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Consiglio di Stato, sezione V
sentenza 3 febbraio
2005 n. 272
(presidente Frascione – estensore Pietronilla Bellavia)
Essendo le società per azioni a capitale pubblico maggioritario alternative
alle aziende specializzate costituite dagli Enti locali, la concessione di
pubblici servizi a tali società non richiede il previo esperimento
di procedure ad evidenza pubblica e, quindi, viene legittimamente affidata
in via diretta, così come viene affidata in via diretta alle dette
aziende specializzate.
Ove fosse possibile impugnare
la costituzione di una società a capitale misto in un qualunque
successivo momento, sia pure in concomitanza all’affidamento diretto
a tale società di
un servizio pubblico, l’Ente locale che ha provveduto alla costituzione
della società, con evidente impegno economico, resterebbe in perpetuo
esposto all’annullamento del relativo atto costitutivo, con ovvia compromissione
negativa della propria azione organizzativa
dei servizi che è tenuto ad assicurare alla collettività.
(…)
FATTO e DIRITTO
I – Il Consiglio
comunale di Mentana, con la delibera 20 settembre 2003, n. 50, affidò direttamente il servizio di mensa scolastica
alla Ge.Se.Pu. s.p.a., società a prevalente capitale pubblico, costituita
dallo stesso Comune.
La Soc. Coop Centro servizi
e Ristorazione a r.l., precedente affidataria del detto servizio, con ricorso
proposto davanti al T.A.R. Lazio-Roma,
impugnò la
citata delibera nonché gli atti presupposti, fra i quali, in particolare,
gli atti relativi alla costituzione della società a capitale misto
Ge.Se.Pu. s.p.a., e chiese, nel contempo, il risarcimento dei danni subiti.
La Sez. II bis dell’adito T.A.R., con la sentenza n. 3377 del 19 febbraio
2004, pubblicata il 19 aprile 2004, ha accolto il detto ricorso per la sola
parte in cui era stato rivolto contro la citata delibera consiliare, avendo
ritenuto necessaria, per l’individuazione del concessionario di un
pubblico servizio, la procedura ad evidenza pubblica.
Contro tale sentenza è diretto il presente ricorso in appello, proposto
dal soccombente Comune di Mentana. L’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l. si è,
a sua volta, costituita, controdeducendo in ordine ai motivi di appello.
II – L’appellante, con il primo mezzo di gravame, censura l’impugnata
sentenza in quanto emessa in applicazione della normativa e delle Circolari
ministeriali concernenti gli appalti di pubblici servizi, mentre, nel caso,
si tratta di concessione di un pubblico servizio.
La censura è fondata.
Tanto la normativa comunitaria
quanto la normativa dello Stato italiano impongono la scelta dell’affidatario di servizi pubblici previa procedura ad evidenza
pubblica quando tale affidamento avvenga attraverso un appalto, caratterizzato
da una prestazione resa dall’appaltatore, cui corrisponde una controprestazione
da parte dell’Amministrazione appaltante.
Nel caso, come anche riconosciuto
dal primo Giudice, non si verte in tema di appalto di un pubblico servizio,
bensì di concessione
di siffatto servizio.
Infatti, il Comune appellante,
anziché esplicare il servizio di mensa
scolastica direttamente o attraverso una propria azienda specializzata, lo
ha affidato alla società a capitale misto, con capitale maggioritario
pubblico, da esso Comune costituita, tenuta ad esplicarlo a favore degli utenti,
dietro corrispettivo dagli stessi utenti versato direttamente alla medesima
società.
Essendo le società per azioni a capitale pubblico maggioritario alternative
alle aziende specializzate costituite dagli Enti locali, la concessione di
pubblici servizi a tali società non richiede il previo esperimento di
procedure ad evidenza pubblica e, quindi, viene legittimamente affidata in
via diretta, così come viene affidata in via diretta alle dette aziende
specializzate.
Il che è ovvio, se appena si considera che le società per
azioni a capitale misto sono costituite dagli Enti locali al precipuo scopo
di affidare
loro i servizi pubblici di propria competenza.
La costituzione di una società mista a capitale pubblico maggioritario
non avrebbe, invero, alcuna utilità per l’Ente locale che la
ha costituita, ove, poi, lo stesso Ente non potesse affidarle direttamente
i servizi
pubblici di propria competenza.
Né è a dire che tale affidamento diretto a siffatte società a
capitale misto contrasti con il sistema garantistico dell’ordinamento,
che richiede i procedimenti ad evidenza pubblica nella scelta degli affidatari
di pubblici servizi.
La scelta del partner privato
di una società a capitale misto avviene,
infatti, attraverso procedura ad evidenza pubblica, così come nel caso è avvenuto.
Considerato che la società a capitale misto con capitale pubblico maggioritario è costituita
attraverso procedura ad evidenza pubblica e allo specifico scopo di affidarle
i servizi pubblici dell’Ente locale che la ha costituita, è immediatamente
conseguenziale che il relativo affidamento debba avvenire in modo diretto.
Altrimenti opinando, la costituzione
di tali società miste non avrebbe
alcuna pratica utilità, mentre la procedura ad evidenza pubblica per
l’affidamento dei singoli servizi costituirebbe un’inutile duplicazione
di un procedimento già esperito.
Nella specie, l’affidamento del servizio di mensa solastica è stato
affidato dal Comune di Mentana in via dietta alla Ge.Se.Pu. s.p.a. a capitale
pubblico maggioritario, costituita e controllata dallo stesso Comune.
Ciò stante ed atteso che lo statuto della detta società prevede
anche lo svolgimento del servizio di mensa, la delibera consiliare di affidamento
diretto di tale servizio non contrasta, di contro a quanto ritenuto dal T.A.R.,
con le disposizioni in tema di concessioni di pubblici servizi contenute nell’art.
267 del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, e negli artt. 112, 113 e 113 bis
del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267.
Tali norme, sulle quali il T.A.R.
ha fondato la propria decisione, riguardano, infatti, l’affidamento dei servizi industriali e, quindi, fattispecie
diverse da quella in esame, nella quale non si ha alcuna gestione d’impianti,
ma unicamente la fornitura di pasti agli alunni delle scuole pubbliche, preparati
fuori dalle scuole.
Il primo mezzo di appello va, pertanto, accolto.
III – Il Comune
deducente, con il secondo mezzo di appello, sostiene l’inammissibilità (“rectius”irricevibilità)
del ricorso di primo grado per la parte concernente l’impugnativa della
delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53, concernente la costituzione della
società a capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a..
L’assunto è fondato.
Il T.A.R. in ordine a tale delibera
si è limitato a rilevare la mancanza
di un interesse attuale alla relativa impugnativa in capo alla ricorrente,
stante l’accoglimento dell’impugnativa principale.
Tale primo Giudice non ha, quindi,
rilevato che l’impugnativa
della citata delibera era tardiva e, pertanto, irricevibile, in quanto
proposta dopo
circa
quattro anni dalla data della sua adozione.
Nel caso, costituendo la delibera
consiliare 2 luglio 1999, n. 53, presupposto della delibera consiliare 20
settembe 2003, n. 50, impugnata
in via principale
dall’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l. davanti
al T.A.R., il Collegio deve rilevare la tardività della relativa impugnativa
e, quindi, l’irricevibilità “in parte qua” del ricorso
di primo grado.
La costituzione della società mista Ge.Se.Pu. s.p.a., cui affidare direttamente
la gestione dei servizi di competenza comunale, ha, infatti, immediatamente
leso gli interessi della Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l., in
quanto preclusiva della possibilità per la stessa di ottenere l’appalto
di tali servizi.
Né, da altra parte, può ritenersi esperibile l’impugnativa
dell’atto di costituzione di una società mista solo allorchè alla
stessa sia direttamente affidato un pubblico servizio, risultando ciò incompatibile
con la certezza dell’ordinamento.
Ove fosse dato impugnare la
costituzione di una società a capitale misto
in un qualunque successivo momento, sia pure in concomitanza all’affidamento
diretto a tale società di un servizio pubblico, l’Ente locale
che ha provveduto alla costituzione della società, con evidente impegno
economico, resterebbe in perpetuo esposto all’annullamento del relativo
atto costitutivo, con ovvia compromissione negativa della propria azione organizzativa
dei servizi che è tenuto ad assicurare alla collettività.
Così come sostenuto dall’appellante, il ricorso di primo grado
va, pertanto, dichiarato irricevibile per la parte in cui è stato
rivolto contro la delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53.
IV – Il Comune
deducente, con il terzo mezzo di appello, censura l’impugnata
sentenza per erroneità della motivazione, essendovi stato ritenuto
il servizio di mensa scolastica a rilevanza industriale, senza tener conto
della
motivazione contenuta nella delibera impugnata in via principale.
Il gravame è fondato.
Come già prima notato, il servizio di mensa offerto agli alunni delle
scuole pubbliche non è un servizio industriale, non dando luogo ad alcun
vantaggio economico per l’Amministrazione che lo assicura e non essendo
svolto in situazione di competizione con altri operatori dello stesso settore.
Per altro, il carattere non
industriale del detto servizio risultava, nel caso, espressamente indicato
nella delibera con la quale esso è stato
direttamente affidato alla Ge.Se.Pu. s.p.a..
Nel contesto di tale delibera è stata, infatti, evidenziata la necessità di
assicurare il servizio in oggetto attraverso una più attenta gestione,
comprensiva dei compiti di controllo e di riscossione dei pagamenti, necessità che
poteva essere sodisfatta affidandolo alla detta società a capitale misto,
soggetta a controllo da parte del Comune, avente con tale società una
relazione interorganica, competendogli la nomina della maggioranza del Consiglio
di amministrazione e del Collegio sindacale.
Il primo Giudice, nonostante
nella delibera “de qua” fosse stato
evidenziato il carattere non industriale del servizio, lo ha, invece, ravvisato
industriale, senza motivare circa le ragioni del suo diverso avviso, rispetto
a quanto emergente dalla delibera sottoposta al suo sindacato di legittimità.
Donde il difetto di motivazione
rilevato sul punto dall’appellante a
carico dell’impugnata sentenza e, per conseguenza, l’erronea applicazione
al caso dell’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, che ha sostituito
l’art. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, riguardante i servizi
pubblici locali di rilevanza industriale.
Sostanzialmente, il primo Giudice
ha erroneamente nonché immotivatamente
ravvisato il servizio in oggetto come industriale ed ha, poi, in via conseguenziale,
erroneamente ritenuto applicabile al caso la norma riguardante i servizi locali
di rilevanza industriale (art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito
dall’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448), anziché ravvisare
la fattispecie soggetta alla disciplina dei servizi pubblici locali privi di
rilevanza industriale, posta con l’art. 113 bis del D.Lgs 18 agosto 2000,
n. 267, introdotto dall’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448.
Anche il terzo mezzo di gravame merita, quindi, accoglimento.
V – Il Comune
deducente, con il quarto motivo di appello censura l’impugnata
sentenza per omessa applicazione al caso del comma 15 bis dell’art.
113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dal D.L. 30 settembre 2003,
n.
269.
La censura non ha pregio.
Con il detto comma 15 bis è stata stabilita, in mancanza di esplicite
norme disciplinanti un congruo periodo di transizione, la cessazione, entro
e non oltre la data del 31 dicembre 2006, delle concessioni di servizi di rilevanza
industriale rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica.
Lo stesso comma 15 bis ha, poi,
escluso dalla disposta cessazione le concessioni affidate a società a
capitale misto per le quali il socio privato sia stato scelto mediante procedura
ad evidenza pubblica.
Le disposizioni “de quibus” riguardano
esclusivavemte i servizi pubblici locali di rilevanza industriale.
Il che è ovvio, atteso che per i servizi pubblici locali privi di rilevanza
industriale, non operando alcuna limitazione circa l’affidamento diretto
alle società con capitale misto, non occorreva procedere ad alcuna cessazione “ex
lege” dei disposti affidamenti in via diretta a tali società.
Nella fattispecie, non vertendosi
in tema di servizio a rilevanza industriale, il comma 15 bis dell’art. 113 del D.Lgs 28 dicembre 2001, n. 448, non
poteva, né può, trovare, quindi, applicazione.
Il quarto ed ultimo mezzo di appello deve, conseguentemente, essere disatteso.
VI – Circa
le tesi difensive svolte dall’appellata Soc. Coop. Centro
servizi e Ristorazione a r.l., si osserva che esse, salvo quella concernente
l’ultimo mezzo di appello, mancano di fondamento, giusto quanto prima
osservato.
In particolare, va escluso che
il Comune di Mentana sarebbe incorso nella violazione del principio della
libera concorrenza, atteso che
l’affidamento diretto
del servizio di mensa scolastica è privo di rilevanza industriale ed è stato
disposto in piena conformità alla normativa operante in materia di
servizi non aventi rilevanza industriale (art. 113 bis del D.Lgs 18 agosto
2000, n.
267).
Né la Società appellata può trarre giovamento dai rilievi
mossi alle modalità di costituzione della società a capitale
misto Ge.Se.Pu. s.p.a., attesa la già rilevata tardiva impugnazione
in primo grado della delibera consiliare del Comune di Mentana 2 luglio 1999,
n. 53, con la quale tale società mista è stata costituita.
Quanto all’assunto, per altro indimostrato, che la Ge.Se.Pu. s.p.a. avrebbe
subappaltato il servizio di mensa scolastica, va osservato che trattasi di
circostanza di fatto, ancorchè sussistente, riguardante lo svolgimento
del servizio e non già l’affidamento dello stesso, su cui verte
l’impugnativa, legittimamente affidato, in via diretta, alla Ge.Se.Pu.
s.p.a..
Né, di contro a quanto assunto dall’appellata,
il Comune nella delibera di affidamento in via diretta alla Ge.Se.Pu. s.p.a.
del servizio di
cui trattasi sarebbe stato tenuto a motivare circa la scelta di tale modulo
organizzativo.
La detta scelta è stata, infatti, operata allorchè è stata
costituita la detta società mista, per assicurare in un primo momento
taluni servizi e successivamente gli altri, tutti quanti previsti nel relativo
statuto.
Essenso stata la scelta di affidare
i vari servizi alla società a capitale
misto, appositamente costituita, già operata con la delibera 2 luglio
1999, n. 53, non occorreva, certo, che in sede di affidamento diretto del
servizio di mensa scolastica alla Ge.Se.Pu. s.p.a. si dovesse nuovamente
motivare circa
tale determinazione.
Parimenti, l’appellata Società non ha ragione nel dedurre la violazione
dei principi e delle regole, anche comunitari, operanti in materia di scelta
del contraente, atteso che, giusto quanto prima osservato, il Comune ha proceduto
all’affidamento diretto del servizio in argomento in base alla normativa
prevedente tale possibilità.
Quanto, infine, alla dedota
inapplicabilità alla fattispecie in esame
del comma 15 bis dell’art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, si osserva
che il Collegio “sub” V ne ha già rilevato l’inapplicabilità a
tale fattispecie, in quanto la detta norma non riguarda i servizi pubblici
locali privi di rilevanza industriale, nel cui ambito si verte.
Stante tale rilievo, ogni altro
profilo d’inapplicabilità della
norma “de qua” prospettato dall’appellata ne resta, ovviamente,
assorbito.
Le tesi difensive dell’appellata
debbono, pertanto, essere disattese.
VIII – Sulla
scorta di tutto quanto considerato, stante la fondatezza dei tre primi mezzi
di gravame dedotti, il presente
ricorso in
appello va accolto
e, conseguentemente, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di
primo grado va respinto per la parte in cui è stato diretto contro la
delibera consiliare del Comune di Mentana 20 settembre 2003, n. 50, mentre
va dichiarato irricevibile per la parte in cui è stato diretto contro
la delibera consiliare del prefato Comune 2 luglio 1999, n. 53.
Sussistono, tuttavia giusti motivi per compensare interamente, tra le parti,
le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta) definitivamente
pronunciando:
1) accoglie il ricorso in appello
specificato in epigrafe e, per l’effetto,
in totale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado
per la parte in cui è stato rivolto contro la delibera consiliare del
Comune di Mentana 20 settembre 2003, n. 50, mentre dichiara irricevibile lo
stesso ricorso di primo grado per la parte in cui è stato diretto
avverso la delibera consiliare del prefato Comune 2 luglio 1999, n. 53;
2) compensa interamente tra
le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.