Contratti pubblici senza forma scritta

La Corte di merito aveva ritenuto che il contratto si era concluso
per effetto della semplice comunicazione a mezzo lettera dell’accettazione
da parte del sindaco della proposta del privato, senza un conforme provvedimento
dell’organo munito del potere deliberativo.

Secondo la Cassazione invece, i contratti conclusi “iure privatorum” dalla
pubblica amministrazione, oltre a richiedere la forma scritta “ad substantiam”,
debbono essere di regola contenuti in un unico documento; è
possibile la conclusione a distanza a mezzo di corrispondenza, nella sola ipotesi
prevista dall’art. 17 R.D. 2440/1923 di contratti con ditte commerciali
e non in quella di conferimento di incarico specialmente se di natura professionale
(Cass.
18.7.2002, n. 10440; Cass. 3.1.2001, n. 59; Cass. 16.10.1999, n. 11687).

Ora, considerato che, per effetto del D.L. 66/1989
convertito nella L. 144/1989 si è interrotto il rapporto di immedesimazione
organica fra l’amministratore e l’ente locale, ne discende che
il contratto stipulato al di fuori delle condizioni previste dalla legge,
tra
cui la delibera
dell’organo competente, non vincola l’ente,
ma l’amministratore (Cass. 14.11.2003, n. 17257; Cass. 14.5.2003, n.
7369).

L’ente locale non può in conseguenza validamente ratificare
il contratto così stipulato in quanto esso vincola direttamente il
rappresentante; è soltanto
consentito il riconoscimento “a posteriori” del debito fuori
bilancio con apposita deliberazione nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità ed
arricchimento per lo stesso ente (Cass. 31.5.2002, n. 11597).

. . . . . .

Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile

Sentenza n. 8950
del 18 aprile 2006

(presidente Fiduccia, estensore Durante)

(…)

Svolgimento del processo

Il Comune di Milazzo proponeva opposizione avverso il decreto con il quale
il presidente del tribunale di Roma gli ingiungeva di pagare a Giocchino Gitto
lire 73.745.690 oltre accessori a titolo di corrispettivo per l’organizzazione
della stagione lirica del 1990.

A sostegno dell’opposizione deduceva l’incompetenza territoriale
del tribunale di Roma, il mancato conferimento dell’incarico a mezzo
di regolare delibera di giunta, l’inesistenza dei requisiti di legge
per la validità dell’ingiunzione.

Nella resistenza del Gitto il tribunale rigettava l’opposizione; il rigetto
era confermato dalla corte di appello di Roma con sentenza resa il 02/04/2002
su gravame del comune, osservando quanto segue:

Per radicare la competenza presso il tribunale nella cui circoscrizione si
trova la tesoreria del comune in deroga ad ogni altro criterio occorre una
clausola espressa che nella specie manca;
il contratto, stipulato dal comune “iure
privatorum” e soggetto alla disciplina privatistica, si è concluso
nel luogo in cui il Gitto è venuto a conoscenza dell’accettazione
della proposta da parte del sindaco e, cioè, a Roma; la competenza è,
pertanto, del tribunale adito; la giunta municipale di Milazzo ha approvato
il rendiconto della manifestazione organizzata dal gitto, riconoscendo dovuto
l’importo di lire 230.087.714; la relativa delibera costituisce conferma
dell’incarico conferito dal sindaco, ricognizione del debito e ratifica
di eventuali irregolarità; la mancanza di delibera di conferimento dell’incarico
non rileva, avendo la giunta municipale ratificato e fatta propria l’iniziativa
del sindaco; la domanda di rivalutazione monetaria è nuova e, come tale,
inammissibile; essa non avrebbe potuto essere, comunque, accolta, mancando
i requisiti occorrenti e precisamente il carattere personale e la continuità dell’attività.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il comune, deducendo
tre motivi; l’intimato ha resistito ed ha proposto ricorso incidentale
con un motivo, al quale il comune ha resistito; il comune ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. I ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, vanno riuniti (art.
335 c.p.c.).

2. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 19 e 20 c.p.c., 1182 c.c., 96 e 326 T.U. 3.3.1934,
29 d.l. 77/1995, 23 e 24 DL. 66/1989 convertito in L. 144/1989, 37 c.p.c.,
1326, 1327 e 1335 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su punto decisivo (art. 360, nn. 1, 3 e 5, c.p.c.);
la Corte di merito – si
sostiene –
1) ha ritenuto che occorra una clausola specifica per disapplicare
il principio, secondo il quale nelle controversie relative a debiti pecuniari
delle pubbliche amministrazioni il “forum destinatae solutionis” non
si determina in base all’art. 1182 c.c., bensì in base alle norme
di contabilità pubblica e quindi con riferimento alla sede della tesoreria
deputata al pagamento; nessuna clausola è, invece, necessaria, trovando
il principio applicazione “ex se”;
2) ha individuato il “forum
contractus” in Roma, ritenendo che quivi il Gitto ha ricevuto la comunicazione
dell’accettazione della sua proposta da parte del sindaco; senonchè,
ammesso che possa ricevere applicazione la disciplina privatistica, la corretta
interpretazione della lettera del sindaco porta a ravvisare una proposta e
non un’accettazione con rovesciamento dei termini della questione;
3)
ha ritenuto che la deliberazione, con la quale la giunta municipale ha approvato
il rendiconto della manifestazione organizzata dal Gitto, costituisca ad un
tempo conferma dell’incarico conferito dal sindaco, ricognizione del
debito e ratifica di eventuali irregolarità, attribuendo alla deliberazione
un contenuto che va al di là di quello reale e non prendendo posizione
sulla eccezione di nullità del contratto;
4) avrebbe dovuto esaminare
la questione di competenza alla luce degli artt. 23 e 24 D.L. 66/1989 convertito
in L. 144/1989 e ritenere che sia inapplicabile l’art. 20 c.p.c., “non
potendosi parlare di obbligazione e, quindi, di luogo ove è sorta e
deve eseguirsi”;
5) ha omesso di considerare che, non essendovi contratto
valido, non può ricevere applicazione l’art. 20 c.p.c..

2.1. Il motivo non può essere accolto.

2.2. Va rilevato in proposito che punto centrale dell’indagine è se
il “forum destinatae solutionis” individuato in base alle norme
di contabilità pubblica sia esclusivo ed inderogabile o concorra con
il “forum contractus”.
La tesi negativa adombrata nel motivo contrasta
con l’orientamento di questa Corte, da condividere pienamente, secondo
il quale nelle controversie aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro
da parte della pubblica amministrazione ai fini della competenza territoriale
le norme di contabilità degli enti pubblici, che fissano il luogo di
adempimento in quello della sede dell’ufficio di tesoreria dell’ente,
valgono ad individuare il “forum destinatae solutionis” eventualmente
in deroga all’art. 1182 c.c., ma non rendono tale foro esclusivo né inderogabile
e non ostano a che esso concorra a norma dell’art. 20 c.p.c. con il “forum
contractus” (ex plurimis Cass. 20.8.2003, n. 12289; Cass. 22.11.2000,
n. 15098).
Sembra opportuno ribadire che in questo genere di controversie il “forum
destinatae solutionis” si determina in applicazione delle norme di contabilità pubblica
e quindi con riferimento alla sede della tesoreria deputata al pagamento anche
dopo l’entrata in vigore della L. 142/1990 e del d.lgs. 77/1995 in quanto
pure secondo l’indicata normativa al pagamento deve provvedere il tesoriere
dell’ente (Cass. 5.12.2000, n. 15465).

2.3. Stabilito, pertanto, che nel genere di controversie, al quale appartiene
quella presente, la competenza territoriale si può determinare, oltre
che con il criterio del “forum destinatae solutionis”, con quello
del “forum contractus” e precisato che non merita censura la corte
di merito per avere fatto applicazione di tale ultimo criterio, si tratta di
verificare se l’applicazione di esso sia stata corretta.
Vale considerare
in proposito che ai fini della determinazione della competenza il giudice deve
avere esclusivo riferimento alla domanda senza potere estendere la propria
valtazione alla sua fondatezza che è questione che attiene alla decisione
di merito (Cass. 5.3.1999, n. 1877; Cass. 22.3.1993, n. 3353); conseguentemente,
se la parte deduca di avere concluso un contratto con la pubblica amministrazione
ed in in base alla deduzione la competenza territoriale spetta al giudice adito,
questo non può declinare la competenza per il solo fatto che la pubblica
amministrazione sostenga che il contratto non è stato validamente concluso
per inosservanza delle formalità richieste o altro, perché per
fare ciò dovrebbe esaminare il merito della causa ed allora si confonderebbe
competenza e merito.

3. Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce violazione e omessa
applicazione degli artt. 23 e 24 D.L. 66/1989, convertito in L. 144/1989; omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.);
secondo la corte di merito – si sostiene – la delibera, con la
quale la giunta municipale ha approvato il rendiconto della manifestazione
organizzata dal Gitto, ha nel contempo costituito conferma dell’incarico,
ricognizione del debito e ratifica di eventuali irregolarità; senonchè la
delibera non contiene altra manifestazione di volontà oltre quella di
approvare il rendiconto; essa è inoltre idoneo alla ratifica di altro
atto; in base al D.L. 66/1989, applicabile alla specie per ragioni di tempo,
il comune non rimane vincolato dal contratto che sia stato concluso senza l’osservanza
delle procedure di legge e la previa deliberazione della spesa, mentre è escluso
che possa intervenire “ex post” il riconoscimento che dall’esecuzione
del contratto sia derivata utilità al comune; per pacifico principio
sono illegittime le delibere che comportino spese, ove, come quella “de
qua”, non contengano la previsione dei mezzi economici occorrenti; il
consiglio comunale ha deliberato di non riconoscere il credito fatto valere
dal Gitto come debito fuori bilancio.

3.1. Il motivo è fondato e va accolto.

3.2. La Corte di merito ha ritenuto che il contratto si è concluso
per effetto della semplice comunicazione a mezzo lettera dell’accettazione
da parte del sindaco della proposta del Gitto senza un conforme provvedimento
dell’organo munito del potere deliberativo. Ora questa Corte ha avuto
occasione di affermare che i contratti conclusi “iure privatorum” dalla
pubblica amministrazione, oltre a richiedere la forma scritta “ad substantiam”,
debbono essere di regola contenuti in un unico documento; è, tuttavia,
possibile la conclusione a distanza a mezzo di corrispondenza nella ipotesi
prevista dall’art. 17 R.D. 2440/1923 di contratti con ditte commerciali
e non in quella di conferimento di incarico specialmente se di natura professionale
(Cass. 18.7.2002, n. 10440; Cass. 3.1.2001, n. 59; Cass. 16.10.1999, n. 11687).

3.3. Com’è noto, per effetto del D.L. 66/1989 convertito nella
L. 144/1989 si è interrotto il rapporto di immedesimazione organica
fra l’amministratore e l’ente locale, con la conseguenza che il
contratto stipulato al di fuori delle condizioni previste dalla legge, tra
cui la delibera dell’organo competente, non vincola l’ente, ma
l’amministratore (Cass. 14.11.2003, n. 17257; Cass. 14.5.2003, n. 7369).

3.4. L’ente locale non può validamente ratificare il contratto
così stipulato in quanto esso vincola direttamente il rappresentante; è soltanto
consentito il riconoscimento “a posteriori” del debito fuori bilancio
con apposita deliberazione nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per lo stesso ente (Cass. 31.5.2002, n. 11597).

3.5. Erra, pertanto, la corte di merito quando afferma che il contratto concluso
a distanza dal sindaco senza previa delibera dell’organo comunale competente è stato
validamente ratificato dalla giunta municipale con propria deliberazione. Ne
consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della
corte di appello di Roma per nuovo esame sulla base dei principi di cui sopra
e pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

4. Rimangono assorbiti il terzo motivo del ricorso principale e l’unico
motivo del ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale;
accoglie il secondo motivo dello stesso ricorso; dichiara assorbiti il terzo
motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale; cassa in relazione
e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della corte di appello di
Roma.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della terza sezione civile
della Corte di cassazione il 15.3.2006. Depositato il 18 aprile 2006.

Redazione

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