Il piano socio-sanitario in Sicilia


Sicilia

Decreto del Presidente della Regione 2 gennaio 2006



(Gurs del 27 gennaio 2006 n. 4)

Visto il D.P.R.S. n. 243 del 4 novembre 2002, relativo alle “Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione siciliana”;

Considerato che nella seduta del 22 luglio 2005 il tavolo tecnico per la realizzazione delle politiche sull’handicap nella Regione siciliana, istituito con il D.P.R.S. n. 180/serv.2°/S.G. del 24 settembre 2003, ha definito in sede tecnica il Piano triennale della Regione siciliana a favore delle persone con disabilità e che le risultanze del lavoro svolto hanno contribuito alla stesura definitiva della proposta del Piano di cui trattasi;

Preso atto della deliberazione della Giunta regionale n. 370 del 2 agosto 2005, che approva il “Piano triennale della Regione siciliana per le persone con disabilità” dando mandato all’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, considerate le richieste di modifiche ed integrazioni, di disporre il coordinamento tecnico, con l’Assessore per la sanità, e la stesura complessiva del Piano in parola;

Preso atto della nota prot. Gab. n. 3088 del 20 ottobre 2005, con la quale l’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali trasmette la stesura complessiva del “Piano triennale della Regione siciliana per le persone con disabilità”, tenuto conto delle modifiche e integrazioni dell’Assessorato della sanità, proposte con nota n. prot. 1850/Gab.-S.T. del 12 ottobre 2005;

Preso atto della deliberazione della Giunta regionale n. 475 del 26 ottobre 2005, che approva la stesura definitiva del “Piano triennale della Regione siciliana a favore delle persone con disabilità”;

Su proposta dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, formulata con nota n. 3875 del 16 dicembre 2005;

Decreta:

Articolo unico



E’ approvato il “Piano triennale della Regione siciliana a favore delle persone con disabilità”, nel testo allegato al presente decreto.

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PIANO TRIENNALE DELLA REGIONE SICILIANA A FAVORE DELLE PERSONE CON DISABILITA’



Tavolo tecnico per la realizzazione delle politiche sociali sull’handicap nella Regione siciliana D.P.R.S. n. 180/Serv. 2°/S.G. del 24 settembre 2003

1. Diritto di cittadinanza

1.1. Le pari opportunità



La Regione siciliana intende garantire una reale e completa attuazione del diritto di cittadinanza delle persone con disabilità, nell’ambito del sistema di riforma delle attività e dei servizi socio-sanitari, tenendo conto delle indicazioni e degli indirizzi contenuti nella legge 8 novembre 2000, n.328 e nel decreto legislativo n. 229 del 1999.

Per raggiungere questo obiettivo la Regione vuole sostenere il passaggio dal modello medico, che privilegia la ricerca di standard di salute, al modello socio-sanitario, tecnicamente definibile come bio-psico-sociale, che si concentra soprattutto sugli obiettivi di riduzione dei condizionamenti fisici, sensoriali e psichici della disabilità, per contrastare ogni percorso volto alla esclusione e alla emarginazione, sostenendo le pari opportunità per tutti i cittadini.

In particolare, i più recenti processi di riforma sociale individuano nella ricerca del “ben-essere” il punto di incontro tra obiettivi sociali, economici e sanitari, riconducendoli ad un’unica strategia operativa e attuativa, da realizzarsi all’interno di un sistema integrato organizzato. I livelli di efficacia e di efficienza del sistema sono direttamente proporzionali alla qualità del processo di partecipazione degli attori sociali locali e, quindi, alla praticabilità del programma di gestione dei servizi sul territorio e alla loro corrispondenza con il punto d’incontro tra domanda e offerta.

Occorre, pertanto, garantire attraverso opportune azioni di sostegno, di indirizzo e di supporto, tutte le forme di partecipazione attiva delle persone con disabilità, delle loro famiglie e delle organizzazioni di privato sociale che operano nel settore, ai processi di definizione delle politiche socio-sanitarie, così come di tutte le attività di monitoraggio, di analisi e di valutazione in grado di migliorare la qualità della vita di ogni cittadino, a cominciare da coloro che presentano maggiori rischi di emarginazione.

Il percorso di riforma non può prescindere dall’affermazione di una cultura che non consideri più il disabile soprattutto per la sua appartenenza ad una specifica categoria di disagio ma in quanto cittadino titolare di diritti e di doveri e di attore sociale di pari dignità; una cultura che si ponga l’obiettivo di trasformare lo stato di emarginazione in risorsa umana e strutturale al servizio dell’intera comunità, grazie al valore aggiunto acquisito in termini di esperienza e di solidarietà.

1.2. La presa in carico



La centralità del ruolo del cittadino e della famiglia rispetto al sistema di rete dei servizi socio-sanitari territoriali presuppone un progressivo rafforzamento dei percorsi di integrazione sociale, proprio per rendere stabili e permanenti i livelli di partecipazione e di condivisione, tanto dei saperi e delle competenze, quanto delle responsabilità.

Sono il sostegno e il consolidamento del processo di integrazione nell’ambito di un sistema definito a rappresentare, nel quadro dello sviluppo sociale sostenibile, i livelli di applicabilità di un programma globale di contrasto ad ogni forma di esclusione e di discriminazione. E nei percorsi dedicati all’affermazione di questo principio universale la presa in carico definisce uno dei momenti fondamentali per l’impostazione e il mantenimento del rapporto persona/famiglia/sistema dei servizi/contesto sociale, garantendo il “governo coordinato dell’insieme degli interventi sulle condizioni che ostacolano l’inserimento sociale scolastico e lavorativo”, con il fine di “valorizzare le capacità e le abilità delle persone con disabilità” per il conseguimento delle pari opportunità di condizione tra i cittadini. Questo orientamento corrisponde alla nuova classificazione ICF dell’OMS, per la quale la presa in carico deve essere “la strategia di attenzione di servizi, distribuiti omogeneamente sul territorio, verso la condizione di svantaggio delle persone che stabilmente o temporaneamente vivono la condizione di disabilità”. Ma si colloca anche all’interno di quel nuovo indirizzo di pensiero che persegue il raggiungimento di una forma di welfare della persona, in grado di accompagnare il cittadino lungo l’intero percorso della vita (long life), rendendolo protagonista e attore di scelte e di strategie, anche di tipo relazionale.

Per completare il quadro degli interventi necessari al raggiungimento del benessere del cittadino e della comunità, occorre che il processo integrativo includa anche la presa in carico degli obiettivi di salute, attraverso la promozione del principio di riabilitazione e cioè del “complesso di interventi orientati a contrastare gli esiti dei deficit, a sostenere il raggiungimento di livelli massimi di autonomia fisica, psichica e sociale, a promuovere il benessere psichico e la più ampia espressione della vita relazionale e affettiva”.

All’interno di questo scenario istituzionale si dispone il Piano triennale in favore delle persone con disabilità, in attuazione della legge regionale n. 68 del 18 aprile 1981, fermo restando quanto dettato dal precedente Piano di cui alla legge regionale n. 16 del 20 marzo 1986, per attuare nelle varie realtà quotidiane “Modelli operativi” secondo quanto previsto dalle ultime leggi in materia di disabilità e precisamente dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, n. 104 del 5 febbraio 1992, dalla legge n. 68/99 sul diritto al lavoro, dalla legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, n. 328 dell’8 novembre 2000 e, a livello regionale, secondo quanto previsto dal Piano sanitario ed in particolare dal punto 5.5.13. “Tutela dei disabili”.

Il presente Piano recepisce gli indirizzi atti a consolidare il processo di aziendalizzazione, governato dai principi di efficienza, efficacia, economicità, per realizzare una presa in carico globale della persona disabile che si concretizzi attraverso una rete integrata di servizi che mirano a garantire il miglioramento della qualità della vita della persona disabile e, nel contempo, a conseguire un controllo economico-gestionale e non necessariamente il contenimento delle spese socio-sanitarie in ambito di disabilità, come disposto dalla legge n. 502/92 e dalle successive modifiche ed integrazioni, sino ad arrivare al decreto legislativo n. 229/99.

Il presente Piano tiene conto delle “Linee guida del Ministero della sanità per le attività di riabilitazione”, di cui al provvedimento 7 maggio 1998 e già recepite dalla Regione siciliana con il Piano sanitario regionale 2000/2002.

Pertanto, obiettivo principale del presente Piano è la programmazione di interventi a favore della persona disabile secondo quanto previsto dal Piano sanitario regionale, punto 5.5.13 e dalla legge-quadro n. 328, art. 14, commi 1 e 2 e quindi la predisposizione per ogni persona disabile di un “Progetto globale unitario per il superamento della disabilità che prevede quattro ambiti di intervento con i relativi piani specifici”:

– sanitario o clinico-riabilitativo (terapeutico), per migliorare le opportunità offerte dai servizi sanitari, socio-sanitari e assistenziali;

– integrazione scolastica, per adeguare il sistema scolastico;

– integrazione socio-economica o lavorativa, per adeguare il sistema della formazione e delle politiche del lavoro;

– inserimento ed integrazione sociale con la tutela dello stato giuridico, per impegnarsi maggiormente per la eliminazione delle barriere architettoniche, porre un’attenzione continuativa alle politiche dei disabili senza famiglia, aumentare le opportunità per il tempo libero, lo sport e la cultura.

Compito primario del Piano sarà quindi quello di “sviluppare percorsi integrati e politiche concertative non solo tra enti ma, con le persone, le famiglie, le loro rappresentanze associative, per avviare sinergie indispensabili alla presa in carico del disabile e della sua famiglia, alla soluzione dei problemi”.

1.3. Il quadro normativo



Negli ultimi anni il quadro legislativo di riferimento sulla disabilità, in sintonia con i nuovi indirizzi delle politiche socio-sanitarie comunitarie e nazionali, ha allargato la sua azione dallo specifico settore medico-assistenziale a quello più ampiamente sociale che comprende anche i diritti di cittadinanza, la formazione e l’istruzione, il lavoro, fino ai diversi rapporti con l’ambiente e le relative infrastrutture, dalle barriere architettoniche ai trasporti.

I riferimenti più importanti che riguardano la vigente normativa sono:

– legge 30 marzo 1971, n. 118 “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”;

-legge regionale 6 marzo 1976, n. 24 – Addestramento professionale dei lavoratori;

– legge 4 agosto 1977, n. 517, “norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico”;

– D.P.R. n. 384/78 “Regolamento di attuazione dell’art. 27 della legge 30 marzo 1971, n. 118, a favore dei mutilati e invalidi civili, in materia di barriere architettoniche e trasporti pubblici”;

– art. 32, legge 28 febbraio 1986, n. 41, in materia di superamento delle barriere architettoniche;

– legge regionale 9 maggio 1986, n. 22, “Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia;

– decreto ministeriale n. 236/89 “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”;

– legge n. 104/92, legge quadro sull’handicap;

– D.P.R. n. 503/96 “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”;

– legge n. 162/98, sulla vita indipendente;

– legge n. 68/99, sul diritto al lavoro;

-decreto legislativo n. 229/99, sulla razionalizzazione del servizio sanitario nazionale;

– decreto ministeriale n. 332/99, sugli ausili;

– legge n. 13/99, sull’abbattimento delle barriere architettoniche;

– legge n. 17/2000, sul sostegno agli studenti universitari;

– legge n. 24/2000 artt. 21, 22, 23, 24, 25, 26 e 27, sulle misure attuative della legge n. 68/99;

– legge n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;

– D.P.R.S. 11 maggio 2000 “Piano sanitario regionale 2000/2002”;

– D.P.C.M. 14 febbraio 2001, “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”;

– decreto n. 890 del 17 giugno 2002 “Direttive per l’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie della Regione siciliana e successive integrazioni e modifiche”;

– decreto presidenziale 4 novembre 2002, sulle linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione siciliana;

– legge regionale n. 10/2003, “Norme per la tutela e la valorizzazione della famiglia”;

– legge n. 131/2003, sulle modifiche al titolo V della Costituzione;

– art. 14 del decreto legislativo attuativo della legge n. 30/2003;

– legge 9 gennaio 2004, n. 4, “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”;

– legge 9 gennaio 2004, n. 6, “Introduzione nel 1° libro, titolo XII, del codice civile del capo 1°, relativo all’istituzione dell’Amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile, in materia di interdizione e inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali;

– decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76 “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’art. 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53”.

Anche se il quadro legislativo complessivo appare alquanto elaborato e vario, attraversando e comprendendo i diversi settori delle politiche a favore delle persone con disabilità, pur tuttavia si avverte la mancanza di uno strumento di sintesi, capace di avviare e gestire un processo di coordinamento anche in termini di rapporto tra norma e azione prevista, rendendo più funzionale e praticabile il modello sistematico di governo individuato dal Piano socio-sanitario regionale, in attuazione della riforma dei servizi e delle attività in materia sociale e sanitaria, come previsto dalla legge n. 328/2000 e dal decreto legislativo n. 229/99.

In ogni caso, anche se la riforma socio-sanitaria prevede, nella sua evoluzione sistematica, di definire una legge quadro regionale per le politiche e le attività socio-sanitarie che integri e coordini tutti gli indirizzi e i riferimenti normativi territoriali, compatibili con la platea legislativa di riferimento, comunitaria e nazionale, come annunciato nelle “Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione siciliana”, decreto presidenziale 4 novembre 2002, cap. 4, comma 4.1., si conferma come punto programmatico determinante la capacità di promuovere, durante il periodo di completamento della fase sperimentale triennale e in piena integrazione con la stessa, la ricerca di un percorso che renda l’applicazione della norma la più trasparente e funzionale possibile al conseguimento dei risultati e degli obiettivi previsti, anche a livello settoriale.

1.4. La legge n. 328/2000



La legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, n. 328 del 2000, al capo V, “Interventi, servizi ed emolumenti economici”, sezione I, art. 22, definisce le caratteristiche e i criteri che determinano il complesso articolato delle attività e dei servizi sociali, sottolineando al comma 2 i livelli essenziali delle prestazioni erogabili: “Ferme restando le competenze del servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale…”.

Tra i livelli essenziali così definiti, risultano al punto b) dello stesso art. 22, quelli riferiti alle “misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana”; al punto f) gli “interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell’art. 14; la realizzazione per i soggetti di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all’art. 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché l’erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie”; al punto g) gli “interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semi-residenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio”.

L’art. 14, capo III della legge n. 328/2000, definisce i criteri per la redazione dei progetti individuali per le persone disabili, a integrazione e completamento dei piani di zona distrettuali, con riferimento all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Su richiesta diretta dell’interessato i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono un progetto individuale che comprende sia le prestazioni di cura e riabilitazione che i percorsi di recupero e integrazione sociale, utili a fronteggiare e superare ogni forma di disagio soggettiva e familiare, dando indicazione delle misure economiche adottate oltre che delle relative disposizioni operative.

La definizione del progetto individuale richiede azioni congiunte di differenti professionalità che devono essere presenti all’interno delle diverse istituzioni competenti. In una organizzazione di sistema territoriale la competenza della sua elaborazione dovrebbe essere assegnata agli organismi tecnici e di governo del distretto socio-sanitario. Per la predisposizione dei progetti è necessario sviluppare azioni di collegamento in rete con gli altri uffici e servizi sociali, sanitari, educativi e formativi che hanno preso in carico la persona disabile, anche attraverso azioni di verifica e accertamento. Occorre sottolineare la centralità del ruolo che in questo contesto viene assunto dalla stessa persona disabile, alla quale bisogna riferirsi in quanto soggetto attivo nei processi di rafforzamento delle sue capacità e professionalità.

Pertanto, un approccio corretto al progetto individuale dovrebbe contenere:

– storie di vita, ovvero l’insieme dei percorsi personali e istituzionali del soggetto;

– documentazioni delle prese in carico;

– valutazione delle capacità ed abilità residue, anche facendo riferimento all’atto di indirizzo del decreto attuativo D.P.C.M. 10 gennaio 2000 della legge n. 68/99, ai D.M. sui profili dinamico-funzionali nella scuola del 1994, ai piani individualizzati previsti dalla legge n. 162/98, ai piani terapeutico-riabilitativi compresi nelle linee guida sulla riabilitazione;

– valutazione delle autonomie, ovvero accertamento delle condizioni psico-fisiche, assistenza personale, sostegno alla vita sociale e di relazione, azioni di empowerment;

– individuazione degli ausili utili e delle necessità di adeguamento dei luoghi di vita e di relazione;

– azioni positive e soluzione dei problemi connessi con l’autonomia e l’autodeterminazione, l’acquisizione di competenze ed abilità, lo sviluppo di relazioni sociali ed interpersonali;

– bilancio di competenze.

Nell’ambito del processo di trasferimento di tutta la programmazione socio-sanitaria nel sistema dei servizi e delle attività definito dalla legge n. 328/2000 e attuato attraverso i Piani sociali regionali, si rende necessaria una verifica dello stato di attuazione della legge n. 104/92, in modo da garantire la graduale ri-comprensione di tutte le esperienze positive prodotte, in termini di organismi operativi e di azioni.

2. L’area della disabilità nell’ambito del piano socio-sanitario regionale

2.1. Il ruolo della Regione siciliana



Il piano triennale regionale per le persone con disabilità, al fine della sua valorizzazione e organizzazione, non può prescindere da un corretto inserimento nell’ambito del programma di riforma delle politiche e dei servizi sociali e del relativo progetto sperimentale triennale di realizzazione, così come definito nelle “Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione siciliana”. In questo modo, perseguendo il piano regionale la piena integrazione con il sistema sanitario, dal quale ha mutuato l’organizzazione dei distretti e gli strumenti di governo locale, quali il comitato dei sindaci di distretto e la conferenza dei sindaci, per analogia procedurale e operativa anche il piano triennale per le persone con disabilità verrebbe ad inserirsi in un contesto organico e definito, realizzando al meglio gli obiettivi di partecipazione, di condivisione e di concertazione.

Di fatto le linee guida di avviamento al Piano regionale così disegnano il contesto di riferimento: “La Regione siciliana in attuazione del principio di uguaglianza, non discriminazione, di libera partecipazione, di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2, 3, 38 e 118 della Costituzione italiana, intende disciplinare la materia degli interventi e dei servizi socio-sanitari”.

Attraverso le “Linee guida”, inoltre, la Regione:

– introduce una prima analisi della disabilità in Sicilia, che non intende colmare il debito informativo in materia di disabilità, ma tenta, sulla base dei dati presenti, di dare un primo quadro di riferimento;

– tratteggia il percorso di tutela sociale dei disabili in rapporto ai livelli di domanda e offerta di servizi sociali;

– definisce i punti programmatici che costituiscono la platea d’intervento triennale, determinando i confini dell’impegno progettuale, gestionale ed organizzativo vincolante per le parti sociali, in ambito di redazione dei piani di zona, anche in attuazione dell’art. 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

In virtù di quanto premesso, la Regione “promuove la piena integrazione della persona disabile nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, nella società, nei trasporti e nelle attività turistiche e ricreative, richiamando una maggiore collaborazione tra gli Assessorati enti locali (ora della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali), sanità, pubblica istruzione e lavoro e formazione, attraverso:

– la valorizzazione della famiglia ed il sostegno delle responsabilità familiari lungo tutto il ciclo di vita della persona con disabilità;

– il massimo sviluppo dell’autonomia e delle abilità possibili;

– la rimozione degli ostacoli che aggravano la condizione di disabilità;

– la promozione di pari opportunità;

– il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza in termini di misure assistenziali, educative, riabilitative, lavorative e di integrazione;

– l’erogazione delle prestazioni ed interventi funzionali all’efficace attuazione dei progetti individuali;

– la concessione di contributi per l’acquisto di strumenti tecnologici innovativi atti ad agevolare l’autonomia e il reinserimento sociale e professionale;

– la valorizzazione della partecipazione dei singoli, delle famiglie e dei soggetti sociali alla progettazione e attuazione degli interventi;

– la definizione di percorsi formativi e di accompagnamento al lavoro”.

In riferimento ai principi contenuti nel Piano sociale nazionale e nelle linee guida per l’attuazione del Piano socio-sanitario regionale, la Regione siciliana intende sostenere e promuovere:

– la concessione di contributi ai disabili e alle loro famiglie, per l’acquisto di servizi abilitativi e riabilitativi nuovi ed innovativi, comunque in grado di conseguire risultati riconoscibili dal punto di vista scientifico, sociale ed educativo;

– la pratica dello sport per le persone disabili, in coerenza con la risoluzione del dicembre 2000 del Consiglio europeo, prevedendo finanziamenti per gli enti che presentino progetti di inclusione e di integrazione nella pratica dello sport sociale e per tutti;

– la ideazione e progettazione di servizi socio-assistenziali e socio-sanitari nuovi, innovativi e sperimentali, che rispettino la caratteristica della sovra-distrettualità.

La Regione intende promuovere inoltre il pieno diritto delle persone con disabilità alla fruizione degli ambienti urbani, delle strutture edilizie, del trasporto pubblico e privato, anche mediante la realizzazione di appositi progetti obiettivo.

In attuazione dei principi espressi, la Regione sottolinea la necessità di assicurare continuità alla promozione di politiche a favore dei disabili senza famiglia.

L’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, in attuazione di quanto stabilito dalle linee guida per l’attuazione dei PdZ distrettuali, predispone che, con cadenza triennale e in correlazione con la stesura del Piano socio sanitario, del quale costituirà parte integrante, venga redatto con il concorso delle parti sociali ed in attuazione delle leggi n. 328/2000 e n. 104/92 e del decreto legislativo n. 229/99, il Piano triennale a favore delle persone con disabilità.

Il piano triennale a favore delle persone con disabilità ha lo scopo di:

– definire le priorità di intervento e di indirizzo in materia di disabilità, anche attraverso l’analisi dei dati emersi dalla lettura e dall’aplicazione dei piani di zona distrettuali, soprattutto in materia di relazione sociale avvalendosi del S.I.R.I.S., ovvero del sistema informativo integrato socio-sanitario;

– qualificare e promuovere la pratica della concertazione, assicurando un coordinamento più continuo e permanente, a livello regionale, con la Cabina di regia e l’ufficio piano e, comunque, con tutti gli organismi regionali deputati al governo delle fasi redazionali e gestionali del Piano socio-sanitario, compresi il Tavolo di concertazione con i sindacati e il Tavolo permanente del terzo settore; analogamente, a livello provinciale e distrettuale, rafforzare e valorizzare gli strumenti di partecipazione e di democrazia condivisa con particolare riguardo ai tavoli e ai laboratori tematici settoriali e a tutti gli organismi di consulenza e di supporto previsti in ambito di gruppo di piano e di segreteria tecnica, anche mediante la promozione di osservatori provinciali per la disabilità, da inserire nel quadro del sistema informativo regionale;

– garantire ai piani di zona distrettuali, anche attraverso la definizione di modelli di organizzazione sociale innovativi, un funzionale raccordo tra il trasferimento degli indirizzi regionali e la valorizzazione dei bisogni e delle risorse locali per aumentare le capacità gestionali e le possibilità di accesso alle risorse, comprese quelle aggiuntive, assicurando una migliore qualità dei servizi e delle attività nel territorio;

– promuovere una maggiore pratica dei percorsi di integrazione socio-sanitaria, coinvolgendo tutti gli attori sociali, aziende unità sanitarie locali, enti locali, enti terzi, sindacati e privato sociale;

– contribuire alla individuazione dei bisogni formativi, in materia di disabilità, suggerendo alla Regione, alle Province e a tutti gli organismi deputati programmi e indirizzi in grado di accrescere le competenze e le professionalità dei quadri e degli operatori del settore.

2.2. Il Tavolo tecnico per la disabilità



Per realizzare ciò, in attuazione a quanto stabilito dalle linee guida regionali al cap. 5.7, è stato istituito, con D.P.R.S. n. 180 del 24 settembre 2003, presso la Presidenza e in coordinamento con gli Assessorati della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali, della sanità, del bilancio, della pubblica istruzione, del lavoro e della formazione, dei trasporti e del turismo, dei lavori pubblici, del territorio e della cooperazione e con il coordinamento per i diritti degli handicappati nella Regione siciliana, “il Tavolo tecnico per la realizzazione delle politiche sociali sulla disabilità”, per rendere omogenei ed integrati i servizi e gli interventi territoriali, a favore delle persone disabili.

Il Tavolo tecnico, per rafforzare i processi di cittadinanza attiva e per coordinare le attività di consulenza e di supporto qualificato, favorisce la partecipazione, attraverso gli strumenti della concertazione, delle associazioni di tutela dei diritti dei cittadini, delle associazioni e degli ordini professionali, delle organizzazioni sindacali, degli enti terzi competenti, degli organismi sanitari a livello regionale, provinciale e distrettuale.

Il Tavolo tecnico definisce con l’ufficio piano dell’Assessorato della famiglia, i tempi e le modalità opportune, anche attraverso la sottoscrizione di documenti e di protocolli operativi, per la migliore gestione della fase triennale prevista per l’avviamento della riforma delle politiche socio-sanitarie con l’obiettivo di favorire la piena integrazione dei rispettivi ruoli e delle diverse competenze, ottimizzando i processi di condivisione delle strategie e degli indirizzi.

2.3. Piani di zona, gruppi di piano distrettuali e tavoli tematici



Il Piano di zona dei servizi alla persona individua le attività che devono essere attivate e i risultati di salute da conseguire per favorire la piena integrazione sociale della persona con disabilità, anche con riferimento alla pratica sportiva, al turismo, alla fruizione dei beni culturali.

Al fine di assicurare livelli uniformi delle prestazioni, il Piano di zona dei servizi alla persona prevede che in ogni zona del territorio regionale siano attivati:

– servizi di aiuto personale;

– servizi di assistenza domiciliare;

– centri diurni;

– servizi di sostegno e di sostituzione temporanea della famiglia;

– servizi di integrazione scolastica e lavorativa;

– servizi di accoglienza residenziale

– programmi di aiuto alla persona ai sensi dell’art. 39, lett. 1ter della legge n. 104/92.

Il Piano di zona rappresenta, pertanto, nella riforma delle politiche e dei servizi sociali, il programma triennale territoriale fondato sul recepimento dei principi universali e generali definiti dalla Regione, tenendo conto degli indirizzi nazionali e comunitari, congiunto ad una corretta valutazione della relazione sociale, che fotografa i livelli dinamici dei bisogni in rapporto ai servizi e alle attività corrisposte, nella loro accezione qualitativa e quantitativa.

Il Piano triennale a favore delle persone con disabilità concorre, pertanto, a qualificare gli interventi e i servizi del settore, senza rinunciare ad una visione organica e unitaria delle politiche sociali, per realizzare un sistema più efficiente ed efficace basato sulla prevenzione e sulla personalizzazione degli interventi, favorendo anche la ottimizzazione della spesa e una più razionale distribuzione delle risorse.

Per ottenere questo risultato occorre rafforzare gli strumenti di analisi e di ricerca, oltre che la partecipazione attiva degli attori sociali, rendendo più funzionale e permanente il rapporto con gli enti locali, con le forze sindacali, con gli enti terzi e con il privato sociale. E’ necessario, pertanto, trasferire le funzioni del tavolo tecnico sulla disabilità in ambito locale, intervenendo con maggiore sollecitazione ed organicità nella redazione dei piani di zona e nella lettura comparata dei dati emersi, come dei risultati gestionali, imprimendo criteri di permanenza e di continuità ai tavoli settoriali e ai laboratori tematici distrettuali, contribuendo a definire meglio i criteri della rappresentatività dei soggetti sociali privati e degli enti terzi in ambito di gruppi di piano.

Di seguito si riportano le macro fasi che rappresentano la piattaforma operativa dei tavoli tecnici territoriali per le persone con disabilità, funzionali alla definizione del Piano triennale:

a) definire il piano distrettuale per le persone con disabilità, anche attraverso l’utilizzo dei piani individuali previsti dalla legge n. 104/92;

b) per la migliore disposizione del piano, realizzare modelli sempre più articolati e completi di relazione sociale, avvalendosi anche degli strumenti offerti dal Sistema informativo regionale e promovendo la creazione dell’osservatorio provinciale sulla disabilità, in attuazione del progetto regionale sulle agenzie di sviluppo sociale territoriale (cap. VI, comma 6.4 delle linee guida);

c) indirizzare la programmazione territoriale di settore secondo modalità che prevedano, in sintonia con il Piano triennale, una strutturazione delle competenze in ambito socio-sanitario, della educazione e formazione, dell’accesso al lavoro e della occupazione e del rapporto con l’ambiente e il territorio;

d) attivare, con il concorso delle parti sociali e attraverso l’utilizzo degli strumenti predisposti dal sistema regionale, azioni di monitoraggio e analisi della qualità dei servizi e delle attività avviati;

e) promuovere, sostenere e coordinare la concertazione con gli enti locali e con le aziende di unità sanitaria locale, a cominciare dal comitato dei sindaci dei distretti, avvalendosi anche del contributo dell’Anci e di Anci Federsanità, con i sindacati, con il privato sociale e gli enti terzi, favorendo la realizzazione di strumenti permanenti di incontro e di confronto, compatibili con il sistema di governo definito dal Piano socio sanitario regionale;

f) individuare i percorsi formativi utili a rimuovere ogni situazione di inadeguatezza in ambito delle professioni sociali del settore, attraverso il ricorso al bilancio dei bisogni formativi del territorio, coinvolgendo gli enti locali, i sindacati, l’Anci e Anci Federsanità, le agenzie formative accreditate, le scuole e le università e i dipartimenti regionali competenti per la successiva programmazione degli interventi;

g) individuare ambiti di progettazione mirata, soprattutto a carattere innovativo e sperimentale, per elevare il livello qualitativo della programmazione locale e contribuire attivamente al miglior utilizzo delle risorse disponibili ed alla ricerca di nuovi canali di finanziamento.

2.4. Il sistema informativo regionale integrato socio sanitario (S.I.R.I.S.)



Nelle “Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione siciliana”, licenziate con decreto presidenziale 4 novembre 2002, al capitolo 1, punto 1.4.1., si fa espresso riferimento alla necessità che “una moderna gestione amministrativa, alla luce della complessa ragnatela di relazioni sociali, politiche, culturali e demografiche che si intreccia in ogni comunità di individui, deve riporre le sue fondamenta su azioni oggettive ed attendibili riguardanti la stessa struttura della comunità, il territorio e le risorse umane e strumentali di cui può disporre”. Nello stesso capitolo si fa esplicito riferimento alla “realizzazione di un sistema informativo integrato su sanità e società, attraverso cui giungere a quel grado di conoscenza della propria realtà da amministrare, adeguato a perseguire gli obiettivi prefissati. La disponibilità di un sistema informativo permette l’avviarsi di un processo di ricerca-analisi finalizzato alla conoscenza del territorio e dei bisogni del cittadino amministrato, nonché alle eventuali proposte per il miglioramento dei rapporti con l’utenza. A tale disponibilità si giunge avvalendosi di sistemi automatizzati di raccolta dati, immagini e documenti, di classificazione e di ricerca degli stessi, che vadano a completare il quadro, non esaustivo, disponibile a livello ufficiale e costituito da pubblicazioni di dati statistici e specifiche ricerche scientifiche”.

Il Sistema informativo regionale integrato socio sanitario (S.I.R.I.S.) deve, pertanto, contribuire a definire il quadro delle infrastrutture sociali necessarie a qualificare il processo di riforma e a trasformarlo in percorso di sviluppo territoriale condiviso e compatibile, fornendo strumenti in grado di interagire nella ricerca di soluzioni migliorative dei processi di consolidamento e di affermazione del Piano socio-sanitario regionale, intervenendo anche nelle attività di individuazione delle priorità d’intervento, nella formazione permanente e a distanza e nella comunicazione sociale, attraverso il rafforzamento delle strategie di ICT, come previsto nello stesso D.P.R.S. 22 novembre 2002, al capitolo 10, punti 10.1 e 10.2.

Il S.I.R.I.S. costituisce, quindi, l’architettura tecnologica e strumentale che facilita la circuitazione delle informazioni, lo scambio delle buone prassi, le attività di banca dati e di analisi strutturata degli stessi. Soprattutto crea uniformità nei linguaggi informatici e negli standard tecnologici, velocizzando le attività di monitoraggio e le valutazioni qualitative da parte delle èquipes di esperti e dagli attori sociali. Inoltre, promuove i processi di integrazione tra centro e periferia ma anche a livello orizzontale.

Alla luce di quanto detto, occorre che il tavolo tecnico per la disabilità, a livello regionale, provinciale e distrettuale, individui nel S.I.R.I.S. il punto di riferimento tecnologico per le attività di banca dati e avvii un proficuo scambio di competenze in materia di osservatorio e di experties, con lo scopo di rendere più completo e qualificato il Piano triennale a favore delle persone disabili e i Piani distrettuali di settore.

In particolare, il Piano triennale per le persone disabili permetterà al tavolo tecnico per la disabilità, avvalendosi degli strumenti adeguati proposti dal S.I.R.I.S. e dall’osservatorio provinciale, di monitorare i livelli di integrazione raggiunti con il sistema sanitario locale, la qualità dei processi relazionali e l’efficienza degli strumenti di governo comuni, anche attraverso il ricorso alla competenza dei comitati provinciali di garanzia e con il contributo organizzativo dell’Unione regionale province siciliane (URPS), e di desumere dalla lettura dinamica dei piani di zona tutte le informazioni utili a qualificare, a livello di ciascun distretto, il quadro delle priorità, in termini di bisogni e delle risorse, in riferimento alle diverse patologie e tipologie delle persone con disabilità, in modo da compilare annualmente un “manifesto” che faciliti la comunicazione, su scala locale, del sistema attuativo delle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali più adeguate.

3. L’area della disabilità nell’ambito del Piano sanitario regionale



Il Piano sanitario regionale 2000-2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 26 del 2 giugno 2000, attualmente in vigore, al paragrafo 5.5.13. affronta il tema della “Tutela dei disabili”.

In Sicilia i portatori di handicap, in attesa di una piena attuazione della legge n. 104/92, necessitano di una attenta programmazione sanitaria che trovi il pieno raccordo con gli interventi sociali così come, peraltro, previsto dall’ultimo decreto legislativo n. 229/99.

In considerazione di ciò, e visto l’aumento delle malattie cronico-degenerative, è necessario creare un’area della disabilità che realizzi una politica globale d’interventi in favore dei disabili e coordini la realizzazione degli interventi, dei servizi e delle prestazioni in forma sanitaria ed integrata.

Per rendere concreto ciò è necessario che la presa in carico del soggetto in situazione di handicap avvenga all’interno di un programma globale unitario, che preveda quattro ambiti di intervento:

– sanitario o clinico-riabilitativo (terapeutico);

– integrazione scolastica;

– integrazione socio-economica o lavorativa;

– inserimento ed integrazione sociale con la tutela dello stato giuridico.

L’intervento sanitario o clinico-riabilitativo viene realizzato dalla Rete per la riabilitazione. Per la realizzazione degli altri interventi è necessaria una programmazione comune agli altri ambiti di intervento.

3.1. La riabilitazione



La Regione siciliana ha fatto proprie le linee guida del Ministero della sanità per le attività di riabilitazione.

La riabilitazione è un atto socio-sanitario complesso che si configura spesso come intervento multidisciplinare sia nei confronti del danno che del reinserimento sociale. I moderni orientamenti convengono nel riconoscere che per sviluppare tutta la loro efficacia le potenzialità dell’intervento riabilitativo devono agire soprattutto nella primissima fase dell’evento morboso a rischio di disabilità importanti. Ciò richiede uno spostamento massimo di risorse operative nella prima fase della malattia a rischio di disabilità ed handicap; ne consegue la necessità per il S.S.R. di garantire una maggiore qualificazione delle tecniche riabilitative nonché l’immediata collocazione del paziente con grave disabilità in una specifica struttura sanitaria riabilitativa subito dopo la fase acuta della malattia.

Nella riabilitazione deve quindi innanzitutto essere distinta una fase acuta ed una post-acuzie. Durante la fase acuta va assicurato un precoce intervento riabilitativo specifico attraverso le unità operative presenti nei presidi per acuti, nella fase post-acuzie il paziente deve essere accolto in strutture sanitarie appositamente specializzate.

L’intervento riabilitativo viene finalizzato verso quattro obiettivi:

– il recupero di una competenza funzionale che, per ragioni patologiche, è andata perduta;

– l’evocazione di una competenza che non è comparsa nel corso dello sviluppo;

– la necessità di porre una barriera alla regressione funzionale cercando di modificare la storia naturale delle malattie cronico degenerative riducendone i fattori di rischio e dominandone la progressione;

– la possibilità di reperire formule facilitanti alternative.

Si definiscono quali “attività sanitarie di riabilitazione” gli interventi preventivi, valutativi, diagnostici, terapeutici, fisiatrici e le altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazioni a contenere o minimizzare la sua disabilità, ed il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestire, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale.

L’intervento riabilitativo ha inizio nel momento stesso in cui si instaura il danno e prevede dal punto di vista cronologico tre stadi:

– il primo stadio si verifica quando ha inizio l’intervento terapeutico in fase acuta, assumendo tutti i provvedimenti che possono limitare gli esiti della malattia in corso;

– il secondo stadio concerne la fase post acuta e prende avvio in funzione delle disabilità che residuano;

– il terzo stadio si occupa della fase di handicap stabilizzato, richiede interventi prevalentemente ambulatoriali ed è finalizzato al mantenimento delle autonomie funzionali.

Le attività sanitarie di riabilitazione richiedono la presa in carico clinica globale della persona e le varie fasi possono avvenire anche in strutture diverse.

Le attività di riabilitazione sono erogate mediante una rete di servizi ospedalieri ed extraospedalieri appositamente dimensionati.

Possono essere erogate in regime:

– di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;

– residenziale a ciclo continuativo e/o diurno,

– ambulatoriale, extramurale e domiciliare.

Alle prestazioni riabilitative erogate dalla rete dei servizi riabilitativi ospedalieri ed extraospedalieri si accede con le modalità previste per tutte le prestazioni sanitarie dalle disposizioni regionali attuative dell’art. 8, comma 5, del decreto legislativo n. 502/92 e come modificato dal decreto legislativo n. 229/99.

Le fasi dell’intervento riabilitativo sono:

– fase della prevenzione del danno secondario e delle conseguenti menomazioni;

– fase della riabilitazione intensiva. E’ abitualmente collocata nella fase dell’immediata post acuzie della malattia, quando la disabilità è maggiormente modificabile;

– fase della riabilitazione estensiva o intermedia: tale fase rappresenta il completamento del percorso riabilitativo.

L’intervento riabilitativo deve favorire l’integrazione dell’attività riabilitativa medica con la riabilitazione sociale.

Gli interventi di riabilitazione estensiva o intermedia sono erogati presso le seguenti strutture pubbliche e private accreditate:

– le strutture ospedaliere di lungodegenza;

– presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale territoriali ed ospedalieri;

– i presidi di riabilitazione extraospedaliera a ciclo diurno e/o continuativo;

– i centri ambulatoriali di riabilitazione;

– le residenze sanitarie assistenziali;

– le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale ed i centri socio-riabilitativi, ex art. 8 della legge n. 104 del 5 febbraio 1992.

E’ prevista inoltre l’assistenza riabilitativa domiciliare.

Gli interventi di riabilitazione intensiva sono erogati presso strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate dove sono già presenti funzioni di ricovero e cura ad alta intensità diagnostica ed assistenziale, o nei quali sia costituita una specifica unità operativa in grado di garantire la presa in carico multicomprensiva di individui di tutte le età per il recupero funzionale di menomazioni e disabilità recuperabili il cui trattamento è indifferibile.

Le attività di riabilitazione intensiva ad alta specializzazione che richiedono particolare impegno di qualificazione, mezzi, attrezzature e personale sono erogate presso presidi pubblici e privati accreditati di alta specialità, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale 29 gennaio 1992. Nell’ambito del territorio regionale va realizzata una rete di servizi che svolgano attività di riabilitazione intensiva ad alta specializzazione rivolti ad ampi bacini di riferimento. I suddetti servizi comprendono:

-Unità spinali unipolari

Esse costituiscono U.O. riabilitative autonome di alta specialità, destinate all’assistenza per i soggetti con lesioni midollari, sin dal momento dell’evento lesivo ed allo scopo di permettere ai mielolesi il più alto livello di capacità funzionali compatibili con la lesione.

-Unità per le gravi cerebrolesioni acquisite e i gravi traumi cranio-encefalici

Esse costituiscono U.O. autonome finalizzate alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesioni acquisite caratterizzate nella evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto e dal coesistere di gravi menomazioni comportamentali.

-Unità per le disabilità gravi in età evolutiva

Tali unità sono destinate ad affrontare i complessi e gravi problemi diagnostici valutativi e rieducativi degli esiti di patologie motorie e cognitive dell’età evolutiva. Devono essere attivate all’interno di strutture ospedaliere dove siano presenti le seguenti competenze specialistiche: rianimazione e terapia intensiva, patologia neonatale, ortopedia, neurochirurgia, pediatria, chirurgia plastica, neurologia, otorinolaringoiatria, oculistica chirurgia generale, medicina fisica e riabilitativa, neuropsichiatria infantile.

-Unità per la riabilitazione delle turbe neuropsicologiche acquisite

Sono U.O. senza posti letto destinate ad affrontare le problematiche diagnostiche valutative e rieducative relative a menomazioni e disabilità cognitive e delle funzioni corticali superiori secondarie a lesioni cerebrali. Devono essere attivate all’interno di strutture ospedaliere ove siano presenti le seguenti attività specialistiche: neurologia, medicina fisica e riabilitativa, neuroradiologia, psichiatria, psicologia clinica e, ove possibile, otorinolaringoiatria ed oculistica.

3.2. La salute mentale



Si rimanda a quanto previsto dal P.S.R. di cui al decreto presidenziale 11 maggio 2000.

La specificità degli interventi nell’area della salute mentale deve, comunque, compiere ulteriori sforzi per implementare e costruire una rete di servizi sanitari e sociali sempre più integrata nel territorio al fine di garantire ai soggetti interessati una migliore qualità di vita.

Pertanto l’integrazione prevista e stabilita dagli orientamenti legislativi e scientifici attuali, in particolare dal decreto del Presidente della Regione del 4 novembre 2002 – Linee guida per l’attuazione del Piano socio-sanitario della Regione siciliana, sarà oggetto di specifiche linee guida da emanarsi prima della stesura del nuovo Piano sanitario regionale.

4. Integrazione socio-sanitaria



La legge n. 328/2000 vuole essere un’opportunità, per altro attesa da tempo, per realizzare una reale integrazione dei servizi sanitari e sociali in un ottica di rete che garantisca interventi efficaci ed un’effettiva razionalizzazione delle risorse.

La risoluzione delle problematiche inerenti la disabilità deve essere globalmente affidata a specifiche e definite responsabilità con un adeguato approccio che richiede un intervento di rete in termini di servizi da parte dell’azienda sanitaria e dei comuni.

Come prima richiamato il Piano sanitario regionale (PSR), al punto 5.5.13. tutela dei disabili, afferma che “è necessario creare un’area della disabilità che realizzi una politica globale di interventi in favore dei disabili e coordini la realizzazione degli interventi, dei servizi e delle prestazioni in forma sanitaria ed integrata”.

Per realizzare ciò è necessario che la presa in carico del soggetto in situazione di disabilità avvenga all’interno di un programma globale unitario che prevede quattro ambiti di intervento:

1) sanitario o clinico-riabilitativo (terapeutico);

2) integrazione scolastica;

3) integrazione socio-economica o lavorativa;

4) inserimento ed integrazione sociale con la tutela dello stato giuridico.

La legge n. 328/2000, all’art. 14 sancisce che per la realizzazione della piena integrazione dei soggetti disabili (art. 3 legge n. 104/92) “i comuni d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale che deve comprendere oltre alla valutazione diagnostico funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale”.

Al fine di potere creare tutto questo è necessario che per la disabilità ci sia un’unica “cabina di regia” per gli interventi sociali e sanitari con i compiti di promozione, attuazione e monitoraggio dell’integrazione, in conformità con quanto previsto dagli articoli 8, 18, 19 della legge n. 328/2000 e dall’art. 2 del piano sociale nazionale, che non si sovrapponga ai servizi esistenti ma che li integri efficacemente. Occorre, pertanto, che la Cabina di regia regionale attuata nell’ambito della sperimentazione triennale del Piano socio-sanitario, con le diverse diramazioni territoriali previste e comunque sempre condivise, sia dalla sanità che dalle politiche sociali, trovi un analogo riscontro in ambito di Piano sanitario regionale per procedere unitariamente verso la determinazione di strumenti di governo e di indirizzo integrati.

Attraverso il Piano triennale la Regione intende garantire un approccio integrato socio-sanitario fin dal livello diagnostico e valutativo, propedeutico alla definizione di percorsi coordinati per il raggiungimento del ben-essere individuale e comunitario, facendo proprio l’approccio metodologico della presa in carico globale.

4.1. Dall’assistenza alla presa in carico globale



Rappresentano punti programmatici prioritari del piano triennale i seguenti settori di intervento che, oltre a costituire occasioni di valutazione e di aggiornamento della rete dei servizi rivolti alle persone con disabilità, coincidono con processi di riforma legislativa o di indirizzo in atto:

– una verifica dello stato di attuazione della legge n. 104/92;

– l’introduzione di un metodo di valutazione multidisciplinare;

– la presa in carico “globale” da parte dei distretti socio-sanitari;

– una modifica delle modalità di riconoscimento dell’invalidità e di accertamento della disabilità, con la possibilità di effettuarli contestualmente ai soggetti che ne facciano espressa richiesta;

– un impegno concreto nelle attività di promozione e diffusione dei più recenti sistemi di valutazione della carenza o mancanza di abilità, che comprendano anche nuove patologie, in conformità con gli indirizzi europei, come la ICF, International Classification of functioning, disability and health.

In relazione al corretto uso di questa nuova classificazione, la Regione si impegna ad attivare una adeguata formazione del personale, coinvolgendo il sistema informativo e le più qualificate Agenzie formative regionali e nazionali, nonché le università.

Inoltre, partendo dalla valutazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e facendo riferimento all’atto di indirizzo del 14 febbraio 2001 e al D.P.C.M. del 29 novembre 2001, confermato in sede di finanziaria 2003, si ritiene necessario aprire un confronto sulla determinazione dei LIVEAS, anche in considerazione delle valutazioni che potranno emergere dalla lettura dei piani di zona distrettuali, proponendo nelle opportune sedi regionali e locali un confronto permanente tra sanità e politiche sociali.

4.2. Accertamento della disabilità



Un’attenzione particolare, per chiudere il quadro delle procedure della presa in carico, merita il capitolo sull’accertamento della disabilità. Il trasferimento alle Regioni della materia concessoria delle invalidità civili non ha permesso alle stesse di intervenire su tutto il processo e, pertanto, le condizioni di accertamento non possono, allo stato attuale, migliorare in maniera consistente nei tempi e nei diversi procedimenti burocratici, anche in virtù delle competenze in materia di controllo e di verifica, in particolare nel settore dei cosiddetti “falsi invalidi”, riguardanti il Ministero dell’economia.

A questo proposito la Regione intende sollecitare il dibattito con lo Stato e con le parti sociali per confrontare la materia alla luce delle modifiche del titolo V della Costituzione per definire, in maniera esauriente, ruoli, competenze e responsabilità.

Le tabelle ministeriali in uso per accertare l’invalidità non sono più ritenute idonee a valutare la disabilità, così come in precedenza evidenziato. Devono essere utilizzate moderne tecniche di valutazione della carenza o mancanza di abilità che inseriscano anche patologie non comprese nelle attuali tabelle ministeriali, attuando una metodologia compatibile con gli indirizzi comunitari (ICF lnternational classification of functioning, disability and health).

A questo proposito è opportuno tenere in considerazione l’obiettivo di semplificare al massimo l’accertamento delle condizioni psico-fisiche, specialmente per i soggetti gravi, assicurando una metodologia di accertamento omogenea, indipendentemente dalle misure che si mettono in atto per rispondere alla insufficienza di abilità.

4.3. Le unità di valutazione della disabilità (U.V.D.)



Per rafforzare il processo di integrazione, già avviato in ambito di Piano socio-sanitario sperimentale con l’adozione del distretto sanitario e degli strumenti di governo territoriale previsti dalla legge di riforma sanitaria n. 502/92, il disabile che ne fa richiesta, direttamente o attraverso il nucleo familiare, può richiedere alla unità di valutazione della disabilità (U.V.D.) risposte in merito all’accoglienza, all’analisi dei bisogni individuali, servizi di orientamento e un progetto globale di presa in carico.

La UVD espleta le proprie funzioni, ai sensi del punto 5.5.13. del PSR, di concerto con il servizio sociale del comune, ai sensi dell’art. 14, comma 1 e 2 della legge quadro n. 328/2000, realizzando di fatto un raccordo operativo bidirezionale, concertato con la persona disabile e/o con la famiglia.

Successivamente i Piani di intervento settoriali (in ambito sanitario, scolastico, formativo, occupazionale) vengono definiti in autonomia dai soggetti istituzionali o dagli operatori coinvolti, tenuto conto di quanto definito dall’UVD.

L’UVD espleta la propria funzione presso ogni distretto sanitario garantendo le seguenti attività:

– assistenza medica e specialistica della patologia d’origine;

– assistenza psicologica;

– assistenza sociale.

Tale unità funzionale dovrà essere supportata inoltre da un amministrativo con compiti di segreteria.

Tenuto conto dell’impossibilità di procedere a nuove assunzioni per il reperimento delle figure sanitarie si procederà secondo quanto previsto dall’allegato 1, lettera J, dell’intesa 23 marzo 2005.

Pertanto, obiettivi strategici e di sistema delle UVD permangono:

– la creazione degli strumenti di competenza tematica con una distribuzione territoriale di rete per accompagnare e supportare le azioni e le scelte degli organismi di governo tecnico, gruppi di piano, segreterie tecniche, ufficio piano, qualificando le attività di riscontro dei comitati di garanzia e confortando gli osservatori territoriali;

– la semplificazione e razionalizzazione, in ambito di piani di zona, dei percorsi di redazione dei piani individuali per le persone con disabilità;

– il concorso a rendere più qualificate ed incisive le attività di monitoraggio, verifica e valutazione;

– il contributo a rendere organico e funzionale il metodo della presa in carico del cittadino disabile.

4.4. Delega per il riordino degli emolumenti dell’invalidità



Non è stata ancora disciplinata la delega inserita nell’art. 24 della legge n. 328/2000 “Sistema integrato di interventi e servizi sociali”, quale strumento indispensabile per modificare la materia dei benefici economici, in funzione di modalità più appropriate di erogazione, in previsione di:

a) forme di reddito minimo per i disabili totali e parziali;

b) indennità per favorire la vita autonoma e la comunicazione, commisurata alla gravità del disabile;

c) indennità per favorire l’autonomia dei disabili gravi o pluriminorati;

d) indennità per la cura e l’assistenza per ultrasessantacinquenni gravemente dipendenti;

e) revisione e snellimento delle procedure per l’accertamento dell’invalidità con l’adozione di metodi più idonei alla valutazione della disabilità.

Lo Stato, attualmente, eroga le misure economiche, compresa l’indennità di accompagnamento, al di fuori di ogni contesto progettuale; al contempo siamo consapevoli che anche nel settore della disabilità le risorse economiche non sono sufficienti a risolvere i complessi problemi della persona e del nucleo familiare. Quindi ad una nuova modalità di accertamento si deve accompagnare un progetto personalizzato all’interno del quale l’uso dei benefici economici risulti integrato con gli altri servizi alla persona.

4.5. L’obiettivo della riabilitazione



La riabilitazione è un processo di soluzione dei problemi e di educazione attraverso il quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.

La riabilitazione si inserisce, pertanto, nell’ambito dei percorsi di integrazione socio-sanitaria e si avvale del concorso operativo di diversi attori, valorizzandosi attraverso l’inserimento in un sistema di partecipazione e di cittadinanza attiva.

Dal punto di vista normativo e procedurale, occorre fare riferimento, oltre che alla disciplina regionale in materia sanitaria e sociale, all’atto di indirizzo del 14 febbraio 2001 ed ai livelli essenziali di assistenza (L.E.A.), di cui al D.P.C.M. del 29 novembre 2001, nonché all’applicazione delle linee-guida sulla riabilitazione, approvate con provvedimento ministeriale del 7 maggio 1998, e al decreto ministeriale n. 332/99 sugli ausili.

In questo contesto “si definiscono attività sanitarie di riabilitazione gli interventi valutativi, diagnostici terapeutici e le altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazioni a contenere o minimizzare la sua disabilità, ed il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale”.

Si definiscono attività di riabilitazione sociale le azioni e gli interventi finalizzati a garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità, al fine di contenere la condizione di handicap e di perseguire il raggiungimento delle pari opportunità di accesso all’intera filiera dei diritti civili universali.

Per l’attuazione dell’obiettivo (programma di) della riabilitazione è previsto il ricorso al progetto riabilitativo individuale facente parte dei (di) piani personalizzati, come previsto dalla legge 21 maggio 1998, n. 162, modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave e alla legge n. 328/2000, art. 14.

4.5.1 Il modello operativo



Il modello operativo deve tenere conto del complessivo quadro normativo attribuendo compiti e responsabilità definiti sia ai vari professionisti sia alle varie strutture competenti.

Le regole del management – chi fa – che cosa – come – dove – quando – che gli organi istituzionali hanno voluto consolidare in ambito sanitario devono essere recepite da tutti per garantire non soltanto il processo di aziendalizzazione – governato dai principi di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza – ma soprattutto per rendere possibile una concreta presa in carico della persona con disabilità, per realizzare un processo di miglioramento della qualità della vita e nel contempo conseguire un controllo economico-gestionale e non necessariamente il contenimento delle spese sanitarie in ambito di handicap e riabilitazione.

Da ciò ne deriva che una corretta pianificazione delle attività di riabilitazione, partendo dal progetto globale unitario per il superamento dell’handicap definito dall’UVD, deve prevedere, ove necessario, l’attuazione di uno specifico intervento terapeutico-riabilitativo, che dovrà integrarsi con gli altri ambiti di intervento (scolastico, lavorativo, sociale).

Tenuto conto delle molteplicità di azioni che caratterizzano l’attività sanitaria di riabilitazione ne deriva il seguente modello operativo.

L’unità operativa handicap (U.O.H.) distrettuale, che ha un raccordo operativo stabile con l’U.V.D., espleta le funzioni relative all’accoglienza del paziente, all’analisi dei bisogni, alla tipologia della presa in carico (ambulatoriale, domiciliare, internato, seminternato) stabilendo la frequenza e la durata degli accessi alle strutture riabilitative.

La struttura riabilitativa a sua volta definisce il progetto riabilitativo individuale di struttura che sarà elaborato a cura della propria equipe.

In tale progetto, oltre ad indicare il medico specialista responsabile dello stesso, bisognerà tra l’altro:

– tener conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente, delle sue menomazioni, disabilità e soprattutto delle sue abilità residue e recuperabili;

– definire gli esiti desiderati, le aspettative e le priorità del paziente e dei suoi familiari e dell’equipe curante;

– definire il ruolo dell’equipe riabilitativa rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti desiderati;

– definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati.

Tale progetto dovrà essere comunicato in modo comprensibile al paziente in trattamento e ai suoi familiari. Il medico coordinatore dell’equipe avrà inoltre cura di informare adeguatamente il medico di famiglia.

All’interno del progetto dovranno essere previsti uno o più programmi riabilitativi specifici di intervento che saranno elaborati e realizzati dai singoli professionisti (rieducazione motoria, logopedia, psicomotricità, ecc.).

Sarà cura della struttura riabilitativa predisporre la compilazione e conservazione di una “cartella” da cui risultino: le generalità dell’assistito, la diagnosi clinica, le disabilità rilevate, il progetto riabilitativo individuale, la tipologia e la frequenza degli interventi riabilitativi e specialistici praticati nel corso del trattamento, ivi comprese le valutazioni psicologiche, pedagogiche e sociali, le informazioni di carattere anamnestico e/o clinico ritenute rilevanti ai fini di una corretta impostazione del trattamento riabilitativo nonché le valutazioni finali relative agli esiti. Nella cartella risulteranno di conseguenza i contributi plurispecialistici e multidisciplinari dei singoli professionisti, per quanto di rispettiva competenza, di cui viene assunta personale responsabilità formale e sostanziale.

La cartella costituirà inoltre un indispensabile strumento per l’U.O.H. distrettuale al fine di procedere ad una adeguata valutazione del percorso terapeutico-riabilitativo.

Da quanto sopra appare chiaramente che il trattamento assicurato dalla struttura riabilitativa è da intendersi omnicomprensivo in quanto comprende tutte le tipologie di interventi specialistici riabilitativi (rieducazione motoria, logopedia, psicomotricità, ortottica) realizzati all’interno dei programmi riabilitativi specifici, con l’apporto delle varie professionalità esistenti all’interno dell’equipe della struttura, in funzione del progetto riabilitativo individuale, con la frequenza individuata dalla U.O.H.

Infine il servizio handicap dell’azienda unità sanitaria locale cui afferiscono le U.O.H. distrettuali, oltre a svolgere un ruolo di monitoraggio e coordinamento complessivo degli interventi assicurati dalle medesime, avrà compiti di progettazione, programmazione territoriale, gestione, controllo, verifica delle attività sanitarie riabilitative e di integrazione con il sottosistema territoriale.

La procedura di individuazione e trattamento della persona con disabilità è disegnata su un percorso assolutamente semplice ove i livelli organizzativi e di competenza si articolano su appena tre livelli, con competenze specifiche.

La semplicità del piano consente chiarezza e la effettiva possibilità di effettuare controlli tecnico-sanitari, medico-legali e gestionali di evidente efficacia.

Inoltre, il percorso si integra in successione di procedure che prevedono, ad ogni stadio, la verifica di gradimento dell’utente che, in questo modo, fornirà dati per gli indicatori di utilizzo, di qualità e di efficace impiego delle risorse, sia umane che finanziarie, che saranno demandate alle competenze della struttura di I livello, interessata alla valutazione definitiva degli indicatori e del buon fine dei finanziamenti, oltre che della verifica delle responsabilità individuali, amministrative e professionali.

Per gli interventi normativi successivi si propone, infine, la revisione e l’aggiornamento di tutti i servizi riabilitativi e degli standard di personale, tenendo presente la tempistica (almeno 60 minuti di durata per seduta di terapia) per consentire alla persona con disabilità di avere un servizio improntato a criteri di qualità nel pieno rispetto e nell’attuazione concreta delle linee guida per la riabilitazione e del decreto dell’Assessorato della sanità della Regione siciliana n. 890/02 sulle direttive per l’accreditamento.

5. Educazione, scuola, formazione

5.1. Diritto all’integrazione scolastica



Malgrado il processo d’inserimento scolastico degli alunni disabili in Sicilia sia galoppante e irreversibile (negli ultimi 10 anni il trend è sempre stato di positivo incremento), da più parti vengono segnalati alcuni “ostacoli” (interni, ma soprattutto esterni al sistema scolastico) che si frappongono alla costruzione di una reale integrazione.

Famiglie, operatori scolastici, osservatori attenti dei fenomeni inclusivi ritengono che sia oggi necessaria una nuova “svolta” che aiuti tutti i soggetti interessati a ri-scoprire le idealità e gli obiettivi d’integrazione originari contenuti nello spirito della legge n. 104/92.

Il Piano triennale della Regione Sicilia non può non farsi carico di trovare risposte concrete ed esaurienti ai diversi “nodi ostacolanti” individuati da coloro che vivono (e soffrono) quotidianamente il difficile salto dall’inserimento all’integrazione.

Tali nodi possono così essere riassunti:

– come armonizzare la normativa specifica esistente sulla disabilità con il nuovo impianto giuridico-organizzativo della scuola;

– come articolare la normativa regionale in materia di assistenza igienico-personale ai disabili con il CCNL relativo al mansionario dei collaboratori scolastici per quanto attiene l’assistenza di base. In particolare, con quali forme e risorse gli EE.LL. devono erogare i servizi di assistenza specialistica alle persone disabili all’interno della scuola;

– con quali modelli e strumenti osservativi comuni le AA.SS.LL. siciliane devono individuare le persone disabili aventi diritto ai servizi plurimi previsti dalla normativa vigente;

– come rendere realmente efficace il rapporto scuola-sanità ai fini di una collaborazione specialistica e paritetica utile a promuovere l’integrazione di tutti i soggetti con “bisogni educativi speciali”;

– quali modelli organizzativi di “sincronia operativa” mettere in atto fra scuola e formazione professionale regionale per una corretta applicazione del D.L. n. 76/05 sul diritto/dovere all’istruzione e alla formazione;

– quali/quante risorse da mettere in campo per supportare le scuole pubbliche nell’organizzazione concreta dell’ampliamento dell’offerta formativa a favore degli alunni disabili.

La Regione, alla luce delle superiori considerazioni, si impegna a:

1) creare un tavolo permanente interassessoriale che – di concerto con l’Ufficio scolastico regionale – si assuma il compito di mettere a sistema le diverse risorse esistenti con l’obiettivo specifico di creare sinergie efficaci evitando sprechi, sovrapposizioni, duplicazioni d’intervento, confusione operativa;

2) creare un Osservatorio permanente regionale sull’integrazione scolastica degli alunni disabili con compiti di indagine quanti-qualitativa, monitoraggio delle buone prassi realizzate, consulenza ai responsabili dell’Amministrazione regionale;

3) favorire una collaborazione sistematica fra scuola e sanità anche al fine di creare una cultura comune in ordine all’individuazione delle situazioni di disabilità, alla definizione di modelli-tipo per la documentazione tecnico-didattica (ex D.P.R. 24 febbraio 1994), alla partecipazione attiva agli organismi operativi previsti dalla legge n. 104/92;

4) avviare la sperimentazione dell’uso di un criterio unitario, da parte delle AA.SS.LL siciliane, per l’individuazione degli studenti disabili utilizzando gli strumenti diagnostico-osservativi proposti dall’OMS (ICD 10, ICF);

5) potenziamento delle attività progettuali da parte dei GLIS previsti all’interno di ogni scuola ai sensi dell’art. 15 della legge n. 104/92. La Regione siciliana, inoltre, anche al fine di facilitare il raccordo fra l’attività scolastica e la definizione dei progetti di vita per gli alunni disabili, assumerà ogni utile iniziativa perché in ciascuna scuola del territorio isolano sia presente un insegnante operatore psicopedagogico previsto dall’art. 12 della legge n. 104/92. Tale operatore, interno all’amministrazione scolastica, potrebbe costituire il necessario punto di raccordo interno-esterno per la prevenzione di ogni forma di disagio a cui è particolarmente esposta la persona disabile;

6) implementazione, in collaborazione con URS – IRRE – Università, di un piano di formazione iniziale e in servizio dei docenti (di sostegno e curriculari) impegnati nell’integrazione degli alunni disabili. Tale formazione deve, in ogni caso, prevedere forme attive di coinvolgimento con specifici tirocini pratici in presenza di alunni disabili appartenenti alle diverse tipologie di difficoltà. Particolare attenzione, inoltre, sarà data all’integrazione degli alunni disabili nelle scuole secondarie di secondo grado;

7) costituzione di una rete stabile di presenza nel territorio siciliano dei CTRH (Centri territoriali di risorse per l’handicap) come luoghi propulsori di iniziative integrate ed interistituzionali per la realizzazione dei progetti di vita per gli alunni disabili. Si ritiene utile, in prima applicazione, la costituzione di un CTRH in ogni distretto socio-sanitario. Ai CTRH potrebbero affluire risorse specifiche per l’attivazione di progetti d’integrazione di elevata complessità;

8) creazione di specifiche iniziative di formazione e supporto per le famiglie degli alunni disabili da realizzare o all’interno delle singole istituzioni scolastiche o all’interno dei CTRH;

9) attivazione di particolari impegni per rendere il più possibile “stabile” il personale impegnato in attività di sostegno e favorire, in questo modo, la continuità educativo-didattica particolarmente sollecitata dai genitori degli alunni disabili;

10) creare condizioni favorevoli per un inserimento “precoce” di tutti i minori disabili nelle scuole dell’infanzia.

In buona sostanza, il Piano triennale della Regione siciliana deve rimettere in moto un processo – quello dell’integrazione – che, per la sua complessità, necessita di un coinvolgimento profondo e sistematico di diversi soggetti istituzionali in costante ed efficace sinergia fra di loro. Solo in questo modo, non abbassando la guardia, si potrà rendere efficace e concreto il principio della “Discriminazione positiva”: Dare di più a chi ha avuto di meno.

6. Accesso al lavoro e occupazione

6.1. Iniziative formative rivolte ai soggetti disabili



L’Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione, dipartimento formazione professionale, nel quadro della politica dei servizi rivolti ai soggetti disabili e allo scopo di favorire e incrementare il processo di inclusione sociale e lavorativa, promuove, programma e finanzia iniziative formative destinate ai disabili e agli operatori educativi-socio-assistenziali del comparto, avvalendosi per la gestione delle attività, degli enti indicati dall’art. 4 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 24, degli enti gestori delle scuole di servizio sociale di cui alle leggi regionali n. 200/79, n. 11/93 e n. 24/2000 art. 18, delle strutture riabilitative, delle associazioni di volontariato, delle cooperative sociali ed integrate, che dimostrino, oltre l’accreditamento, una comprovata esperienza nello specifico settore della formazione professionale e comunque nel rispetto delle nuove disposizioni impartite dal D.L. n. 76/05 sul diritto/dovere all’istruzione e alla formazione.

Le iniziative formative da realizzare sono le seguenti:

A) Per i soggetti disabili, la cui gravità non consente un immediato o improbabile inserimento in corsi ordinari di qualificazione professionale, sono previsti corsi speciali di:

1) orientamento professionale annuale, rivolto ad individuare i bisogni formativi nei diversi indirizzi dei laboratori occupazionali prevalentemente in ambito artigianale, nonché al rafforzamento personologico e di risocializzazione nelle discipline di supporto, quali psicomotricità, arti-terapia in genere, per saggiarne i limiti, le potenzialità e gli interessi dei soggetti da avviare alle successive attività di preformazione professionale;

2) preformazione professionale annuale o biennale in uno specifico indirizzo di laboratorio occupazionale, includente percorsi di accompagnamento al lavoro individuati prioritariamente nei tirocini formativi in azienda;

3) qualificazione professionale specifica rivolta ai soggetti con disabilità sensoriale (sordomuti e non vedenti).

La partecipazione alle suindicate attività corsuali è limitata a non più di 10 allievi, con un minimo di 7 ed è supportata dalla presenza, in ciascun corso, per l’intera durata, di un insegnante di sostegno specializzato nella specifica disabilità dei soggetti, oltre che della figura professionale dello psicologo e dell’assistente sociale per la selezione degli allievi, per la verifica in itinere della progettazione didattica e di integrazione sociale, nonché per la cura dei necessari rapporti con le famiglie e i servizi socio-sanitari-assistenziali territoriali. Per l’iscrizione ai corsi dei soggetti disabili è richiesta la certificazione dell’A.S.L. di competenza, che attesti la diagnosi funzionale e l’idoneità alla frequenza dello specifico corso.

B) Per i soggetti la cui disabilità consente un immediato inserimento in attività formative ordinarie di qualificazione professionale, è prevista la riserva, nella misura del 20% dei posti disponibili. I soggetti inseriti in tali corsualità saranno supportati dalla presenza di un insegnante di sostegno specializzato di comprovata esperienza professionale, per ogni centro, in cui vi risultino, complessivamente distribuiti nei diversi corsi, fino ad un massimo di 5 allievi. Qualora il numero interessi un numero superiore potrà prevedersi un altro insegnante di sostegno. Per l’iscrizione alle precitate attività formative è richiesta ai soggetti disabili, oltre alla prescritta documentazione, la certificazione dell’A.S.L. di competenza, che attesti la diagnosi funzionale e l’idoneità alla frequenza del corso che si intende frequentare.

C) Sono previste iniziative formative rivolte agli operatori educativo-socio-assistenziali nello specifico settore delle disabilità, consistenti in:

1) esperto per l’integrazione sociale dei disabili in attività formative;

2) esperto per l’accompagnamento e mantenimento in azienda dei disabili;

3) animatore socio-culturale;

4) educatore esperto in arte-terapia;

5) esperto in psicomotricità;

6) cultore della L.I.S. (Lingua dei segni italiana);

7) interprete L.I.S.

Attività di aggiornamento e perfezionamento per operatori del comparto socio-assistenziale per i disabili.

Potranno prevedersi, in raccordo anche con l’Assessorato regionale della pubblica istruzione secondo quanto previsto dalla normativa vigente, altre iniziative formative, oltre le summenzionate, nello stesso ambito delle disabilità, tenendo conto delle diverse esigenze che verranno prospettate dagli enti gestori.

6.2. Il diritto all’integrazione nel lavoro



La Regione siciliana intende rimuovere ogni permanenza di una cultura basata sull’esclusione sociale a causa dello stigma di improduttività delle persone con disabilità. Pertanto, in riferimento alla legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, alla direttiva europea sulla non discriminazione nell’impiego, n. 78/2000, all’art. 14 del decreto legislativo attuativo della legge n. 30/2003 e agli impegni assunti dal Governo in sede di Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità tenutasi a Bari e in considerazione degli indirizzi contenuti nella legge n. 328/2000 e nel decreto legislativo n. 229/99, nonché nel decreto presidenziale 4 novembre 2002, promuove ogni azione volta a garantire il pieno accesso al mondo del lavoro e della formazione professionale a tutti i cittadini, contrastando qualsivoglia forma di discriminazione dovuta a forme di disabilità e rafforzando gli strumenti a garanzia delle pari opportunità e dell’inclusione, coinvolgendo le parti sociali, con particolare riguardo agli enti locali, al coordinamento per i diritti degli handicappati, alle associazioni familiari e al privato sociale di settore, alle aziende unità sanitarie locali, ai sindacati e agli enti terzi qualificati.

In particolare, la Regione intende valorizzare e rendere più efficienti alcuni strumenti operativi, introdotti dal quadro normativo nazionale e regionale, già attivati, e promuovere azioni volte al conseguimento di obiettivi occupazionali che favoriscano l’inserimento lavorativo dei disabili attraverso:

– il “collocamento mirato”, ovvero l’insieme degli strumenti tecnici e di supporto che permettano, in modo celere, un’adeguata valutazione delle persone con disabilità nelle loro capacità lavorative residue e il conseguente inserimento in attività lavorative a loro più congeniali; ciò attraverso il coinvolgimento delle competenti strutture sanitarie (Assessorato regionale della sanità, coordinamento delle commissioni AA.SS.LL. e commissioni periferiche di verifica del Ministero del tesoro), per rendere uniformemente applicati gli indirizzi del D.P.C.M. 10 gennaio 2000 e snelli i procedimenti, attraverso l’unificazione delle procedure di accertamento dell’invalidità civile e delle residue capacità lavorative dell’utente, qualora lo stesso lo richieda (in atto ciò avviene in tempi successivi);

– l’inserimento in rete di informazioni riguardanti i posti di lavoro disponibili riservati ai disabili, in ogni città della Sicilia, con indicazione delle relative qualifiche;

– la programmazione di convegni presso varie istituzioni (provincie, comuni, camere di commercio, associazioni degli industriali, sindacati, ordini professionali dei commercialisti e dei consulenti del lavoro etc.) con la partecipazione degli operatori degli uffici preposti, per la diffusione degli strumenti agevolativi, recati dalle norme in favore dei datori di lavoro e dei disabili;

– la mediazione tra gli operatori degli uffici provinciali del lavoro e dei centri per l’impiego con i datori di lavoro, affinché venga promosso ogni strumento utile per pervenire alle assunzioni anche dei soggetti più esclusi per le loro condizioni psicofisiche e professionali;

– l’informazione e l’orientamento degli operatori degli sportelli multifunzionali, dislocati presso gli uffici periferici dell’Assessorato del lavoro e presso altre istituzioni, nei confronti dei disabili che intendano accedere al sistema del collocamento mirato, anche attraverso eventuali percorsi formativi o di riqualificazione professionale preliminari alle assunzioni;

– la collaborazione tra uffici centrali e periferici dell’Assessorato del lavoro e gli sportelli multifunzionali, anche attraverso lo scambio di informazioni non sensibili in possesso;

– la programmazione di corsi riservati agli invalidi del lavoro per la loro riqualificazione professionale;

– conferenze di servizi tra i vari uffici centrali e periferici dell’Assessorato del lavoro;

– il completamento e mantenimento della vigilanza e controllo sull’ottemperanza di tutti i datori di lavoro pubblici e privati agli obblighi di assunzioni imposti dalla legge, tramite il potenziamento dei servizi ispettivi dell’Assessorato del lavoro, con l’assegnazione di funzionari qualificati dedicati al settore;

– la promozione, prioritaria, dello strumento convenzionale previsto dall’art. 11 della legge n. 68/99 per l’accesso ai benefici previsti dagli artt. 13 e 14 della legge medesima e dagli artt. da 21 a 27 della legge regionale n. 24/2000, a valere, rispettivamente sulle risorse del Fondo nazionale e regionale, con l’eventuale previsione, laddove necessaria, di tirocini formativi preliminari alle assunzioni;

– il monitoraggio dei risultati ottenuti in termini di assunzioni effettuate e di misure di politica attiva del lavoro, nonché di benefici erogati;

– il ricorso alle convenzioni di integrazione lavorativa per favorire l’inserimento e l’avviamento lavorativo dei disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà, anche attraverso le cooperative sociali, di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 e i consorzi di cui all’art. 8 della stessa legge, nonché attraverso le associazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’art. 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e comunque gli organismi di cui agli artt. 17 e 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con altri soggetti pubblici e privati idonei a contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti;

– l’applicazione dell’art. 5 della legge n. 381/91, sollecitando le amministrazioni pubbliche locali ad affidare a cooperative sociali, di cui all’art. 1, comma 1, lettera “b” della citata legge n. 381/91, servizi pubblici altrimenti posti a gara d’appalto;

– nell’affidamento di servizi di cui alla legge regionale n. 22/86, sollecitare gli enti locali ad applicare la legge regionale n. 4/96 modificata dalla legge regionale n. 22/96, impedendo ed escludendo offerte economiche che non giustifichino la piena applicazione dei CCNL, degli oneri previdenziali ed assicurativi, dei costi fiscali e tributari e dei costi certi di gestione;

– favorire un rapporto di collaborazione e l’attivazione di forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio per favorire l’adattamento al lavoro del disabile con le varie associazioni di categoria , sindacati …. sensibilizzandole ai bisogni delle suddette fasce attraverso l’intervento di agenzie di mediazione al lavoro autorizzate (decreto legislativo n. 469 del 23 dicembre 1997; decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 di attuazione legge n. 30 del 14 febbraio 2003) specializzate nel collocamento mirato;

– il ricorso a verifiche periodiche sull’andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa;

– una verifica sull’applicazione della legge n. 68/99 alla luce della pubblicazione dell’art. 14 del decreto legislativo attuativo della legge n. 30 del 2003, meglio conosciuta come legge Biagi, concernente la riforma del lavoro, in particolare per l’attivazione dei servizi di mediazione al lavoro (SML), dei servizi di informazione al lavoro (S.I.L.); i criteri di individuazione dei lavoratori svantaggiati (art. 14, comma 2, lettera b).

7. L’integrazione sociale

7.1. Mobilità e trasporti



Fino alla definizione della norma di riforma del trasporto pubblico locale prevista dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, così come modificato dal decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400, la Regione siciliana, attraverso la predisposizione di specifiche norme finanziarie e di indirizzo:

– garantisce la mobilità di tutti i cittadini all’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico locale di linea urbana e promuove e sostiene la mobilità dei disabili e anche in carrozzella attraverso incentivi finanziari finalizzati al progressivo adeguamento tecnologico degli autobus utilizzati nelle principali direttrici di traffico nei servizi pubblici di linea extraurbani.

La norma di riforma del trasporto pubblico locale dovrà prevedere pertanto modalità e tecniche di trasporto idonee a soddisfare le esigenze di mobilità delle persone con ridotte capacità motorie.

In considerazione dell’elevato contenuto sociale rappresentato dall’esigenza di mobilità dei portatori di handicap e delle persone con ridotte capacità motorie, la Regione siciliana definisce gli indirizzi generali per la pianificazione e stabilisce la programmazione dei “servizi aggiuntivi” e di quelli “integrativi” con riferimento anche alle esigenze di mobilità delle persone a ridotta capacità motoria.

Gli enti locali definiscono a loro volta i piani di trasporto pubblico locale individuando i servizi aggiuntivi ed integrativi coerenti sia con i criteri stabiliti dalla Regione e sia con quelli individuati e programmati dalla Regione siciliana stessa.

Per l’affidamento dei servizi minimi, nonché di quelli aggiuntivi ed integrativi, la norma di riforma del trasporto pubblico locale dovrà contenere procedure che contemplino anche opportuni criteri di valutazione delle offerte tese a garantire il trasporto e le mobilità dei portatori di handicap e delle persone con ridotte capacità motorie.

La Regione garantisce l’accesso dei soggetti disabili ai servizi di taxi ed autonoleggio con conducente (trasporto pubblico non di linea) in conformità all’art. 14, comma 1, della legge 15 gennaio 1992, n. 21, recepita dalla legge 6 aprile 1996, n. 29, promuovendo:

1) l’adeguamento, mediante incentivi finanziari, delle autovetture per il servizio taxi e noleggio con conducente al trasporto dei soggetti disabili;

2) l’acquisto, mediante adeguati incentivi finanziari, di autovetture omologate al trasporto dei soggetti disabili da parte dei titolari di licenza taxi o autorizzazione al noleggio con conducente.

7.2. Barriere architettoniche



Non si possono considerare barriere architettoniche soltanto quelle edilizie, ma tutte le barriere sociali che condizionano la partecipazione del disabile alla vita attiva. Pertanto, in attesa del rifinanziamento della legge n. 13/89, occorre incentivare gli enti locali e i distretti a individuare fonti e finanziamenti per l’abbattimento delle barriere.

Oltre ad un ri-finanziamento, per un triennio, del progetto “Dopo di noi” o “Insieme a noi” è da prevedersi un’azione organica a regime per i disabili orfani soli e non, dove l’edilizia pubblica preveda, negli immobili di nuova costruzione o ristrutturati, una dotazione di appartamenti per accogliere disabili o anziani.

Le barriere architettoniche vanno intese anche come barriere sociali e della comunicazione e quindi bisogna pensare anche ai disabili sensoriali prevedendo dei percorsi viari dotati dei necessari ausili acustici e luminosi o tattili, indispensabili all’autonomia di questi disabili.

Per le barriere architettoniche bisogna dare indicazioni più cogenti e precise e ribadire quanto già previsto e cioè che:

– per la realizzazione di nuove opere da parte dell’Amministrazione regionale, degli enti locali e degli enti comunque dipendenti o sottoposti a vigilanza della Regione, nonché per la realizzazione di opere per le quali concorra comunque l’Amministrazione regionale, non sono finanziabili, a pena di nullità, progetti che non prevedano il superamento delle barriere architettoniche ai sensi dell’art. 27 della legge n. 118/71, della legge n. 41/86 e dei decreti del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 e 3 luglio 1996, n. 503;

– le strutture già esistenti che presentino barriere architettoniche dovranno essere ristrutturate in modo da poter essere utilizzate da tutti;

– per quanto riguarda l’edilizia sovvenzionata, i piani terreni devono essere assegnati con precedenza alle persone disabili con difficoltà di deambulazione che ne facciano richiesta, ai sensi dell’art. 6, sesto comma, della legge regionale n. 68/81.

La Regione siciliana, attraverso gli Assessorati competenti, intende effettuare, nell’ambito della normativa vigente, verifiche periodiche presso gli enti locali sullo stato di attuazione della legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche.

La Regione, inoltre, anche nell’ambito dei beni culturali e ambientali, contribuisce alla promozione di un’immagine positiva delle persone con disabilità. In particolare garantisce il pieno riconoscimento dei diritti umani e civili di tutti attraverso:

– la fruibilità dei beni culturali, ambientali e paesaggistici che può favorire lo sviluppo sociale, l’estensione del concetto di cittadinanza e il pieno inserimento nel lavoro;

– l’eliminazione degli ostacoli esistenti e lo studio di ulteriori modi e mezzi appropriati atti a facilitare e migliorare l’accesso delle persone con disabilità alla cultura valutando e migliorando l’accesso fisico, fatte salve le normative riguardanti la tutela dei beni culturali, ai siti quali quelli archeologici, i musei, i monumenti e le sedi di attività culturali, nonché assicurando l’accesso fisico agli edifici che saranno costruiti in futuro;

– l’informazione certa e garantita mediante l’uso delle moderne tecnologie dell’informazione;

– la promozione e l’accesso alle attività di carattere culturale, ad esempio attraverso la sottoscrizione, l’impiego di linguaggi per la lettura facile, del linguaggio dei segni e di guide e cataloghi in versione braille, l’uso di contrasti luminosi nelle esposizioni.

L’attenzione della progettualità non dovrà, quindi, limitarsi a considerare solo l’accessibilità agli spazi, ma anche alle “esperienze” per cui quelle date strutture sono state progettate (percorsi espositivi e didattici, materiale applicativo, etc.).

7.3. Carta dei servizi per le persone con disabilità e sportelli sociali



La Regione promuove la diffusione dello sport per tutti ed in particolare la pratica dello sport sociale, in grado di coinvolgere anche le persone con disabilità, per la sua valenza terapeutica e socializzante.

Il Piano triennale, avvalendosi del concorso degli enti locali e del contributo qualificante e professionale delle associazioni e degli enti sportivi riconosciuti a livello locale, regionale e nazionale, propone la sottoscrizione di una carta dello sport sociale che definisca gli orientamenti e gli ambiti, tematici ed organizzativi, del proprio intervento, oltre che le modalità di accesso e la distribuzione sul territorio.

Occorre, altresì, incentivare le azioni di sviluppo e il miglioramento dell’accesso per via informatica e telematica a biblioteche ed eventi culturali, dotando i locali ed i servizi pubblici di strumenti audiovisivi che facilitino l’accesso per tutti i portatori di handicap e le possibilità di comunicazione per gli audiolesi.

7.4. Turismo accessibile a tutti e socialmente sostenibile



Il Comitato economico e sociale europeo, nell’ottobre 2003, ha elaborato un parere puntualizzando che: “…non ci si può esimere dal rivolgere una particolare attenzione e preoccupazione all’attuazione del diritto concreto…” di tutti i cittadini “…ad approfittare del loro tempo libero e a svolgere un’attività turistica nel modo più completo possibile. A tal fine è necessaria una nuova mentalità, nuove campagne d’informazione, nuove forme di sensibilizzazione e di gestione”.

“L’eliminazione o la riduzione [di tutte le barriere] che limitano l’attività turistica da parte dei disabili è necessaria non solo per motivi inerenti la parità di diritti e opportunità o la non discriminazione, principi validi nell’UE e negli Stati membri… [ma] rappresenta anche una misura efficace per coinvolgere nuovi gruppi di cittadini nelle attività collegate al turismo o che da esso derivano, contribuendo in tal modo alla crescita di un settore economico che, soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale, ha un’influenza diretta sulla creazione di ricchezza e di posti di lavoro per tutta la società”.

La Regione siciliana, nell’ambito della realizzazione delle politiche sociali nel settore turistico, ha il compito di promuovere un “turismo accessibile a tutti e socialmente sostenibile”.

In ambito europeo e a livello nazionale sono state realizzate alcune iniziative finalizzate al “turismo accessibile” ed, in particolare:

– la Francia ha elaborato un progetto di grande rilevanza culturale denominato “Label National Tourisme et Handicap”, promosso, da più di un anno, dal Ministero del turismo francese, per certificare, anche con un marchio, “l’accessibilità” delle strutture (turistiche, culturali e di divertimento) e promuovere per le stesse finanziamenti al fine di renderle accessibili. Tale progetto, rivolto all’intero mondo della disabilità fisica, sensoriale e mentale, ha visto coinvolte le associazioni per disabili e le organizzazioni di categoria del turismo. La domanda di certificazione è una scelta volontaria da parte degli operatori del turismo che desiderano offrire un’accoglienza di qualità ai clienti con esigenze speciali. Gli enti interessati richiedono una visita da parte degli esaminatori regionali che valutano il grado di “accessibilità” secondo i criteri stabiliti dal progetto a livello nazionale. Ad oggi, nelle cinque regioni interessate dal progetto, sono state censite circa 50 strutture che hanno ricevuto la certificazione di “accessibilità” per una o più delle quattro aree della disabilità verificate (motoria, mentale, uditiva, e visiva). La certificazione potrà poi essere utilizzata per la pubblicizzazione della struttura tramite appositi elenchi, guide e pubblicazioni.

Inoltre, nella regione dell’Ile de France, è stato annunciato l’inizio di una campagna che prevede, oltre all’attività di certificazione e quindi di sensibilizzazione e promozione di un “turismo per tutti”, uno stanziamento di poco meno di un milione di euro per il miglioramento delle capacità di accoglienza dei turisti diversamente abili;

– la Svezia ha sviluppato un progetto denominato “Turism for alla” (TFA), in collaborazione con l’Istituto nazionale svedese, di ricerca e collaudo (SMP) ed altre associazioni (organizzazioni dei disabili svedesi, delegazioni del turismo svedese e agenzie turistiche), che sta sviluppando il sistema di certificazione dell’ “accessibilità” denominato “Swedish Equality”, sistema basato sui criteri di accessibilità del progetto Helios, del 1994, elaborato dalle O.N.G.(organizzazioni non governative) a cui parteciparono tutti gli Europei. Il Governo svedese ha stabilito che la Nazione dovrà essere accessibile a tutti entro il 2010;

– la Finlandia ha avviato l’iniziativa “Helsinki accessibile – guida per persone disabili”, realizzata dal Dipartimento di programmazione della città di Helsinki in collaborazione con il gruppo di disabilità di Helsinki e con numerose organizzazioni di disabili. La guida attuata soprattutto per coloro che hanno difficoltà di movimento e che vogliano consigli pratici sull’accesso a posti d’interesse turistico e in genere, prende anche in considerazione coloro che hanno problemi visivi e uditivi. I siti del centro della città, che presentavano troppe barriere, sono stati completamente esclusi dall’indagine poiché il centro di Helsink fornisce tutta una serie di alternative accessibili. Nel 2000 Helsinki, è stata scelta come città europea della cultura ed è stata anche presentata come fruibile dalle persone con esigenze speciali;

– l’Olanda, con l’iniziativa “Rotterdam accessibile” ha realizzato una mappa con informazioni sugli spostamenti con taxi, parcheggi e noleggio di sedie a ruote. La piattaforma municipale per persone fisicamente disagiate ha pubblicato ad Utrecht una guida informativa sull’accessibilità di 100 posti di interesse dell’ “Utrecht Museum Quarter”, distretto localizzato nella vecchia parte meridionale del centro di Utrecht.

In Italia la regione Marche, con delibera della G.R. n. 1819 RO/TAR del 15 ottobre 2002, ha stabilito che tutti gli alberghi esistenti entro il 31 dicembre 2003, al fine del mantenimento della classificazione in stelle, prevista dalla legge regionale n. 42/1994, “devono possedere un numero di camere accessibili ai fini della loro fruizione da parte dei disabili e dei portatori di bisogni speciali”. [In particolare] “da 7 a 30 camere n. 1 camera accessibile; da 31 a 50 camere n. 2 camere accessibili; da 51 a 70 camere n. 3 camere accessibili; da 70 a 90 camere n. 4 camere accessibili; oltre 90 camere n. 1 camera in più, oltre le quattro, ogni 40 camere dopo le 90”.

Nella Regione Piemonte, la “Consulta per le persone in difficoltà” nell’ambito del progetto “Piemonte per tutti – 2006 senza barriere”, in collaborazione con gli Assessorati regionali allo sport e turismo, all’assistenza e alle politiche sociali, alla casa e ai trasporti, sta effettuando un monitoraggio per verificare l’effettiva accessibilità di luoghi di interesse comune (uffici, locali commerciali, siti olimpici, strutture ricettive turistico-alberghiere, siti culturali, trasporti) sia da un punto di vista turistico-culturale che di pubblica utilità. Dalla prima fase della ricerca, iniziata nel 2002, realizzata sulla base di un modello di indagine elaborato dal Politecnico di Torino e finanziata da un fondo regionale di 200 mila euro, emerge che su tremila siti monitorati il 50% risulta privo di barriere architettoniche. La seconda fase dell’indagine (costo 300 mila euro) prevede il completamento, da parte di una trentina di rilevatori, della mappa del Piemonte senza barriere architettoniche e la redazione di 8 guide, una per provincia. I dati raccolti verranno inseriti in un data base informatico per essere consultati anche on line. Tali strumenti saranno utili per informare sull'”accessibilità” delle strutture anche in previsione di un momento di socialità e sport come le Olimpiadi e Paraolimpiadi del 2006.

L’amministrazione provinciale di Belluno nel 2002 ha avviato un progetto finalizzato a conoscere il grado di accessibilità nel territorio provinciale di enti pubblici, edifici privati che erogano servizi di primaria importanza ai cittadini, strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere, al fine di evidenziare le strutture in regola con la normativa vigente conferendo loro un marchio di “accessibilità”. Il progetto, il cui costo complessivo ammonta a 150 mila euro, si avvale del supporto tecnico-scientifico dell’Università di Venezia – facoltà di architettura ed è stato sottoposto all’attenzione di enti pubblici, associazioni di categoria e aziende private che lo hanno condiviso e hanno deciso in parte di finanziare.

Infine, tra le iniziative nazionali, è il caso di sottolineare la redazione di un manuale realizzato dal CO.IN (Consorzio Cooperative Integrate) in base all’incarico conferitogli dal dipartimento turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito del progetto “Italia per Tutti” ed in attuazione delle linee guida per la realizzazione del programma “Vacanze per Tutti” concordato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 5 febbraio 1998. Tale manuale, destinato agli operatori turistici, ha lo scopo di presentare le diverse situazioni che “clienti con bisogni speciali” possano richiedere, per fornire, in relazione ad ogni esigenza, una soluzione che non necessita di lunghi periodi di formazione, ma di un’autogestione del proprio apprendimento in modo semplice.

Nell’ambito del tavolo tecnico, è stata effettuata una rivisitazione dell'”accessibilità” delle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extra-alberghiere esistenti nella Regione siciliana.

Dal quadro aggiornato al 31 dicembre 2003, inerente l'”accessibilità” delle strutture alberghiere ed extra-alberghiere, acquisendo, in prima istanza, i dati da “Alberghi di Sicilia 2003-2004 – Vademecum della ricettività alberghiera ed extra-alberghiera”, redatto dall’Osservatorio turistico dell’Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti, risulta che, su un totale di 1.809 strutture alberghiere ed extra-alberghiere, 582 sono “accessibili” alle persone diversamente abili.

Tale percentuale di “accessibilità”, per le strutture alberghiere (alberghi, villaggi albergo e residenze turistico-alberghiere) è del 38%, mentre, per le strutture extra-alberghiere (affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, case per ferie, alloggi agrituristici, turismo rurale, villaggi turistici, ostelli, pensionati universitari, rifugi alpini e parchi di campeggio) è del 25%.

Da un’elaborazione e presentazione dei dati soprarichiamati, l'”accessibilità” delle strutture alberghiere è sempre superiore rispetto a quella delle strutture extra-alberghiere, posizionandosi da un minimo scarto nelle province di Siracusa e Caltanissetta, ad un massimo scarto nelle province di Agrigento, Ragusa ed Enna. La provincia di Messina, pur presentando il maggior numero di strutture, presenta una bassa “accessibilità”, in particolare nelle strutture alberghiere.

Dette percentuali sono al di sotto sia dei dati nazionali (ricerca realizzata dal DRI – Ente interregionale di promozione culturale e turistica in collaborazione con alcune Università italiane ed estere – dati anno 2001), sia per quanto riguarda le strutture alberghiere (meno del 50%), sia per le strutture extra-alberghiere (30% villaggi, campeggi, residence, ecc.).

Inoltre, i dati di “accessibilità” alberghiera nella nostra Regione, sono molto al di sotto di quelli della media europea calcolata del 70%.

Sul tema dell’ “accessibilità” si riscontrano molteplici leggi, decreti, circolari e direttive. La normativa riguardante l’abbattimento delle barriere architettoniche presentava due diversi orientamenti normativi, uno applicabile agli edifici pubblici ed uno agli edifici privati.

Il D.P.R. n. 503 del 24 luglio 1996 ha riunito questi due orientamenti, riconducendo tutte le norme tecniche al decreto ministeriale n. 236/89. Gli edifici di proprietà pubblica (Università, scuole, ospedali etc.) dovevano riferirsi al superato D.P.R. n. 384/78, abrogato e sostituito con il D.P.R. n. 503 del 24 luglio 1996 – Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici – mentre gli edifici di proprietà privata e quelli di edilizia residenziale pubblica si riferiscono al decreto ministeriale n. 236/89. Detti edifici possono essere sia residenziali che non residenziali (teatri, uffici, sale di riunione, alberghi, ristoranti, centri commerciali, etc.).

Il decreto ministeriale n. 236/89 costituisce il regolamento di attuazione della legge n. 13/89 ed attribuisce, altresì, ai termini di “accessibilità”, “visitabilità” ed “adattabilità” una più puntuale definizione per la progettazione e la realizzazione degli spazi costruiti.

L’accessibilità, il livello di progettazione più completo, consente la totale utilizzazione di tutto l’immobile anche alle persone su sedie a ruote; la visitabilità, il livello di progettazione intermedio, consente l’accesso e la fruizione degli spazi di relazione (intesi come spazi di soggiorno, pranzo, servizio ed incontro) nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta; l’adattabilità, il livello di progettazione più ridotto, riguarda la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati per renderlo agevolmente fruibile a persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Per quanto riguarda, in particolare, le strutture turistico-ricettive, il decreto ministeriale n. 236/89, all’art. 5.3, recita che: “…ogni struttura ricettiva (alberghi, pensioni, villaggi turistici, campeggi, ecc.) deve avere tutte le parti e servizi comuni ed un determinato numero di stanze accessibili anche a persone con ridotta o impedita capacità motoria. Tali stanze devono avere arredi, servizi, percorsi e spazi di manovra che consentano l’uso agevole anche da parte di persone su sedie a ruote.

Qualora le stanze non dispongano dei servizi igienici, deve essere accessibile sullo stesso piano, nelle vicinanze della stanza, almeno un servizio igienico.

Il numero di stanze accessibili in ogni struttura ricettiva deve essere di almeno due fino a 40 o frazione di 40, aumentato di altre due ogni 40 stanze o frazione di 40 in più.

In tutte le stanze è opportuno prevedere un apparecchio per segnalazione, sonora e luminosa, di allarme.

L’ubicazione delle stanze accessibili deve essere preferibilmente nei piani bassi dell’immobile e comunque nelle vicinanze di un “luogo sicuro statico” o di una via di esodo accessibile.

Per i villaggi turistici e campeggi, oltre ai servizi ed alle attrezzature comuni, devono essere accessibili almeno il 5% delle superfici destinate alle unità di soggiorno temporaneo con un minimo assoluto di due unità.

Per consentire la visitabilità nelle strutture ricettive si devono rispettare le prescrizioni di cui ai punti 4.1, 4.2 e 4.3, atte a garantire il soddisfacimento dei suddetti requisiti specifici”.

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, per favorire un progetto finalizzato all’integrazione di tutti i cittadini e per promuovere l’offerta turistica verso quelle fasce di popolazione (disabili, anziani, persone con esigenze dietetiche o con problemi di allergie, persone temporaneamente inabili, genitori di bimbi in carrozzina, etc.) che hanno necessità di particolari comodità per la pratica del viaggiare, la Regione siciliana promuove:

1) l’adeguamento di tutte le strutture alberghiere ed extra-alberghiere alla normativa vigente relativa all’eliminazione delle barriere architettoniche;

2) l’incentivazione delle imprese ad adeguarsi ad avanzati standard qualitativi;

3) un’elaborazione di criteri e di modalità, al fine di conferire alle strutture alberghiere ed extra-alberghiere un marchio di “accessibilità” per una o più delle quattro aree della disabilità verificate (motoria, mentale, uditiva e visiva), che potrà poi essere utilizzato per la pubblicizzazione delle strutture tramite appositi elenchi, guide e pubblicazioni;

4) una misurazione della customer satisfaction, nell’ottica del miglioramento della qualità del servizio offerto;

5) la riqualificazione degli impianti alberghieri ed extra-alberghieri, anche attraverso i Fondi strutturali comunitari (2006/2013);

6) la redazione di un manuale destinato agli operatori turistici, finalizzato a fornire, in relazione ad ogni esigenza di “clienti con bisogni speciali”, una soluzione che non necessiti di lunghi periodi di formazione;

7) l’avvio di un censimento al fine di verificare l’ “accessibilità” di:

a) stabilimenti balneari e spiagge attrezzate;

b) impianti e stabilimenti idrotermominerali;

c) strutture per la nautica da diporto (porto turistico, approdo turistico, ecc.);

d) centri, sale e strutture congressuali;

e) parchi di divertimento di prevalente interesse turistico;

f) impianti di risalita, funivie ecc.;

g) impianti e campi per il gioco del golf;

h) impianti sportivi e ricreativi di prevalente interesse turistico e annessi o funzionalmente collegati a strutture ricettive;

8) la collaborazione di professionalità sia interne (dipartimenti Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti) che esterne all’Amministrazione (associazioni disabili, ANCI, URPS, AAPIT, università, associazione di categoria) per la promozione di un “turismo accessibile a tutti e socialmente sostenibile” tendente , peraltro, alla destagionalizzazione del flusso turistico e alla valorizzazione delle risorse archeologiche, storiche, culturali, termali e delle aree naturalistiche, auspicabile per la Regione siciliana.

In ciascuna delle aree naturali protette della Regione, laddove la morfologia dei luoghi lo consenta, dovrà essere realizzato almeno un percorso per disabili motori e visivi.

A tal fine la Regione siciliana (dipartimento territorio e ambiente) emanerà un’apposita direttiva rivolta agli Enti Parco ed agli enti gestori delle riserve naturali terrestri.

Per la realizzazione dei percorsi, nell’ambito della programmazione sia dei fondi strutturali comunitari che delle risorse a carico del bilancio della Regione, la Regione siciliana (dipartimento territorio e ambiente) si impegna a dare priorità al finanziamento di tali opere.

In particolare, per quanto attiene i fondi a valere della misura 1.11 del P.O.R. Sicilia 2000/2006 ed in relazione al P.I.R. “Rete ecologica”, gli accordi di programma, da stipulare con gli enti gestori di parchi e riserve, dovranno prevedere la realizzazione dei suddetti percorsi.

Inoltre la Regione siciliana (dipartimento territorio e ambiente), nell’ambito delle sue competenze in materia di promozione e divulgazione della conoscenza dei valori naturalistici presenti nel territorio della Regione, si impegna a pubblicizzare tali percorsi (p.e. con pubblicazioni cartacee ed audiovisive).

8. Risorse

La complessità degli interventi richiede, da parte di ciascun Assessorato regionale coinvolto nell’attuazione del Piano triennale a favore delle persone con disabilità, un’attenta e specifica individuazione delle risorse che ciascuno di esso può mettere a disposizione, tenendo conto delle somme che già eroga, ma anche di una più complessiva dotazione finanziaria da individuare in sede di bilancio regionale.

Redazione

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