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Tar Lazio, Sez. I-Quater
Sentenza n. 10657, 11 ottobre 2004
(Presidente Tosti, Estensore Metro)
La legge 44/99 non fa riferimento diretto
al reato di estorsione, ma si riferisce più genericamente a quelle attività e richieste estorsive che
caratterizzano il fenomeno criminoso che, sul piano sociologico ed economico,
assume la definizione di “racket”, consistente appunto in forme
di estorsione reiterata e sistematica che soggetti criminali pongono in essere
nei confronti di chi svolge una attività economica.
La legge 44
equipara alle richieste estorsive tutte quelle condotte delittuose teleologicamente
riconducibili a finalità estorsive
o ad altri elementi
di intimidazione ambientale.
Qui di seguito il testo della sentenza.
* * *
(…)
FATTO
Il ricorrente, che già aveva prodotto istanza di elargizione ai sensi
della L. n. 172/92, rigettata con D.P.C.M. del 23/12/94, con il presente
gravame impugna il decreto n. 175/00 con il quale è stata respinta
una analoga ulteriore istanza, presentata il 5/11/99, ai sensi della successiva
L. n. 44/99.
Lo stesso, titolare di una gioielleria, assume di essere stato oggetto
di numerose azioni intimidatorie ed estorsive da parte di organizzazioni
criminali,
attuate attraverso atti intimidatori e il furto di tutte le merci custodite
nell’esercizio commerciale, atti criminali che, per le modalità di
esecuzione, si caratterizzerebbero per il loro contenuto estorsivo.
Avverso l’impugnato provvedimento di diniego di elargizione, si sostengono
i seguenti motivi di gravame:
-violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 44/90, eccesso
di potere per erroneità dei presupposti e sviamento, perché l’amministrazione
avrebbe erroneamente applicato la norma in esame, in quanto i fatti denunciati
integrerebbero tutte le condizioni previste dalla normativa per la concessione
del contributo.
In particolare, non rileverebbe
il richiamo a fatti contenuti nella istanza presentata in precedenza, né il fatto che alcuni episodi con finalità estorsive
fossero anteriori al 1/1/90, dato che tale richiamo è stato riproposto,
nella nuova istanza, soltanto per rappresentare la continuità delle
richieste estorsive; inoltre, il parere negativo espresso dal P.M. non sarebbe
rilevante nel caso di specie perché non risulta pendente, alla data
della domanda, alcun procedimento penale, come disposto dall’art.
3 cit.
L’avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio, con ampia ed articolata
memoria, ha sostenuto l’infondatezza del gravame.
DIRITTO
Il gravame deve ritenersi infondato.
Come rilevato dalla difesa erariale,
il quadro normativo di riferimento è costituito
dall’art. 1 della L. n. 44/99, a norma del quale “ ai soggetti
danneggiati da attività estorsive è elargita una somma di denaro
a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito, nei limiti
ed alle condizioni di cui alla presente legge”.
Limiti e condizioni sono meglio
specificati dall’art. 3, richiamato
dall’amministrazione, nel quale si prevede che “ l’elargizione è concessa
agli esercenti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale
o comunque economica che subiscono un danno a beni mobili o immobili, ovvero
lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente
all’attività esercitata, in conseguenza di delitti commessi
allo scopo di costringerli ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche
successivamente ai fatti, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste,
ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione ambientale. Ai soli
fini di cui alla presente legge sono equiparate alle richieste estorsive
le condotte delittuose che, per circostanze ambientali e modalità del
fatto, sono riconducibili a finalità estorsive, purché non
siano emersi elementi indicativi di una diversa finalità “.
La disciplina va integrata con l’art. 2, a norma del quale “ l’elargizione è concessa
in relazione agli aventi dannosi verificatisi nel territorio dello Stato
successivamente al 1° gennaio 1990”
Come rileva il ricorrente, la formulazione delle norme consente di
assumere nell’ambito di applicazione anche fattispecie in precedenze escluse
per cui non è decisivo, ai fini della reiezione dell’istanza,
che vengano riproposti gli stessi fatti di altre istanze, già rigettate,
nè che i fatti denunciati concretino il reato di estorsione, essendo
ammessi, quali presupposti legittimanti, anche altri reati; inoltre, a differenza
dell’art. 14 della L. n. 108/96 (mutui in favore delle vittime dell’usura
), che per la concessione del mutuo presuppone una condanna per usura, nel
caso di specie si può prescindere dalla condanna per estorsione
dei responsabili, posto che, nel caso di intimidazione ambientale, potrebbe
non
evidenziarsi una fattispecie di reato.
La legge in esame, quindi, non
fa riferimento diretto al reato di estorsione ( come avviene per l’usura) ma si riferisce, più genericamente,
ad ” attività o richieste estorsive” espressive di un
condizionamento ambientale, con caratteristiche di ripetitività e
sistematicità che non si rinvengono in ogni tipo di estorsione ma
che caratterizzano quel fenomeno criminoso che, sul piano sociologico ed
economico assume la definizione di “ racket”, consistente in
forme di estorsione reiterata e sistematica che soggetti criminali pongono
in essere nei confronti di chi svolge una attività economica.
A tal fine la legge intende premiare chi oppone rifiuto al racket
o comunque smette di aderire alle richieste estorsive subendo,
per tali
motivi,
un danno; inoltre la legge equipara, alle richieste estorsive,
quelle condotte
delittuose
che per le circostanze ambientali e per le modalità sono riconducibili
a finalità estorsive, purchè non emergano elementi indicativi
di altra finalità.
Nel caso di specie il collegio ritiene di dover aderire alle
affermazioni della difesa erariale secondo cui i fatti delittuosi
dedotti dal
ricorrente, a prescindere dal fatto che, tranne uno, non rientrano
nell’ambito
di applicazione della legge n. 44/99 in quanto avvenuti anteriormente 1990,
non rivelano in alcun modo finalità estorsive, non risultando in alcun
modo un vincolo teologico tra comportamento delittuoso ed induzione della
vittima a pagare il “ pizzo “ o altri elementi di intimidazione
ambientale.
Manca, quindi, il presupposto di cui all’articolo 3 della legge n.
44/99, non potendosi in alcun modo evidenziare, dalla relazione della prefettura
di Cosenza, alcun“ disegno criminoso “ a matrice estorsiva, asserito
dall’istante; inoltre,dalle indagini sugli episodi criminosi denunciati,
conclusisi con l’archiviazione contro ignoti, non risultano elementi
su richieste estorsive o su attività estorsive ai danni
dello stesso.
Di ciò, è dato atto nel provvedimento impugnato nel quale il
Comitato correttamente rileva che, con riferimento al periodo intercorso
tra la vecchia e la nuova istanza non sono emersi elementi nuovi che possano
far considerare in modo diverso i fatti dedotti dall’istante non potendo,
del resto, essere ritenuti sufficienti generiche affermazioni dell’istante,
non supportate da alcun specifico ed apprezzabile elemento
di riscontro.
Con riferimento alla “ indebita” richiesta di notizie al procuratore
della Repubblica, pur essendo la fattispecie estranea a quanto disposto dalla
legge, va considerato che nulla vieta, in sede istruttoria, che il prefetto
possa richiedere notizie all’autorità giudiziaria,
al fine di trarre elementi informativi e di verifica non
qualificabili come parere
in
senso tecnico.
In relazione a quanto esposto, tutte le censure proposte
devono ritenersi infondate ed il gravame deve, di conseguenza,
essere
respinto.
Si compensano, tra le parti, le spese di onorario di
giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione Prima ter respinge
il ricorso n. 20154/00 meglio specificato in epigrafe.
Compensa le spese.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorita’ Amministrativa.