I documenti digitali prodotti in gara possono violare l’anonimato

Il Tar Campania, con sentenza depositata a fine marzo, ha deciso in merito
alla gara internazionale di progettazione per Bagnolifutura Spa, affrontando
il delicato problema del rapporto tra garanzie di anonimato nelle gare d’appalto
e
(legittima) produzione
nelle stesse di documenti
in formato digitale.

Si tratta di una decisione che anticipa alcuni dei temi che diverranno di
grande rilevanza, con
la prossima pubblicazione del nuovo Codice dell’Amministrazione
digitale e del Codice dei Contratti pubblici
di lavori, forniture, servizi (Codice “De Lise”).

Questi i fatti di causa.

La
commissione
giudicatrice aveva escluso la ricorrente
e gli altri partecipanti, dichiarando infine la gara deserta, per mancanza
di
offerte valide, e procedendo ad un nuovo concorso di progettazione internazionale.

Nella specie, l’esclusione era stata comminata per tutte le società in gara,
in quanto era stata riscontrato, tra la documentazione su supporto
digitale, allegata a corredo di ciascun progetto, uno o più files recanti
l’indicazione dell’autore, in violazione
del principio dell’anonimato espressamente prescritto dal disciplinare
di gara.

Parte ricorrente deduceva che:

1) l’individuazione dell’autore dei files prodotti in gara non
era imputabile alla ricorrente, in quanto si trattava di “tracce” prodotte
non volutamente
,
bensì generate, in automatico, alla creazione del file per
effetto dei software di base;

2) la ricerca della paternità di uno o più dei files prodotti
sarebbe stata deliberatamente perseguita, in via del tutto irragionevole ed
arbitraria, da parte della commissione, attraverso una minuziosa, non
dovuta verifica dei files medesimi
.

Il Tar Campania, con la sentenza che si riporta in calce,
ha osservato che:

“La commissione si è accorta,
da subito, della presenza di segni identificativi dell’autore dei files;
tanto, non già a
seguito di mirate indagini conoscitive, bensì per effetto del
semplice passaggio del cursore sull’icona del file
, cui notoriamente
si correla per determinate tipologie di documenti in formato digitale l’ostensione,
in via del tutto automatica, di taluni dati informativi, tra cui quelli relativi
alla persona
dell’autore”.

E ancora:

“Il fondato sospetto che in analogo errore fossero incorsi anche altri
candidati, che parimenti avevano allegato documenti della stessa natura e
tipologia, induceva
la commissione esaminatrice ad effettuare una preliminare verifica circa
la conformità alle prescrizioni di gara della documentazione
progettuale in formato digitale prodotta da tutti i partecipanti, che avrebbe
dovuto avere forma rigorosamente
anonima.

. . . .

Tar Campania, Napoli, II sezione

Sentenza
24 marzo 2006 n. 3177

(presidente Onorato, estensore Maiello)


Cooprogetti / Bagnolifutura s.p.a. di trasformazione urbana

(…)

FATTO

Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 25.6.2005 e sulla G.U.R.I. n°153
del 4.7.2005, Bagnolifutura s.p.a., società di trasformazione urbana,
ha indetto un concorso di progettazione internazionale avente ad oggetto la
progettazione preliminare complessiva e, per il lotto descritto nel documento
preliminare alla progettazione, anche la progettazione definitiva dei lavori
di realizzazione del parco urbano di Coroglio – ex sito industriale di
Bagnoli.

Il bando, al punto VI.3, espressamente giustificava il ricorso alla procedura
ristretta ed accelerata in ragione delle scadenze temporali previste per l’accesso
ai finanziamenti di cui alla misura 4.6. del P.O.R.

Alla suddetta procedura, strutturata sullo schema della licitazione privata
e, pertanto, articolata in due fasi, partecipava anche la ricorrente che, superato
lo snodo preliminare della prequalificazione, veniva invitata alla fase di
prosecuzione della selezione, retta dal principio dell’anonimato.

La commissione giudicatrice, all’esito dell’esame della documentazione
di progetto presentata dalle ditte rimaste in gara, escludeva la ricorrente
e gli altri partecipanti, in quanto riscontrava tra la documentazione su supporto
digitale, allegata a corredo di ciascun progetto, uno o più files recanti
l’indicazione dell’autore ( nella specie Cooprogetti) in violazione
del principio dell’anonimato espressamente introdotto, quale regola di
gara, dall’art. 17 del disciplinare.

A cagione di ciò, la commissione giudicatrice comunicava alla stazione
appaltante l’impossibilità di procedere oltre nei lavori, in quanto
per tutti i concorrenti risultava disattesa la regola dell’anonimato.

Veniva, pertanto, comunicata a ciascun concorrente, a mezzo telex, l’esclusione
dalla procedura selettiva.

Il Consiglio di Amministrazione della Bagnolifutura s.p.a. ratificava, poi,
l’operato del Presidente e dell’Amministratore delegato in ordine
all’intervenuta spedizione della detta comunicazione telegrafica, prendeva
atto dell’impossibilità di procedere alla valutazione ed alla
comparazione dei progetti presentati a causa della mancanza di concorrenti
e, per l’effetto, deliberava di procedere ad un nuovo concorso di progettazione
internazionale.

Con il gravame in epigrafe sub A ( con numero di ruolo n°446/2006), la
parte ricorrente impugna tutti gli atti del concorso di progettazione indetto
dalla Bagnolifutura s.p.a. con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 25.6.2005
e sulla G.U. n°153 del 4.7.2005, limitatamente alla disposta esclusione.

L’impugnazione, per effetto del gravame sub B (con numero di ruolo n°1112/2006
), è stata estesa, per invalidità derivata, anche al nuovo bando,
avente il medesimo oggetto e pubblicato sulla G.U.C.E. l’11.1.2006 e
sulla G.U. il 23.1.2006.

Avverso i medesimi atti sono state poi articolate ulteriori censure con i
motivi aggiunti sub C), depositati il 14.3.2006.

All’uopo, la parte ricorrente ha articolato le seguenti censure:

1) il supporto informatico depositato corrisponderebbe alle prescrizioni di
gara;

2) tra la documentazione di gara da esaminare non rientravano anche i files
sorgente; ove diversamente, interpretata, sarebbe illegittima la stessa disciplina
di gara nella parte in cui ha imposto oneri documentali inutili e gravosi;

3) l’individuazione dell’autore dei suddetti files non sarebbe
imputabile alla ricorrente, in quanto si tratterebbe di tracce non volutamente
prodotte, bensì generate, in automatico, alla creazione del file per
effetto dei software di base;

4) la ricerca della paternità di uno o più dei files
prodotti sarebbe stata deliberatamente perseguita, in via del tutto irragionevole
ed
arbitraria, da parte della commissione, attraverso una minuziosa, non dovuta
verifica dei files;

5) sarebbe illogica la stessa articolazione della procedura selettiva con
la previsione di una fase in forma anonima dopo che il segmento iniziale di
prequalifica era avvenuto in forma palese, con conseguente possibilità di
riconoscimento dei partecipanti anche nei successivi sviluppi della procedura;

5) il disciplinare di gara sarebbe illegittimo anche perché non esplicitava
con chiarezza in quale busta andavano inseriti i files di origine;

6) la stazione appaltante sarebbe incorsa nella violazione dell’art.10
bis della legge 241/1990, non avendo spedito alla ricorrente il cd. preavviso
di rigetto;

8) la stazione appaltante non avrebbe dovuto invalidare l’intera procedura
attraverso manifestazione di autotutela non in linea con la normativa di settore;

Resiste in giudizio la s.p.a. Bagnolifutura, che ha concluso per la reiezione
del ricorso, siccome inammissibile ovvero infondato.

All’udienza camerale del 16.3.2006, in applicazione del combinato disposto
degli artt. 21 e 26 della legge 1034/1971, il ricorso è stato trattenuto
in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va disposta la riunione dei ricorsi sopra epigrafati in ragione
di un’evidente connessione, soggettiva ed oggettiva, che ne giustifica
la trattazione congiunta.

S’impone, altresì, una declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione
coltivata con i motivi aggiunti depositati il 14.3.2006 a cagione dell’espressa
dichiarazione di rinuncia resa a verbale dal difensore della parte ricorrente
nel corso dell’udienza di discussione.

Così perimetrato l’ambito cognitivo del presente procedimento,
a giudizio del Collegio, i ricorsi sono infondati e, pertanto, vanno respinti.

Nel procedimento delibativo che questo Tribunale è chiamato a svolgere
assume priorità logica l’esame delle censure che investono la
legalità estrinseca dell’atto impugnato, vale a dire l’osservanza
degli obblighi procedurali, la cui esistenza condiziona, in via pregiudiziale,
il corretto approccio – in sede di sindacato giurisdizionale – ai profili
di contenuto delle determinazioni assunte dall’Amministrazione.

Orbene, giusta quanto evidenziato in premessa, con una prima censura, la parte
ricorrente si duole della elusione degli obblighi posti dall’art. 10
bis della legge 241/1990, introdotto con legge n°15/2005.

La richiamata disposizione, quale mezzo preventivo di soluzione di potenziali
conflitti, dovrebbe dar luogo ad una fase pre-decisionale a contraddittorio
pieno sulle ragioni ostative all’accoglimento della domanda di parte.
Secondo il costrutto giuridico descritto dal legislatore, nell’ipotesi
in cui il precitato strumento dialettico non valga a comporre le divisate ragioni
ostative, l’Amministrazione è tenuta nel corpo del provvedimento
reiettivo ad esplicitare con congrue argomentazioni i motivi in considerazione
dei quali ha disatteso le osservazioni di parte.

Va, però, osservato che, in ragione del chiaro disposto dell’ultimo
periodo della norma in commento, gli obblighi de quibus non trovano applicazione
– in ragione di una preminente esigenza di razionale ed agevole definizione
del procedimento, che mal si concilia con l’intreccio delle posizioni
dei singoli aspiranti, oggetto di valutazioni di ordine comparativo – nel caso
di procedure concorsuali, categoria alla quale è indubbiamente ascrivibile
anche il procedimento in esame.

Peraltro, in mancanza di criteri discretivi rinvenibili nella precitata normativa,
non può essere condivisa una lettura orientata della norma, nel senso
cioè di ritagliare, nell’ambito dell’unitaria categoria
indicata dal legislatore, improprie differenziazioni tra diversi tipi di procedimento
concorsuale ovvero tra le varie fasi in cui si articola l’iter della
singola selezione, restringendo in base a canoni del tutto arbitrari l’ambito
operativo della disposizione in argomento.

D’altronde, sotto diverso profilo, l’inconferenza della censura
in esame discende dalla ineluttabilità della sanzione espulsiva comminata
dalla stazione appaltante in ossequio alle nuove coordinate sulla patologia
dell’atto amministrativo tracciate dall’art. 21 octies della legge
241/1990, che impedisce di valorizzare vizi formali ovvero procedimentali ogni
qualvolta il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato.

Nel caso di specie, giusta quanto verrà di seguito evidenziato, l’irregolarità contestata
alla ditta ricorrente afferisce alla violazione di specifiche disposizioni
della lex specialis poste a presidio del fondamentale principio della garanzia
dell’anonimato, sicchè alcuna alternativa sul piano decisionale
si poneva all’Amministrazione procedente: questa, espressamente vincolata
dal chiaro contenuto precettivo delle prescrizioni autoimposte, giammai avrebbe
potuto disapplicarle in ragione della pretesa inutilità dello specifico
adempimento richiesto, non essendo notoriamente consentito di modificare le
condizioni selettive durante l’espletamento della relativa procedura.

Esaurita la disamina delle contestazioni afferenti allo schema formale delle
avversate determinazioni, l’indagine va ora direzionata verso i profili
sostanziali della correttezza e della completezza delle valutazioni di ordine
tecnico/giuridico poste a presidio delle decisioni della stazione appaltante
di estromettere dalla procedura concorsuale tutte le imprese concorrenti e,
dunque, di indire un nuovo concorso di progettazione.

A tal uopo s’impone una preliminare ricognizione del quadro disciplinare
di riferimento sia per verificarne, in relazione ai corrispondenti motivi di
doglianza, la conformità alla normativa di settore, sia per definire,
una volta convalidata la disciplina di gara, le specifiche coordinate alla
stregua delle quali valutare la correttezza del sindacato svolto dalla commissione
giudicatrice.

Orbene, mette conto evidenziare che l’art. 17 del disciplinare di gara
espressamente stabiliva che la partecipazione alla seconda fase del concorso
di progettazione dovesse avvenire in forma rigorosamente anonima ed, a tale
scopo, espressamente ammoniva i concorrenti sulla necessità di omettere
qualsivoglia indicazione che potesse violare il principio dell’anonimato.

Coerenti con l’enunciazione di siffatto principio sono le ulteriori
disposizioni, parimenti compendiate nell’articolo in commento, che, quali
precipitati tecnico – applicativi, disciplinavano le modalità di
articolazione della domanda.

Segnatamente, il plico chiuso, anonimo e sigillato, che ciascun partecipante
avrebbe dovuto far pervenire alla stazione appaltante nei termini stabiliti
doveva contenere:

una busta A), con all’interno la documentazione progettuale ed una distinta
busta B) con documentazione relativa ai dati identificativi del concorrente
e dei suoi eventuali componenti e consulenti, l’autorizzazione alla diffusione,
trattamento e pubblicizzazione degli elaborati progettuali, la certificazione
anonima relativa alla partecipazione al sopralluogo obbligatorio ( da inserire
in un’ulteriore busta n°1) ovvero la documentazione attestante il
possesso dei requisiti richiesti dal bando, nonché delle necessarie
abilitazioni professionali ( da inserire in un’ulteriore busta n°2).

Alla stregua di una piana lettura delle richiamate disposizioni, si evince,
dunque, che tutti gli elaborati progettuali dovevano essere custoditi in una
busta separata ( busta A) e dovevano essere predisposti in modo da non rivelare
in alcun modo i dati identificativi del soggetto partecipante ( in tal senso
cfr. u.co dell’art. 18 del disciplinare di gara).

Vale precisare che l’art. 18 del disciplinare di gara, tra la documentazione
da consegnare, annoverava anche un CD – ROM ovvero un DVD – ROM
contenente tutti gli elaborati tecnici e descrittivi in formato digitale pdf
o dwf, senza però menzionare ulteriori adempimenti.

Pur tuttavia, le richiamate prescrizioni, per effetto del combinato disposto
degli artt. 23 e 12 del disciplinare di gara, dovevano intendersi integrate
dalle ulteriori e più dettagliate regole poste dall’allegato n°17
al documento preliminare alla progettazione, che, all’art. 5, rubricato
consegna dei files, espressamente stabiliva che…era richiesta ai progettisti
anche la consegna di una versione DWG degli elaborati grafici completi oltre
alla consegna dei files sorgente di tutti gli altri documenti ( per es: .doc,
.xls, .mpp etc.)…

Sullo specifico punto in esame, che vale a perimetrare l’obbligo di
documentazione gravante sui concorrenti, vi è stata, poi, una fase preliminare
di chiarimento resa possibile dallo stesso art. 17 del disciplinare, che espressamente
riconosceva ai concorrenti la facoltà di proporre quesiti sulla disciplina
di gara onerando, al contempo, il responsabile del procedimento a trasmettere
a tutti i concorrenti una sintesi dei quesiti pervenuti e delle risposte fornite.

All’esito della suddetta fase, il responsabile del procedimento ha ribadito
la necessità di esibire tutti i files, quelli di origine e quelli in
formato PDF ovvero DWF, spiegando l’apparente discrasia tra i sopra richiamati
documenti di gara nel senso che nell’allegato 17 al DPP viene indicata
la documentazione completa da esibire, mentre all’art. 18 del disciplinare
venivano indicati solo i formati PDF ovvero DWF in quanto rappresentano una
stampa su files ricavati dai files di origine.

Orbene, alla stregua di quanto finora evidenziato, non può essere revocato
in dubbio che l’intera documentazione, su supporto cartaceo ovvero digitale,
afferente ai progetti di gara dovesse essere custodita nella busta sub A) e,
dunque, soggetta alle regole dell’anonimato.

Peraltro, le divisate formalità di consegna dei files sorgente erano
imposte dallo stesso contenuto dei medesimi documenti, del tutto coincidente
con quello degli elaborati tecnici e descrittivi su supporto cartaceo ovvero
digitale in formato PDF o DWF, non editabile.

Era, in altri termini, la stessa natura di elaborati progettuali suscettivi
di valutazioni tecniche da parte della commissione esaminatrice ad imporre
quale soluzione obbligata – in mancanza di prescrizioni di segno contrario – l’adozione
anche per i files sorgente delle medesime formalità di allegazione espressamente
previste all’art. 18 del disciplinare di gara.

D’altronde, proprio la chiara intelligibilità della corrispondente
disciplina di gara, risultante da una lettura coordinata delle richiamate prescrizioni
e precisazioni, ha fatto sì che tutti i partecipanti alla selezione
in argomento si comportassero coerentemente, predisponendo in modo conforme
alle richiamate regole la documentazione offerta.

Senza contare che la soluzione organizzativa prescelta dalla stazione appaltante
si rivela aderente alla normativa di settore, atteso che l’art. 26, undicesimo
comma, del D.Lgs. n. 157 del 1995 espressamente stabilisce, proprio in riferimento
ai concorsi di progettazione, che “la Commissione giudicatrice è autonoma
nelle sue decisioni e nei suoi pareri, che sono presi in base a progetti presentati
in modo anonimo …”.

In tal modo, il legislatore nazionale si è uniformato alle indicazioni
vincolanti rinvenienti dall’art. 13 della direttiva comunitaria del 18.6.1992
n. 92/50/CEE.

Il principio è stato, di recente, ribadito anche all’art. 74
della direttiva comunitaria n°18/2004/CE del 31.3.2004, secondo cui la
commissione esamina i piani e i progetti presentati dai candidati in forma
anonima.. all’uopo precisando che l’anonimato dev’essere rispettato sino
al parere o alla decisione della commissione aggiudicatrice.

Tanto, in ragione della finalità perseguita con la selezione in argomento
di addivenire alla scelta del miglior progetto, cui si correla la necessità di
preservare il giudizio della commissione dai possibili condizionamenti rinvenienti
da ogni fattore estraneo al detto ambito ( oggettivo ) di valutazione, quale
appunto quelli che ineriscono all’autore ( ovvero agli autori), di per
se stessi idonei ad alterare, anche involontariamente, l’obiettività ed
imparzialità dei giudizi de quibus.

In definitiva, le opzioni organizzative prescelte dalla stazione appaltante
in relazione alla fase selettiva della procedura concorsuale in esame – quella
precedente della cd. prequalifica, superata dalla ricorrente, non rientra nel
fuoco della decisione – appaiono coerenti con la normativa di settore e, pertanto,
immuni rispetto alle corrispondenti censure articolate con il gravame in epigrafe.

Allo stesso modo, prive di pregio appaiono le doglianze che investono la strutturazione
della procedura selettiva, articolata in due fasi, cui conseguirebbe una sostanziale
alterazione della regola dell’anonimato per la seconda fase: in disparte
la correttezza del ricorso alla licitazione privata, espressamente contemplata
quale metodo selettivo dall’art. 59 del d.p.r. 554/1999, giova osservare
che il diverso materiale documentale vagliato nella fase di prequalifica, consistente
in sintetiche relazioni sul metodo d’approccio al tema progettuale, sui
criteri relativi alla gestione e manutenzione del parco ovvero sui criteri
di controllo della qualità, atti evidentemente non rapportabili agli
elaborati progettuali acquisiti nella successiva fase concorsuale, non poteva
per la sua genericità vanificare le divisate garanzie che, alla stregua
della richiamata normativa di settore, devono reggere la procedura in argomento
né condizionare, con la pretesa automaticità, le valutazioni
finali svolte dalla commissione giudicatrice.

Sotto diverso profilo, deve poi ritenersi che rientra nella discrezionalità della
stazione appaltante definire il tipo di documentazione concretamente esigibile
dai partecipanti alla selezione.

Giusta quanto già sopra anticipato, la lex specialis – cui non
risulta esteso il proposto gravame – prescriveva la produzione degli
elaborati tecnici descrittivi e progettuali su supporto cartaceo e su supporto
digitale, riferendosi, in particolare, per quest’ultimo aspetto, sia
ai files su stampa in formato non editabile sia ai files cd. sorgente.

A tal riguardo, giova osservare che la stessa ontologica diversità dei
documenti su supporto digitale richiesti ( files su stampa ovvero files sorgente)
riflette con assoluta evidenza che non si tratta di un’inutile duplicazione
di oneri documentali già esaustivamente assolti: alla stregua delle
risultanze processuali, è, invero, emerso che i files PDF e DWF sono
dei meri files di stampa in formato non editabile, laddove la disponibilità anche
dei files di origine, consentendo all’utente di intervenire direttamente
sul documento, ben avrebbe potuto agevolare, attraverso l’applicazione
delle funzioni proprie del programma con cui erano stati elaborati, la commissione
esaminatrice, ampliando le possibilità d’analisi di quest’ultima
(segnatamente, in riferimento ai files DWG, per esaminare nel dettaglio i progetti,
per separare tra loro gli elementi progettuali, per misurare automaticamente
la superficie dell’area prescelta dai ricorrenti per la predisposizione
del progetto definitivo etc. cfr. relazione peritale depositata dalla bagnolifutura
s.p.a.).

Non trova, viceversa, riscontro la pretesa di precludere alla commissione
esaminatrice la possibilità di consultare la predetta documentazione,
alla quale, nella richiamata impostazione, dovrebbe essere riservata unicamente
la funzione di confermare l’autenticità dei progetti presentati
su supporto cartaceo.

La stessa risposta fornita dalla stazione appaltante alla richiesta di chiarimenti
non accredita siffatta riduttiva lettura, riflettendo esclusivamente la necessità – peraltro
ovvia – della conformità della documentazione in formato digitale
con la proposta progettuale presentata su supporto cartaceo.

D’altronde, alla stregua della sopra richiamata disciplina di gara,
i files in questione assumevano la stessa valenza di rappresentare la proposta
progettuale presentata dal singolo candidato e, pertanto, ben potevano essere
consultati, senza limitazione alcuna, dalla commissione esaminatrice.

Proprio in ragione di ciò, andavano consegnati nella busta A), all’interno
della quale era giustappunto custodita l’intera documentazione progettuale,
con conseguente assoggettamento alle regole dell’anonimato.

Né è possibile pervenire a diversa conclusione in ragione della
successiva scelta della stazione appaltante di modificare, in vista del nuovo
concorso di progettazione, la disciplina di gara, all’uopo prescrivendo
che il CD-ROM debba essere inserito, non più nella busta contenente
la proposta progettuale esaminabile dalla commissione esaminatrice, bensì in
quella distinta contenente i dati identificativi dei singoli concorrenti.

L’astratta possibilità – consentita dalla normativa di
settore – di utilizzare moduli organizzativi diversi rende non dirimente
la suddetta circostanza, la cui valenza appare tanto più neutra se si
considera il diverso oggetto della nuova commessa, limitata al solo progetto
preliminare e non più volta anche all’acquisizione del progetto
definitivo.

D’altronde, ove la diversa opzione fosse stata effettivamente indotta
anche dall’acquisita consapevolezza delle difficoltà incontrate
dalle ditte partecipanti alla pregressa selezione, tanto segnerebbe solo la
congruenza della nuova soluzione rispetto alle esigenze di opportunità dell’azione
amministrativa, in un’ottica che guarda ai risultati e, dunque, impinge
in valutazioni di merito.

D’altro canto, rispetto alle contestazioni mosse avverso le richiamate
opzioni organizzative s’impone una preliminare verifica in ordine alla
tempestività delle doglianze all’uopo articolate, atteso che le
prospettate censure, pur involgendo le prescrizioni di gara, sono state introdotte
solo a conclusione della procedura di selezione.

Sotto il profilo in esame, viene in rilievo anche la dedotta impossibilità ovvero
illiceità dell’adempimento richiesto, consistente nella manipolazione
dei files onde rendere non ostensibili i dati identificativi dell’autore.

Sullo specifico punto, che involge la controversa tematica della scansione
temporale del ricorso giurisdizionale amministrativo nelle ipotesi in cui l’agere
publicum si sviluppa in più livelli operativi, la giurisprudenza amministrativa
si è da tempo assestata intorno al principio secondo cui i bandi di
gara, di concorso e le lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente
agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi
ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere
attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.

Detto principio, però patisce eccezione allorché la lex specialis
contenga clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione
ovvero clausole che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente
incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara e che
comportino l’impossibilità, per l’interessato, di accedere alla procedura
( cfr. Consiglio Stato a. plen., 29 gennaio 2003, n. 1).

Orbene, la ricostruzione accreditata dalla parte ricorrente si sostanzia,
proprio, nella rappresentazione di una prescrizione assolutamente inutile,
imposta in modo oscuro ed indecifrabile, in chiara violazione del principio
del clare loqui e, soprattutto, volta ad ottenere un adempimento a carico delle
ditte concorrenti impossibile ed illecito e, comunque, sproporzionato ed incoerente
rispetto alle finalità perseguite.

Alla stregua di quanto finora evidenziato, non può essere revocata
in dubbio, conformemente ai richiamati dicta giurisprudenziali, l’attitudine
del regolamento di gara a concretare una lesione diretta ed immediata della
sfera giuridica del singolo partecipante, con conseguente onere, per quest’ultimo,
di articolare, nel rispetto dei termini di decadenza, un’immediata impugnazione
della stessa disciplina di gara.

Ne discende, a giudizio del Collegio, la irricevibilità dei suddetti
motivi di gravame, tardivamente proposti solo all’esito della svolta
procedura selettiva congiuntamente all’impugnazione del provvedimento
di esclusione.

Ad ogni buon conto, in disparte le svolte considerazioni, va revocata in dubbio
la stessa premessa di fatto sulla quale si innestano (parte dei ) motivi di
doglianza proposti dalla ricorrente, che investono la stessa praticabilità degli
accorgimenti tecnici imposti a garanzia dell’anonimato.

In merito, il contraddittorio processuale ha consentito di sgombrare l’indagine
cognitiva rimessa al Collegio da un assunto attoreo che si è rivelato
del tutto destituito di fondamento.

Invero, alla stregua delle acquisizioni processuali, non sono state riscontrate,
in fatto, le deduzioni di parte ricorrente sulla pretesa immodificabilità dei
files cd. sorgente, apparendo, al contrario, dimostrato l’opposto postulato
difensivo secondo cui rientra nel dominio dell’utente la possibilità di
organizzare la loro formazione in modo da renderli compatibili con la regola
dell’anonimato.

Se, da un lato, è vero che le informazioni personali vengono automaticamente
inserite nella cartella proprietà di ogni file word, può dirsi
altrettanto acclarato che i suddetti dati possono essere cancellati dall’utente
attraverso un’operazione che si rivela possibile, agevole e lecita.

Seguendo il percorso argomentativo sviluppato nella relazione peritale prodotta
in atti dalla società resistente, e direttamente controllato e sperimentato
dal Collegio, la stessa società che distribuisce uno dei sistemi operativi
più diffusi ( quello cui, peraltro, si riferiscono i files sorgente
in argomento) fornisce agli utenti le opportune istruzioni tecniche per rimuovere
le informazioni personali dei files.

Sotto diverso profilo, il ripetuto richiamo contenuto nella disciplinare di
gara al rispetto della regola dell’anonimato, con espresso ammonimento
sulla necessità di predisporre i documenti progettuali senza indicare
in ogni loro parte i dati identificativi del partecipante, non lasciava residuare
alcun dubbio in ordine alla portata assoluta, generale e vincolante del richiamato
precetto, la cui perimetrazione andava, pertanto, intesa come riferita all’intera
documentazione custodita nella busta A) e rimessa alla piena disponibilità della
commissione esaminatrice per le valutazioni di competenza.

Nella suddetta prospettiva funzionale – volta ad escludere ogni possibilità di
interferenza di fattori esterni sul giudizio di merito della commissione –
gli obblighi gravanti su ciascun candidato si estendevano naturaliter anche
alle cartelle contenenti i files ovvero alla struttura formativa di ciascun
documento digitale, senza che occorresse alcuna indicazione suppletiva per
orientare la concreta condotta dei candidati: l’adempimento richiesto
doveva essere calibrato giustappunto sul risultato da assicurare – il
rispetto dell’anonimato – eliminando ogni possibile collegamento,
diretto e indiretto, con il singolo candidato.

Né è possibile ritenere che le suddette cautele esorbitassero
da quelle ordinariamente esigibili dai potenziali destinatari del bando: la
semplicità delle plurime tecniche utilizzabili, in via alternativa,
per il conseguimento dello scopo rende del tutto indimostrato l’assunto
attoreo secondo cui l’impiego delle suddette soluzioni rientrava, in
via esclusiva, nel patrimonio di conoscenze di esperti informatici.

Senza contare che, anche in ragione della rilevanza e della dimensione internazionale
del concorso, ben avrebbero potuto i candidati, cui era nota la necessità di
predisporre la documentazione di gara anche su supporto informatico, implementare
le proprie personali conoscenze ovvero ricorrere all’ausilio di esperti
del settore, onde presentare una domanda di partecipazione conforme alla lex
specialis.

D’altronde, è di tutta evidenza che, ai fini in questione, non
può assurgere a criterio dirimente per sindacare l’esigibilità del
comportamento imposto dalla lex specialis il tipo di professionalità richiesta
per la cura del servizio posto a base di gara ( nella specie predisposizione
di progetti per la realizzazione di opere pubbliche), atteso che, opinando
in tal modo, verrebbe ad essere radicalmente esclusa, per ogni procedura concorsuale
indirizzata a soggetti diversi da quelli operanti nel settore dell’informatica,
la stessa possibilità di ammettere forme di documentazione su supporto
digitale.

Privilegiando la suddetta aberrante metodica valutativa, la stessa predisposizione
in formato PDF o DWF risulterebbe ultronea rispetto alle conoscenze tecniche
strettamente necessarie per l’elaborazione del prodotto offerto.

La miglior riprova dell’infondatezza delle richiamate argomentazioni
si rinviene nel fatto che tutti i candidati hanno ampiamente dimostrato di
poter agevolmente accedere alle suddette tecniche di linguaggio, corredando
le proprie domande di partecipazione anche della necessaria documentazione
su supporto digitale.

In definitiva, contrariamente a quanto dedotto, l’osservanza della indefettibile
regola dell’anonimato implicava l’adozione di accorgimenti tecnici
agevolmente praticabili, la cui cura, ascrivibile a standard di ordinaria diligenza,
era pienamente esigibile nei confronti delle ditte partecipanti.

Una volta acclarata l’intangibilità della disciplina di gara,
anche per la parte in cui include i files cd. sorgente tra la documentazione
progettuale da esibire in forma anonima, vanno esaminate le censure che investono
l’operato della commissione esaminatrice, alla quale, nel costrutto giuridico
attoreo, dovrebbe essere addebitata, in via esclusiva, la responsabilità della
contestata violazione delle regole dell’anonimato.

Invero, nella prospettazione di parte, la ricerca della paternità di
uno o più dei files prodotti sarebbe stata deliberatamente perseguita,
in via del tutto irragionevole ed arbitraria, dal suddetto organo collegiale
attraverso una minuziosa, non dovuta verifica dei files.

Segnatamente, la commissione avrebbe dovuto esaminare la copia cartacea dei
progetti presentati, potendo solo in caso di dubbio o perplessità accedere
alla documentazione digitale, privilegiando in siffatta ipotesi, comunque,
la consultazione dei files non editabili.

La ricostruzione dell’esatta dinamica della vicenda per cui è processo è compendiata
nella memoria difensiva della s.p.a. Bagnolifutura, in cui si evidenzia che
la commissione esaminatrice, nel sottoporre al doveroso scrutinio di merito
la documentazione progettuale prodotta, procedeva all’esame dei files
sorgente anche per verificare l’effettivo assolvimento, da parte di tutti
i candidati, dell’onere di predisposizione (unitamente al progetto preliminare
per l’intero comparto) anche del progetto definitivo per un’area
dalle dimensioni fissate nella disciplina di gara.

In tal modo, la consultazione della documentazione digitale, nel formato editabile,
avrebbe consentito di misurare il lotto individuato da ciascun candidato in
via automatica e precisa.

Nel corso di siffatta operazione, la commissione si è accorta, da subito,
della presenza di segni identificativi dell’autore dei files; tanto,
non già a seguito di mirate indagini conoscitive, bensì per effetto
del semplice passaggio del cursore sull’icona del file, cui notoriamente
si correla per determinate tipologie di documenti in formato digitale l’ostensione,
in via del tutto automatica, di taluni dati informativi, tra cui quelli relativi
alla persona dell’autore.

Il fondato sospetto che in analogo errore fossero incorsi anche altri candidati,
che parimenti avevano allegato documenti della stessa natura e tipologia, induceva
la commissione esaminatrice ad effettuare una preliminare verifica circa la
conformità alle prescrizioni di gara della documentazione progettuale
in formato digitale prodotta da tutti i partecipanti e custodita nella busta
sub A) che, giova ribadirlo, avrebbe dovuto contenere solo la documentazione
progettuale ed in forma rigorosamente anonima.

La mera presa d’atto, per ciascun candidato, della violazione della
regola dell’anonimato induceva il predetto organo a disporne l’esclusione
dal concorso.

A giudizio del Collegio l’operato della commissione risponde ad una
metodica corretta e doverosa: il compito assegnato al precitato organo era,
infatti, quello di selezionare il miglior progetto presentato nell’ambito,
però, delle regole poste dalla disciplina di gara.

Assumeva, pertanto, rilievo pregiudiziale rispetto all’attività valutativa
in senso stretto una preliminare ricognizione della documentazione prodotta
da ciascun concorrente di cui la commissione doveva necessariamente verificare
la completezza e la conformità alle prescrizioni di gara.

Il fatto stesso, cioè, di aver reso conoscibili elementi di identificazione
del singolo candidato rispetto a documentazione che, nella fase in argomento,
avrebbe dovuto essere resa in forma assolutamente anonima giustifica l’adottata
sanzione espulsiva.

Tanto, a prescindere dalla concreta utilità che, in quel preciso momento
storico, poteva arrecare l’apertura del relativo file.

La semplice archiviazione dei suddetti files nella busta A), interamente rimessa
alla piena disponibilità della commissione senza alcun tipo di filtro
o cautela in quanto destinata a contenere solo atti progettuali in forma rigorosamente
anonima, giustificava, di per se stessa, la verifica condotta dal predetto
organo in ordine al rispetto delle prescrizioni di gara in tema di anonimato:
invero, la mera presenza in una fase retta dalla ferrea garanzia dell’anonimato
anche di un solo documento idoneo a disvelare l’autore del progetto avrebbe
irrimediabilmente inficiato l’intero giudizio, pregiudicandone l’attitudine
ad accreditarsi all’esterno come espressione certa ed indiscussa di obiettività e
di imparzialità.

Né appare sostenibile un’applicazione attenuata del principio
in argomento, proposta dai ricorrenti sulla falsariga degli orientamenti espressi
dalla giurisprudenza amministrativa in tema di concorsi pubblici.

La soluzione della esclusione delle ditte concorrenti si è resa necessaria
per il solo fatto della palese violazione di un’esplicita regola della
procedura di gara, cui è conseguita in via diretta ed immediata la chiara
identificazione dell’autore del progetto.

D’altronde, nelle gare pubbliche, la tutela giuridica dell’interesse
pubblico al corretto svolgimento della selezione, onde assicurarne l’imparzialità e
la parità di condizioni tra i concorrenti, va indefettibilmente assicurata.

Opinare diversamente significa compromettere la stessa attitudine funzionale
del metodo selettivo.

Nel caso in esame, l’omissione delle cautele imposte dalla lex specialis
aveva oramai prodotto un grave vulnus ai principi fondamentali che regolano
lo svolgimento delle procedure selettive, che non lasciava, alla Commissione,
alcuna alternativa circa i provvedimenti da adottare, nei confronti dei ricorrenti
medesimi.

Senza contare che lo stesso assunto, circa la pretesa estraneità della
parte ricorrente alla violazione del principio dell’anonimato, appare
recisamente smentito dalle univoche risultanze processuali, dovendo addebitarsi – come
già sopra evidenziato – alle stesse concorrenti l’adozione di
modalità di presentazione dei files inadeguate a garantire il rispetto
del richiamato principio.

Alla stregua delle svolte considerazioni, l’ esclusione della ricorrente
si rivela, in definitiva, idonea a resistere alle censure avverso la stessa
articolate.

Tanto refluisce in negativo sulla predicabilità delle ulteriori doglianze
che investono i successivi sviluppi della procedura in argomento.

Vale ribadire che la commissione esaminatrice, riscontrata anche in capo agli
altri concorrenti la medesima violazione del principio di anonimato, concludeva
i lavori senza procedere alla valutazione di merito dei progetti presentati.

Sulla scorta delle dette risultanze, il consiglio d’amministrazione
della s.p.a. Bagnolifutura, preso atto dell’impossibilità di procedere
alla valutazione ed alla comparazione dei progetti presentati sino ad individuare
il vincitore del concorso, a causa della mancanza di concorrenti, all’unanimità,
deliberava di indire un nuovo concorso internazionale di progettazione.

Orbene, nella prospettiva attorea, la stazione appaltante, così facendo,
avrebbe violato le regole poste a presidio del corretto esercizio dei poteri
di autotutela, nonché ingiustamente annullato l’intera procedura
concorsuale.

Di contro, a giudizio del Collegio, va, anzitutto, revocata in dubbio l’ammissibilità delle
doglianze in argomento, che non sembrano tener conto del fatto che, a seguito
dei provvedimenti impugnati, la parte ricorrente era stata definitivamente
e legittimamente estromessa dalla procedura selettiva.

Com’è noto, secondo un diffuso indirizzo giurisprudenziale, l’esclusione
legittima conclude per l’aspirante il procedimento di gara e la sua posizione,
rispetto al bene della vita su cui verte la procedura, non assume altra configurazione
che quella di interesse di mero fatto, del tutto priva di rilevanza e tutela
giuridica (Cons. Stato Sez. V, 16.9.2004 n. 6031; Sez. V, 12.8.2004 n. 5558).

Peraltro, in disparte quanto appena osservato, anche nel merito appare dirimente
la circostanza che, contrariamente a quanto dedotto, la società resistente
non ha sottoposto a riesame il proprio operato, bensì si è limitata
a prendere atto dell’intervenuta esclusione di tutti i soggetti originariamente
ammessi alla selezione.

L’esclusione di tutti i candidati comporta che la gara stessa debba intendersi
andata deserta, sicchè appare del tutto coerente con siffatta sopravvenienza
la decisione della società resistente di procedere alla sua integrale
rinnovazione.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, i ricorsi in epigrafe
in parte vanno dichiarati improcedibili ( limitatamente all’impugnazione
coltivata con i motivi aggiunti depositati il 14.3.2006) ed in parte vanno
respinti, siccome infondati.

Analoga soluzione reiettiva s’impone, per le medesime ragioni, anche
in relazione alla connessa azione risarcitoria.

Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Seconda, definitivamente
pronunciando sui ricorsi in epigrafe:

1. ne dispone la riunione; 2. in parte li dichiara improcedibili ed in parte
li respinge, nei sensi indicati in parte motiva; 3. dichiara compensate le
spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 16.3.2006. Depositata
il 24
marzo 2006.

Redazione

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