Il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) costituisce l’extrema ratio cui l’ordinamento consente di ricorrere nei casi di conclamata impotenza di mezzi alternativi alla privazione (temporanea) della libertà individuale anche nella sua estrinsecazione di libertà di scegliere di sottrarsi alla terapia.
Al T.S.O. si arriva attraverso un procedimento complesso, nel quale ciascuna delle due amministrazioni (A.s.l. e Comune) svolge un ruolo consono alle specifiche competenze tecnico-ammistrative che le sono proprie.
L’iniziativa compete all’autorità sanitaria, secondo un sub-procedimento (o fase o segmento procedimentale) bifasico, con redazione della proposta e successiva convalida della stessa da parte di sanitario del pubblico servizio; l’autorità comunale interviene in un secondo momento, per adottare – in veste di autorità sanitaria locale – il provvedimento che dispone il T.S.O.
Nella fase esecutiva del T.S.O. per malattia mentale, devono distinguersi due ipotesi:
a) Se il malato di mente per il quale si riveli necessario, a giudizio dei sanitari, un T.S.O. con ospedalizzazione, per le specifiche condizioni psicofisiche possa essere prelevato al domicilio e trasportato all’ospedale di destinazione dal solo personale sanitario (si pensi ad un malato non aggressivo ma incapace di intendere, di volere, di esprimere un qualsivoglia consenso o dissenso, e tuttavia bisognoso di terapie praticabili soltanto in ambiente ospedaliero), non appare necessario anche l’intervento della polizia municipale, ed allora non può che farsi applicazione della regola generale secondo cui gli interventi sanitari competono (di norma) alle strutture sanitarie.
b) Nelle ipotesi nelle quali invece si sia in presenza non già della semplice impossibilità/incapacità di esprimere consenso o dissenso, bensì di un atteggiamento di rifiuto del trattamento sanitario, che renda necessaria la coazione anche fisica, essendo prevedibile un atteggiamento di resistenza e di agitazione da parte del malato, il quale non consente alla esecuzione del trattamento sanitario ritenuto necessario dalle autorità sanitarie e disposto dal Sindaco dietro iniziativa delle stesse, il malato stesso andrà prelevato dalla polizia municipale e da questa accompagnato al presidio ospedaliero di destinazione, insieme con il personale medico e paramedico necessario alla somministrazione di terapie durante il viaggio, e comunque alla continua supervisione degli aspetti medico-assistenziali.
In definitiva, se si escludono i casi di totale inoffensività del paziente (per es., soggetti catatonici, abulici, o con forte compromissione dello stato di salute fisica e grave debilitazione), da valutare da parte dell’ autorità sanitaria (nel qual caso soccorre la regola che si è visto essere quella generale, dettata dall’art. 34 L. n. 833/1978, che affida l’esecuzione degli interventi sanitari alla ordinaria competenza delle strutture sanitarie), l’azione del personale sanitario e del personale di polizia municipale deve essere congiunta, con ovvia diversificazione dei compiti a ciascuno contestualmente spettanti: assistenziali e terapeutici quelli dei sanitari, di prevenzione di possibili atteggiamenti pericolosi e di uso della coazione fisica, ove assolutamente necessario ad eseguire un trattamento sanitario non accettato, quello della polizia municipale.
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TAR Sicilia-Catania, sezione seconda
Sentenza 6 maggio 2005 numero 799
(presidente Zingales, estensore Messina)
parti: A.s.l. n. 7 di Ragusa c/ Comune di Vittoria
oggetto: annullamento dell’ordinanza sindacale n. 3/T.S.O. Del 25 gennaio 2001, nella parte in cui dispone che l’esecuzione del trattamento sanitario obbligatorio a carico di un malato di mente, mediante prelevamento dello stesso dal suo domicilio e accompagnamento presso l’ospedale di Scicli, deve essere eseguito dall’ospedale di Vittoria con proprio personale infermieristico ed ambulanza
FATTO E DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe l’A.s.l. n. 7 di Ragusa ha impugnato l’ordinanza sindacale meglio in epigrafe specificata, avverso la quale – dopo avere premesso la esposizione di alcune circostanze di fatto – deduce le censure di seguito sintetizzate.
1) Violazione del combinato disposto degli artt. 33, 34 e 35 della L. n. 833/ 1978.
Nessun onere di trasporto sarebbe previsto dalle disposizioni invocate da parte ricorrente; le strutture sanitarie avrebbero il compito di accertare ed individuare la profilassi necessaria nel caso concreto, mentre l’autorità comunale sarebbe deputata all’adozione dell’atto finale, e ciò sulla base delle specifiche competenze ed attribuzioni di ciascuna delle amministrazioni coinvolte. Parte ricorrente cita a sostegno delle proprie tesi anche la circolare assessoriale n. 868/NP del 27 Giugno 1995, e, quanto alla giurisprudenza, T.a.r. Palermo, II, n. 331/1987.
2) Violazione degli artt. 3 L. n. 241/ 1990 e 3 L.r. n. 10/ 1991; eccesso di potere per illogicità manifesta.
L’atto impugnato sarebbe carente di motivazione, oltre che contraddittorio rispetto alle risultanze della istruttoria: nella proposta di trattamento sanitario obbligatorio del 25 Gennaio 2001 n. prot. 46/01 proveniente dal Dipartimento di salute mentale di Vittoria, convalidata dal Dirigente dello stesso, si dichiarava non necessario ricorrere all’uso dell’ambulanza ed all’assistenza di personale medico ed infermieristico.
Dal canto suo, il Comune di Vittoria ha innanzitutto eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, avendo parte ricorrente proposto gravame successivamente al decorso del termine legalmente predefinito di efficacia del trattamento sanitario obbligatorio, con conseguente inesistenza di una lesione attuale della posizione soggettiva coinvolta.
Parte resistente ha poi diffusamente argomentato sulla natura del trattamento sanitario obbligatorio nel sistema della L. n. 180/1978, sulla funzione del personale sanitario in tale tipo di intervento, sul differente ruolo del personale di polizia.
Con successive memorie, le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie posizioni.
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2. – Preliminarmente va esaminata la questione dell’ammissibilità del gravame, avendo parte resistente sollevato eccezione di inammissibilità con riferimento alla mancanza di una lesione attuale arrecata alla sfera giuridica del soggetto pubblico ricorrente, come sopra esposto.
L’eccezione deve essere disattesa.
La situazione soggettiva dedotta in giudizio non è, ovviamente, quella del paziente, soggetto a T.S.O. (che nella specie era già stato eseguito alla data del ricorso) – nel qual caso il primo problema che questo giudice dovrebbe porsi sarebbe quello della appartenenza della controversia alla propria giurisdizione (da escludere, ai sensi dell’art. 35, ultimi sette comma, L. n. 833/1978) – bensì la sfera delle competenze dell’autorità sanitaria in materia, e del “regolamento di confini” rispetto alle competenze dell’autorità comunale.
Un interesse almeno morale (con riferimento allo specifico episodio da cui nasce la controversia) ed anche pratico (per l’individuazione della regula juris applicabile anche a futuri consimili casi concreti) è da riconoscere senz’altro all’Azienda ricorrente, che ritiene lesa la propria sfera giuridica dai provvedimenti del Comune resistente.
3. – Ciò premesso, va precisato che l’actio finium regundorum di cui si sta trattando riguarda l’ambito delle competenze di ciascuna delle due amministrazioni litiganti in ordine al prelievo ed all’accompagnamento coattivo del malato di mente dal domicilio alla struttura sanitaria di destinazione nelle ipotesi in cui non sia stato ritenuto necessario dall’autorità sanitaria l’uso dell’ambulanza e l’assistenza parasanitaria durante il tragitto.
E’ da fare subito una considerazione: l’impostazione seguita dalla difesa del Comune resistente, tutta incentrata sulla valorizzazione della nuova concezione della malattia mentale e degli interventi che il sistema sanitario è tenuto a fare di fronte alla malattia mentale, condivisibile nelle linee generali, va tuttavia ridimensionata con specifico riferimento alla specifica e peculiare problematica che viene in considerazione nel presente giudizio, in cui – va sottolineato – si controverte di un’ipotesi per così dire “estrema”, in cui il ricorso al trattamento sanitario obbligatorio costituisce evidentemente una altrettanto estrema, seppur necessitata, risposta ad un problema che, allo stato attuale delle cognizioni medico-scientifiche e dei vari e differenti e differenziati approcci terapeutici, non è risolvibile se non a prezzo di una consentita (perché inevitabile) compressione della sfera di libertà del malato, resa assolutamente indilazionabile da esigenze di tutela della salute dello stesso, nonché dell’incolumità di lui e/o di altri soggetti.
Esatte in sé, ma non pertinentemente addotte, dunque, le considerazioni sul superamento dello stampo “custodialistico” tipico della legislazione anteriore alla L. n. 180/1978; ritiene il collegio, senza doversi ancora diffondere sul punto, di poter affermare che le ipotesi di T.S.O. contemplate dalla legislazione vigente costituiscono l’extrema ratio cui l’ordinamento consente di ricorrere nei casi di conclamata impotenza di mezzi alternativi alla privazione (temporanea) della libertà individuale anche nella sua estrinsecazione di libertà di scegliere di sottrarsi alla terapia.
Sgombrato quindi il campo da ogni possibile equivoco sulla tematica realmente oggetto della presente decisione, che in alcun modo attiene alla concezione medico-giuridica del disagio mentale ed alla filosofia terapeutica sottesa alla L. n. 180/1978, il collegio osserva che le soluzioni rigide ed unilaterali sarebbero tutte egualmente irrazionali e non conformi a legge, laddove – come esattamente rilevato dal Prefetto di Ragusa (nota 3 novembre 2004, avente ad oggetto “Ricorsi gerarchici avverso ordinanze T.S.O. n. 12/04 del 20.8.2004, n. 13/04 del 9.9.2004 e 14/04 del 29.9.2004”) – la demarcazione delle competenze in materia deve tenere conto “della necessità della massima collaborazione in ordine agli adempimenti da espletare per l’esecuzione dell’ordinanza sindacale di adozione del trattamento sanitario obbligatorio”, che si traduce in necessità di “azione congiunta e presenza contestuale degli operatori sanitari e di polizia, sia pure con distinti ambiti di intervento e di responsabilità”.
In altre parole, soltanto un comportamento delle amministrazioni ispirato alla collaborazione reciproca sarà rispettoso della disciplina in materia, come meglio si dirà infra.
Queste le disposizioni da applicare:
art. 1 L. n. 180/1978:
Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato e di enti o istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico.
art. 2 L. n. 180/1978:
Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale.
Le misure di cui al secondo comma del precedente articolo possono essere disposte nei confronti delle persone affette da malattie mentali.
Nei casi di cui al precedente comma la proposta di trattamento sanitario obbligatorio può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi
terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere.
Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel precedente comma.
art. 3 L. n. 180/1978:
Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale.
Il provvedimento di cui all’articolo 2 con il quale il Sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’ultimo comma dell’articolo 1 e dalla convalida di cui all’ultimo comma dell’articolo 2, deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il Comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al Sindaco. In caso di mancata convalida il Sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.
Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal Sindaco di un Comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al Sindaco di questo ultimo Comune. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno e al consolato competente, tramite il Prefetto.
Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico di cui all’articolo 6 è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al Sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso.
Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al Sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il Sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo.
La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
art. 6 L. n. 180/1978:
Modalità relative agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale.
Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presìdi psichiatrici extra ospedalieri.
A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge i trattamenti sanitari per malattie mentali che comportino la necessità di degenza ospedaliera e che siano a carico dello Stato o di enti e istituzioni pubbliche sono effettuati, salvo quanto disposto dal successivo articolo 8, nei servizi psichiatrici di cui ai successivi commi.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con riferimento agli ambiti territoriali previsti dal secondo e terzo comma dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, individuano gli ospedali generali nei quali, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, devono essere istituiti specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura.
I servizi di cui al secondo e terzo comma del presente articolo – che sono ordinati secondo quanto è previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, per i servizi speciali obbligatori negli ospedali generali e che non devono essere dotati di un numero di posti letto superiore a 15 – al fine di garantire la continuità dell’intervento sanitario a tutela della salute mentale sono organicamente e funzionalmente collegati, in forma dipartimentale con gli altri servizi e presìdi psichiatrici esistenti nel territorio.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano le istituzioni private di ricovero e cura, in possesso dei requisiti prescritti, nelle quali possono essere attuati trattamenti sanitari obbligatori e volontari in regime di ricovero.
In relazione alle esigenze assistenziali, le province possono stipulare con le istituzioni di cui al precedente comma convenzioni ai sensi del successivo articolo 7.
I principi ispiratori della legge 180/1978 sono stati integralmente trasfusi nella L. n. 833/1978, di poco successiva, istitutiva del Servizio sanitario nazionale:
TITOLO I
Il Servizio sanitario nazionale
Capo I – Principi ed obiettivi
art. 1 L. n. 833/1978:
I principi
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale.
La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
(omissis)
Nel Servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività.
art. 2 L. n. 833/1978:
Gli obiettivi
Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante:
(omissis)
4) la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica;
(omissis)
Il Servizio sanitario nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue:
(omissis)
g) la tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici;
(omissis)
art. 13 L. n. 833/1878:
Attribuzioni dei Comuni
Sono attribuite ai Comuni tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non siano espressamente riservate allo Stato ed alle Regioni.
I Comuni esercitano le funzioni di cui alla presente legge in forma singola o associata mediante le Unità sanitarie locali, ferme restando le attribuzioni di ciascun Sindaco quale autorità sanitaria locale.
(omissis)
art. 14 L. n. 833/1978
Unità sanitarie locali
(omissis)
Nell’ambito delle proprie competenze, l’Unità sanitaria locale provvede in particolare:
c) alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;
(omissis)
i) all’assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche;
l) all’assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
(omissis)
art.33 L. n. 833/1978:
Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti
dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del Sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove, necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’Unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l’infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Chiunque può rivolgere al Sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio.
Sulle richieste di revoca o di modifica il Sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato.
art. 34 L. n. 833/1978:
Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale
La legge regionale, nell’ambito della Unità sanitaria locale e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute, disciplina l’istituzione di servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
Le misure di cui al secondo comma dell’articolo precedente possono essere disposte nei confronti di persone affette da malattia mentale.
Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma.
Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della Unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.
Nei casi di cui al precedente comma il ricovero deve essere attuato presso gli ospedali generali, in specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura all’interno delle strutture dipartimentali per la salute mentale comprendenti anche i presidi e i servizi extraospedalieri, al fine di garantire la continuità terapeutica. I servizi ospedalieri di cui al presente comma sono dotati di posti letto nel numero fissato dal piano sanitario regionale.
art. 35 L. n. 833/1978:
Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale
Il provvedimento con il quale il Sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il Comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al Sindaco. In caso di mancata convalida il Sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.
Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal Sindaco di un Comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al Sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il Comune di residenza. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’Interno, e al consolato competente, tramite il Prefetto.
Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al Sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso.
Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il Sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo.
La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al Tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.
Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma del presente articolo, il Sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al Tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al Tribunale
mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Il Presidente del Tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico Ministero.
Il Presidente del Tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico Ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione.
Sulla richiesta di sospensiva il Presidente del Tribunale provvede entro dieci giorni.
Il Tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico Ministero, dopo avere assunto le informazioni e raccolto le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti.
I ricorsi ed i successivi provvedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non è soggetta a registrazione.
Si è ritenuto di riportare anche disposizioni non direttamente coinvolte nella fattispecie di causa per illustrare la ratio complessiva della disciplina in materia di disagio mentale e di T.S.O., sulla quale ci si è anche prima soffermati e si tornerà poco oltre.
A fronte delle disposizioni sopra riportate, l’impostazione di parte ricorrente – che si impernia sulla natura del trattamento sanitario obbligatorio, del quale esalta gli aspetti di provvedimento amministrativo diretto alla generale tutela degli interessi della collettività, per inferirne l’attribuzione all’autorità comunale soltanto del prelevamento coatto del malato di mente, quale operazione di polizia amministrativa – non può non apparire viziata da quella unilateralità ed eccessiva schematicità che supra il collegio ha già definito inadeguata al fine di individuare la linea di confine (o di intreccio, come forse più esattamente si dovrebbe dire) fra le rispettive competenze sanitarie e comunali.
Al trattamento sanitario obbligatorio si arriva attraverso un procedimento complesso, nel quale ciascuna delle due amministrazioni svolge un ruolo consono alle specifiche competenze tecnico-ammistrative che le sono proprie.
L’iniziativa compete ovviamente all’autorità sanitaria, secondo un sub-procedimento (o fase o segmento procedimentale) bifasico, con redazione della proposta e successiva convalida della stessa da parte di sanitario del pubblico servizio; l’autorità comunale interviene in un secondo momento, per adottare – in veste di autorità sanitaria locale – il provvedimento che dispone il T.S.O.
Nonostante la netta inversione di tendenza della normativa (e prima ancora della scienza psichiatrica) realizzatasi con la L. n. 180/1978, nota come “legge Basaglia” dal nome dello psichiatra Franco Basaglia che fu teorico e sperimentatore del nuovo approccio alla malattia mentale poi ispiratore della relativa disciplina – improntata a criteri di non discriminazione, non segregazione, recupero, rispetto e tutela della dignità e della libertà delle persone affette da patologie mentali, delle quali non si presume più la pericolosità sociale, cercandosi in ogni modo di favorirne il consenso alla terapia – non si può tuttavia concordare con la difesa del Comune resistente laddove afferma che, anche nelle residue ipotesi in cui la libertà del malato di mente viene ad essere conculcata (per una valutazione comparativa degli interessi coinvolti operata già a livello normativo) attraverso l’imposizione di un trattamento sanitario che egli non ha scelto e che anzi rifiuta, sia assente ogni connotazione di tutela della pubblica sicurezza e dell’incolumità.
Vero è che innanzitutto è la stessa salute del malato ad essere contemplata e tutelata dalla normativa in esame, ma altrettanto vero è che vi sono ipotesi nelle quali (come sopra già sottolineato) la libertà del singolo di non sottoporsi a terapie e ad ospedalizzazione deve recedere anche a tutela dell’interesse pubblico alla pacifica convivenza ed alla incolumità pubblica, che in alcune manifestazioni il disagio mentale mette in pericolo per le espressioni violente ed incontrollate in cui può sfociare, come la cronaca tristemente insegna.
Ciò è perfettamente coerente con l’art. 32 della Carta costituzionale, richiamato dal secondo comma dell’art. 33 L. n. 833/1978, che contempera il rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura, con altre esigenze pubbliche e private.
E’ proprio l’art. 32 Cost. che, riconoscendo la tutela della salute come un diritto dell’individuo, ma d’altra parte riconoscendo anche alla collettività un interesse alla tutela della salute stessa, che consente i trattamenti sanitari obbligatori. D’altra parte, l’abbandono della presunzione assoluta di pericolosità sociale a carico dei malati psichici non può giungere a negare radicalmente e pregiudizialmente l’esistenza di casi di pericolosità sociale, ed è necessario che vi si faccia fronte con ogni mezzo consentito dall’ordinamento.
4. – Così richiamate le norme e fissati i principi che devono applicarsi alla controversia, possono esaminarsi le specifiche censure dedotte dalla ricorrente Azienda avverso l’ordinanza sindacale che ha disposto un T.S.O. nei confronti di un malato, prevedendo a carico dell’Ospedale di Vittoria l’esecuzione del prelevamento del malato stesso al di lui domicilio e l’accompagnamento con proprio personale infermieristico ed ambulanza.
4.1 – Secondo il primo motivo dedotto dalla ricorrente Azienda – come già esposto – l’ordinanza sarebbe illegittima innanzitutto sotto il profilo della assenza, nella disciplina (la stessa su richiamata) del T.S.O., di un potere sindacale di disporre l’accompagnamento degli infermi a carico del personale sanitario e con mezzi dal medesimo approntati.
La normativa di riferimento, e, segnatamente, l’art. 34 L. n. 833/1978, dedicato specificamente agli “accertamenti e trattamenti sanitari volontari o obbligatori per malattia mentale” dispone, al comma terzo, che “Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma”.
La previsione è generale, e, anche a causa della sua collocazione, deve intendersi riferita all’attuazione sia dei trattamenti volontari sia di quelli obbligatori.
E’ naturale che gli interventi in materia sanitaria di cui trattasi siano di norma (solitamente, quindi) affidati per intero (esclusa l’adozione della relativa ordinanza da parte del Sindaco) alle strutture ed al personale del Servizio sanitario, secondo le specifiche competenze delle diverse articolazioni di detto Servizio. L’adozione di una formula elastica (“di norma”) tuttavia dimostra che il legislatore ha volutamente tenuto presente la possibilità di interventi congiunti, con altrettanto ovvio e naturale coinvolgimento del Sindaco quale autorità sanitaria locale (art. 13 L. n. 833/1978, poco prima riportato, precisamente secondo comma), atteso che al Comune sono attribuite “tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non siano espressamente riservate allo Stato ed alle Regioni” (primo comma dello stesso art. 13), e che i Comuni esercitano le funzioni amministrative in materia sanitaria “in forma singola o associata mediante le Unità sanitarie locali” (ibidem, secondo comma).
Con riferimento al problema delle rispettive competenze in caso di T.S.O. per malattia mentale, devono, ad avviso del collegio, distinguersi due ipotesi.
A) Se il malato di mente per il quale si riveli necessario, a giudizio dei sanitari, un T.S.O. con ospedalizzazione, per le specifiche condizioni psicofisiche possa essere prelevato al domicilio e trasportato all’ospedale di destinazione dal solo personale sanitario (si pensi ad un malato non aggressivo ma incapace di intendere, di volere, di esprimere un qualsivoglia consenso o dissenso, e tuttavia bisognoso di terapie praticabili soltanto in ambiente ospedaliero), non appare necessario anche l’intervento della polizia municipale, ed allora non può che farsi applicazione della regola generale secondo cui gli
interventi sanitari competono (di norma) alle strutture sanitarie.
B) Nelle ipotesi nelle quali invece si sia in presenza non già della semplice impossibilità/incapacità di esprimere consenso o dissenso, bensì di un atteggiamento di rifiuto del trattamento sanitario, che renda necessaria la coazione anche fisica, essendo prevedibile un atteggiamento di resistenza e di agitazione da parte del malato, il quale non consente alla esecuzione del trattamento sanitario ritenuto necessario dalle autorità sanitarie e disposto dal Sindaco dietro iniziativa delle stesse, il malato stesso andrà prelevato dalla polizia municipale e da questa accompagnato al presidio ospedaliero di destinazione, insieme con il personale medico e paramedico necessario alla somministrazione di terapie durante il viaggio, e comunque alla continua supervisione degli aspetti medico-assistenziali.
E’ ovvio che una soluzione di questo tipo (non uniforme e soprattutto non predeterminabile, ma da modulare di volta in volta sulle esigenze specifiche del caso concreto) richiede un atteggiamento di totale collaborazione fra l’autorità sanitaria e quella comunale, dovendo essere i medici proponenti ad indicare motivatamente le ragioni sanitarie per le quali di volta in volta si ritiene ovvero non si ritiene necessaria anche la presenza della polizia municipale.
Ciò – pur non essendo espressamente previsto dalla normativa richiamata ed applicabile – discende dai principi e dal sistema di competenze come delineato dalla stessa legge Basaglia poi recepita nella legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, sistema in cui all’autorità sanitaria è demandata la valutazione degli aspetti più strettamente attinenti alla salute del malato, alla sua personalità, alle problematiche mediche, ed all’eventuale rischio di atteggiamenti violenti che possano mettere in pericolo lo stesso paziente, il personale sanitario e/o terze persone.
La prima censura è dunque fondata nella parte in cui rileva l’incompetenza dell’autorità comunale ad effettuare una valutazione involgente gli aspetti sanitari sopra più precisamente indicati.
Essa è invece infondata nella parte in cui attraverso essa si vorrebbe giungere all’affermazione del principio (del tutto in contrasto con le competenze in materia attribuite, di norma, alle strutture sanitarie) che sempre e comunque dev’essere la polizia municipale ad occuparsi di prelevare il malato e ad accompagnarlo al presidio ospedaliero di destinazione, ed altresì nella parte in cui l’ausilio della polizia municipale, pure previsto nell’impugnata ordinanza, non viene ritenuto sufficiente, dovendo, secondo l’Azienda, il prelevamento ed il trasporto gravare in simili ipotesi esclusivamente sulla polizia municipale.
Come si è detto già all’inizio della trattazione in punto di diritto, le soluzioni tagliate con l’accetta non si addicono alla materia di cui trattasi, né sono conformi alla legge; né l’affermazione di un compito interamente affidato alla polizia municipale, né, al contrario, l’affermazione di un compito di esclusiva pertinenza sanitaria appaiono compatibili con il sistema normativo in vigore e con le concrete esigenze che la materia impone di tenere in considerazione.
Pertanto, per tutte le considerazioni esposte, la censura deve, nei termini sopra precisati, in parte essere accolta ed in parte essere respinta, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata in parte qua.
4.2 – Con il secondo motivo di gravame l’Azienda sanitaria ricorrente deduce l’illegittimità del predetto provvedimento anche sotto il profilo della mancanza di motivazione e del contrasto con i risultati dell’istruttoria condotta dai sanitari, i quali non avevano ritenuto necessario l’uso dell’ambulanza, ed avevano altresì escluso la necessità di assistenza medico-infermieristica durante il trasporto.
Su ciò nulla dice in effetti l’impugnata ordinanza, che si limita a prescrivere l’esecuzione a carico della struttura ospedaliera di Vittoria e del relativo personale sanitario, con un cenno alla “eventuale” assistenza della polizia municipale ove ritenuta necessaria.
Il procedimento da cui è scaturita l’ordinanza impugnata è improntato a scarsa collaborazione fra le amministrazioni coinvolte.
Il Sindaco del Comune di Vittoria ignora del tutto le conclusioni espresse dall’autorità sanitaria proponente, seguendo un proprio schema rigido e predeterminato, ed omettendo di motivare le proprie statuizioni anche laddove contraddicono dette conclusioni; dal canto suo, l’autorità sanitaria si ritiene – nei casi in cui non sia necessaria l’ambulanza – per ciò solo del tutto sollevata da ogni compito inerente il trasporto dell’ammalato in ospedale.
Entrambe le posizioni, rigide e schematiche, sono, per tutto ciò che si è esposto, inconciliabili con lo spirito che informa
la legge Basaglia, alla quale è estranea l’ottica repressiva insita nell’accompagnamento coattivo totalmente affidato a personale di polizia municipale del tutto privo della necessaria competenza tecnica e dell’esperienza necessaria per trattare con soggetti affetti da disagio mentale in modo da contenerne l’eventuale aggressività con il minor sacrificio possibile della loro dignità.
In definitiva, se si escludono i casi di totale inoffensività del paziente (per es., soggetti catatonici, abulici, o con forte compromissione dello stato di salute fisica e grave debilitazione), da valutare da parte dell’ autorità sanitaria (nel qual caso soccorre la regola che si è visto essere quella generale, dettata dall’art. 34 L. n. 833/1978, che affida l’esecuzione degli interventi sanitari alla ordinaria competenza delle strutture sanitarie), l’azione del personale sanitario e del personale di polizia municipale deve essere congiunta, con ovvia diversificazione dei compiti a ciascuno contestualmente spettanti: assistenziali e terapeutici quelli dei sanitari, di prevenzione di possibili atteggiamenti pericolosi e di uso della coazione fisica, ove assolutamente necessario ad eseguire un trattamento sanitario non accettato, quello della polizia municipale.
Pertanto, anche tale censura è da ritenere solo in parte fondata; essa è fondata nella parte in cui rileva il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata sulle ragioni per le quali si ritiene di disporre il prelevamento ed il trasporto a carico dell’Ospedale di Vittoria nonostante la diversa opinione espressa in sede di proposta (v. nota prot. n. 46/01, del 25 gennaio 2001, dell’Aiuto corresponsabile del Dipartimento salute mentale di Vittoria, di convalida della proposta di altro sanitario del Dipartimento in pari data), ed infondata nella parte in cui essa è diretta alla implicita affermazione di regole generali volte ad escludere la collaborazione di personale sanitario e di personale della polizia municipale, addossando esclusivamente a quest’ultimo – nella stragrande maggioranza dei casi, sembra di capire, cioè tutte le volte in cui non sia necessaria l’ambulanza e la somministrazione di terapie (fleboclisi, iniezioni e quant’altro) – il compito di eseguire le ordinanze che dispongono trattamenti sanitari obbligatori con ospedalizzazione.
5.- La parziale reciproca soccombenza importa compensazione integrale delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania (sez. II) – in parte accoglie, in parte rigetta, come precisato in motivazione, il ricorso in epigrafe, annullando l’ordinanza impugnata nella parte in cui essa, senza motivazione, ed in contraddizione con quanto stabilito negli atti di impulso dell’autorità sanitaria, pone a carico dell’Ospedale di Vittoria e del personale sanitario di esso il prelevamento ed il trasporto della paziente soggetta a T.S.O. con propri mezzi, e nella parte in cui essa, altrettanto immotivatamente, dispone solo in via eventuale la collaborazione di personale della polizia municipale.