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Corte Costituzionale
Ordinanza 2 marzo 2005 n. 82
(presidente Contri – Estensore Quaranta)
– – – – –
Il difetto di competenza
del giudice rimettente, ove sia manifesto, come tale rilevabile ictu oculi,
comporta
l’inammissibilità della questione sollevata per irrilevanza (cfr.
ordinanza n. 120 del 1993).
Il TAR siciliano rigettando
l’istanza di sospensiva (sia pure allo stato degli atti) ha esaurito il
potere cautelare
che si era riconosciuto, in quanto coincidendo la valutazione del fumus boni
juris con la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
sollevata, il rigetto non altro può, oggettivamente, significare che
insussistenza del periculum in mora.
– – – – –
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1
e 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di
infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per
il rilancio delle attività produttive), degli articoli 13 e 14 della
legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture
e trasporti) e degli articoli 1, comma 2, e 3 del decreto-legislativo 20
agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per
la realizzazione
delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse
nazionale), promosso con ordinanza del 3 marzo 2004 dal Tribunale amministrativo
regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto
da Pietro Vinci ed altri contro il Comitato Interministeriale per la Programmazione
Economica (CIPE) ed altri, iscritta al n. 483 del registro ordinanze 2004
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie
speciale,
dell’anno 2004.
Visti gli atti di costituzione di Pietro Vinci, della
Regione Calabria, della società Stretto di Messina s.p.a., della società FINTECNA – Finanziaria
per i Settori Industriale e dei Servizi s.p.a., della Federazione dei Verdi
ed altra, della associazione Italia Nostra-onlus ed altra, nonché l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2005 il Giudice relatore Alfonso
Quaranta;
uditi gli avvocati Carmelo Briguglio per Pietro Vinci,
Carlo Milana e Michele Pallottino per la Regione Calabria, Piero d’Amelio,
Angelo Clarizia e Giuseppe
Morbidelli per la società Stretto di Messina s.p.a., Stefano Vinti e
Salvatore Alberto Romano per la società FINTECNA – Finanziaria
per i Settori Industriale e dei Servizi s.p.a. –, Paola Balducci e Luca
Di Raimondo per la Federazione dei Verdi ed altra, Luca Di Raimondo per l’associazione
Italia Nostra-onlus ed altra e l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per
la Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanza emessa in data 3 marzo
2004, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della
legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture
ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle
attività produttive), degli artt. 13 e 14 della legge 1° agosto
2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), degli
artt. 1, comma 2, e 3 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione
della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture
e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), in riferimento
agli artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 120 della Costituzione e all’art. 14 del regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della
Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2;
che il giudice a quo ha ritenuto che le indicate disposizioni
non appaiono rispettose del principio di sussidiarietà (che informa
gli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione) e del principio di leale collaborazione
(che
ispira l’art. 120 della Costituzione);
che il rimettente ha osservato, in particolare, che le
norme sospettate di illegittimità costituzionale non prevedono la
partecipazione nella forma dell’intesa anche degli enti locali direttamente
interessati dalla costruzione
dell’infrastruttura, e che, pur stabilendo l’acquisizione di pareri obbligatori
e parzialmente vincolanti resi da Regioni e Province autonome, consentono tuttavia
che in sede di approvazione del progetto preliminare si possa prescindere da
qualsiasi parere degli enti locali;
che, inoltre, la circostanza che l’approvazione del progetto
comporti automatica variante agli strumenti urbanistici vigenti viola le
competenze amministrative,
sia regionali che comunali, nella materia urbanistica, rimessa alla potestà normativa
e amministrativa degli enti locali ai sensi degli artt. 5, 117 e 118 della
Costituzione e dell’art. 14 dello statuto della Regione Siciliana;
che si è costituito in giudizio il primo ricorrente nel giudizio a
quo, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata
dal TAR per la Sicilia venga accolta;
che si è costituita, altresì, la società Stretto di
Messina s.p.a. deducendo, preliminarmente, l’irrilevanza della questione per
incompetenza del giudice a quo e per pretestuosità della rimessione,
e nel merito la non fondatezza della stessa;
che, inoltre, si è costituita la società FINTECNA s.p.a., deducendo,
anch’essa, in via preliminare, l’inammissibilità della questione sollevata
e, nel merito, la sua infondatezza;
che anche la Regione Calabria si è costituita in giudizio eccependo
l’inammissibilità e l’infondatezza della questione;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha, a sua
volta, eccepito l’inammissibilità della questione in quanto, con sentenza
24 maggio 2004, n. 3395, il Consiglio di Stato ha dichiarato la competenza
del TAR per il Lazio; nel merito, quindi, ha chiesto di dichiarare non fondata
la questione stessa;
che si sono, altresì, costituite la Federazione dei Verdi e l’Associazione
Qualità Italia-onlus, che hanno, invece, chiesto l’accoglimento della
questione;
che, analogamente, hanno chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale
delle disposizioni in esame l’ associazione Italia Nostra-onlus e l’Associazione
Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF);
che in prossimità dell’udienza pubblica sono state depositate articolate
memorie, con le quali sono state approfondite le difese già svolte,
invocandosi, in particolare, da parte del primo ricorrente nel giudizio a quo,
a sostegno dell’ammissibilità della questione, l’art. 22 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale
per la Sicilia, sezione staccata di Catania, dubita della legittimità costituzionale
delle disposizioni innanzi indicate per violazione degli artt. 3, 5, 97,
117, 118 e 120 della
Costituzione e dell’art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.
455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2;
che la suddetta questione è stata sollevata in
sede di ricorso giurisdizionale proposto da un gruppo di cittadini residenti
nel Comune di Messina, i quali
hanno chiesto l’annullamento, previa in via cautelare la sospensione della
loro efficacia, dei seguenti atti:
– delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE) n. 86 del 1° agosto 2003, avente ad oggetto “1° programma
delle opere strategiche legge n. 433 del 2001 Ponte sullo Stretto di Messina”;
– proposta di parere di valutazione di impatto ambientale formulata
in data 20 giugno 2003 dalla Commissione speciale VIA relativamente al progetto
preliminare dell’opera “Ponte sullo Stretto di Messina”;
– delibera del CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001;
– nota n. 362 del 31 luglio 2003, con la quale
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso la relazione
istruttoria concernente il progetto
preliminare dell’opera in argomento, proponendone l’approvazione;
– relazione del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze;
– pareri resi dal Ministero per i beni e le attività culturali
nell’ambito delle procedure di approvazione del progetto preliminare;
– pareri ed intese resi dalla Regione Siciliana e dalla Regione Calabria,
in ordine all’approvazione e localizzazione del progetto preliminare del “Ponte
sullo Stretto di Messina”;
nonché, «ove occorra e per quanto di interesse»,
gli atti e i provvedimenti richiamati nella delibera del CIPE di approvazione
del progetto
preliminare;
che nell’ordinanza di rimessione si rileva come, con
il primo motivo di ricorso, i ricorrenti abbiano eccepito la illegittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001, dell’art. 13 della legge
n. 166 del
2002 e degli artt. 1, comma 2, e 3 del d.lgs. n. 190 del 2002;
che nel giudizio a quo, in limine litis, è stato
tempestivamente proposto dalle parti resistenti regolamento di competenza,
con indicazione, quale giudice
competente, del TAR per il Lazio;
che tra le parti del giudizio a quo non è stato
raggiunto accordo sulla remissione del ricorso al suddetto TAR;
che il giudice adìto, nella camera di consiglio
del 24 febbraio 2004, in sede di trattazione della domanda cautelare, ha
adottato tre ordinanze,
tutte depositate il successivo 3 marzo;
che con la prima ordinanza (n. 366 del 2004) il giudice
a quo, ritenuto «che
il ricorso evidenzia profili di fondatezza, con particolare riferimento al
primo motivo (…) incentrato interamente sulla dedotta incostituzionalità della
legge n. 443 del 2001 e successive modifiche e integrazioni, la cui risoluzione è dunque
decisiva ai fini della delibazione della domanda cautelare (…)», ha
rigettato, allo stato, quest’ultima «fino all’esito del giudizio avanti
la Corte costituzionale ed alla restituzione degli atti», rinviando in
tal modo la pronuncia definitiva sulla domanda cautelare ad una camera di consiglio
successiva alla pronuncia di questa Corte;
che con la seconda ordinanza (n. 368 del 2004) lo stesso
giudice ha sollevato la questione di legittimità costituzionale disponendo
la sospensione del giudizio;
che con la terza ordinanza (n. 372 del 2004) il rimettente ha disposto la
trasmissione degli atti al Consiglio di Stato per la decisione sul regolamento
di competenza, giudicato non manifestamente infondato a norma dell’art. 31,
quinto comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali
amministrativi regionali), come modificato dall’art. 9, comma 4, della legge
21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa);
che il giudice a quo ha ritenuto rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme sopra richiamate «nella
parte in cui non prevedono adeguate forme di partecipazione alla decisione
in ordine all’approvazione dei progetti preliminari delle opere pubbliche ivi
previste in favore dei Comuni e Città metropolitane», per contrasto
con gli artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 120 della Costituzione e con l’art. 14 del
r.d.lgs. n. 455 del 1946, convertito nella legge cost. n. 2 del 1948;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente
eccepito l’inammissibilità della questione sollevata dal TAR in considerazione
del fatto che il Consiglio di Stato, sezione VI, adìto in sede di regolamento
di competenza, con sentenza 24 maggio 2004, n. 3395, ha dichiarato la competenza
del TAR per il Lazio; nel merito ha poi dedotto la infondatezza della questione
medesima;
che nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite
numerose parti del giudizio a quo, alcune delle quali hanno formulato sotto
vari profili eccezioni
pregiudiziali di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale;
che, in particolare, è stata eccepita l’irrilevanza della questione
in ragione della palese incompetenza del giudice a quo, della pretestuosità della
rimessione, nonché per essere stata sollevata la questione quando era
già stato proposto regolamento di competenza ed infine per l’intervenuto
rigetto dell’istanza cautelare;
che uno dei ricorrenti nel giudizio a quo, costituitosi
davanti a questa Corte, ha sostenuto la ammissibilità della questione, in ragione di
quanto previsto dall’art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale, secondo cui «le norme sulla sospensione del
processo non si applicano ai giudizi davanti alla Corte costituzionale neppure
nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto
sospeso davanti all’autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio
di legittimità costituzionale»;
che l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità della questione per
irrilevanza derivante dal palese difetto di competenza del giudice a quo è fondata;
che, innanzitutto, deve essere considerato non conferente
il richiamo al citato art. 22, in quanto, nella specie, non vengono in rilievo
vicende che
si siano verificate nel giudizio a quo successivamente al promovimento della
questione di legittimità costituzionale, bensì un vizio relativo
al momento genetico dell’instaurazione del giudizio incidentale di costituzionalità;
che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il difetto
di competenza del giudice rimettente, ove sia manifesto, come tale rilevabile
ictu oculi, comporta l’inammissibilità della questione sollevata per
irrilevanza (cfr. ordinanza n. 120 del 1993);
che l’incompetenza per territorio del TAR per la Sicilia
emergeva fin dall’origine in modo manifesto e la relativa questione è stata sollevata ritualmente
in limine litis dalle parti resistenti nel giudizio a quo mediante la tempestiva
proposizione del regolamento di competenza, in quanto il giudizio a quo aveva
ad oggetto l’impugnazione di atti la cui efficacia territoriale non è limitata
al solo territorio per il quale sussiste la competenza del TAR per la Sicilia
(art. 3, secondo comma, della legge n. 1034 del 1971), trattandosi di atti
concernenti l’approvazione del progetto preliminare per la realizzazione di
un’opera di collegamento viario tra due Regioni, la Sicilia e la Calabria,
e come tale ad efficacia ultraregionale;
che, comunque, il TAR siciliano rigettando l’istanza
di sospensiva (sia pure allo stato degli atti) ha esaurito il potere cautelare
che si era riconosciuto,
in quanto coincidendo la valutazione del fumus boni juris con la non manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata,
il rigetto non altro può, oggettivamente, significare che insussistenza
del periculum in mora;
che appare, in ogni caso, evidente l’originario difetto
di competenza del TAR adìto, il quale, tra l’altro, è ora privo di potestas decidendi,
essendo la causa trasmigrata davanti al giudice che fin dall’origine era competente
in ordine alla controversia sia per la tutela cautelare, sia per quella di
merito; competenze che – in linea di principio – devono ritenersi
intimamente connesse, scindibili in casi eccezionalissimi e solo al fine di
assicurare una tutela interinale immediata e provvisoria, idonea a salvaguardare
gli effetti della futura pronuncia, cautelare o di merito, a seconda dei casi;
che, restando assorbito ogni ulteriore profilo relativo
alle eccezioni pregiudiziali prospettate nel giudizio davanti a questa Corte,
deve essere dichiarata la
manifesta inammissibilità della questione sollevata dal TAR per la Sicilia,
sezione staccata di Catania.
P.Q.M.
La Corte Costituzionale
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo
in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri
interventi per il rilancio delle attività produttive), degli artt. 13
e 14 della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture
e trasporti), degli artt. 1, comma 2, e 3 del decreto legislativo 20 agosto
2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione
delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse
nazionale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 120 della
Costituzione e all’art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.
455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, dal Tribunale amministrativo regionale
per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2005.
Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2005.