Il Parere della Commissione Ambiente alla Camera

Parere favorevole, ma con 17 condizioni e ben 28 osservazioni, al Codice
dei
Contratti Pubblici da parte della Commissione Ambiente
della Camera.

Il Codice ha già ottenuto il parere (favorevole con osservazioni) del Consiglio
di
Stato
e
il
parere (negativo) della Conferenza Unificata Stato-Regioni e sarà a giorni varato
dal Governo..

Il decreto legislativo avrà come oggetto “Codice dei
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive
2004/17/CE
del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, e 2004/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004”.

In allegato, anche l’articolata proposta di parere contrario, presentata
dalla minoranza in Commissione Ambiente.

– – – –

CAMERA DEI DEPUTATI

VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

Parere favorevole con condizioni del 1 marzo 2006

Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture. (Atto n. 606).

La VIII Commissione,

esaminato lo schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, e 2004/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (Atto n. 606);

preso atto sia del parere negativo espresso in sede di Conferenza unificata,
sia del parere favorevole con osservazioni formulato dal Consiglio di Stato,
che ha fornito alla Commissione significativi elementi ai fini dell’istruttoria
del provvedimento;

rilevato preliminarmente che lo schema di decreto legislativo, anche in ragione
degli impegni politici assunti dal Governo nei confronti del Parlamento al
momento del conferimento della delega legislativa, avrebbe richiesto un maggiore
approfondimento in tempi adeguati, considerata anche l’importanza di tale testo
per il settore degli appalti e dei lavori pubblici;

sottolineato che, proprio a causa delle oggettive difficoltà in cui
si è svolta l’istruttoria in Commissione, non è stato possibile
né acquisire – attraverso i consueti strumenti parlamentari – i necessari
elementi conoscitivi in relazione allo schema di decreto legislativo, né approfondire
tutti i temi come sarebbe stato richiesto dalla complessità e dall’importanza
del provvedimento;

valutato essenziale, in questo contesto complessivo, che il Governo adotti
ogni possibile iniziativa per recuperare un dialogo con i rappresentanti delle
autonomie territoriali, al fine di favorire, prima della definitiva emanazione
del provvedimento, l’individuazione di eventuali elementi di accordo che possano
indurre le regioni e gli enti locali a valutare con maggiore attenzione le
modifiche introdotte dallo schema di decreto legislativo, talune delle quali
– ove il presente parere fosse integralmente recepito – avrebbero significativi
effetti di riequilibrio del sistema complessivo delle competenze nel settore;

ricordato, peraltro, che la stessa VIII Commissione ha più volte riconosciuto,
nel corso della XIV legislatura, la necessità di apportare modificazioni
alla legislazione vigente in materia di lavori pubblici;

osservato, al riguardo, che il parere espresso dal Consiglio di Stato esclude,
in sostanza, che il provvedimento, quanto meno sotto il profilo strettamente
giuridico-normativo, sia stato emanato in eccesso di delega;

ritenuto, dunque, che – ai fini delle valutazioni di competenza parlamentare
– si debbano separare gli aspetti politici relativi al metodo seguito dal Governo
nell’adozione dell’atto, rispetto alle questioni che investono la sua legittimità giuridica,
sulle quali lo stesso Consiglio di Stato ha fornito un contributo di chiarezza;
considerato, a tale proposito, il carattere di incisiva riforma rivestito dalle
direttive comunitarie, evidente in particolare nella unificazione di filoni
normativi precedentemente distinti, nella introduzione di nuovi istituti negoziali,
nella disciplina di istituti orientati ad una maggiore flessibilità –
fra i quali l’avvalimento – e nell’innalzamento delle soglie;

osservato che il recepimento delle suddette direttive – inteso nei suoi profili
sostanziali e, quindi, sul piano del sistema giuridico dei contratti pubblici
– avrebbe richiesto una complessa opera di riallineamento delle normative italiane,
segnatamente di quelle relative ai lavori, rispetto alle linee del modello
europeo;

considerato che un tale riallineamento viene da tempo auspicato sia dalle amministrazioni
pubbliche, sia dagli operatori del settore, in quanto esso rappresenterebbe
una opportunità per il sistema economico e una assunzione di responsabilità della
pubblica amministrazione;

rilevato che tali indirizzi normativi erano già stati anticipati – sia
pure in modo ancora parziale e non organico – dalla legge n. 166 del 2002;

considerato che quelli che fino ad ora hanno rappresentato dei meri elementi
di non allineamento del sistema italiano rispetto alle direttive previgenti,
potrebbero configurare – dopo l’entrata in vigore delle due nuove direttive
e l’attuazione dei principi normativi che ne stanno alla base – vere e proprie
incompatibilità;
valutato positivamente che il legislatore delegato, pur con le precisazioni
di metodo esposte in precedenza, si sia fatto complessivamente carico di queste
problematiche e che talune fra le più incisive innovazioni introdotte
rispetto alla normativa vigente trovino fondamento proprio in questo intento
di superare gli elementi più marcati di discostamento dal modello comunitario,
come peraltro opportunamente messo in luce dallo stesso parere del Consiglio
di Stato;

considerato che, in conformità con i criteri di delega, nonché con
la sopravvenuta disciplina recata dalla legge finanziaria per il 2006, è stato
ampliato l’ambito di competenza dell’Autorità di vigilanza ed è stata
ad essa riconosciuta autonomia organizzativa e finanziaria, e che tali innovazioni
normative, che rafforzano gli strumenti e le istituzioni della vigilanza, del
monitoraggio e del controllo, appaiono particolarmente opportune proprio nella
fase di passaggio da un sistema più rigido ad un sistema più omogeneo
al diritto comunitario ma meno vincolistico;

osservato, inoltre, che il testo dello schema di decreto presenta talune difficoltà di
lettura per i continui rinvii interni, ovvero per rinvii ad altre leggi e regolamenti;
sottolineato, in proposito, che, essendo in taluni casi presente, accanto al
rinvio, anche la rubrica dell’articolo o della legge citata, tale soluzione
andrebbe estesa a tutti i rinvii presenti nel testo;

rilevata, infine, l’opportunità che le numerose innovazioni recate dal
provvedimento possano essere adeguatamente «assorbite» dal sistema
e, dunque, che sia data agli operatori del settore e alla stessa amministrazione
pubblica la possibilità di un sufficiente periodo di conoscibilità della
nuova disciplina;

esprime:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

a) al fine di consentire un impatto graduale della nuova normativa sul sistema
delle imprese e sulle stesse stazioni appaltanti, si raccomanda preliminarmente
l’adozione di apposite norme transitorie che consentano di prolungare in misura
congrua, comunque non inferiore a tre mesi, i termini di entrata in vigore
del provvedimento rispetto alla data della sua futura pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale;

b) considerato, altresì, che a seguito dell’entrata in vigore del provvedimento
potrebbe crearsi un pericoloso «vuoto normativo» per quanto concerne
la vigenza di disposizioni attuative, anche a carattere regolamentare, si raccomanda
al Governo la rapida adozione delle relative misure tecniche, che adeguino
ai contenuti dello schema di decreto legislativo (anche con eventuali richiami
in allegato) talune disposizioni di rango secondario, quanto meno con riferimento
ai settori della progettazione e verifica del progetto, dell’esecuzione, contabilità e
collaudo dei lavori, dei lavori riguardanti i beni culturali e di quelli eseguiti
all’estero, della qualificazione degli esecutori di lavori pubblici;

c) si raccomanda, inoltre, al Governo l’accoglimento dei numerosi suggerimenti
di modifica formale forniti dal Consiglio di Stato nel proprio parere, nonché un
più dettagliato intervento di complessiva manutenzione redazionale,
diretto a risolvere profili problematici di coordinamento normativo e di chiarezza
di formulazione, che si riscontrano in misura significativa nella lettura del
testo;

d) si evidenzia la necessità di un approfondimento delle problematiche
connesse al rapporto Stato-regioni, che deve basarsi sul principio di leale
collaborazione, sia rispetto al riparto delle competenze legislative, sia rispetto
allo specifico profilo della pubblicazione degli avvisi e dei bandi; in tal
senso, si propone di procedere alla riscrittura degli articoli 4 e 5, avendo
riguardo al coordinamento di tali articoli con la ripartizione di competenze
già proposta con lo schema di decreto legislativo recante ricognizione
dei principi fondamentali in materia di governo del territorio, attualmente
in fase di definizione, sottolineando, peraltro, che la progettazione, i piani
di sicurezza, la direzione dell’esecuzione e il collaudo, ad eccezione dei
profili di organizzazione amministrativa, non possono che essere di competenza
esclusiva statale, anche in considerazione della attuale vigenza di un’unica
tariffa nazionale professionale, che disciplina lo svolgimento delle predette
attività;

e) nell’ambito del citato articolo 4, sia altresì garantito che le
regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino
la propria legislazione ai sensi degli statuti speciali e delle relative norme
di attuazione;

f) sempre con riferimento ai confini tra normativa statale e regionale, si
rileva l’opportunità di confermare la scelta del legislatore statale
di non utilizzare gli spazi di discrezionalità lasciati dalle direttive
comunitarie, che offre alle regioni un residuo margine di intervento, pur precisando
che tale margine non può essere utilizzato per introdurre misure di
attenuazione della concorrenza, come avverrebbe, ad esempio, ampliando le ipotesi
di trattativa privata;

g) all’articolo 5, sia espressamente prevista l’acquisizione del parere parlamentare
sul regolamento esecutivo ed attuativo dello schema di decreto;

h) relativamente alle opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, rilevato
che la soluzione attualmente prevista dall’articolo 32, comma 1, lettera g),
basata sulla assimilazione di dette opere ad interventi di finanza di progetto,
potrebbe presentare difficoltà di attuazione, sia previsto che, sotto
la soglia comunitaria, si possano realizzare a scomputo le opere di urbanizzazione «primaria» indicate
nell’articolo 1, lettera b) e nell’articolo 4, comma 1, della legge n. 847
del 1964, correlate al singolo intervento edilizio assentito, escludendo semmai
le cosiddette opere di urbanizzazione «secondaria», che potrebbero
essere così restituite al mercato ed alla concorrenza, in adesione ai
principi comunitari;

i) all’articolo 40, comma 10, e – conseguentemente – all’articolo 253, comma
36, risulta necessario introdurre norme «moralizzatrici» nel mercato
delle qualificazione degli esecutori di lavori pubblici, attribuendo alle SOA
una funzione pubblicistica e prevedendo una revisione straordinaria delle attestazioni
già emesse; infatti, pur essendo apprezzabile la previsione, all’articolo
40, comma 3, lettera c), dell’obbligo per le SOA di acquisire i «certificati
lavori» esclusivamente dall’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, che potrà consentire in futuro maggiori garanzie di «non
falsificazione» di detti documenti, si rappresenta anche la necessità di
verificare le attestazioni già emesse;

j) all’articolo 42, comma 1, lettera d), in relazione al controllo negli appalti
di forniture e servizi, fatti salvi i compiti attribuiti alla stazione appaltante,
sia attentamente considerata l’opzione alternativa ivi prevista, che assegna
i compiti di controllo ad un organismo ufficiale competente del Paese in cui è stabilito
il concorrente, valutando l’opportunità di sostituirla con il riferimento
ad un soggetto terzo avente natura realmente indipendente;

k) all’articolo 53, in ordine al decreto o alla determina a contrarre che
disponga l’appalto integrato, anche al fine di limitare l’effetto di totale
liberalizzazione dell’istituto da parte delle stazioni appaltanti e di garantire
maggiore trasparenza alle scelte delle amministrazioni pubbliche, si richiede
di rendere più incisivo l’obbligo di una dettagliata motivazione, diretta
ad illustrare le ragioni economiche, tecniche ed organizzative circa la determinazione
assunta, con un effettivo ampliamento della trasparenza delle scelte di base,
normalmente effettuate all’atto di impostare le gare pubbliche;

l) sia verificata la possibilità di circoscrivere più puntualmente
la disposizione di cui all’articolo 56, comma 1, lettera b), che – pur trasponendo
in modo quasi letterale la normativa comunitaria – sembra consentire alla stazione
appaltante un potere discrezionale eccessivo nell’ambito delle procedure a
trattativa privata;

m) all’articolo 58, che introduce l’istituto del dialogo competitivo, sia
chiarito il riferimento al «documento descrittivo», che risulterebbe
alternativo al bando di gara ai fini della selezione delle offerte, evitando
il rischio che l’indeterminatezza del contenuto di tale documento, proprio
per lavori di una certa complessità, possa violare i principi di trasparenza
degli atti e di tutela della concorrenza, previsti dalla disciplina comunitaria;

n) al medesimo articolo 58, ai commi 13 e 15, si configuri in capo alle stazioni
appaltanti l’obbligo, e non un’eventuale facoltatività come prevista
nel testo attuale, di specificare i criteri di valutazione dell’offerta economicamente
più vantaggiosa, al fine di adeguare il disposto della norma alla disciplina
comunitaria;

o) si provveda alla riformulazione dell’articolo 66, comma 7, precisando che
la pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara debba avvenire su un unico
sito, che sarebbe preferibilmente quello gratuito previsto dal decreto ministeriale
n. 20 del 4 aprile 2001, e, conseguentemente, si apportino le connesse modifiche
di coordinamento all’interno delle restanti parti del provvedimento;

p) all’articolo 92, sia disposto l’adeguamento del comma 5 a quanto previsto
dall’articolo 3, comma 29, della legge n. 350 del 2003, che, per gli enti locali,
prevede che la percentuale relativa agli incentivi per la progettazione possa
essere non superiore al 2% dell’importo posto a base di gara di un’opera o
di un lavoro;

q) all’articolo 253, sia introdotta una apposita norma transitoria che, limitatamente
alle opere di urbanizzazione «a scomputo», escluda l’applicazione
delle relative disposizioni ai lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti
privati che, alla data di entrata in vigore del provvedimento, abbiano già stipulato
una convenzione urbanistica o abbiano già assunto l’obbligo di esecuzione
dei lavori medesimi;

e con le seguenti osservazioni:

1) all’articolo 3, comma 13, si valuti l’opportunità di escludere dagli «accordi
quadro» le prestazioni intellettuali, quali la progettazione, che non
sono caratterizzate dalla ripetitività, e di sopprimere l’estensione
ai lavori dell’istituto della «ripetizione di servizi analoghi»,
già previsto nel settore dei servizi dal decreto legislativo n. 157
del 1995;

2) al medesimo articolo 3, valuti il Governo l’opportunità di aggiungere
ulteriori definizioni, utili per rendere maggiormente leggibile il testo, in
particolare inserendo le definizioni dei seguenti istituti: consorzi nelle
loro diverse versioni (occasionali, stabili, cooperativi e artigiani), categorie
dei lavori, tipologie dei lavori, categorie di opere generali e di opere specializzate;

3) si valuti l’esigenza di chiarire il rapporto tra il potere attribuito dall’articolo
6, comma 7, lettera n), all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici
di svolgere, su iniziativa delle parti, attività di composizione delle
controversie, con l’articolo 245, comma 3, che prevede la tutela cautelare
ante causam;

4) all’articolo 6, valuti il Governo la possibilità di integrare il
comma 9, prevedendo che l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici
possa anche avvalersi della Guardia di finanza per lo svolgimento dei compiti
di verifica e accertamento;

5) all’articolo 10, andrebbe chiarito che il responsabile unico del procedimento
svolge le proprie attività con il supporto dei dipendenti delle amministrazioni,
prevedendo altresì che, solo in caso di carenza di organico o di adeguate
professionalità, le attività di supporto possono essere anche
affidate a soggetti esterni;

6) all’articolo 33, si verifichi la possibilità di precisare che, ai
fini dell’attuazione delle disposizioni relative alle centrali di committenza,
continua comunque ad applicarsi la normativa relativa alla Consip;

7) all’articolo 37, comma 3, in tema di raggruppamenti temporanei e consorzi
ordinari di concorrenti, valuti il Governo l’opportunità di precisare
che, per i lavori pubblici, la norma deve riferirsi alla qualificazione e non
ai requisiti economico-finanziari, e di effettuare un opportuno chiarimento
circa il fatto che i requisiti devono essere dimostrati in relazione all’importo
dell’appalto, anche nel caso che sia necessaria la classifica per importo illimitato;

8) all’articolo 40, comma 1, lettera a), valuti il Governo la possibilità di
allargare la rappresentatività della commissione consultiva istituita,
ai fini dell’autorizzazione alla qualificazione, presso l’Autorità per
la vigilanza sui lavori pubblici, coinvolgendo eventualmente nella sua composizione
anche altri soggetti facenti parte del sistema;

9) all’articolo 48, relativo al controllo del possesso dei requisiti, potrebbe
essere precisato che il controllo dei requisiti riguarda anche quelli di ordine
generale, chiarendo eventualmente l’effetto della falsa dichiarazione con relativo
inserimento nel casellario;

10) al medesimo articolo 48, valuti il Governo la facoltà per le amministrazioni
aggiudicatrici di introdurre, tra i criteri per la valutazione dell’offerta,
anche eventuali criteri volti a soddisfare esigenze sociali, garantendo comunque,
nel contempo, la parità di trattamento degli offerenti;

11) al medesimo articolo 49, si valuti altresì l’ipotesi di introdurre
l’obbligo di comunicazione all’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, da parte dell’impresa ausiliaria, dell’avvenuto «prestito» dei
requisiti a terzi, al fine di garantire una efficace forma di verifica da parte
di un organismo indipendente;

12) all’articolo 53, comma 3, al fine di omogeneizzare la disciplina di tutti
i tipi di progettazione, valuti il Governo l’opportunità di riformulare
l’ultimo periodo, prevedendo che «per i contratti di cui al comma 2,
lettere b) e c), l’ammontare delle spese di progettazione non è soggetto
a ribasso d’asta», essendo al momento limitata tale prescrizione alla
sola progettazione esecutiva;

13) all’articolo 59, comma 1, si verifichi la possibilità di inserire
un ulteriore periodo, che disponga che «gli accordi non sono ammessi
in relazione alla progettazione e negli altri casi, da prevedersi nel regolamento,
in cui i servizi non sono connotati da serialità o da caratteristiche
esecutive standardizzate»;

14) all’articolo 66, al fine di incrementare le misure dirette alla pubblicità degli
appalti pubblici, sia verificata la possibilità di prevedere, per i
contratti sopra soglia comunitaria, la facoltà di pubblicazione – a
fini meramente conoscitivi – degli avvisi e dei bandi anche su un secondo quotidiano
a diffusione locale;

15) al medesimo articolo 66, sia inoltre verificata la possibilità di
introdurre nello schema di decreto legislativo la facoltà di pubblicazione
sui giornali quotidiani, a fini puramente conoscitivi, degli avvisi di aggiudicazione
dell’appalto, di ultimazione dei lavori, di effettuazione del collaudo e dell’importo
di fine lavori;

16) all’articolo 83, commi 3, 4 e 5, e all’articolo 86, comma 2, relativi
all’aggiudicazione delle gare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
si verifichi la possibilità di garantire un’applicazione il più possibile
obiettiva e regolamentata dell’istituto, di per sé caratterizzato da
ampi margini di discrezionalità, assicurando – ove possibile – la verificabilità del
processo valutativo posto in essere dalle stazioni appaltanti e la massima
pubblicità dei contenuti delle offerte;

17) al citato articolo 83, andrebbe – in particolare – chiarito che nel caso
in cui sia prevista nel bando la ponderazione con una «forcella»,
prima di applicare la metodologia prevista nel bando per determinare l’offerta
economicamente più vantaggiosa, è necessario esprimere la forcella
con un valore determinato, non essendo – in caso contrario – determinabile
in modo trasparente ed unico la migliore offerta;

18) sempre all’articolo 83, valuti il Governo la possibilità di riformulare
il comma 4, evitando di affidare alla stessa commissione che procederà alla
valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa il compito di
definire i criteri di valutazione ed i relativi pesi, in quanto tale soluzione
comporta la nomina della commissione in anticipo sulla indizione della gara,
con possibile violazione dei principi di correttezza del procedimento;

19) all’articolo 84, comma 8, andrebbe verificata la possibilità di
modificare l’attuale formulazione, che limita fortemente la partecipazione
di soggetti esterni alle amministrazioni pubbliche nell’ambito delle commissioni
giudicatrici nell’ipotesi di offerta economicamente più vantaggiosa,
garantendo, quanto meno per i lavori di maggiore rilevanza, la presenza di
un rappresentante per ciascuna delle categorie indicate al citato comma 8 e
prevedendo anche l’inserimento, all’interno di dette categorie, di funzionari
tecnici delle stazioni appaltanti;

20) al medesimo articolo 84, in ragione dell’eventuale modifica di cui al
punto precedente e per garantire maggiore flessibilità nell’individuazione
dei soggetti incaricati, andrebbe altresì valutata, in primo luogo,
la possibilità di rimuovere, al comma 8, lettere a) e b), il riferimento
agli elenchi per la scelta dei componenti della commissione giudicatrice e,
conseguentemente, di sopprimere il comma 9, che prevede un loro aggiornamento
almeno biennale;

21) all’articolo 149, comma 1, si valuti l’opportunità di stabilire
che i concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, quando appaltano
a terzi, siano tenuti al solo rispetto delle norme su pubblicità e termini;

22) all’articolo 177, comma 1, valuti il Governo la possibilità di
stabilire che l’aggiudicazione delle concessioni e degli affidamenti a contraente
generale avviene, a scelta del soggetto aggiudicatore, mediante procedura ristretta
o dialogo competitivo, come disciplinato dall’articolo 58;

23) all’articolo 206, comma 1, andrebbe verificato se il mancato inserimento
dell’articolo 32 e dell’articolo 40, tra le norme applicabili ai settori speciali,
rappresenti un refuso redazionale o, al contrario, una precisa scelta del legislatore
delegato;

24) agli articoli 230 e seguenti, in relazione ai criteri di qualificazione
delle società operanti nel settore dei servizi e delle forniture, andrebbe
adottata ogni possibile misura finalizzata a rafforzare i principi di trasparenza
e di pubblicità;

25) all’articolo 253, comma 20, si valuti l’ipotesi di una riformulazione
della disposizione, che chiarisca l’ambito applicativo generalizzato della
disciplina transitoria del regime delle garanzie anche ai contratti in corso
di esecuzione, affidati anteriormente alla data di entrata in vigore del provvedimento;

26) al medesimo articolo 253, fatto salvo l’orientamento della giurisprudenza
costituzionale in materia e avuto riguardo ai possibili effetti sul gettito
erariale, andrebbe valutata la reale opportunità della previsione derogatoria
di cui al comma 34, lettera d), che conferma la vigenza di talune norme legislative
in tema di divieto di ricorso all’arbitrato;

27) all’articolo 256, andrebbe riconsiderata la prevista abrogazione parziale
dell’articolo 14 vicies ter, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 115
del 2005, prestando la necessaria attenzione agli effetti che tale abrogazione
potrebbero produrre sulla regolamentazione dell’affidamento e della gestione
dei servizi sostitutivi di mensa aziendale resi tramite i cosiddetti «buoni
pasto»;

28) valuti, infine, il Governo l’opportunità di introdurre all’interno
dello schema di decreto legislativo una specifica disposizione relativa al
cosiddetto «affidamento in house», che configuri l’istituto in
termini straordinari e residuali, al fine di evitare – nel pieno rispetto della
normativa e della giurisprudenza comunitarie – effetti distorsivi del mercato
e penalizzanti per le imprese private, e che limiti conseguentemente l’ambito
operativo delle società a partecipazione pubblica all’interno degli
stessi enti che procedono a tali affidamenti.

– – – –

Allegati:

Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture (Atto n. 606).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE NEGATIVO PRESENTATA DAI DEPUTATI VIGNI ED ALTRI

La VIII Commissione,
esaminato, ai sensi degli articoli 1, commi 3 e 4, e 25 della legge 18 aprile
2005, n. 62, lo schema di decreto legislativo recante: «Codice dei
contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture, in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Atto n. 606);

premesso che:

in data 30 aprile 2004 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea le direttive comunitarie 2004/17/CE (relativa al coordinamento delle
procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti
che forniscono servizi di trasporto e servizi postali) e 2004/18/CE (relativa
al coordinamento delle procedure di aggiudicazioni degli appalti pubblici di
lavori, di forniture e di servizi di tutti i soggetti diversi da quelli di
cui alla direttiva 2004/17/CE); le direttive prevedono che gli Stati membri
devono recepire le direttive entro il 31 gennaio 2006;

la maggior parte delle disposizioni contenute nelle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE costituiscono un mero coordinamento delle norme già esistenti
nelle direttive precedenti, fatta eccezione per le cause di esclusione (probabilmente
già in parte ricadenti nel disposto dell’articolo 75 del decreto del
Presidente della Repubblica 554 del 1999 per i lavori pubblici), i criteri
ambientali e sociali (già in parte considerati nella normativa vigente
in Italia), la ponderazione nell’offerta economicamente più vantaggiosa
(già obbligatoria in Italia per i lavori pubblici), i mezzi elettronici,
l’avvalimento (riconosciuto in via giurisprudenziale per servizi e forniture
e da ultimo anche nei lavori pubblici); le vere differenze sono relative, per
i lavori pubblici, alla trattativa privata, che adesso nella legge n. 109 del
1994 è disciplinata in modo restrittivo, ai lavori nei «settori
speciali», che in parte ricadono nella legge n. 109 del 1994, alla disciplina
della cosiddetta «forcella» nella licitazione privata, ed alla
circostanza fondamentale che la legge n. 109 del 1994 si applica anche agli
appalti sotto soglia;

per dare attuazione al recepimento delle suddette direttive il Parlamento ha
approvato l’articolo 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria
2004): secondo tale articolo il Governo è delegato a adottare, entro
18 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti
legislativi volti a definire un quadro legislativo finalizzato al recepimento
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;

la delega fu inserita come articolo aggiuntivo con un emendamento del Governo
nel corso dell’esame dell’AC 5179 (Legge Comunitaria 2004); a fronte delle
preoccupazioni e delle richieste di chiarimento sollevate da diversi parlamentari
circa la reale portata della suddetta delega e l’eventuale conseguente indeterminatezza
dei principi e criteri direttivi, l’allora Ministro delle politiche comunitarie,
in più occasioni durante il dibattito parlamentare (Seduta del 22 settembre
2004 in Commissione XIV – Seduta n. 554 del 12 dicembre 2004 in Aula), offriva
ampie e formali rassicurazioni sulla volontà di attenersi a interventi
strettamente necessari per soddisfare le esigenze di coordinamento tra il quadro
normativo collegato all’attuazione delle direttive stesse e la normativa nazionale
di riferimento, convenendo altresì sulla necessità di ricorrere
al procedimento legislativo ordinario nell’eventualità di un intervento
di riordino della materia;

il resoconto della Seduta della Commissione XIV in data 22.09.04 cosi recita: «Il
ministro Rocco Buttiglione assicura che tale testo unico dovrà contenere
esclusivamente le procedure di appalto indicate dalle direttive 2004/17 e 2004/18
e le norme vigenti modificate dalla esecuzione di tali direttive. Assicura
infatti che il Governo, con la norma in esame, non si è fatto delegare
dal Parlamento a ridisciplinare l’intera normativa vigente nel settore degli
appalti pubblici»;

a dispetto delle ampie rassicurazioni fornite, e con grave lesione del principio
di lealtà e correttezza dei rapporti istituzionali tra Governo e Parlamento,
il provvedimento in esame riscrive la complessa e delicata materia degli appalti
pubblici tramite l’adozione di un «Codice», quando i principi e
i criteri direttivi erano appena appropriati a conferire un potere di mero
coordinamento e risultando pertanto del tutto insufficienti a giustificare
un intervento normativo di tale portata;

il «Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture» (Atto
n. 606) sul quale le competenti commissioni parlamentari della Camera sono
chiamate ad esprimere il parere, costituirebbe l’attuazione della delega di
cui all’articolo 25 della legge n. 62 del 2005;

i criteri di delega contenuti nel suddetto articolo 25 della legge 62 del 2005
sono:

a) compilazione di un unico testo normativo recante le disposizioni legislative
in materia di procedure d’appalto disciplinate dalle due direttive coordinando
anche le altre disposizioni in vigore nel rispetto dei principi del trattato;

b) semplificazione delle procedure di affidamento che non costituiscono diretta
applicazione della normativa comunitaria finalizzata a favorire il contenimento
dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici;

c) conferimento all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici della
vigilanza negli altri settori (servizi, forniture, settori speciali);

d) adeguamento della normativa interna alla sentenza della Corte di Giustizia
C 247/02 circa i criteri di aggiudicazione;

i confini della delega entro cui il testo di recepimento doveva operare sono
i seguenti:

a) le sole disposizioni legislative concernenti le procedure di affidamento,
riguardano la fase del processo dell’appalto disciplinata dalle direttive comunitarie
oggetto della delega;

b) un recepimento coordinato con le disposizioni in vigore; un recepimento
coordinato con l’attuale contesto normativo, ma non modificativo, anche perché la
normativa sui lavori pubblici regola unitariamente tutto il processo realizzativo
dell’opera pubblica;

c) la delega fa riferimento alla compilazione di un unico testo; dunque non
consente la redazione di un codice, che evidentemente è cosa ben diversa
da un unico testo di tipo meramente compilativo, che in quanto tale comporta
una semplice operazione di riordino delle disposizioni relative alle sole gare
modificate, per effetto delle novità delle direttive, con le disposizioni
in vigore;

d) la delega fa riferimento ad una semplificazione delle sole procedure di
affidamento ovviamente sotto soglia ed allo scopo di favorire il contenimento
dei tempi e la flessibilità degli strumenti giuridici;

considerato che:

il Consiglio di Stato, nel parere del 6 febbraio 2006, nell’affrontare il
problema delle relazioni tra il Codice e la normativa preesistente, in particolare
con la legge n. 109 del 1994 relativamente agli appalti integrati e alla trattativa
privata dice in proposito:
« Come è infatti noto, il testo originario della legge quadro sui
lavori pubblici n. 109 del 1994 aveva ritenuto di dettare discipline parzialmente
differenti da quella comunitaria, prevedendo la rigida separazione tra attività di
progettazione ed attività di esecuzione dei lavori, la limitazione del
ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, della
trattativa privata e della introduzione delle varianti, l’abolizione dell’istituto
della revisione dei prezzi ed altre ancora, che costituivano i punti maggiormente
qualificanti di quella riforma. È altrettanto noto che riguardo a tali
previsioni si pose il problema della loro conformità alla direttiva allora
vigente (n. 89/440/CEE poi trasfusa nella direttiva n. 37/1993/CEE), ma la Corte
costituzionale, con sentenza 7 novembre 1995, n. 482, ritenne infondate le questioni
di costituzionalità sollevate dalle Regioni in relazione alle procedure
di scelta del contraente ed ai criteri di aggiudicazione previsti dalla legge
n. 109 del 1994, rilevando come le disposizioni della legge, aventi ad oggetto
metodi di selezione del contraente anche più rigorosi rispetto alle direttive
comunitarie, fossero costituzionalmente legittime, anche in relazione al riparto
di competenze normative fra Stato e Regioni, perché dirette ad assicurare
in modo ancor più esteso la concorrenza.

Successivamente i principi in questione hanno subìto taluni temperamenti,
ma l’impianto generale è rimasto sostanzialmente invariato (omissis).

Non può peraltro sottacersi che dal nuovo quadro normativo possono derivare
gli inconvenienti cui le limitazioni della legge n. 109 del 1994 avevano inteso
porre riparo; inconvenienti che, sebbene non ritenuti meritevoli di considerazione
dalla Corte di giustizia (nel corso del giudizio «Sintesi s.p.a.»,
conclusosi con la citata sentenza C-247/02, l’Italia si era difesa adducendo
tale esigenza), non possono essere sottovalutati anche nell’attuale contesto
amministrativo e sociale. Appare quindi quanto mai necessaria l’adozione di
idonei strumenti di garanzia, e in questa ottica, in particolare, va valutato
positivamente e va valorizzato il criterio di delega di cui alla lettera c),
volto ad assicurare la generalizzazione e il potenziamento della vigilanza
in tutti i settori interessati dalle direttive in capo all’Autorità per
i lavori pubblici. Non vi è dubbio che il ruolo di questa istituzione,
lungi dal potersi ritenere confliggente con il sistema delle autonomie, deve
considerarsi il necessario punto di riferimento e di raccordo del sistema stesso»;

secondo il parere del Consiglio di Stato, la possibilità di un ricorso
generalizzato allo strumento dell’appalto integrato, dell’estensione della
trattativa privata e dell’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa dovrebbe accompagnarsi all’adozione di idonei strumenti
di garanzia, mancando i quali queste modalità di affidamento degli appalti
sembrano introdurre il rischio, anche per il Consiglio di Stato, di «inconvenienti,
cui le limitazioni della legge n. 109 del 1994 avevano inteso porre riparo»;
si rafforza il convincimento che, in particolare, nella normazione di questi
due istituti, si sia andati ben oltre la delega fissata dall’articolo 25 della
legge 62 del 2005, per di più introducendo nella disciplina degli appalti
figure contrattuali che si sono manifestate anche di recente come una possibile
fonte di irregolarità, opacità di deliberazione, pervasività a
condizionamenti esterni, anche di rilevanza penale;

per quanto attiene il riparto di competenze normative, nella materia interessata
dal Codice, tra Stato e Regioni e sul conflitto di competenze e di poteri che
questa normativa potrebbe introdurre, il Consiglio di Stato dedica all’argomento
un’analisi dettagliata, ed infine conclude: «Sulla base di tali considerazioni
la Sezione ritiene necessario riformulare l’articolo 4 dello schema secondo
quanto suggerito nella parte seconda del presente parere, relativa ai singoli
articoli»;

considerato, inoltre, che:

la Conferenza Unificata, in data 9 febbraio 2006, ha espresso parere negativo
sullo schema di decreto legislativo, per l’impatto che il codice avrà sulla
emanata ed emananda normativa regionale di settore, esprimendo grande preoccupazione
nonché forti contrarietà al testo proposto riconducibili ai seguenti
motivi:

a) sul piano del metodo sarebbe stato non solo opportuno, ma anche doveroso
avviare un percorso condiviso e concertato con le Regioni, attesa la valenza
e la portata del provvedimento;

b) l’articolo 5, comma 1, dello schema di decreto legislativo demanda ad un
apposito regolamento la disciplina esecutiva ed attuativa del Codice nelle
materie oggetto di una competenza legislativa statale esclusiva; tali materie
sarebbero quelle elencate al comma 4 del medesimo articolo 5 e quelle disciplinate
nelle altre disposizioni che rinviano al regolamento di attuazione;

c) l’articolo 5, al comma 1, appare pertanto lesivo delle competenze legislative
regionali in relazione a tutti quei cospicui e numerosi aspetti dei lavori
pubblici e non solo, per i quali si fa rinvio al regolamento di attuazione
e per i quali si ritiene che non rientrino nella potestà esclusiva legislativa
dello Stato;

d) il Codice prevede innovazioni, come ad esempio l’estensione degli appalti
di forniture e servizi sotto soglia sotto l’ambito di vigilanza dell’Autorità per
la vigilanza sui lavori pubblici, mentre la direttiva 18/2004 si applica solo
agli appalti sopra soglia;

e) per i settori che attengono alla tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori, si configurano ampie violazioni in ordine ai profili costituzionali
e di ripartizione ordinamentale Stato-Regioni, con il mancato rispetto delle
competenze legislative di cui all’articolo 117 della Costituzione, in particolare
in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro;

nel testo proposto manca l’indicazione delle norme «cedevoli»,
vale a dire di quelle norme che si applicano alle Regioni fino alla entrata
in vigore delle specifiche normative regionali, come si deduce dall’articolo
1, comma 6, che presuppone l’esistenza di ambiti di disciplina oggetto di potestà concorrente,
sui quali non potrebbe intervenire il regolamento di attuazione; sotto questo
profilo, l’ampiezza del rinvio al regolamento appare censurabile per contrasto
con la legge di delegazione, determinandone un probabile vizio di incostituzionalità;

anche ANCI, UPI e UNCEM hanno espresso parere negativo sullo schema di decreto
legislativo; in particolare, l’ANCI ritiene di essere in presenza di una sostanziale
illegittimità per eccesso di delega, che risulta superata nei seguenti
casi su cui le direttive 2004/17 e 2004/18 non insistono e che non sono ricomprese
negli obiettivi della legge delega:

a) programmazione dei lavori pubblici
b) rapporti funzionali tra i soggetti che concorrono alla realizzazione dei
lavori, dei servizi e delle forniture, e delle relative competenze
c) competenze del responsabile del procedimento e sanzioni previste a suo carico
d) progettazione dei lavori, servizi e forniture con le annesse normative tecniche
e) forme di pubblicità e di conoscibilità degli atti procedimentali,
nonché procedure di accesso a tali atti
f) modalità di istituzione e gestione del sito informatico dei contratti
pubblici presso l’Osservatorio
g) requisiti soggettivi, certificazioni di qualità nonché qualificazione
degli operatori economici, secondo criteri stabiliti dal presente codice
h) procedure di affidamento dei contratti, ivi compresi gli incarichi di progettazione,
i concorsi di progettazione e di idee, gli affidamenti in economia, i requisiti
e le modalità di funzionamento delle commissioni giudicatrici
i) direzione dei lavori dei servizi e delle forniture e attività di
supporto tecnico-amministrativo
j) procedure di esame delle proposte di variante
k) ammontare delle penali, secondo l’importo dei contratti e cause che lo determinano,
nonché modalità applicative
l) quota subappaltabile dei lavori appartenenti alla categoria o alle categorie
prevalenti ai sensi dell’articolo 118
m) norme riguardanti le attività necessarie di esecuzione dei contratti
e le sospensioni disposte dal direttore per dell’esecuzione o del responsabile
del procedimento
n) modalità di corresponsione ai soggetti che eseguono il contratto
di acconti in relazione allo stato di avanzamento della esecuzione
o) tenuta dei documenti contabili
p) modalità e procedure accelerate per la deliberazione prima del collaudo,
sulle riserve dell’appaltatore
q) collaudo e attività di supporto tecnico amministrativo, ivi comprese
le ipotesi di collaudo semplificato sulla base di apposite certificazioni di
qualità, le ipotesi di collaudo in corso d’opera, i termini per il collaudo,
le condizioni di incompatibilità dei collaudatori, i criteri di rotazione
degli incarichi, i relativi compensi, i requisiti professionali secondo le
caratteristiche dei lavori
r) le materie in materia di accordo bonario, arbitrato, tutela giurisdizionale
(articolo 240 e seguenti del codice);

sottolineato che:

lo schema di decreto delegato è stato definito senza un corretto e
trasparente confronto con tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano
che nel campo dei lavori pubblici;

importanti associazioni delle imprese operanti nel settore delle costruzioni,
oltre a ribadire le critiche alle modalità di definizione del «Codice»,
hanno ripetutamente evidenziato come la mancata concertazione, rispetto a regole
che incidono profondamente su un mercato complesso come quello degli appalti
pubblici, rischia di rendere inefficace e di difficile applicazione una riforma
che non può prescindere da una preventiva verifica con imprese, stazioni
appaltanti e mondo del lavoro; a giudizio delle stesse, inoltre, i ristretti
tempi previsti per l’entrata in vigore del Codice rischiano di produrre un’inevitabile
confusione per le amministrazioni locali e per le imprese, con la probabile
conseguenza di provocare il blocco del maggiore comparto produttivo del Paese;

considerate, inoltre, le seguenti difficoltà attuative:

si pone, in primo luogo, la questione relativa ai testi di natura regolamentare,
che soprattutto nei lavori pubblici disciplinano aspetti di derivazione comunitaria;
in particolare, è da rilevare che il legislatore della legge Merloni
ha previsto all’articolo 3, comma 3, che «il Governo, nell’ambito delle
materie disciplinate dal regolamento, attua, con modifiche al medesimo regolamento,
le direttive comunitarie nella materia di cui al comma 1 che non richiedono
la modifica di disposizioni della presente legge»; tale norma permette
al Governo, ovviamente secondo le procedure previste dalla stessa legge Merloni,
la possibilità di adeguare in ogni momento il decreto del Presidente
della Repubblica n. 554 del 1999 alla disciplina comunitaria sopravvenuta,
in modo del tutto lineare;

nel «codice» è stata prevista l’abrogazione di tutti i regolamenti
(decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, decreto del Presidente
della Repubblica n. 34 del 2000) e, non essendo evidentemente possibile una
sub-delega a regolamenti di delegificazione (anche per la nota impossibilità di
incidere sulle competenze regionali in materia concorrente con lo strumento
regolamentare), si prevede (articolo 5) che lo Stato detti con regolamento
la disciplina esecutiva ed attuativa del codice nelle materie di competenza
legislativa esclusiva; le materie contemplate dall’articolo 5 sono le stesse
contemplate dall’articolo 3 della legge n. 109 del 1994, che, data la loro
particolare rilevanza, venivano affidate ad una fonte di rango diverso, cioè ad
un regolamento di delegificazione;

le situazioni richiamate creeranno una gran confusione per effetto della disposizione
transitoria di cui all’articolo 236 del «codice», che prevede l’applicazione
dello stesso ai bandi pubblicati dopo la sua entrata in vigore e l’emanazione
del regolamento attuativo del «codice» entro un anno dall’entrata
in vigore del «codice», e un differimento di 180 giorni della sua
entrata in vigore; nel frattempo, continueranno ad applicarsi i regolamenti
esistenti, ovviamente non più coordinati con le disposizioni legislative;
la norma richiamata dispone che i vecchi regolamenti si applicano «nei
limiti di compatibilità con il presente codice», mentre l’individuazione
di questi «limiti» non è sicuramente nelle capacità tecniche
ed amministrative di tutte le stazioni appaltanti, che, come è noto,
sono numerose e molto piccole, per cui l’effetto non potrà che essere
disastroso sul piano operativo; arrivare al «codice» passando attraverso
una fase intermedia in cui tutte le novità sono «digerite» dagli
operatori sarebbe, invece, una vera scelta di «semplificazione»;

il «codice» contiene scelte disorganiche riguardo al recepimento
di alcuni istituti previsti dalle direttive comunitarie, recepimenti, peraltro,
facoltativi per gli Stati membri (quali, ad esempio, il dialogo competitivo,
l’accordo quadro, le aste elettroniche, le centrali di committenza, il sistema
dinamico di acquisizione), che, fra l’altro, il «codice» prevede
possono essere impiegati anche sotto soglia comunitaria; la previsione di estendere
l’applicazione di questi istituti anche sotto soglia comunitaria è veramente
pericolosa sul piano operativo e, certamente, non può essere considerata
una semplificazione per gli appalti sotto soglia; il recepimento di questi
nuovi istituti, in particolare per gli appalti sotto soglia comunitaria, dovrebbe
avvenire, invece, dopo un’approfondita meditazione sui possibili risultati
che essi avrebbero nel mercato;

ribadito, inoltre, che:

le direttive 2004/17 e 2004/18 prevedono che il recepimento di alcuni istituti
innovativi siano facoltativi per gli Stati membri, trattandosi di norme non
riferite direttamente alle stazioni appaltanti e, quindi, non di immediata
esecuzione a partire dal 1o febbraio 2006: si tratta degli istituti del dialogo
competitivo, dell’accordo quadro, delle aste elettroniche, delle centrali di
committenza, del sistema unico di acquisizione, recepiti integralmente nel «codice
appalti» senza interventi legislativi di adattamento e applicazione,
e che per buona parte troveranno impreparate le stazioni appaltanti; in particolare
per quanto riguarda l’istituto del «dialogo competitivo (articolo 58),
non è ben chiaro il concetto di «appalto particolarmente complesso»,
in quanto il fatto che un’Amministrazione non disponga dei necessari studi
non significa di per sé che l’appalto sia complesso, ma solo che è debole
in termini di programmazione e che occorra, quindi, dotarla di tutte le risorse
per svolgere le sue imprescindibili funzioni di interesse pubblico;

nel «codice» vi sono molte modifiche introdotte in relazione a
norme legislative e regolamentari in vigore, che la delega non consente; inoltre,
molte di esse non sono da condividere nella sostanza, come, per esempio, la
generalizzata estensione dell’appalto integrato, in quanto se esso è utile
e opportuno nel caso di opere con alcuni specifici contenuti tecnologici, è negativo
in caso di opere prive di tali requisiti;

non si può condividere la modifica alla normativa sulla trattativa privata,
in quanto le norme vigenti sono il frutto di un dibattito che ha visto impegnato
negli anni il Parlamento e le forze sociali; non si può condividere
la soppressione dell’obbligo di procedere a gare per l’affidamento degli incarichi
di progettazione di importo superiore a euro 100.000 e pari o inferiore a euro
211.000, anche se sicuramente l’obbligo di rispettare i principi di «non
discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza» è una
sufficiente garanzia di correttezza;

il «codice» copia le norme della direttiva senza un approfondimento
delle stesse e questo si trasforma in errori sostanziali dovuti anche ad alcune
non precise formulazione del testo della direttiva, a causa di difficoltà di
indicare in più lingue gli stessi istituti; per i «settori speciali» il
problema fondamentale è quello di stabilire quali siano i soggetti che
debbano applicare le disposizioni;

la direttiva 2004/17/CE stabilisce che essa deve essere applicata dai soggetti
(amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche o soggetti che operano
in virtù di diritti speciali o esclusivi) qualora svolgano alcune specifiche
attività; ciò è chiaramente previsto dall’articolo 207,
comma 1, del «codice», mentre gli articoli successivi (208, 209,
210, 211, 212) prevedono, invece, che il «codice» deve essere applicato
per attività specificamente indicate (per esempio: messa a disposizione
o gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio pubblico in
connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di gas o energia
termica);

sembrerebbe, da una lettura «asettica», che il «codice» si
debba applicare per l’affidamento delle attività sopra richiamate, ma
la direttiva non dispone in tal senso; la specificazione delle attività serve
ad individuare il soggetto che deve rispettare la direttiva per l’affidamento
di commesse di lavori, forniture e servizi strumentali allo svolgimento di
tali attività, per cui è evidente che alcuni soggetti possono
svolgere più attività, alcune rientranti in quelle di cui alla
direttiva 2004/17/CE ed altre non rientranti; si pone il problema, quindi,
che alcuni soggetti devono applicare alcune volte la direttiva 2004/17/CE ed
altre volte la direttiva 2004/18/CE: l’errore nella formulazione della norma
produce grandi effetti negativi e ciò dimostra che il testo in molte
parti è frutto di riscrittura «asettica» delle norme comunitarie
e ciò non può essere accolto;

sottolineato, infine, che:

spesso nel testo del codice ci si è limitati solo a riportare le norme
vigenti, senza tenere conto che esse sono state emanate in tempi diversi e
che alcune di esse non sono più da applicarsi, in quanto superate da
norme o da fatti sopravvenuti successivamente; in particolare, per esempio,
non si è tenuto conto che la partecipazione agli appalti di lavori,
in questo momento, è subordinata al possesso dell’attestazione di qualificazione
rilasciata dalle SOA e quindi tutte le norme che disciplinavano la partecipazione
alle gare di lavori antecedentemente all’entrata in vigore del decreto del
Presidente della Repubblica 34 del 2000, vale a dire in presenza del cosiddetto «bando-tipo» di
cui al DPCM 10 gennaio 1991, n. 55, sono di fatto abrogate, anche se non espressamente;
non si è tenuto neanche conto che le norme vigenti, alcune volte, nella
loro formulazione hanno dato origine a interpretazioni diverse fra più giudici
e fra giudici ed Autorità; non si comprende, quindi, come non si sia
colta l’occasione per chiarire alcuni aspetti, ad esempio in relazione al problema
delle offerte con ribassi uguali all’interno della procedura di determinazione
della soglia d’anomalia delle offerte, la cui incertezza può condurre
a contenziosi con effetti negativi sulla tempestività di esecuzione
dei lavori;

vanno evidenziate le difficoltà di applicazione del «codice» nella
formulazione predisposta, rilevando anzitutto che esso è stato costruito
assumendo come base la normativa da applicare per i settori «ordinari» sopra
soglia comunitaria, per poi, all’articolo 121, specificare quale siano le norme
che si applicano per questi settori «ordinari» anche sottosoglia;
l’articolo 121 precisa che si applicano le disposizioni della parte I (Principi
e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di
applicazione del codice, articoli da 1 a 27), della parte IV (Contenzioso,
articoli da 238 a 246), della parte V (Disposizioni di coordinamento, finali
e transitorie – abrogazioni, articoli da 247 a 257), della parte II (Contratti
pubblici relativi a lavori, servizi, forniture nei settori ordinari, articoli
da 28 a 205) in quanto non derogate dal titolo II (Contratti sotto soglia comunitaria,
articoli da 121 a 125); da questo articolo, vero «rompicapo», si
ricava che per i settori «ordinari» sottosoglia comunitaria si
applicano gli articoli del «codice»da 1 a 205 e da 239 a 257 salvo
le disposizioni derogate negli articoli da 121 a 125; in sostanza, nei settori «ordinari» si
applica tutto il «codice» salvo la parte III, Titolo I (Contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori del gas, energia termica,
elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area
geografica di rilevanza comunitaria, articoli da 206 a 238);

il «rompicapo» non si esaurisce con i rilievi precedenti, in quanto
l’articolo 238 stabilisce che la parte III Titolo I (Contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture nei settori del gas, energia termica, elettricità,
acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica di rilevanza
comunitaria, articoli da 206 a 238) si applica anche agli appalti dei suddetti
settori «speciali» di importo inferiore alla soglia;

il testo predisposto presenta anche difficoltà di lettura per i continui
rinvii interni oppure ad altre leggi e regolamenti, segnalandosi, in particolare,
la necessità di chiarire il rapporto tra il potere attribuito dall’articolo
6, comma 7, lettera n), all’Autorità di svolgere su iniziativa delle
parti attività di composizione delle controversie con l’articolo 245,
comma 3 del codice che prevede la tutela cautelare ante causam;

espresso, in conclusione, il convincimento che:

alla luce di quanto esposto, il testo approvato da Consiglio dei Ministri è costituzionalmente
illegittimo;

per alcune materie, come ad esempio l’appalto integrato e la trattativa privata,
si è completamente stravolto l’impianto della legge n. 109 del 1994,
senza aver affrontato un esplicito dibattito parlamentare, né aver adottato
una delega specifica per la modifica strutturale della cosiddetta legge Merloni
e del suo regolamento d’attuazione;

in ogni caso i tempi previsti per l’entrata in vigore della nuova disciplina,
pari a 15 giorni, sono inefficaci ed insufficienti, poiché occorre un
periodo molto più lungo per rendere effettivamente operante la nuova
normativa, pena il determinarsi di uno stato di confusione e rallentamento
della operatività del settore delle costruzioni, con il rischio di una
vera e propria paralisi del settore;

esprime

PARERE CONTRARIO

«Vigni, Iannuzzi, Abbondanzieri, Bandoli, Banti, Chianale, Dameri, Raffaella
Mariani, Piglionica, Realacci, Reduzzi, Sandri, Vianello, Villari, Zunino».

Redazione

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