Ai TAR le controversie sul conferimento di incarichi dirigenziali

E’ il giudice amministrativo competente ad esaminare le controversie concernenti
il conferimento di incarichi dirigenziali, in quanto risultano coinvolti
profili di interesse pubblico. E’ quanto ha stabilito il Consiglio di Stato,
con decisione clamorosa, pubblicata lo scorso 16 giugno.

Ritenuta inoltre legittima la scelta discrezionale dell’INPS
di non dare eccessiva considerazione all’anzianità di servizio,
in quanto la stessa, “se pure
implica acquisizione
di
maturazione e
di esperienza, non dà, di per se sola, garanzia del possesso della professionalità occorrente
a ricoprire gli incarichi messi a concorso e non può dunque risolversi in
una discriminazione assoluta verso i candidati esterni”.

. . . . . .

Consiglio di Stato, VI sezione

Sentenza
16 giugno 2006 numero 3556

(presidente Schinaia, estensore Luce)

Rinaldi ed altri contro INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale)

Annulla TAR Lazio, sede di Roma,
n. 2800/2005

FATTO

1. La dott.ssa Angelica D’Amato, dirigente medico di 1° livello
dell’area medico-legale dell’INPS, impugnava al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio gli atti relativi alla procedura di selezione per titoli
e colloquio per l’assegnazione di 83 incarichi di 11° livello definito
con deliberazione consiliare n. 147, del 15 maggio 2001.

La D’Amato, che aveva partecipato alla selezione per la regione Lazio,
conseguendo una classificazione (31° posto di graduatoria) non utile ai
fini del conseguimento dell’incarico deduceva (anche con motivi aggiunti)
un’inadeguata valutazione dei titoli professionali e di servizio e denunciava
che, nel corso della procedura selettiva, erano state ammesse irregolarità che
ne comportavano l’illegittimità.

Con sentenza n. 2800/05, l’adito Tribunale amministrativo regionale,
nella resistenza dell’INPS e dei controinteressati vincitori del concorso,
accoglieva il ricorso ed annullava la procedura concorsuale; la sentenza è stata,
tuttavia gravata in appello dai rubricati ricorrenti, ed i ricorsi chiamati
per l’udienza odierna, sono stati, all’esito, trattenuti in decisione
dal collegio.

DIRITTO

2. In quanto proposti in appello avverso la stessa sentenza, i ricorsi vanno
riuniti e congiuntamente esaminati.

Va, poi, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, trattandosi
infatti, di controversia concernente il conferimento di incarichi dirigenziali
risultano coinvolti profili di interesse pubblico, di modo che la giurisdizione è di
spettanza del giudice amministrativo.

Va disattesa, infine, la richiesta integrazione del contraddittorio nei confronti
dei vincitori del concorso non specificamente evocati nel presente giudizio:
trattasi, infatti, di cointeressati degli appellanti dei quali non è indispensabile
la partecipazione al giudizio ai fini della procedibilità dello stesso.

Con il ricorso di primo grado, la D’Amato aveva censurato il bando
della selezione nella parte (art. 6) in cui essa prevedeva la valutazione dei
titoli di carriera, costituiti dall’anzianità di servizio, con
l’attribuzione massima di dieci punti. Spettando un punto per ogni anno
di servizio, la prescrizione del bando limitava la valutazione della anzianità a
soli dieci anni; il che – secondo la ricorrente – faceva coincidere
il titolo di carriera con l’anzianità necessaria per la partecipazione
al concorso in contraddizione con l’ultima prescrizione del bando medesimo
(art. 5), che imponeva una specifica ed autonoma considerazione dell’anzianità;
al che andava aggiunta una eccessiva valorizzazione degli ulteriori punteggi
discrezionali ed ingiustificate penalizzazione dei concorrenti anziani.

La censura è stata ritenuta fondata dai giudici di primo grado, secondo
i quali la limitazione della considerazione dell’anzianità di
servizio a soli dieci anni produceva, nel caso concreto, un appiattimento della
valutazione dell’elemento in parola ed un’irragionevole ed illogica
esaltazione delle altre categorie dei titoli implicanti valutazioni discrezionali,
come, del resto, era dimostrato dal fatto che oltre la maggioranza dei concorrenti
aveva conseguito, per il titolo dell’anzianità, il punteggio massimo
di punti 10.

Il capo della decisione, contestato dagli appellanti, è errato va
riformato non essendosi adeguatamente considerato che la procedura mirava a
selezionare candidati idonei agli incarichi direttivi messi a concorso ed era
aperta all’esterno.

In tale prospettiva, infatti, la scelta discrezionale dell’INPS di
non dare eccessiva considerazione all’anzianità di servizio trovava
ragionevole giustificazione nel fatto che la stessa, se pure implicava acquisizione
di maturazione e di esperienza, non dava, di per se sola, garanzia del possesso
della professionalità occorrente a ricoprire gli incarichi messi a concorso
e non poteva risolversi in una discriminazione assoluta verso i candidati esterni.

3. Il Tribunale amministrativo regionale ha poi, accolto l’ulteriore
censura della D’Amato, dedotta con il secondo motivo del ricorso di primo
grado, relativa alla illegittimità della scelta della commissione aggiudicatrice
di richiedere che le valutazioni di “capacità” dei concorrenti
per essere prese in considerazione dalla commissione dovessero provenire dal
Direttore generale o dal direttore regionale dell’ente; in tal modo,
secondo i giudici di primo grado, contrariamente alla previsione del bando
di concorso, l’incarico ricoperto finiva con l’assumere rilevanza
non in quanto espressione di qualifica professionale, ma soltanto come oggetto
di elogio da parte del Direttore centrale o regionale dell’ente.

Anche tale punto della decisione, impugnato dagli appellanti, è errato
e va riformato.

In disparte l’eccepita inammissibilità della censura dedotta
dalla D’Amato, che non aveva prodotto, ai fini della valutazione del
requisito, alcuna attestazione di merito, sembra al collegio che la scelta
della Commissione dovesse considerarsi immune da censura; la commissione era
chiamata a valutare le attività professionali, di studio e direzionali
amministrative idonei ad evidenziare il livello di qualificazione complessivamente
acquisito dal medico, specifiche rispetto alla posizione funzionale da ricoprire;
ed in tale prospettiva, la scelta di dare rilievo determinante alle dichiarazioni
del direttore generale o del direttore regionale era ragionevole, trattandosi
di organi particolarmente competenti per le chieste valutazioni.

Il Tribunale amministrativo regionale ha, infine, ritenuto fondati le censure
dedotte in primo grado dalla D’Amato in merito alla regolarità delle
operazioni di concorso riguardanti lo svolgimento delle prove orali. Secondo
i giudici di primo grado, non risultava che fosse stato assicurato, durante
le prove orali, il libero ingresso all’aula di esami da parte di altri
soggetti giacché nei corrispondenti verbali (dal n. 12 al n. 30, compreso
quello n. 22 del 12 gennaio 2001 relativo alla prova orale, tra gli altri della
ricorrente) di tale possibilità non vi era la minima menzione e risultando,
anzi, attuata nei medesimi verbali la sola presenza della commissione e dell’unico
candidato di volta in volta sottoposto alla prova.

Anche su tale capo la decisione è errata e va riformata: la valutazione
dei giudici di primo grado in merito all’asserita mancanza di adeguata
pubblicità nell’espletamento della prova orale, erroneamente,
infatti è stata fatta derivare dall’omissione di un adempimento
(indicazione nel verbale della seduta di esame di soggetti non direttamente
interessati alla prova in corso di svolgimento) che non era previsto da alcuna
disposizione di legge o di prassi operativa.

5. Infondate, infine – ad avviso del collegio – sono le ulteriori
censure dedotte dalla D’Amato al Tribunale amministrativo regionale che
non sono state dallo stesso esaminate perché sono state ritenute assorbite
e che sono state specificamente riproposte in appello.

In particolare, infondata è la censura di violazione dell’art.
6 del bando, dell’art. 3 del DPR n. 1077/70, dell’atto 12 del DPR
487/94 e dei principi generali vigenti in materia, eccesso di potere per illogicità,
errata valutazione dei presupposti, contraddittorietà, difetto di motivazione.

La formulazione delle domande da proporre ai candidati rientrava nelle potestà discrezionale
della commissione aggiudicatrice, la cui valutazione finale non poteva considerarsi
illegittima per il solo fatto che alla candidata non fosse stata rivolta alcuna
domanda, come la stessa lamenta, sulle sue esperienze professionali.

L’indicata considerazione consente poi di ritenere infondata anche
l’ulteriore censura riguardante un’asserita violazione dell’art.
10 del DPR n. 693/96, dell’art. 12 del DPR n. 484/94, dell’art.
6 del bando di concorso e del verbale della commissione n. 11 del 25 ottobre
2000, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, errata
valutazione dei presupposti difetto di motivazione.

Il fatto, poi, che allegato al verbale risultasse una busta contenente soltanto
delle domande sorteggiate e sottoscritte dalla stessa candidata non escludeva
che dalle relative risposte la Commissione non avesse potuto ricavare una corretta
valutazione della capacità professionale della candidata medesima, tra
l’altro sulla base dell’illustrazione dell’attività prevalentemente
svolta, così come prescritto alla lett. a) del verbale della commissione
del 22 ottobre 2000.

Irrilevante, infine, è l’ultima censura della D’Amato
relativa alla modalità dell’identificazione in occasione del colloquio,
il fatto, in particolare, che nel prospetto allegato n. 2 dei verbali dal 9
novembre 2000 al 15 febbraio 2001, non siano stati riportati gli estremi dei
documenti di riconoscimento di ciascun candidato non sembra, di per sé solo,
potere avere inciso sull’esito della prova, dal momento che nessun altro
elemento indiziante è stato dedotto per ritenere che al colloquio abbiano
partecipato persone diverse dai vari candidati.

Conclusivamente vanno quindi accolti i proposti appelli ed in riforma dell’impugnata
sentenza va respinto il ricorso di primo grado proposto dalla D’Amato
al Tribunale amministrativo regionale.

Per la peculiarità della lite si può provvedere alla integrale
compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, riuniti i ricorsi,
accoglie gli appelli ed in riforma dell’impugnata decisione respinge
il ricorso di primo grado proposto dalla D’Amato al Tribunale amministrativo
regionale. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, il 21 febbraio
2006. Depositata il 16 giugno 2006.

Redazione

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