU L 101, pag. 1)];
–
se la possibilità, giuridicamente riconosciuta al socio privato della
società mista a prevalente capitale pubblico, di influire in qualche
modo sull’individuazione degli obiettivi strategici dell’organismo
controparte e/o sulle singole decisioni relative alla conduzione dell’impresa,
impedisca di considerare tale entità come organismo di gestione economica
dell’amministrazione aggiudicatrice;
–
se, per poter qualificare una società mista a prevalente capitale pubblico
come organismo di gestione economica dell’amministrazione aggiudicatrice,
sotto il profilo delle modalità e dell’intensità del controllo,
sia sufficiente un ampio potere direttivo unicamente in ordine alle decisioni
relative alla conclusione del contratto e alla fornitura dei servizi, con riferimento
ad una specifica procedura di acquisizione;
–
se, per poter qualificare una società mista a prevalente capitale pubblico
come organismo di gestione economica dell’amministrazione aggiudicatrice,
con riferimento al criterio dello svolgimento della parte più importante
della sua attività in favore di tale amministrazione, sia sufficiente
che almeno l’80% del fatturato medio realizzato nella Comunità dall’impresa
in questione negli ultimi tre anni nel settore dei servizi derivi dalla fornitura
di detti servizi all’autorità aggiudicatrice ovvero alle imprese
a questa collegate o a questa riconducibili, ovvero, qualora la società mista
pubblico-privata non abbia ancora maturato un’attività triennale,
sia sufficiente che possa prevedersi il rispetto della citata “regola
dell’80%”».
Sulle questioni pregiudiziali
21
Al fine di poter fornire una risposta utile e coerente al giudice del rinvio,
occorre suddividere ed esaminare le questioni sollevate in due gruppi, secondo
il loro contenuto e la loro finalità.
Quanto alla prima questione, sub a), b) e c)
22
Con questa prima serie di questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza,
se l’art. 1, n. 1, della direttiva 89/665 debba essere interpretato nel
senso che l’obbligo degli Stati membri di garantire la possibilità di
ricorsi efficaci e rapidi contro le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici
si estende anche alle decisioni adottate al di fuori di una formale procedura
di affidamento di appalto e prima di un atto di formale messa in concorrenza,
ed in particolare alla decisione sulla questione se un determinato appalto
rientri nell’ambito di applicazione ratione personae o ratione materiae
della direttiva 92/50, nonché a partire da quale momento nell’ambito
di un’operazione di acquisizione di beni o servizi gli Stati membri siano
tenuti a consentire ad un offerente, ad un candidato o ad un interessato l’accesso
ad una procedura di ricorso.
23
Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che la direttiva 92/50 è stata
adottata, a mente del suo primo e secondo ‘considerando’, nell’ambito
delle misure necessarie per la realizzazione del mercato interno, ossia di
uno spazio senza frontiere interne nel quale è garantita la libera circolazione
delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Risulta dal quarto
e dal quinto ‘considerando’ della medesima direttiva che, essendo
l’obiettivo di quest’ultima la realizzazione dell’apertura
dei mercati degli appalti pubblici nel settore dei servizi, a condizioni di
parità di trattamento e di trasparenza, essa deve essere applicata da
tutte le amministrazioni aggiudicatrici.
24
Occorre poi sottolineare che le disposizioni della direttiva 92/50 indicano
chiaramente i presupposti che rendono obbligatoria l’applicazione delle
norme dei titoli III-VI della medesima da parte di tutte le amministrazioni
aggiudicatrici, laddove le eccezioni all’applicazione di tali norme
vengono tassativamente elencate nella direttiva stessa.
25
Di conseguenza, qualora risultino soddisfatti tali presupposti, ossia, in altri
termini, qualora un’operazione ricada nell’ambito di applicazione
ratione personae e ratione materiae della direttiva 92/50, gli appalti pubblici
in questione debbono essere attribuiti – a norma dell’art. 8
di tale direttiva, letto in combinato disposto con il successivo art. 11,
n. 1 – nel rispetto delle disposizioni di cui ai titoli III-VI della
direttiva stessa, e precisamente debbono essere affidati previo esperimento
di una pubblica gara e costituire l’oggetto di una pubblicità adeguata.
26
Tale obbligo vincola le amministrazioni aggiudicatrici senza che vi siano distinzioni
tra gli appalti pubblici da queste attribuiti per adempiere il loro compito
di soddisfare bisogni di interesse generale e quelli che non hanno alcun
rapporto con tale compito (v., in tal senso, sentenza 15 gennaio 1998, causa
C-44/96, Mannesmann Anlagenbau Austria e a., Racc. pag. I-73, punto 32).
27
Al fine di rispondere al giudice di rinvio, occorre esaminare la nozione di «decisioni
prese dalle amministrazioni aggiudicatrici» di cui all’art. 1,
n. 1, della direttiva 89/665. Posto che la detta nozione non viene espressamente
definita in tale direttiva, occorre delimitarne la portata sulla base del tenore
letterale delle pertinenti disposizioni della direttiva stessa e in rapporto
alla finalità di una tutela giurisdizionale efficace e rapida da questa
perseguita.
28
Il tenore letterale dell’art. 1, n. 1, della direttiva 89/665 presuppone,
visto l’impiego dell’espressione «per quanto riguarda le
procedure», che qualsiasi decisione di un’amministrazione aggiudicatrice
che ricada sotto le norme comunitarie in materia di appalti pubblici e sia
idonea a violarle sia assoggettata al controllo giurisdizionale previsto dall’art.
2, n. 1, lett. a) e b), della detta direttiva (v., in tal senso, sentenze 18
giugno 2002, causa C-92/00, HI, Racc. pag. I-5553, punto 37, e 23 gennaio 2003,
causa C-57/01, Makedoniko Metro e Michaniki, Racc. pag. I-1091, punto 68).
La detta disposizione si riferisce dunque in maniera generale alle decisioni
di un’amministrazione aggiudicatrice, senza operare all’interno
di queste ultime alcuna distinzione a seconda del loro contenuto o del momento
della loro adozione.
29
L’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 89/665 prevede inoltre la possibilità di
annullare le decisioni illegittime delle amministrazioni aggiudicatrici in
rapporto alle specifiche tecniche e ad altre figuranti non soltanto nei documenti
di gara, ma anche in qualsiasi altro documento connesso con la procedura di
affidamento dell’appalto in questione. Pertanto, la detta disposizione
può ricomprendere anche documenti recanti decisioni adottate in una
fase situata a monte dell’appello alla concorrenza.
30
Tale estesa accezione della nozione di decisione di un’amministrazione
aggiudicatrice è confermata dalla giurisprudenza della Corte. Quest’ultima
ha già statuito che la disposizione di cui all’art. 1, n. 1, della
direttiva 89/665 non prevede alcuna limitazione quanto alla natura e al contenuto
delle decisioni da essa contemplate (sentenza 28 ottobre 1999, causa C-81/98,
Alcatel Austria e a., Racc. pag. I-7671, punto 35). Una limitazione siffatta
non può desumersi neppure dal tenore letterale dell’art. 2, n.
1, lett. b), della detta direttiva (v., in tal senso, sentenza Alcatel Austria
e a., cit., punto 32). Peraltro, un’interpretazione restrittiva della
nozione di decisione impugnabile con un ricorso sarebbe incompatibile con il
disposto dell’art. 2, n. 1, lett. a), della medesima direttiva, che impone
agli Stati membri di prevedere procedure d’urgenza per l’adozione
di provvedimenti provvisori in relazione a qualsiasi decisione adottata dalle
autorità aggiudicatrici (sentenza HI, cit., punto 49).
31
In tale ottica di interpretazione in senso ampio della nozione di decisione
impugnabile con un ricorso, la Corte ha statuito che la decisione dell’amministrazione
aggiudicatrice, precedente la conclusione del contratto, con la quale la
detta autorità sceglie l’offerente al quale sarà attribuito
l’appalto, deve in ogni caso poter essere impugnata con un ricorso,
indipendentemente dalla possibilità di ottenere un risarcimento dei
danni qualora il contratto sia stato concluso (sentenza Alcatel Austria e
a., cit., punto 43).
32
Riferendosi all’obiettivo della soppressione degli ostacoli alla libera
circolazione dei servizi perseguito dalla direttiva 92/50, nonché alle
finalità, alla formulazione letterale ed alla ratio sistematica della
direttiva 89/665, la Corte ha del pari statuito che la decisione dell’amministrazione
aggiudicatrice di revocare il bando di gara relativo ad un appalto pubblico
di servizi deve poter costituire oggetto di ricorso, in conformità dell’art.
1, n. 1, della direttiva 89/665 (v., in tal senso, sentenza HI, cit., punto
55).
33
A questo proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo
23 delle sue conclusioni, la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice
di non avviare una procedura di aggiudicazione può considerarsi il simmetrico
corrispondente della decisione della detta autorità di porre fine ad
una tale procedura. Qualora un’amministrazione aggiudicatrice decida
di non avviare una procedura di aggiudicazione per il fatto che, a suo avviso,
l’appalto in questione non ricade nell’ambito di applicazione delle
norme comunitarie pertinenti, una decisione siffatta costituisce in assoluto
la prima decisione suscettibile di controllo giurisdizionale.
34
Alla luce di tale giurisprudenza, nonché degli obiettivi, della ratio
sistematica e della formulazione letterale della direttiva 89/665, ed al fine
di preservare l’effetto utile di quest’ultima, occorre concludere
che costituisce una decisione impugnabile con un ricorso, ai sensi dell’art.
1, n. 1, della detta direttiva, qualsiasi atto di un’amministrazione
aggiudicatrice, adottato in relazione ad un appalto pubblico di servizi rientrante
nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50 ed
idoneo a produrre effetti giuridici, indipendentemente dal fatto che esso sia
stato adottato al di fuori di una formale procedura di affidamento di appalto
oppure nell’ambito di una procedura siffatta.
35
Non sono impugnabili con un ricorso i comportamenti che costituiscano un semplice
studio preliminare di mercato o che abbiano carattere meramente preparatorio
e si inseriscano nella fase di riflessione interna dell’amministrazione
aggiudicatrice in vista dell’affidamento di un appalto pubblico.
36
Sulla scorta di tali considerazioni, occorre disattendere la tesi sostenuta
dalla Stadt Halle, secondo cui la direttiva 89/665 non imporrebbe alcuna
tutela giurisdizionale al di fuori di una formale procedura di affidamento
di appalto e la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice di non
avviare una tale procedura non potrebbe essere impugnata con un ricorso,
come del resto neppure la decisione sulla questione se un appalto pubblico
rientri nell’ambito di applicazione delle pertinenti norme comunitarie.
37
Tale tesi avrebbe infatti come risultato di rendere facoltativa, a discrezione
di ciascuna amministrazione aggiudicatrice, l’applicazione delle pertinenti
norme comunitarie, quando invece tale applicazione è vincolata ove
sussistano i presupposti da esse previsti. Una facoltà di questo tipo
potrebbe portare alla più grave violazione della normativa comunitaria
sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice.
Essa diminuirebbe sensibilmente la tutela giurisdizionale efficace e rapida
voluta dalla direttiva 89/665 e pregiudicherebbe gli obiettivi perseguiti
dalla direttiva 92/50, vale a dire quelli della libera circolazione dei servizi
e di una concorrenza aperta e non falsata in tale settore in tutti gli Stati
membri.
38
Quanto al momento a partire dal quale è possibile proporre un ricorso,
occorre rilevare come esso non sia formalmente previsto dalla direttiva 89/665.
Tuttavia, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da tale direttiva di
una tutela giurisdizionale efficace e rapida, da ottenersi segnatamente attraverso
provvedimenti provvisori, bisogna concludere che l’art. 1, n. 1, della
direttiva stessa non autorizza gli Stati membri a subordinare la possibilità di
ricorso al fatto che la procedura di affidamento di appalto pubblico di cui
trattasi abbia formalmente raggiunto una fase determinata.
39
Sulla scorta della considerazione secondo cui, in conformità del secondo ‘considerando’ della
detta direttiva, il rispetto delle norme comunitarie deve essere garantito
in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette,
occorre concludere che può essere impugnata con un ricorso la manifestazione
della volontà dell’amministrazione aggiudicatrice in ordine ad
un determinato appalto, la quale giunga in qualsiasi modo a conoscenza dei
soggetti interessati, qualora essa abbia superato la fase indicata al punto
35 della presente sentenza e sia idonea a produrre effetti giuridici. L’avvio
di concrete trattative contrattuali con un interessato costituisce una manifestazione
di volontà di questo tipo. Al riguardo va evidenziato l’obbligo
di trasparenza che incombe all’amministrazione aggiudicatrice al fine
di consentire di accertare il rispetto delle norme comunitarie (sentenza HI,
cit., punto 45).
40
Quanto ai soggetti ai quali è consentito proporre ricorso, è sufficiente
constatare come, ai sensi dell’art. 1, n. 3, della direttiva 89/665,
gli Stati membri debbano garantire l’accesso alle procedure di ricorso
per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’affidamento
di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso
a causa di una violazione denunciata (v., in tal senso, sentenza 24 giugno
2004, causa C-212/02, Commissione/Austria, non pubblicata nella Raccolta, punto
24). Pertanto, la formale qualità di offerente o candidato non è necessaria.
41
Sulla scorta delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima
questione, sub a), b) e c), dichiarando che l’art. 1, n. 1, della direttiva
89/665 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo degli Stati
membri di garantire la possibilità di mezzi di ricorso efficaci e
rapidi contro le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici si
estende anche alle decisioni adottate al di fuori di una formale procedura
di affidamento di appalto e prima di un atto di formale messa in concorrenza,
ed in particolare alla decisione sulla questione se un determinato appalto
rientri nell’ambito di applicazione ratione personae e ratione materiae
della direttiva 92/50. Tale possibilità di ricorso è concessa
a qualsiasi soggetto che abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’appalto
di cui trattasi e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione
denunciata, a partire dal momento in cui viene manifestata la volontà dell’amministrazione
aggiudicatrice idonea a produrre effetti giuridici. Pertanto, gli Stati membri
non sono autorizzati a subordinare la possibilità di ricorso al fatto
che la procedura di affidamento di appalto pubblico in questione abbia formalmente
raggiunto una fase determinata.
Quanto alla seconda questione, sub a) e b)
42
Con questa seconda serie di questioni, che vanno esaminate congiuntamente,
il giudice del rinvio chiede in sostanza se, qualora un’amministrazione
aggiudicatrice intenda concludere con una società di diritto privato
da essa giuridicamente distinta, nella quale detiene una partecipazione maggioritaria
e sulla quale esercita un certo controllo, un contratto a titolo oneroso relativo
a servizi rientranti nell’ambito di applicazione ratione materiae della
direttiva 92/50, la detta amministrazione sia sempre tenuta ad applicare le
procedure ad evidenza pubblica previste da tale direttiva per il semplice fatto
che un’impresa privata detiene una partecipazione, anche minoritaria,
nel capitale della detta società controparte. In caso di soluzione negativa
di tale questione, il giudice del rinvio chiede sulla base di quali criteri
debba ritenersi che l’amministrazione aggiudicatrice non sia assoggettata
ad un obbligo siffatto.
43
Tale questione fa riferimento alla situazione particolare di una società cosiddetta «mista
pubblico-privata», costituita e funzionante in base alle norme privatistiche,
alla luce dell’obbligo incombente all’amministrazione aggiudicatrice
di applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici qualora sussistano
i presupposti da esse contemplati.
44
Al riguardo, va ricordato in primo luogo l’obiettivo principale delle
norme comunitarie in materia di appalti pubblici, quale evidenziato nell’ambito
della risposta alla prima questione, vale a dire la libera circolazione dei
servizi e l’apertura ad una concorrenza non falsata in tutti gli Stati
membri. Ciò implica l’obbligo di qualsiasi amministrazione aggiudicatrice
di applicare le norme comunitarie pertinenti qualora sussistano i presupposti
da queste contemplati.
45
L’obbligo di applicare in tal caso le norme comunitarie risulta confermato
dal fatto che, all’art. 1, lett. c), della direttiva 92/50, la nozione
di prestatore di servizi, ossia di offerente ai fini dell’applicazione
di tale direttiva, include anche «gli enti pubblici che forniscono servizi» (v.
sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, ARGE, Racc. pag. I-11037, punto 28).
46
Qualsiasi deroga all’applicazione di tale obbligo va dunque interpretata
restrittivamente. Pronunciandosi sulla scelta di una procedura negoziata senza
previa pubblicazione di un bando di appalto, la Corte ha così statuito
che l’art. 11, n. 3, della direttiva 92/50, che contempla questo tipo
di procedura, deve – in quanto disposizione derogatoria alle norme intese
a garantire l’effettività dei diritti conferiti dal Trattato CE
nel settore degli appalti pubblici di servizi – essere interpretato restrittivamente,
e che l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze
eccezionali che giustificano la deroga grava su colui che intenda avvalersene
(sentenza 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C-28/01, Commissione/Germania,
Racc. pag. I-3609, punto 58).
47
Nell’ottica di un’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza
nella misura più ampia possibile, quale voluta dalle norme comunitarie,
la Corte ha statuito, in riferimento alla direttiva del Consiglio 14 giugno
1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), che tale direttiva è applicabile
qualora un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere, con un
entità giuridicamente distinta, un contratto a titolo oneroso, indipendentemente
dal fatto che tale entità sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice
o meno (sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, Racc. pag. I-8121,
punti 50 e 51). È opportuno constatare che la controparte contrattuale
in quel caso era un consorzio costituito da più amministrazioni aggiudicatrici,
al quale partecipava anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione.
48
Un’autorità pubblica, che sia un’amministrazione aggiudicatrice,
ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa
incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo,
senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti
ai propri servizi. In tal caso, non si può parlare di contratto a titolo
oneroso concluso con un entità giuridicamente distinta dall’amministrazione
aggiudicatrice. Non sussistono dunque i presupposti per applicare le norme
comunitarie in materia di appalti pubblici.
49
In conformità della giurisprudenza della Corte, non è escluso
che possano esistere altre circostanze nelle quali l’appello alla concorrenza
non è obbligatorio ancorché la controparte contrattuale sia un’entità giuridicamente
distinta dall’amministrazione aggiudicatrice. Ciò si verifica
nel caso in cui l’autorità pubblica, che sia un’amministrazione
aggiudicatrice, eserciti sull’entità distinta in questione un
controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e tale entità realizzi
la parte più importante della propria attività con l’autorità o
le autorità pubbliche che la controllano (v., in tal senso, sentenza
Teckal, cit., punto 50). Occorre ricordare che, nel caso sopra menzionato,
l’entità distinta era interamente detenuta da autorità pubbliche.
Per contro, la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata
al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione
aggiudicatrice in questione, esclude in ogni caso che tale amministrazione
possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che
essa esercita sui propri servizi.
50
Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che il rapporto tra un’autorità pubblica,
che sia un’amministrazione aggiudicatrice, ed i suoi servizi sottostà a
considerazioni e ad esigenze proprie del perseguimento di obiettivi di interesse
pubblico. Per contro, qualunque investimento di capitale privato in un’impresa
obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati e persegue obiettivi
di natura differente.
51
In secondo luogo, l’attribuzione di un appalto pubblico ad una società mista
pubblico-privata senza far appello alla concorrenza pregiudicherebbe l’obiettivo
di una concorrenza libera e non falsata ed il principio della parità di
trattamento degli interessati contemplato dalla direttive 92/50, in particolare
nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad un’impresa privata
presente nel capitale della detta società un vantaggio rispetto ai suoi
concorrenti.
52
Pertanto, occorre risolvere la seconda questione, sub a) e b), dichiarando
che, nell’ipotesi in cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda
concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell’ambito
di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50 con una società da
essa giuridicamente distinta, nella quale la detta amministrazione detiene
una partecipazione insieme con una o più imprese private, le procedure
di affidamento degli appalti pubblici previste dalla citata direttiva debbono
sempre essere applicate.
53
In considerazione di tale risposta, non occorre risolvere le altre questioni
sollevate dal giudice nazionale.
Sulle spese
54
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse
da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1)
L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE,
che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative
all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione
degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva
del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, a sua volta modificata dalla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, deve essere interpretato
nel senso che l’obbligo degli Stati membri di garantire la possibilità di
mezzi di ricorso efficaci e rapidi contro le decisioni prese dalle amministrazioni
aggiudicatrici si estende anche alle decisioni adottate al di fuori di una
formale procedura di affidamento di appalto e prima di un atto di formale messa
in concorrenza, ed in particolare alla decisione sulla questione se un determinato
appalto rientri nell’ambito di applicazione ratione personae e ratione
materiae della direttiva 92/50, come modificata. Tale possibilità di
ricorso è concessa a qualsiasi soggetto che abbia o abbia avuto interesse
a ottenere l’appalto di cui trattasi e che sia stato o rischi di essere
leso a causa di una violazione denunciata, a partire dal momento in cui viene
manifestata la volontà dell’amministrazione aggiudicatrice idonea
a produrre effetti giuridici. Pertanto, gli Stati membri non sono autorizzati
a subordinare la possibilità di ricorso al fatto che la procedura di
affidamento di appalto pubblico in questione abbia formalmente raggiunto una
fase determinata.
2)
Nell’ipotesi in cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere
un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell’ambito
di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50, come modificata dalla
direttiva 97/52, con una società da essa giuridicamente distinta, nella
quale la detta amministrazione detiene una partecipazione insieme con una o
più imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici
previste dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate.