La revisione in diminuzione delle sedi farmaceutiche, nell’ambito della
procedura di revisione della pianta organica, non è un provvedimento
né obbligatorio né automatico, ma richiede la
valutazione dell’interesse pubblico alla soppressione. Lo
ha stabilito la V sezione del Consiglio di Stato, con decisione depositata
lo scorso 15 maggio, confermando la sentenza appellata del Tar Veneto, numero
4229 del 2004. Di seguito, il testo integrale della pronunzia.
. . . . . .
Consiglio di Stato, V sezione
Sentenza 15 maggio 2006 numero 2717
(presidente Santoro, estensore Russo)
Conferma T.A.R Veneto, Sez. II n. 4229 del 3 dicembre 2004
(…)
Diritto
L’appello è infondato.
La controversia sottoposta all’esame di questo Consiglio attiene alla
legittimità della delibera della Giunta regionale del Veneto n. 2479/2004
che ha adottato la revisione per l’anno 2002 della pianta organica della
ASL della Provincia di Treviso, nella parte in cui ha previsto 8 anziché 7
sedi farmaceutiche, nonché della delibera della Giunta regionale del
Veneto n. 2992/2004, nella parte in cui ha nominato il dott. Ignazio Zoia vincitore
dela sede farmaceutica del Comune di Vittorio Veneto – località Fadalto
Sede farmaceutica n. 7 – rurale – vacante, nonché nella
parte in cui non ha proceduto allo stralcio di tale sede, da considerarsi in
soprannumero.
Il ricorso in appello muove, anzitutto, dal presupposto che la pronuncia di
decadenza delle farmacie soprannumerarie non ancora aperte sia un procedimento
obbligatorio ed automatico da assumere al maturarsi della diminuzione demografica
sotto la soglia di popolazione che giustifica l’apertura di una nuova
sede e alla presenza di una situazione di sede farmaceutica vacante.
A sostegno di questa posizione la parte appellante muove dalla premessa che
la farmacia di Fadalto sia da considerarsi sede vacante perché malgrado
sia stata prevista nella pianta organica fin dal 1964 non è mai stata
assegnata.
Occorre partire dal dato normativo e in particolare dal secondo comma dell’art.
104 del R.D. n. 1265/1934: “2. In sede di revisione delle piante organiche
successiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le farmacie
già aperte in base aI solo criterio della distanza sono riassorbite
nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base
al parametro della popolazione e, qualora eccedenti i limiti ed i requisiti
di cui all’articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive
modificazioni, sono considerate in soprannumero ai sensi dell’articolo
380, secondo comma”.
Il richiamato art. 1 della L. n. 475/1968 a sua volta descrive il rapporto
tra consistenza demografica del Comune e numero di farmacie presenti in pianta
organica prevedendo: “L’autorizzazione ad aprire ed esercitare
una farmacia è rilasciata con provvedimento definitivo dall’autorità competente
per territorio.
Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia
ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una
farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni.
La popolazione eccedente, rispetto ai parametri di cui al secondo comma, è compiuta,
ai fini dell’apertura di una farmacia, qualora sia pari ad almeno il
50 per cento dei parametri stessi”.
Mentre la norma di cui all’art. 380 T.U. L.S., secondo comma, a sua
volta prevede: “Le farmacie risultanti in soprannumero alla pianta organica
saranno gradatamente assorbite nella pianta stessa con l’accrescimento
della popolazione e per effetto di chiusura di farmacie che vengano dichiarate
decadute”.
Dal combinato disposto di queste norme risulterebbe, quindi, che ogni qualvolta
si determinasse una diminuzione della consistenza demografica di un territorio
si dovrebbe procedere alla soppressione delle sedi farmaceutiche vacanti laddove
le farmacie non possano essere comunque assorbite nella pianta organica.
Parte appellante ritiene che questo processo debba essere automatico e che
vada applicato anche alle farmacie istituite con il criterio della popolazione
derogatorio c.d. della “distanza” che viene ritenuto essere da
parte ricorrente di applicazione doverosa e automatica.
Il Collegio non ritiene condivisibile tale opzione ermeneutica.
La revisione in diminuzione delle sedi farmaceutiche, nell’ambito della
procedura di revisione della pianta organica, non è un provvedimento
né obbligatorio né automatico, ma contenente una valutazione
discrezionale di merito circa la sussistenza o meno dell’interesse pubblico,
pur in presenza dei presupposti necessari per far luogo alla soppressione di
una determinata sede.
Suffraga questa impostazione il comma 2 dell’art. 1 del DPR n. 1275/1971,
che determina i criteri di revisione della pianta organica secondo il processo
determinato dall’art. 2 della L. n. 475/1968: “Il medico provinciale,
sentito il consiglio provinciale di sanità, e sentito il consiglio comunale
interessato, in occasione della revisione della pianta organica, tenuto conto
di nuove esigenze dell’assistenza farmaceutica determinate da spostamenti
avvenuti nella popolazione o dal sorgere di nuovi centri abitati, può rivedere
le circoscrizioni delle sedi di un comune, o conseguentemente, modificare l’assegnazione
ad esse delle farmacie, ivi comprese le farmacie in soprannumero”.
E’ infatti la primaria considerazione del pubblico interesse che comporta
la valutazione circa il mantenimento o meno delle sedi in sopranumero, e ciò alla
luce anche del fondamentale diritto alla salute, costituzionalmente garantito,
che richiede che venga garantito il migliore soddisfacimento del diritto rimuovendo
ogni sperequazione di ordine territoriale.
Che la soppressione di una sede farmaceutica sia oggetto di valutazione discrezionale
da parte della amministrazione secondo il parametro della valutazione del pubblico
interesse è stato peraltro implicitamente affermato anche dalla giurisprudenza
di questo Consiglio, laddove ha ritenuto: “In presenza di una farmacia
soprannumeraria rimasta vacante e ritenuta non più utile per le esigenze
della popolazione locale l’Amministrazione, in sede di revisione della
pianta organica, deve procederne alla soppressione in ottemperanza a quanto
stabilito dall’art. 380, comma secondo, del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265,
salva la sua potestà di istituire una nuova sede in altra località,
secondo il criterio di cui all’art. 104 del R.D. citato e nel rispetto
dei relativi oneri di istruttoria e di motivazione” (cfr. Cons. St.,
Sez. IV, 13 dicembre 1989, n. 910).
Si deve ritenere, quindi, che ai fini della soppressione o meno di una farmacia
soprannumeraria abbia rilevanza non solo la vacanza della sede (vacanza che
nella specie, peraltro, non sussiste), ma anche la valutazione dell’interesse
pubblico alla soppressione (ove “ritenuta non più utile per le
esigenze della popolazione locale”).
Nel caso di specie, dagli atti impugnati e dalla relativa preliminare istruttoria
risulta che la Regione ha effettuato la necessaria valutazione dell’interesse
pubblico, ritenendo prevalente quello al mantenimento della sede in questione
(Fadalto), interesse, peraltro, manifestato in sede istruttoria anche dagli
enti sentiti, tra cui il Comune di Vittorio Veneto, che, con deliberazione
giuntale n. 265/2002, ne ha confermato la sussistenza, opinando per il mantenimento
della sede medesima.
A quanto fin qui detto, occorre comunque aggiungere che, come rilevato dai
primi giudici, con motivazione giuridicamente corretta ed immune dalle censure
proposte dagli appellanti, la previsione del comma secondo dell’art.
104 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, come sostituito dall’art. 2 della
L. 8 novembre 1991, n. 362, relativa al riassorbimento nella determinazione
del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione, in
sede di revisione delle piante organiche (con la conseguente soprannumerarietà ai
sensi dell’art. 380, secondo comma, del medesimo t.u.l.s.), si riferisce
esclusivamente alle farmacie urbane aperte in base al solo criterio della distanza
e non anche alle farmacie rurali (che sono istituite in base al diverso criterio “topografico”).
In base all’art. 1 L. 8 marzo 1968, n. 221, il criterio discretivo,
fissato per la distinzione delle due categorie di farmacie urbana e rurale, è quello
topografico-demografico, per cui sono “rurali” le farmacie situate
in “comuni, “frazioni” o “centri abitativi con meno
di cinquemila abitanti, ovvero in “quartieri periferici” non congiunti,
per continuità abitativa, alla città. Sono farmacie urbane quelle
situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Ora, come pure fondatamente sottolineato dal giudice di prime cure, la mancata
previsione legislativa del riassorbimento delle farmacie rurali nella determinazione
del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione si
spiega evidentemente con la considerazione che le farmacie rurali sono destinate
a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale
che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione.
Ne consegue che, poiché la sede farmaceutica in controversia (Fadalto) è rurale,
essa non è soggetta a riassorbimento ed a conseguente soppressione per
soprannumerarietà in sede di revisione della pianta organica.
Per tali assorbenti considerazioni l’appello in esame deve, pertanto,
essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione
fra le parti delle spese, competenze ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione V – respinge
l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella
camera di consiglio del 24 giugno 2005. Depositata in segreteria il 15 maggio
2006.