Le regole per gestire e reclutare personale nelle P.A. e il ruolo delle ICT

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 giugno, la Circolare 3/2006 della
Funzione Pubblica recante importanti “Linee di indirizzo
per
una
corretta
organizzazione
del lavoro e gestione delle risorse umane, chiarimenti sulla responsabilita’
della dirigenza e
degli organi di controllo interno in materia di personale”;

Ribadita la “necessita’ di procedere sempre
e comunque a procedure selettive quando si intende reclutare, seppur temporaneamente,
il personale nel
rispetto del principio di imparzialita’.
Sara’ opportuno, pertanto, che le amministrazioni adottino appositi regolamenti
sul reclutamento di personale con rapporti di lavoro flessibile nel rispetto
del quale predisporre i relativi bandi di selezione
“.

Di rilievo le conclusioni contenute nella Circolare, sul rilievo delle nuove
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT):

"La cultura che deve guidare gli amministratori pubblici in materia
di gestione del personale, volta al perseguimento dell’efficienza,
efficacia ed economicita’ dell’azione amministrativa, impone
necessariamente un’attenta analisi dell’organizzazione del lavoro e
degli strumenti gestionali proposti dall’ordinamento nonche’ una
valutazione degli stessi da svolgersi con un approccio innovativo
volto a sfruttare le migliori esperienze e sperimentare nuove
tecnologie.

In un contesto di scarsita’ di risorse, anche umane, si impone un maggiore
sfruttamento delle nuove tecnologie e della comunicazione (ICT) che le pubbliche
amministrazioni
possono applicare ad un vasto campo di funzioni amministrative. ‘In particolare,
il potenziale networking offerto da internet e dalle sue tecnologie ha il potenziale
di trasformare le strutture e le procedure amministrative’ (OECD/PUMA,
2001).

Infatti, i nuovi strumenti rappresentati dal e-government (protocollo informatico,
informatizzazione flussi documentali e dei processi, comunicazione digitale),
dal e-procurement, e dall’e-learning consentono importanti economie di scala
e risparmi di spesa, nonche’ tempistiche nettamente inferiori, che comportano,
necessariamente, una particolare attenzione alla riallocazione delle risorse
umane ed alla loro valorizzazione
".

Sul ruolo della dirigenza nella digitalizzazione della P.A., ai sensi dell’art.
12 del Codice
dell’Amministrazione digitale, si legga qui.

. . . . . .

Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Funzione Pubblica

Circolare 2 maggio 2006 n.3

Linee di indirizzo per una corretta organizzazione del lavoro e
gestione delle risorse umane, chiarimenti sulla responsabilita’ della
dirigenza e degli organi di controllo interno in materia di
personale.

(Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 2006)

1. Premessa.

Gli interventi legislativi degli anni piu’ recenti
sono scaturiti dalla necessita’ di risolvere alcune anomalie
verificatesi nella gestione delle risorse umane e strumentali che
hanno generato inefficienze e costi crescenti nelle pubbliche
amministrazioni.

Le politiche di riduzione del costo del lavoro pubblico, perseguite
dalle diverse leggi finanziarie attraverso la riduzione del personale
in servizio e delle dotazioni organiche, nonche’ il blocco delle
procedure di reclutamento, pur con limitate deroghe, debbono essere
lette in stretta correlazione con i principi generali che regolano
l’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni.

Infatti
con l’imposizione di vincoli di spesa il legislatore ha, di fatto,
inteso sanare situazioni spesso derivanti dall’utilizzo improprio
delle diverse tipologie contrattuali chiedendo, quindi alle
amministrazioni comportamenti piu’ corretti ed efficienti nella
gestione delle risorse umane.

Da ultimo l’entrata in vigore del decreto-legge 10 gennaio 2004, n.
4 e della relativa legge di conversione, 9 marzo 2006, n. 80, che si
aggiunge alle diverse disposizioni in tema di organizzazione e
funzionamento della pubblica amministrazione, comporta la necessita’
di fornire puntuali indicazioni sul corretto utilizzo di tutti gli
strumenti gestionali che l’ordinamento ha individuato e sulla
responsabilita’ che grava sul personale dirigenziale.

Al riguardo appare utile ricordare che, per rendere effettiva
l’attuazione dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione,
l’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha
stabilito che l’organizzazione ed i rapporti di lavoro e di impiego
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche devono essere
finalizzati ad accrescere l’efficienza delle amministrazioni,
razionalizzare il costo del lavoro pubblico, realizzare la migliore
utilizzazione delle risorse umane, in particolare curando la
formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti.

2. Funzioni e responsabilita’ del personale dirigenziale e degli
organi di controllo interno in materia di personale.

L’ordinamento attribuisce ai dirigenti un insieme di poteri
complessi ed incisivi, con una precisa responsabilita’ nella gestione
degli apparati e delle risorse umane, che tiene conto anche della
tutela del lavoratore inteso nella sua accezione piu’ ampia, compresi
cioe’ il suo ottimale inserimento nell’amministrazione e la sua
crescita formativa.

Nella materia di cui si tratta, pertanto, assume particolare
rilevanza l’attuale disciplina del rapporto di lavoro dirigenziale,
imperniata su meccanismi di riconoscimento della professionalita’ del
dirigente e della correlata responsabilita’, nonche’ di attribuzione
delle capacita’ del privato datore di lavoro relativamente alla
micro-organizzazione degli uffici ed alla gestione dei rapporti di
lavoro.

Anche la posizione italiana per una nuova cultura della pubblica
amministrazione presentata in ambito europeo, quale ad esempio il
progetto sulla human governance, richiama innanzitutto i ruoli dei
singoli al fine di garantire il pieno e il migliore utilizzo delle
risorse con particolare attenzione a quelle maggiormente presenti nel
settore pubblico quali quelle umane.

Si richiama, quindi, l’attenzione dei dirigenti sulle
responsabilita’ derivanti dalle funzioni attribuite, qualificabili
non solo come civili e contabili, ma anche di carattere datoriale.

Il personale dirigenziale, alla luce di quanto disposto anche negli
articoli 16, 17 e 21 del decreto citato, deve improntare la propria
attivita’ alla migliore utilizzazione degli strumenti forniti dalla
legislazione vigente, nel rispetto delle priorita’ e dei principi di
sana gestione forniti dalla medesima onde consentire alle
amministrazioni di adottare scelte operative piu’ rispondenti alle
finalita’ proprie, corrette dal punto di vista gestionale e non solo
finanziario, nonche’ attente alla valorizzazione del capitale umano.

La presente direttiva si propone di dare indicazioni, oltre che per
i responsabili delle risorse umane, anche per gli organi di revisione
interna, nonche’ per i nuclei di valutazione, al fine di individuare
i presupposti basilari per la valutazione delle prestazioni dei
dirigenti, con riferimento alle risorse umane, e l’insieme delle
responsabilita’ sulla sana gestione e sul corretto utilizzo dal punto
di vista della legittimita’ degli istituti giuridici e contrattuali
in tema di organizzazione e rapporto di lavoro.

Il contenzioso registrato negli ultimi anni ed i numerosi
interventi del legislatore costituiscono indicatori di problematiche
e criticita’ che chiamano in causa le responsabilita’ dirigenziali e
degli organi di controllo.

Al riguardo si segnala che la giurisprudenza della Corte dei conti
ha ritenuto che in ipotesi di attivita’ professionale, nel cui solco
puo’ essere inserita l’attivita’ svolta dai componenti di un nucleo
di valutazione, perche’ si abbia colpa grave e’ sufficiente che sia
tenuto un comportamento contrario a regole deontologiche elementari,
quale quello di non considerare in modo corretto nella valutazione i
presupposti basilari della prestazione (Corte dei conti, sez.
giurisdizionale per la Regione Siciliana n. 3438/2004; Corte dei
conti Lombardia, sez. giurisdizionale n. 81/2000 e n. 1133C/2000;
Corte dei conti Toscana, sez. giurisdizionale n. 805/1999
).

La materia del personale non rileva, quindi, per le pubbliche
amministrazioni solo dal punto di vista finanziario ma anche dal
punto di vista della legittimita’, della sana gestione e in generale
della responsabilita’ datoriale cosi’ come previsto dal decreto
legislativo n. 165 del 2001, dal codice civile e dalle disposizioni
in materia di rapporti di lavoro.

3. La programmazione e pianificazione degli interventi e la
determinazione delle dotazioni organiche.

Al fine di prevenire disfunzioni ed un cattivo utilizzo delle risorse umane
in servizio, nonche’ una errata utilizzazione delle
diverse tipologie contrattuali di lavoro, e’ necessario adottare, in
un’ottica non solo formale ma di attenta gestione, i documenti di
programmazione sul personale quali la programmazione triennale dei
fabbisogni – prevista dall’art. 39 della legge n. 449 del 1997 e
dall’art. 91 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per gli enti
locali – e le dotazioni organiche.

Spesso sprechi e illegittimita’ nascono da un’adozione superficiale
di questi documenti che costituiscono invece gli atti di impostazione
per una sana gestione del personale.

L’attivita’ di programmazione deve essere interpretata in
correlazione con le capacita’ del privato datore di lavoro attribuite
ai dirigenti in base alle quali sono i medesimi ad esprimere le
esigenze organizzative ed il fabbisogno di personale delle strutture
cui sono preposti, cosi’ definendo la microorganizzazione del sistema
amministrativo.

E’ infatti in questa sede che il personale dirigenziale rappresenta
nella fase ascendente i fabbisogni delle strutture di riferimento dal
punto di vista quantitativo e qualitativo, individuandone la
permanenza o temporaneita’, al fine di ricorrere ai diversi istituti
di provvista di personale nel rispetto delle disposizioni vigenti in
materia di reclutamento e di rapporti di lavoro sia di fonte
pubblicistica che contrattuale.

Inoltre, la programmazione del fabbisogno di personale deve
realizzarsi nell’ambito di un’attivita’ orientata a logiche di
risultato, in base alla quale le amministrazioni debbono perseguire
le finalita’ loro attribuite e gli obiettivi assegnati dagli organi
di governo tenendo conto dei principi costituzionali e dei principi
generali dell’ordinamento, realizzando la migliore utilizzazione
delle risorse umane e garantendo, al contempo, il contenimento del
costo del lavoro entro i vincoli di finanza pubblica.

In tale
contesto, pertanto, la individuazione degli effettivi fabbisogni
assume un ruolo centrale e strategico ai fini di una gestione
efficiente degli apparati, nonche’ per assicurare il miglior utilizzo
e valorizzazione del personale, anche attraverso la programmazione
delle attivita’ di formazione.

Si deve sottolineare, infatti, che i documenti programmatici
rilevano per l’assegnazione delle risorse umane ai dirigenti, per il
rispetto del principio del previo esperimento delle procedure di
mobilita’, per la determinazione dei rapporti di lavoro flessibile a
cui ricorrere, nonche’ per l’individuazione delle risorse interne e
delle professionalita’ presenti al fine di motivare il ricorso a
soggetti esterni, ovvero alle collaborazioni coordinate e
continuative ed alle consulenze occasionali.

Sulla procedura da adottare per l’individuazione dell’effettivo
fabbisogno e’ intervenuto questo Dipartimento, con lettera circolare
dell’Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni n.
2125-15 dell’11 aprile 2003, alla quale si rinvia per ogni necessario
approfondimento sul tema.

In questa sede, tuttavia, appare utile sottolineare che la
complessa attivita’ di analisi organizzativa descritta nella citata
circolare impone una preventiva ed attenta valutazione delle
attivita’ rientranti nel cosiddetto «core business» e di
individuazione delle attivita’ suscettibili di esternalizzazione,
tenuto conto di quanto previsto dal comma 93 dell’art. 1 della legge
n. 311 del 2004, che invita esplicitamente a ridurre gli oneri del
personale attualmente applicato in compiti logistico-strumentali e di
supporto, e dai commi 187 e seguenti, nonche’ dai commi 198 e 200
dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, per le regioni, gli enti
locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Relativamente all’esternalizzazione si segnala che il quadro
normativo di riferimento e’ recentemente mutato per via del
recepimento delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Infatti il
Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2006 ha approvato il decreto
legislativo recante il codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle richiamate direttive,
in corso di promulgazione.

Appare, comunque, necessario rammentare che la scelta di
esternalizzare attivita’ strumentali rispetto a quelle istituzionali
puo’ costituire una razionalizzazione delle risorse, che deve evitare
qualsiasi forma di duplicazione – anche rispetto ad enti, istituzioni
ed organismi esistenti nelle amministrazioni – e tener conto di
aspetti tecnici, economici, giuridici e gestionali. Essa richiede
cioe’ da parte dell’amministrazione un’attenta analisi costi
benefici, alla luce delle decisioni di politica aziendale adottate
nei documenti programmatici pluriennali e annuali, anche con
riferimento alle politiche sul reclutamento ed alla riqualificazione
del personale, attraverso cui accertare la convenienza di far gestire
ad altri cio’ che in precedenza si gestiva in proprio.

E’ evidente che in sede di programmazione triennale dei fabbisogni
si deve tenere conto di aver esternalizzato alcune attivita’ in
quanto cio’ comporta, inevitabilmente, una riorganizzazione della
struttura interna.

Si ritiene inoltre opportuno ricordare che nell’ambito delle
attivita’ rientranti nel core business l’amministrazione puo’
valutare la possibilita’ di ricorrere ai contratti di
sponsorizzazione
ed agli accordi di collaborazione con soggetti
pubblici e privati, disciplinati dall’art. 43, comma 1, della legge
27 dicembre 1997, n. 449.

Quest’ultimi hanno per oggetto attivita’
rientranti nei compiti istituzionali propri dell’amministrazione e
consentono, attraverso gli apporti di altri soggetti, di reperire
beni o servizi.

In tal modo, oltre a perseguire le finalita’ indicate
dalla legge medesima di favorire l’innovazione organizzativa delle
amministrazioni ed il miglioramento dei servizi prestati, e’
possibile realizzare economie di spesa.

Una volta individuate puntualmente le attivita’ istituzionali, da
svolgere in proprio, e’ possibile concentrarsi su di esse
individuando la natura dei fabbisogni di personale e gli strumenti
piu’ idonei da adottare.

Le funzioni rientranti nel core business
necessitano di personale stabilmente inserito nella struttura e
caratterizzato da competenze correlate e definite. Vi possono essere
poi attivita’ rispondenti ad esigenze temporanee seppure
istituzionali, le quali possono essere svolte da personale acquisito
con tipologie lavorative diverse dal contratto di lavoro subordinato
a tempo indeterminato.

Le rideterminazioni in riduzione delle dotazioni organiche adottate
negli ultimi anni derivano sostanzialmente dalle modifiche
intervenute nel settore pubblico che comportano un mutamento
sostanziale dei fabbisogni degli enti.
L’analisi, infatti, deve tener presente che gli investimenti in
innovazione tecnologica, il trasferimento di competenze e
l’esternalizzazione di attivita’ non possono non avere effetti sulle
programmazioni dei fabbisogni in termini di riduzione delle dotazioni
organiche e di aggiornamento dei profili professionali.
Pertanto, anche ai fini della responsabilita’ contabile e
dirigenziale, la relazione tecnica allegata ai documenti di
programmazione dovra’ rappresentare puntualmente la ricaduta degli
investimenti e della spesa sull’organizzazione e sul personale.

Ne
deriva la necessita’ di dimostrare, attraverso i dati del controllo
di gestione, gli effetti degli investimenti effettuati, nonche’ i
risultati in termini di produttivita’ derivanti dalle spese per la
formazione, l’innovazione e l’acquisto all’esterno di servizi.

In base agli elementi emersi in sede di programmazione le
amministrazioni possono determinare le dotazioni organiche quale
presupposto necessario ed indispensabile per pianificare un’efficace
politica del personale. Infatti il ricorso ai piu’ importanti
strumenti gestionali relativi al personale, quali ad esempio le
procedure di reclutamento, di mobilita’ e di progressione verticale
ed orizzontale, impongono la presenza di una vacanza nella dotazione
organica dell’amministrazione.

In considerazione del ruolo strategico assunto dalla determinazione
delle dotazioni organiche l’art. 6 del decreto legislativo n. 165 del
2001 ne ha dettato una disciplina puntuale e stringente. Inoltre, in
questi ultimi anni il legislatore e’ intervenuto ad imporre un taglio
delle stesse quale contromisura ai comportamenti non efficienti e al
fine di adeguarli alle reali esigenze ed agli attuali compiti delle
amministrazioni.

In tale quadro, la richiamata circolare di questo Dipartimento, al
fine di rendere evidente e dimostrabile il collegamento tra le
competenze ed i compiti istituzionali dell’amministrazione, le
relative strutture organizzative gestionali e la conseguente
dotazione organica suddivisa tra dirigenti (due fasce) e aree
funzionali, ha specificato che le relazioni che accompagnano i
provvedimenti per la rideterminazione delle dotazioni organiche
devono:
– dimostrare il rispetto dei vincoli economico-finanziari:
– contenere un’analisi delle missioni/obiettivo e dei procedimenti
concernenti l’attivita’ amministrativa a cui far riferimento per la
verifica dei fabbisogni di risorse umane ai fini dell’adeguamento
delle dotazioni organiche;
– illustrare l’insieme delle competenze richieste, distinte per
profili professionali, ed un organigramma contenente le necessarie
posizioni con la loro descrizione.

Al riguardo si sottolinea che
l’art. 11 del decreto-legge n. 4 del 2006 e’ intervenuto a modificare
l’art. 6 del decreto legislativo citato, inserendo un periodo al
comma 1.

La novella prevede che le pubbliche amministrazioni,
nell’individuare le dotazioni organiche, non possono determinare
situazioni di soprannumerarieta’ di personale, anche temporanea, sia
per quanto concerne le aree funzionali che le posizioni dirigenziali.

La disposizione deve essere letta nell’ottica del miglioramento
organizzativo.

L’intento del legislatore risulta, infatti, quello di
imporre una chiarezza effettiva sulle reali dotazioni organiche,
impedendo, da un lato, situazioni di incertezza per i dipendenti
coinvolti, e, dall’altro, costringendo le amministrazioni a definire
precisamente la consistenza delle risorse umane necessarie con le
quali fare fronte ai compiti di istituto.

E’ necessario sottolineare che i responsabili del personale devono
tenere conto della previsione richiamata anche nel momento in cui
dovranno valutare la possibilita’ di avviare le procedure di
progressione verticale. Infatti, anche secondo quanto recentemente
affermato dal Consiglio di Stato, Commissione speciale pubblico
impiego nel parere del 9 novembre 2005, «il lemma assunzione – come
da ultimo confermato anche nella recente sentenza delle Sezioni Unite
della Cassazione, n. 14259 del 7 luglio 2005 – deve essere correlato
alla qualifica che il candidato va conseguire e non all’ingresso
iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che,
oltretutto, l’accesso nell’area superiore del personale interno o
esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica».

Altra importante novita’ introdotta dal decreto-legge e’ costituita
dalla disposizione che impone alle amministrazioni, ai fini della
mobilita’ collettiva, di effettuare annualmente rilevazioni delle
eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area,
qualifica o profilo professionale.

Tale rilevazione appare
strumentale all’obiettivo di perseguire il migliore utilizzo delle
risorse umane assegnate e garantire una ottimale distribuzione
attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilita’ e di
reclutamento del personale. In tal modo alla determinazione della
dotazione organica complessiva si aggiunge una precisa individuazione
della stessa distinta a livello territoriale.

Ne consegue che le
amministrazioni, ai fini di una maggiore trasparenza e leggibilita’
del dato complessivo, dovranno definire anche la microorganizzazione
delle risorse umane.

Infine si ritiene utile rammentare che il comma 93 dell’art. 1
della legge n. 311 del 2004, recepito per le regioni e gli enti
locali con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
15 febbraio 2006, ha previsto che per rideterminare le dotazioni
organiche le amministrazioni adottino misure di razionalizzazione e
riorganizzazione degli uffici mirate ad una razionale riallocazione
del personale ed alla ottimizzazione dei compiti direttamente
connessi con le attivita’ istituzionali.

Pertanto le amministrazioni
regionali e gli enti locali, nonche’ gli enti del servizio sanitario
nazionale dovranno, in tale sede, considerare anche le previsioni di
cui al comma 198 della legge n. 266 del 2005, relativo alla riduzione
delle spese di personale, e rivedere i fabbisogni dal punto di vista
quantitativo e qualitativo.

A tal fine si precisa che nella
rideterminazione delle dotazioni organiche non puo’ essere
considerata la spesa per il personale a tempo determinato o impegnato
in attivita’ socialmente utili o in assegnazione temporanea.

4. La natura delle esigenze e gli strumenti per la provvista di
personale.

La pianificazione delle attivita’ di provvista di personale deve
essere il risultato di un’analisi volta ad individuare il carattere
permanente o temporaneo delle esigenze.
Il legislatore ha, infatti, disegnato in maniera puntuale il
percorso organizzativo e gli strumenti per una migliore gestione
degli apparati, ancorando gli strumenti gestionali alle diverse
esigenze dell’amministrazione, nel rispetto delle cause tipiche dei
singoli contratti, della contrattazione collettiva e delle leggi sul
mercato del lavoro.

Le amministrazioni, inoltre, possono ricorrere a forme contrattuali
atipiche, i cui presupposti devono essere attentamente valutati, che
possono essere utilizzate per fronteggiare esigenze diverse.

Tali
contratti saranno trattati separatamente in considerazione del fatto
che non costituiscono rapporti di lavoro subordinato.

4.1 Le esigenze permanenti.

Le esigenze permanenti possono essere soddisfatte con vari
strumenti quali la mobilita’ ed il reclutamento di personale con
contratto a tempo indeterminato o di formazione lavoro.

4.1.1 La mobilita’.

La mobilita’ e’ uno dei piu’ importanti strumenti per la corretta
gestione delle risorse umane. Essa consente di perseguire una
migliore distribuzione organizzativa del personale nell’ambito della
pubblica amministrazione globalmente intesa, di gestire le eccedenze
di personale e di consentire lo scambio delle differenti
professionalita’.

L’ordinamento propone due tipologie di mobilita’.

La prima prevede
la possibilita’ per le amministrazioni di ricoprire i posti vacanti
in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti
in servizio presso altra amministrazione, che facciano domanda di
trasferimento (art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001).

La
seconda e’ diretta a tutelare la conservazione del posto di lavoro di
quei dipendenti che si trovino in posizione eccedentaria presso
l’amministrazione di appartenenza a causa, ad esempio, di processi di
riorganizzazione (articoli 33, 34 e 34-bis del decreto citato).

E’ necessario sottolineare che l’istituto della mobilita’ e’ dal
legislatore preferito rispetto alle ordinarie misure di reclutamento.

Infatti, per quanto attiene la mobilita’ volontaria, l’art. 30,
comma 2, come integrato dalla legge 28 novembre 2005, n. 246, dispone
la nullita’ degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi
volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento
di mobilita’ rispetto al reclutamento di nuovo personale.

Per la
mobilita’ d’ufficio, invece, il comma 5 dell’art. 34-bis sancisce che
le assunzioni effettuate in violazione del previo esperimento delle
procedure di mobilita’ sono nulle di diritto.

Tale principio e’ stato ulteriormente ribadito dall’art. 9 del
decreto-legge n. 4 del 2006, come convertito, che ha previsto
l’istituzione di una banca dati informatica, ad adesione volontaria,
finalizzata all’incontro fra domanda e offerta di mobilita’, da
tenersi presso il Dipartimento della funzione pubblica con l’intento
di agevolare la mobilita’ volontaria dei pubblici dipendenti.

La previsione richiamata consente, peraltro, di dare piena
attuazione alle disposizioni contenute nel comma 2-bis dell’art. 30,
aggiunto dal decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 come convertito, la
quale e’ finalizzata a garantire in via prioritaria, rispetto alle
procedure concorsuali, l’immissione in ruolo dei dipendenti,
provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando.

Relativamente alla mobilita’ d’ufficio la gia’ menzionata modifica
dell’art. 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede che ai
fini della mobilita’ collettiva le amministrazioni effettuino
annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base
territoriale per categoria o area, qualifica o profilo professionale.
Con tale
disposizione appare chiara l’intenzione del legislatore di dare piu’ celere
attuazione a tutte le disposizioni in tema di
mobilita’, in quanto l’amministrazione ricevente effettua un
monitoraggio periodico delle vacanze per ogni singola sede e profilo
o qualifica, agevolando cosi’ anche le attivita’ svolte dalle
strutture preposte a gestire le liste del personale in
disponibilita’.

In ultimo appare utile svolgere alcune considerazioni in ordine
all’efficacia del principio del previo esperimento delle procedure di
mobilita’ rispetto al reclutamento di personale tramite l’avvio di
processi di progressione verticale.

Come noto la pubblica amministrazione puo’ ricoprire parte dei
propri fabbisogni con il ricorso a procedure di riqualificazione del
personale interno, nel rispetto dell’adeguato accesso dall’esterno,
previo superamento di apposita procedura selettiva.

Il problema si pone relativamente alla qualificazione della
progressione verticale in termini di nuova assunzione.

Al riguardo e’ necessario
sottolineare che per quanto concerne i
passaggi di area il Consiglio di Stato, Commissione speciale pubblico
impiego, nel parere del 9 novembre 2005, ha avuto modo di affermare
che rientrano «nel blocco delle assunzioni anche le progressioni
verticali da un’area ad un’altra, poiche’, anche in tal caso, si
verifica una novazione del rapporto di lavoro, in quanto si tratta di
accesso a funzioni piu’ elevate, qualsiasi sia il nomen della
posizione funzionale attribuita dalla contrattazione collettiva, che
puo’ divergere da contratto a contratto».

Tale costante giurisprudenza non ignora comunque che la decisione,
correttamente assunta, di avviare procedure di progressione
professionale nasce da un’attenta analisi organizzativa che
l’amministrazione deve compiere in sede di programmazione triennale
dei fabbisogni verificando anche l’esistenza, al proprio interno, di
professionalita’ utili.

E’ in tale sede, infatti, che si devono
valutare i percorsi per una razionale riallocazione del personale ed
ottimizzazione dei compiti direttamente connessi con le attivita’
istituzionali e dei servizi da rendere all’utenza, con eventuale
riduzione del personale impiegato in compiti logistico strumentali e
di supporto (si veda l’art. 1, comma 93, della legge n. 311 del
2004).

Nei processi di riconversione del personale trova ampio spazio la
possibilita’ di valorizzare le professionalita’ interne che meglio
rispondono al fabbisogno dell’ente, cosi’ costituendo una valida
alternativa, anche in termini di acquisizione di competenze
specifiche e di costi, al reclutamento dall’esterno.

In quest’ottica si ritiene che non trovi applicazione alle
procedure di progressione verticale l’art. 34-bis ed il principio del
previo esperimento della mobilita’, in quanto le medesime
costituiscono una diretta e piu’ favorevole conseguenza di una
precisa scelta organizzativa assunta in sede di programmazione
triennale dei fabbisogni.

Al riguardo si sottolinea che l’analisi sulla presenza all’interno
di professionalita’ da valorizzare e’ riservata alla dirigenza e ai
competenti uffici del personale, anche attraverso l’utilizzo di
sistemi di rilevazione delle competenze e delle professionalita’.


4.1.2 Il reclutamento.

Per le esigenze di carattere permanente le amministrazioni possono
procedere al reclutamento di personale a tempo indeterminato, i cui
principi sono stabiliti dall’art. 35 del decreto legislativo n. 165
del 2001. In particolare il comma 4 dell’articolo citato prevede che
le determinazioni per l’avvio di procedure di reclutamento sono
adottate sulla base della programmazione triennale dei fabbisogni e
che l’avvio delle procedure concorsuali, per le amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, compresa l’Agenzia
autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e
provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca,
con organico superiore alle 200 unita’, sono subordinate
all’emanazione di un apposito DPCM, su proposta del Ministro per la
funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze.

Per le medesime esigenze e’ possibile reclutare personale
attraverso i contratti di formazione lavoro, tenuto conto che il
personale cosi’ acquisito e’ destinato ad essere inserito stabilmente
nell’amministrazione.

Anche per tale tipologia contrattuale e’
necessario oggi, come previsto dall’integrazione dell’art. 35
effettuata dall’art. 4 del decreto-legge n. 4 del 2006, richiedere
l’autorizzazione ad avviare la procedura di reclutamento e la
medesima deve essere considerata sia in sede di programmazione
triennale dei fabbisogni, sia in sede di programmazione annuale.

Infatti, occorre osservare come tali contratti prevedano due momenti,
uno temporaneo di formazione e l’altro permanente di inserimento
stabile nella struttura.
Le amministrazioni interessate, ai fini della relativa
autorizzazione dovranno, pertanto, fare apposita richiesta
contestualmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento della funzione pubblica – U.P.P.A. – Servizio per la
programmazione delle assunzioni e reclutamento ed al Ministero
dell’economia e delle finanze, Dipartimento della ragioneria generale
dello Stato – I.G.O.P.

In ultimo si rammenta la normativa relativa alle assunzioni
obbligatorie dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e si
richiamano i datori di lavoro pubblici al rispetto della stessa,
considerate le importanti conseguenze per la mancata attuazione delle
norme. Al riguardo, si sottolinea che l’art. 7 del decreto-legge
richiamato, al fine di monitorarne il rispetto, ha previsto che le
medesime comunichino semestralmente, e comunque entro il 31 dicembre
di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento della funzione pubblica, l’elenco del personale disabile
collocato nel proprio organico e le assunzioni relative effettuate
nell’anno e previste nell’ambito della programmazione triennale dei
fabbisogni. In particolare, i dati da trasmettere sono relativi alla
percentuale di personale assunta appartenente a tali categorie, alle
modalita’ di reclutamento (convenzione, chiamata numerica, etc) ed ai
profili attribuiti.

La previsione deve essere considerata comprensiva di tutte le
categorie protette, e non solo dei disabili, in forza del rinvio
esplicito alla legge che le disciplina.
Inoltre, si sottolinea che le
amministrazioni sottoposte a tale obbligo informativo sono quelle
elencate al comma 4 dell’art. 35 del decreto legislativo n. 165 del
2001.

Si evidenzia da ultimo, che le assunzioni di personale che
rispondono ad esigenze di carattere permanente dell’amministrazione
vengono effettuate, a differenza di quelle che rispondono a bisogni
di natura transitoria (assunzioni a tempo determinato), su
corrispondenti posti vacanti in dotazione organica, esprimendo la
dotazione organica, come gia’ in precedenza evidenziato, le esigenze
costanti dell’ente.

4.2 Le esigenze temporanee.

Sono da intendersi quali esigenze temporanee quelle destinate ad
esaurirsi nel breve e medio periodo. Queste ultime richiedono
l’utilizzo delle forme contrattuali flessibili, del comando e di
altre tipologie di contratti atipici.

4.2.1 Le forme contrattuali flessibili di assunzione.

Per quanto concerne le esigenze temporanee e’ necessario riferirsi
all’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 come modificato
dal decreto-legge n. 4 del 2006, che ha inserito il comma 1-bis.

In generale occorre osservare che l’innovazione normativa relativa
alle forme contrattuali flessibili riguarda due distinti profili.

Il
primo attiene alla tipologia delle esigenze che ne legittimano il
ricorso.

Il secondo attiene invece ad un profilo organizzativo che
discende dalla necessita’ di attivare prioritariamente alcuni
strumenti rispetto ad altri.

In particolare viene specificato che le pubbliche amministrazioni
possono attivare le forme contrattuali flessibili, richiamate al
comma 1, solo per esigenze temporane ed eccezionali e previo
esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche
temporanea, nonche’ previa valutazione circa l’opportunita’ di
attivare contratti di somministrazione a tempo determinato, ovvero di
esternalizzazione ed appalto dei servizi.

Al riguardo occorre
sottolineare che la disposizione in commento dimostra il favor
accordato dal legislatore a tali ultime tipologie contrattuali,
laddove con il ricorso ad esse l’amministrazione possa soddisfare le
proprie esigenze in maniera piu’ efficiente rispetto al ricorso agli
altri contratti di lavoro flessibile.

La ratio di tale intervento deve essere ricondotta alla loro
utilizzazione impropria, con particolare riferimento ai contratti a
tempo determinato, spesso non legata alla temporaneita’ delle
esigenze.

Infatti negli ultimi anni si e’ reso necessario
intervenire, con diverse disposizioni, a prorogare i contratti a
tempo determinato ed i contratti di formazione lavoro gia’ in essere,
nonche’ ad assicurare con carattere di continuita’ la prosecuzione
delle attivita’ svolte dal personale cosi’ impiegato (si veda al
riguardo, da ultimo, l’art. 1, comma 247 della legge n. 266 del
2005).

Cio’ anche in considerazione delle aspettative
inopportunamente generatesi nei lavoratori reclutati temporaneamente.

L’obiettivo di evitare il ricorso eccessivo ai rapporti di lavoro a
tempo determinato e’ motivato non solo per evidenti ragioni
finanziarie ma anche per l’impatto gestionale che un utilizzo
improprio dei rapporti flessibili crea.

Al riguardo, e’ da
sottolineare che il datore di lavoro pubblico viene richiamato ad
assicurare il rispetto dei principi di correttezza e buona fede
nell’esecuzione del contratto.

In virtu’ di quanto stabilito al
comma 2 dell’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
contrariamente a quanto avviene nel settore privato, in nessun modo
e’ possibile la costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato benche’ venga accertata la violazione di norme
imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori.

L’eventuale comportamento illegittimo delle amministrazioni, pur non
comportando la possibilita’ di pronunciamenti aventi valore
costitutivo di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, determinera’
comunque l’obbligo di risarcire il lavoratore e una responsabilita’
del dirigente datore di lavoro.

Si rammenta con l’occasione la necessita’ di procedere sempre e
comunque a procedure selettive quando si intende reclutare, seppur
temporaneamente, il personale nel rispetto del principio di
imparzialita’.

Sara’ opportuno, pertanto, che le amministrazioni
adottino appositi regolamenti sul reclutamento di personale con
rapporti di lavoro flessibile nel rispetto del quale predisporre i
relativi bandi di selezione.

Si ravvisa una ulteriore novita’ introdotta dal decreto-legge che
e’ intervenuto a sottoporre anche le procedure di reclutamento di
personale a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque
unita’, inclusi i contratti di formazione lavoro, alla procedura
autorizzatoria di cui all’art. 35, comma 4, del decreto legislativo
n. 165 del 2001, la quale deve tener conto del vincolo di spesa
previsto dal comma 187 della legge n. 266 del 2005.

Per una corretta interpretazione di tale ultima disposizione del
decreto e’ necessario svolgere alcune considerazioni.

I contratti di lavoro a tempo determinato hanno, per loro natura
una diversa ragione d’essere rispetto ai contratti di formazione
lavoro.

I primi rispondono esclusivamente all’esigenza di far fronte
a fabbisogni temporanei ed hanno una durata determinata.

I secondi,
invece, essendo finalizzati a formare personale destinato a far parte
stabilmente della struttura, a seguito della conversione del
contratto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, consentono
di venire incontro ad una esigenza permanente.

E’ da sottolineare,
tuttavia, che al momento dell’avvio della relativa procedura di
reclutamento l’amministrazione deve verificare la sussistenza di
esigenze di carattere temporaneo ed eccezionale previste dalla norma.

Conseguentemente
tali contratti potranno essere presi in
considerazione solo nel momento in cui vi sia la presunzione che le
esigenze temporanee si possano trasformare in futuro in permanenti.

Per tale ultima tipologia contrattuale pertanto e’ necessario sempre
richiedere l’autorizzazione di cui all’art. 35 del decreto
legislativo n. 165 del 2001, anche se riferite ad una sola unita’.

Per quanto concerne i contratti a tempo determinato si ritiene
utile avanzare alcune considerazioni in merito alla compatibilita’
delle causali stabilite dall’art. 1 del decreto legislativo n. 368
del 2001 (recepimento della direttiva comunitaria 1999/70/CE) con le
richiamate esigenze temporanee ed eccezionali che l’art. 36 del
decreto legislativo impone alle amministrazioni pubbliche quale
presupposto per l’attivazione di tali contratti.

La disciplina comunitaria, nel regolare nuovamente la materia,
prescinde dal carattere temporale dell’esigenza, facendo, invece,
riferimento alle necessita’ riconducibili alle caratteristiche
proprie della singola organizzazione produttiva. Infatti tale
provvedimento consente l’apposizione di un termine alla durata di un
contratto di lavoro subordinato «a fronte di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo».

Come chiarito dalla circolare n. 42 del 1° agosto 2002 del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali le disposizioni sulle
causali si caratterizzano per essere una «norma aperta, individuativa
per grandi linee dei casi in cui la ricorrenza di esigenze oggettive
dell’organizzazione di impresa determina l’ammissibilita’ del ricorso
a rapporti a tempo». Inoltre nella medesima circolare si afferma che« alla
stregua della nuova disciplina legale la temporaneita’ della prestazione e’,
semplicemente, la dimensione in cui deve essere
misurata la ragionevolezza delle esigenze (…).

Il contratto a
termine dovra’, pertanto, essere considerato lecito in tutte le
circostanze, individuate dal datore di lavoro sulla base di criteri
di normalita’ tecnico-organizzativa, ovvero per ipotesi sostitutive,
nelle quali non si puo’ esigere necessariamente una assunzione a
tempo indeterminato». Pertanto le causali individuate dal decreto
legislativo n. 368 del 2001 risultano perfettamente compatibili con
le citate esigenze temporanee ed eccezionali previste dal
decreto-legge n. 4 del 2006 con riferimento alle pubbliche
amministrazioni. Queste ultime, quindi, potranno ricorrere al
contratto a tempo determinato per ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo di natura temporanea.

Il legislatore, in sede di conversione, ha inserito un ulteriore
comma (1-bis.1), all’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
nel quale e’ stabilito che le disposizioni contenute al comma 1-bis
costituiscono norme di principio per l’utilizzo di forme contrattuali
flessibili negli enti locali.

In generale occorre osservare che l’innovazione normativa relativa
alle forme contrattuali flessibili riguarda due distinti profili.

Il
primo attiene alle causali che ne legittimano il ricorso
configurandosi, dunque, come elemento dell’ordinamento civile,
riservato alla legislazione statale, di diretta applicazione per
tutte le amministrazioni, ivi comprese le Regioni.

Diversamente
occorre considerare per quanto concerne la necessita’ di attivare
prioritariamente alcuni strumenti rispetto ad altri, riconducibile al
profilo organizzativo disegnato dalla norma in questione.

Pertanto, conformemente a quanto gia’ previsto dall’art. 27 del
decreto legislativo n. 165 del 2001 relativamente ai principi di
organizzazione contenuti nell’art. 4 e al Capo II del medesimo
decreto, gli enti locali, nell’esercizio della propria autonomia
statutaria e regolamentare, dovranno adeguare i propri ordinamenti ai
principi sanciti dal legislatore statale in merito al corretto
utilizzo delle tipologie di lavoro flessibile.

In conclusione, anche con l’adozione del decreto-legge n. 4 del
2006, il legislatore conferma la propria intenzione a prevedere
l’utilizzo dei rapporti di lavoro flessibili nell’ottica del
risparmio della spesa, al fine di non incrementare il numero dei
dipendenti in servizio a tempo indeterminato in attuazione degli
obiettivi di snellimento delle strutture, e di operare nel rispetto
della finalita’ di cui all’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo n. 165 del 2001 diretta a realizzare innanzi tutto la
migliore utilizzazione delle risorse umane gia’ presenti nelle
pubbliche amministrazioni.

5. Le forme contrattuali atipiche.

5.1. I lavoratori impiegati in attivita’ socialmente
utili.

I lavori socialmente utili consistono in quelle attivita’ che hanno
per oggetto opere o fornitura di servizi di utilita’ collettiva,
tramite l’utilizzo di alcune tipologie di lavoratori in condizioni
svantaggiate e la cui gestione e’ demandata alle Regioni, con la
finalita’ di favorire il reinserimento di tali soggetti nel circuito
lavorativo.

Considerata l’importanza dell’interesse richiamato, il legislatore
e’ intervenuto a dettare diverse disposizioni tendenti alla
stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (ad esempio si
vedano il decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 8; l’art. 50 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonche’ l’art. 8-bis, comma 1, del
decreto-legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge n. 248 del
2005).

Al riguardo l’Ufficio per il personale delle pubbliche
amministrazioni di questo Dipartimento ha avuto modo di ribadire come
non sia’ possibile stabilizzare i lavoratori in questione presso le
amministrazioni per le quali operano al di fuori delle disposizioni
di legge, gia’ richiamate nel paragrafo relativo al reclutamento,
cosi’ sottolineando la necessita’ che siano avviate apposite
procedure, ad esempio mediante concorsi per esami e titoli.

In merito
si dovra’ tenere conto della rideterminazione delle dotazioni
organiche di cui al comma 93 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004
e secondo le modalita’ e i limiti previsti dall’Accordo raggiunto in
Conferenza Unificata il 24 novembre 2005 attuativo del comma 98
dell’art. 1 della citata legge 311 del 2004.

Eventuali eccedenze
temporanee di personale derivanti dall’esaurimento dei posti
disponibili e previsti nella dotazione organica, devono essere
riassorbite con le future cessazioni, oltre a dover essere rispettati
gli adempimenti di cui all’art. 34-bis del decreto legislativo n. 165
del 2001.

Il decreto-legge n. 4 del 2006 e’ intervenuto ad aggiungere un
comma 1-ter all’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 nel
quale viene stabilito che tutte le pubbliche amministrazioni, di cui
all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001,
dovranno trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e
delle finanze – Ragioneria generale dello Stato le convenzioni
concernenti l’utilizzo di lavoratori socialmente utili.

La ratio di tale intervento deve essere ricercata nella necessita’
di consentire il monitoraggio della spesa delle amministrazioni
derivante dalla stipula delle convenzioni, quale spesa rientrante in
quelle indicate al comma 198 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005,
come richiamato dalla circolare del Ministero dell’economia e delle
finanze, Ragioneria generale dello Stato, n. 9 del 2006.

Infatti tale
spesa grava sulle voci relative al personale (si veda il Sistema
informativo delle operazioni degli enti pubblici SIOPE) e,
considerato il favore del legislatore alla stabilizzazione, la stessa
sembra destinata a crescere cosi’ determinando l’esigenza di un suo
attento monitoraggio da parte delle amministrazioni a cio’ deputate.

5.2. La somministrazione.

Le pubbliche amministrazioni possono utilizzare tale tipologia
contrattuale sia per esigenze temporanee di breve che medio periodo.

Il contratto di somministrazione di lavoro e’ disciplinato dagli
articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276.

La somministrazione a tempo determinato, diversamente dallo
staff leasing, si applica anche alle pubbliche amministrazioni in
forza della previsione contenuta nell’art. 86, comma 9, del decreto
stesso. Si tratta di un contratto di prestazione di servizi il cui
oggetto e’ costituito dalla fornitura di prestazioni professionali di
lavoratori dipendenti dell’agenzia, messi a disposizione
dell’utilizzatore ed inseriti nella struttura organizzativa di
quest’ultimo per tutta la durata della somministrazione.

L’attivita’,
che ha i contenuti tipici del lavoro subordinato, e’ svolta
nell’interesse dell’amministrazione utilizzatrice, nonche’ sotto la
sua direzione ed il suo controllo.

Le disposizioni relative alla somministrazione a tempo determinato
sono oggi pienamente applicabili alle pubbliche amministrazioni.

Nella fase programmatoria, gia’ richiamata nel paragrafo 3, le
amministrazioni dovranno valutare la convenienza effettiva del
ricorso ai contratti di somministrazione. A tali fini dovranno, in
primo luogo, verificare la rispondenza delle proprie esigenze con le
causali previste relative a ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria
attivita’ dell’utilizzatore, ed alla disciplina contrattuale.

Successivamente dovranno individuare esattamente la tipologia di
personale necessaria, per professionalita’ e qualifica di
inserimento, in modo da poter individuare puntualmente il costo dei
singoli lavoratori somministrati.

Pertanto occorrera’ effettuare un’attenta analisi costi-benefici
considerando, a tal fine, i costi ed i tempi della selezione che
eventualmente l’Agenzia dovra’ svolgere, nonche’ la’ qualita’ del
personale somministrato, il percorso formativo specifico effettuato e
l’aggiornamento previsto.

Nel valutare le offerte si dovra’, inoltre, tenere conto del costo
effettivo del personale quale parametro di riferimento essenziale,
oltre che della professionalita’ del personale da fornirsi in
somministrazione e della specifica formazione effettuata o da
effettuarsi.

In questa sede e’ necessario sottolineare che il personale
somministrato non e’ dipendente dell’utilizzatore, anche se e’
inserito nella sua organizzazione, bensi’ dell’agenzia di
somministrazione. Pertanto al personale somministrato non e’
possibile applicare direttamente le disposizioni normative e
contrattuali dirette ai lavoratori dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.

Ne consegue che sara’ necessario inserire apposite clausole nel
capitolato d’appalto e nel contratto di somministrazione nelle quali
siano individuati specifici obblighi di riservatezza, di esclusivita’
della prestazione e di non concorrenza. Occorre, peraltro, ricordare
che lo statuto sostanziale del lavoratore somministrato deve essere
sovrapponibile a quello degli altri dipendenti dell’utilizzatore, in
applicazione delle precise scelte del legislatore europeo in tema di
parita’ di trattamento. L’individuazione delle infrazioni
disciplinari ed il concreto esercizio del potere disciplinare,
sebbene formalmente incardinato in capo all’agenzia, non potranno che
essere regolati in base alla disciplina applicabile presso
l’amministrazione utilizzatrice.

6. Considerazioni conclusive.

A termine di quanto fino ad ora rappresentato si ritiene necessario
avanzare alcune considerazioni conclusive in merito alla
organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni e alla
gestione delle risorse umane.

La cultura che deve guidare gli amministratori pubblici in materia
di gestione del personale, volta al perseguimento dell’efficienza,
efficacia ed economicita’ dell’azione amministrativa, impone
necessariamente un’attenta analisi dell’organizzazione del lavoro e
degli strumenti gestionali proposti dall’ordinamento nonche’ una
valutazione degli stessi da svolgersi con un approccio innovativo
volto a sfruttare le migliori esperienze e sperimentare nuove
tecnologie.

In un contesto di scarsita’ di risorse, anche umane, si impone un
maggiore sfruttamento delle nuove tecnologie e della comunicazione
(ICT) che le pubbliche amministrazioni possono applicare ad un vasto
campo di funzioni amministrative. «In particolare, il potenziale
networking offerto da internet e dalle sue tecnologie ha il
potenziale di trasformare le strutture e le procedure amministrative» (OECD/PUMA, 2001).

Infatti, i nuovi strumenti rappresentati dal e-government
(protocollo informatico, informatizzazione flussi documentali e dei
processi, comunicazione digitale), dal e-procurement, e
dall’e-learning consentono importanti economie di scala e risparmi di
spesa, nonche’ tempistiche nettamente inferiori, che comportano,
necessariamente, una particolare attenzione alla riallocazione delle
risorse umane ed alla loro valorizzazione.

Al riguardo acquista particolare rilevanza l’attivita’ di
formazione ed aggiornamento del personale che deve essere oggetto di
una precisa programmazione e pianificazione da parte dei dirigenti,
in quanto strumento utile a rendere effettiva l’attuazione del
principio della migliore utilizzazione delle risorse umane e della
acquisizione delle necessarie professionalita’ all’interno della
stessa amministrazione.

In sintesi una efficiente gestione delle risorse umane costituisce
un aspetto essenziale delle organizzazioni produttive, in particolar
modo di quelle basate sul lavoro, quali sono le pubbliche
amministrazioni, sulla quale si imperniano tutti gli strumenti
gestionali a disposizione della dirigenza, e dalla quale, in
sostanza, discende la possibilita’ di perseguire le finalita’
istituzionali attribuite alle strutture pubbliche.

Roma, 2 maggio 2006

Il Ministro
per la funzione pubblica

Registrata alla Corte dei conti il 30 maggio 2006
Ministeri istituzionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri,
registro n. 6, foglio n. 325

Redazione

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