Riforma dei partiti politici

E’ stato presentato al Senato, e si segnala per le importanti questioni sollevate,
il disegno di legge numero 42/AS recante "Norme sul diritto dei
cittadini di associarsi liberamente in partiti, in attuazione
dell’articolo 49 della Costituzione".

Si legge, tra l’altro, che
"Il complesso delle innovazioni che qui si propone parte dalla definizione
di «metodo democratico» e dall’introduzione di una anagrafe
certificata; si snoda attraverso l’apertura del procedimento di iscrizione,
la garanzia di effettiva partecipazione dell’iscritto attraverso modalità del
tutto nuove come il voto telematico, o antiche come il voto segreto; si perfeziona
con la previsione di istituti di democrazia diretta come il recall degli organi
esecutivi e il referendum; si completa con la previsione della giustiziabilità dei
diritti dell’iscritto, che possono così trovare tutela presso
un soggetto terzo ed imparziale.
Con questo si rovescia completamente la situazione in atto, in cui la riduzione
oligarchica dei processi decisionali ha come effetti collaterali l’impermeabilità della
linea politica nei confronti della base, la quale non possiede strumenti efficaci
per influire su quella linea e la sostanziale
intangibilità del gruppo dirigente, che dispone di tutti i mezzi utili
per autoperpetuarsi.
" (dalla relazione al disegno di legge)

Di seguito, il testo del disegno di legge, preceduto dalla relazione di accompagnamento.

. . . . . .

Disegno di legge
n. 42/AS

presentato al Senato il 28 aprile 2006

d’iniziativa dei senatori Salvi e Villone

"Norme sul diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti,
in attuazione
dell’articolo 49 della Costituzione"

. . . . . .

Onorevoli Senatori. – Da oltre un ventennio si discute nel nostro Paese
di riforme istituzionali.

La ragione si trova nella convinzione che la fragilità del
nostro sistema politico sia data dalle regole che disciplinano le istituzioni. È in
nome di questo che si è proceduto a innovazioni anche
di grande portata. Dalla riforma dei regolamenti parlamentari nella seconda
metà degli anni Ottanta, all’adozione del sistema elettorale maggioritario
da ultimo abbandonato, all’introduzione dell’elezione diretta per
sindaci, presidenti di provincia e di regione. Ed in nome di questo abbiamo
assistito al mutamento tacito della forma di governo parlamentare prevista
nella Costituzione. Tale non si può certo definire la forma di governo
in cui l’esecutivo, attraverso un maxiemendamento composto di molte centinaia
di commi, porti all’approvazione di una legge finanziaria mai discussa
nella sede parlamentare, limitando il dibattito con un voto di fiducia e contingentando
i tempi in poche ore.

Eppure, se anche abbiamo oggi esecutivi durevoli, è del tutto chiaro
che questo non si traduce in esecutivi capaci di governare con effettività.
A tutti i livelli, sono evidenti i malesseri che colpiscono coalizioni tanto
eterogenee da dover conciliare spesso l’inconciliabile o trovare la sintesi
al livello più basso e consociativo. Le assemblee rappresentative, infatti,
sono prive di qualsiasi ruolo effettivo e la funzione della rappresentanza
politica non trova più sedi e strumenti per essere esercitata con effettività.
Al tempo stesso, è chiara l’incapacità del sistema politico
di raccogliere con efficacia la domanda sociale, traducendola in sintesi praticabili.

La politica è oggi debolissima, quale che sia la durata in carica dei
governi.
E sono eventi come quelli della Val di Susa, o le proteste popolari
per i rifiuti, o i blocchi stradali e ferroviari per i motivi più disparati,
dalle crisi agricole alle vicende di qualche squadra di calcio, a dimostrarlo
al di là di ogni ragionevole dubbio.
La domanda di partecipazione esiste,
ed è molto forte, come mostrano per altro verso vicende come quella
delle primarie svolte dal centrosinistra per il candidato alla carica di primo
ministro nel 2006. Ma tale domanda non viene in alcun modo raccolta.

Nonostante tutte le innovazioni, l’esperienza di questi anni fa comprendere
come la salute del sistema politico italiano sia a dir poco pessima.
Probabilmente,
gli elementi degenerativi prodotti, anche come effetto collaterale non voluto,
dalle innovazioni adottate – come la creazione di un esercito di professionisti
e semiprofessionisti della politica – hanno persino contribuito a peggiorarla.
E dunque si può trarre da questa esperienza un suggerimento: è giunto
il momento di intraprendere una strada nuova e diversa.
Se intervenire sulle regole istituzionali non ha affatto rinsaldato la politica,
bisogna guardare altrove e, precisamente, ai soggetti primari delle cui scelte
e sui quali la politica vive: i partiti.

Una politica senza partiti non è possibile o desiderabile.

Tutti possono
vedere come non sia moderno e competitivo il Paese in cui la politica si traduce
nel confronto diretto tra i comitati spontanei e la piazza, da un lato, e chi
governa, dall’altro.
Le forme stabili e organizzate sono elemento essenziale
per un sistema politico efficiente, che è a sua volta elemento essenziale
per la competitività del sistema-paese.

Ma appunto i partiti sono oggi l’elemento di massima debolezza del sistema.
In realtà, proprio le innovazioni introdotte hanno concorso in misura
non marginale al loro indebolimento ed alla loro incapacità di riprendersi
dopo il grande tracollo dei primi anni Novanta.

Oggi non sfugge a nessuno la
spinta alla frantumazione estrema per la convenienza di creare micro-partiti,
la frammentazione territoriale al seguito di questo o quel potente locale,
l’estrema torsione personalistica, la riduzione oligarchica dei processi
decisionali, il sostanziale azzeramento della partecipazione democratica degli
iscritti.

Essenzialmente, oggi i partiti non sono più un luogo di elaborazione
politica e progettuale.
Spesso, diventano sedi di trattativa e magari di spartizione
dei benefits dell’azione di governo per i gruppi dirigenti. Si profila
un partito come comitato elettorale di questo o quel candidato, come comitato
di sostegno di questo o quel governante. Nulla potrebbe essere più lontano
dal modello prescritto dall’articolo 49 della Costituzione.

I partiti
sono dunque il vero buco nero della politica italiana.
Qui bisogna guardare
per un intervento efficace, che non solo ridia vita all’idea del Costituente
ma offra al Paese uno strumento necessario alla competitività di cui
ha estremo bisogno. È dunque soprattutto nella debolezza dei partiti – piuttosto
che
in questa o quella opzione istituzionale – il dato strutturale che impedisce
il rafforzamento del sistema politico italiano. Ed è nella torsione personalistica
e nella riduzione oligarchica l’elemento che più di ogni altro ostacola
nella attuale condizione politica una inversione di tendenza e l’avvio
di un consolidamento.

La risposta efficace alla crisi del sistema politico rimane allora affidata
alla capacità di ripristinare una partecipazione democratica effettiva
nei partiti.
Si tratta di attuare l’indicazione dell’articolo 49
della Costituzione, che attribuisce ai «cittadini» la titolarità del
diritto alla partecipazione politica attraverso i partiti. È però evidente
che non sarebbe utile ipotizzare un ritorno all’esperienza passata, che
non troverebbe oggi le condizioni per un effettivo dispiegarsi. Dunque, pensare
di rivitalizzare i partiti solo recuperando e ripristinando l’antica
struttura che per lungo tempo ha costituito il cardine della partecipazione
degli iscritti non si mostrerebbe una scommessa vincente.

Bisogna invece pensare ad una diversa e moderna forma di partecipazione, che
utilizzando gli strumenti oggi disponibili si affianchi alla tradizione offrendo
agli iscritti nuove vie per pesare sulle determinazioni collettive.

Per questo è necessaria
una disciplina generale sui partiti, che definisca la strumentazione minima
idonea a favorire l’avvio di un circuito virtuoso.
Sono ben note le argomentazioni che per lungo tempo hanno indotto una sostanziale
diffidenza verso l’adozione di una disciplina legislativa del partito
politico.
Si temeva, da un lato, per l’autonomia organizzativa e il libero
dispiegarsi dell’iniziativa politica secondo la specificità di
ciascun partito.
Si paventava, dall’altro, che la legge – pur sempre
espressione di una maggioranza politica – potesse essere strumentalmente
volta a danno di questo o quel partito.
Tali argomenti non erano privi di sostanza,
sembra tuttavia oggi che possano essere superati.
Anzitutto è mutata
la condizione politica generale, non esistendo più alcuna conventio
ad excludendum che in ipotesi precluda a questo o quel partito l’accesso
alle funzioni di governo.

La proposta che qui si presenta si incardina su istituti che per una parte
sono da tempo all’attenzione degli studiosi della politica, per altra
parte costituiscono invece una novità di non marginale portata. Anzitutto,
la premessa per un consolidamento dei partiti deve essere vista nel mutamento
della natura giuridica degli stessi partiti.

Fino ad ora, i partiti
sono associazioni di fatto: un fondamento giuridico debole, al quale si sostituisce
qui la natura di associazione giuridica riconosciuta dotata di personalità giuridica
ai sensi dell’articolo 12 del codice civile.

Oggi tale scelta si rende anzitutto possibile perché il riconoscimento,
e il conseguimento della personalità giuridica che ne deriva, non passa
più – dopo le modifiche al codice civile apportate con il regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 – attraverso
una fase amministrativa. Dunque non vi è più da temere una intromissione
di pubblici poteri, ovviamente assoggettabili all’influenza di una maggioranza
politica, nella vita del partito.

La linea seguita nel disegno di legge è di far riferimento in termini
generali allo schema adottato dal codice civile, cui si fa rinvio per tutto
quanto non espressamente disciplinato nella legge. Si poteva anche seguire
un diversa ed opposta via, la costruzione cioè di una figura speciale
di associazione politica, ma il rinvio alla nozione e disciplina civilistica
della persona giuridica offre il vantaggio di rendere applicabile in buona
parte la riflessione dottrinaria e la lettura giurisprudenziale relative alla
disciplina codicistica. Questa soluzione offre una maggiore solidità e
stabilità alla soluzione giuridica dell’associazione-partito fin
dalla sua nascita.

Naturalmente, sulla disciplina generale si innestano norme che trovano ragione
nella specificità del partito politico. In specie, la particolarità si
riscontra anzitutto nel fatto che il partito è un’associazione
chiamata a «partecipare con metodo democratico alla politica nazionale».
Tale missione – che non entra ovviamente in alcun modo a definire nel
diritto civile il modello associativo – non potrebbe essere pretermessa
nel disegnare il regime giuridico applicabile.

Non assume più alcun rilievo oggi l’antica querelle se il «metodo
democratico» dovesse essere principio applicabile all’azione politica
del partito ovvero anche alla sua organizzazione interna.

Non esiste alcuna
ragione oggi nel sistema politico italiano per la quale possa dubitarsi, in
principio o in fatto, della piena applicabilità del principio anche
all’organizzazione, ai procedimenti decisionali, alla selezione del gruppo
dirigente. Nulla si oppone alla più ampia lettura dell’articolo
49 della Costituzione, comunque da preferire per la lettera e lo spirito della
Carta fondamentale.
Ed è precisamente l’ampia lettura del «metodo democratico» che
sostiene le principali scelte adottate nella proposta, fondate sul più ampio
riconoscimento dei diritti degli iscritti, e si traduce nel forte riconoscimento
di istituti partecipativi.

I diritti dell’iscritto non si esauriscono
nel prendere la tessera e partecipare occasionalmente a qualche tornata congressuale.
Se l’iscritto vuole, si traducono nella possibilità concreta di
incidere continuativamente sulle determinazioni adottate a tutti i livelli
dal partito.
Non potendosi pensare che una effettiva partecipazione si realizzi semplicemente
richiamando e sostenendo legislativamente le tradizionali organizzazioni territoriali – sezioni,
unità di base, unioni e simili – si è scelto un approccio
diverso, che si impernia sull’anagrafe degli iscritti. Oltre a essere
strumento di correttezza e trasparenza, col quale si pone fine al malcostume
di tessere fatte sull’elenco telefonico, l’anagrafe diventa il
perno della nuova e moderna qualità di iscritto. Ad essa infatti si
lega la possibilità del voto telematico, che supera le ritualità della
democrazia delegata di congressi periodici, magari governati da signori delle
tessere, e di organismi pletorici ai quali spesso partecipa stancamente una
piccola frazione degli aventi diritto.

La previsione dell’anagrafe va letta insieme con le norme che aprono
i procedimenti di iscrizione, rendendo impossibile il controllo del momento
di rilascio della tessera come strumento di potere all’interno del partito.
Non possono nascere signori delle tessere senza tale controllo. E la previsione
di iscrizione e di pagamento della quota in via telematica, oltre che la giustiziabilità del
rifiuto della tessera, riducono al minimo il rischio che tale controllo possa
essere assunto da alcuno.
Al fine della mobilità ed apertura del gruppo dirigente, nonché della
flessibilità ed apertura alla base della definizione della linea politica,
si indirizzano inoltre due istituti di democrazia diretta che il disegno di
legge prevede come necessari: il recall e il referendum.

Il recall si sostanzia nella possibilità di far decadere e contestualmente
sostituire gli organi esecutivi monocratici o collegiali attraverso il voto
diretto degli iscritti. Il ricorso al voto telematico, con garanzia di segretezza,
può rendere il recall elemento di un effettivo sistema di checks and
balances, concorrendo a definire il modello generale di governance del partito,
in specie là dove quegli organi – e in particolare il segretario – siano
eletti direttamente.

Il referendum – che si può sempre richiedere da parte di un numero
determinato di iscritti – si prescrive come necessario per quanto riguarda
il cambio del nome e del simbolo. Questo serve ad evitare forzature da parte
di gruppi dirigenti tentati di imporre evoluzioni sulla cui condivisione da
parte della base si possa dubitare. In tali contesti, la stessa misura del
dissenso può essere elemento politicamente assai significativo. Anche
qui assumono rilievo il voto telematico, la segretezza e – va sottolineato – la
mancanza di un quorum di partecipazione degli aventi diritto ai fini della
validità. Questo per non generare nei partiti una problematica simile
a quella già evidenziatasi per il referendum abrogativo di cui all’articolo
75 della Costituzione. La mancanza di quorum rende per tutti inevitabile la
scelta di partecipare attivamente alla votazione.

È appena il caso di notare che istituti di ampia e non comprimibile partecipazione,
la cui utilizzazione è rimessa essenzialmente alla volontà dell’iscritto,
unitamente alla già richiamata apertura delle procedure di rilascio della
tessera, sono oggi la migliore garanzia contro la tendenza a ridurre i partiti
a comitati elettorali o comitati di sostegno di questo o quell’assessore,
o presidente, o comunque del potente di turno.

Un ultimo profilo si deve richiamare, come esempio di una innovazione incisiva,
anch’essa in ultima analisi finalizzata alla partecipazione. Tale è l’ampio
riconoscimento della giustiziabilità tramite ricorso al giudice per
assicurare il rispetto della legge, dello statuto, delle delibere degli organi,
e in ogni caso dei diritti dell’iscritto. Proprio perché essenzialmente
tali diritti sono di partecipazione, la giustiziabilità diviene servente
rispetto a tale finalità, e dunque garantisce il «metodo democratico» di
cui all’articolo 49 della Costituzione.

Il ricorso al giudice non rende inutili gli organi interni di garanzia. Ma è del
tutto evidente oggi che l’autodichia non è più sufficiente
ad assicurare correttezza e rispetto delle regole nella vita dei partiti. Comunque,
il partito è titolare di funzioni di grande rilevanza pubblica, da esercitare
nel rispetto di un principio costituzionale specificamente posto per il partito,
qual è il «metodo democratico». Da ciò si trae una
piena giustificazione per la più ampia giustiziabilità ad iniziativa
dell’iscritto, anche nelle forme dell’urgenza.

Il complesso delle innovazioni che qui si propone parte dunque dalla definizione
di «metodo democratico» e dall’introduzione di una anagrafe
certificata; si snoda attraverso l’apertura del procedimento di iscrizione,
la garanzia di effettiva partecipazione dell’iscritto attraverso modalità del
tutto nuove come il voto telematico, o antiche come il voto segreto; si perfeziona
con la previsione di istituti di democrazia diretta come il recall degli organi
esecutivi e il referendum; si completa con la previsione della giustiziabilità dei
diritti dell’iscritto, che possono così trovare tutela presso
un soggetto terzo ed imparziale.

Con questo si rovescia completamente la situazione
in atto, in cui la riduzione oligarchica dei processi decisionali ha come primo
effetto collaterale l’impermeabilità della linea politica nei
confronti della base, la quale non possiede strumenti efficaci per influire
su quella linea. Come secondo effetto vi è la sostanziale intangibilità del
gruppo dirigente, che dispone di tutti i mezzi utili per autoperpetuarsi.

Si offre qui, invece, un modello di partito fondato sul principio della contendibilità della
linea politica e del gruppo dirigente. Anche a tal fine sono previste norme
a tutela della minoranza interna. Una corretta ed efficace contendibilità è oggi
da vedere come strumento essenziale della modernizzazione della forma partito.
L’aderenza alla domanda sociale, e la capacità di tradurla in
sintesi politiche efficaci, passano attraverso la mobilità dei gruppi
dirigenti e la possibilità che gli iscritti incidano effettivamente
sulla definizione della linea politica.

Un partito contendibile nella linea
e nella leadership è un partito competitivo, che può porsi agli
elettori e all’opinione pubblica del Paese come elemento di un sistema
politico forte, in grado di fare fronte alle difficili sfide che attendono
la democrazia italiana.

Va infine notato che si è preferito non inserire in questo disegno di
legge la disciplina del finanziamento pubblico dei partiti, che pure richiede
una profonda e indilazionabile revisione, perché si ritiene preferibile
che il tema sia affrontato in via autonoma rispetto alla normativa di attuazione
dell’articolo 49 della Costituzione. Vi è però un legame
decisivo che trova la sua sede idonea nel presente disegno di legge, e che
risiede nel principio per il quale la concreta attuazione del metodo democratico
all’interno dei partiti è condizione inderogabile per l’accesso
alle risorse pubbliche. Per questa ragione all’articolo 17 si prevede
che in caso di mancata adozione di regole democratiche ovvero di violazione
delle medesime, il partito perda il diritto al finanziamento pubblico, in misura
totale o parziale (a seconda della gravità della violazione), attraverso
la decisione dell’autorità giudiziaria, alla quale può rivolgersi
chiunque vi abbia interesse, con «azione popolare».

. . . . . .

DISEGNO DI LEGGE n. 42/AS

"Norme sul diritto dei cittadini di associarsi liberamente in
partiti, in attuazione
dell’articolo 49 della Costituzione"

Titolo I
NATURA GIURIDICA DEI PARTITI

Art. 1.
(Definizione)

1. I partiti politici sono associazioni di uomini e di donne costituite al
fine di concorrere a determinare la politica nazionale, regionale e locale,
sulla base del più ampio metodo democratico e attraverso la partecipazione
libera e continua dei cittadini alla vita pubblica.

Art. 2.
(Natura giuridica)

1. I partiti politici sono associazioni riconosciute dotate di personalità giuridica
ai sensi dell’articolo 12 del codice civile e dell’articolo 1 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000,
n. 361.

2. All’atto della costituzione del partito, i soci fondatori depositano
il nome, il simbolo, lo statuto e il progetto.

Titolo II
PRINCÌPI GENERALI

Art. 3.
(Statuto)

1. Il partito ha uno statuto che ne definisce gli obiettivi, ne disciplina
gli organi, i procedimenti deliberativi, le modalità di iscrizione,
i diritti e i doveri degli iscritti, le garanzie e le sanzioni.

2. Lo statuto di cui al comma 1 è conforme alla presente legge, in
ogni sua parte, e garantisce il metodo democratico ai sensi dell’articolo
49 della Costituzione e dell’articolo 7 della presente legge. Può contenere
norme integrative, purché compatibili con la presente legge e per quanto
non espressamente in essa disposto.
3. Lo statuto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione è condizione
per accedere al rimborso delle spese elettorali previsto dalla legislazione
vigente e ad ogni altra eventuale forma di accesso a risorse pubbliche.
4. La violazione della legge da parte dello statuto e la violazione dello statuto
da parte di iscritti o di organi del partito possono sempre essere impugnati
davanti al giudice ai sensi dell’articolo 11.

Art. 4.
(Simbolo)

1. Il partito ha un simbolo, che viene depositato all’atto della costituzione.

2. Il simbolo di cui al comma 1 deve essere identificativo in modo univoco
del partito e non deve essere suscettibile di essere confuso con il simbolo
di altri partiti.

Art. 5.
(Progetto)

1. Il partito ha un progetto che ne definisce gli obiettivi politici, i valori
ideali e il programma.

Art. 6.
(Modifiche)

1. Lo statuto, il simbolo e il programma del partito possono essere modificati
successivamente alla costituzione, secondo le modalità previste dallo
statuto. In ogni caso, la competenza a deliberare le modifiche è attribuita
all’assemblea generale degli iscritti.

2. La modifica del nome e del simbolo del partito possono essere assoggettati
a referendum tra gli iscritti ai sensi del successivo articolo 7, comma 1,
lettera r).

Art. 7.
(Definizione di metodo democratico)

1. Ai fini della presente legge, elementi costitutivi del metodo democratico
ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione, che il partito deve osservare
nello statuto e in ogni atto degli organi collegiali o monocratici, sono:

a) la titolarità per ciascun iscritto al partito degli stessi diritti
e degli stessi doveri;
b) la partecipazione di ciascun iscritto alla determinazione
della linea politica ed all’attuazione della medesima, e il diritto di
ciascun iscritto ad una piena e completa informazione ai fini di una partecipazione
consapevole;
c) la partecipazione di ciascun iscritto agli organi collegiali secondo le
modalità previste dallo statuto, che le definisce perseguendo l’obiettivo
di agevolare la più ampia partecipazione alle discussioni e votazioni;
d) il diritto di parola, di proposta e di voto di ciascun iscritto negli organi
collegiali di cui fa parte, nonché il diritto di presentare documenti,
ordini del giorno, mozioni. Qualora lo statuto richieda un numero minimo di
presentatori, tale numero non può essere superiore a quello degli esponenti
della minoranza formalmente costituita più piccola presente nell’organo
collegiale, non superiore comunque al 5 per cento dei componenti dell’organo
collegiale. Sui documenti, ordini del giorno e mozioni presentati non possono
essere rifiutate o impedite una adeguata discussione e la votazione qualora
ne sia fatta richiesta dai presentatori;
d) la partecipazione di ciascun iscritto alle votazioni con voto libero ed
eguale nonché la effettiva segretezza del voto ove il voto segreto sia
prescritto o richiesto;
e) la segretezza del voto in ogni caso per la individuazione dei titolari delle
cariche di partito e dei candidati alle elezioni nonché per le deliberazioni
di modifica del nome o del simbolo del partito;
f) la possibilità di votare in ogni caso anche per voto telematico.
Ove il voto segreto sia prescritto o richiesto, la segretezza è garantita
anche per tali modalità di votazione;
g) la previsione di azioni volte al riequilibrio della rappresentanza in attuazione
dell’articolo 51 della Costituzione, salvo il caso in cui la rappresentanza
di un solo genere sia elemento fondativo del progetto politico del partito;
h) la garanzia del pluralismo interno e la possibilità di un riconoscimento
formale di minoranze;
i) la presenza delle minoranze formalmente costituite in tutti gli organi collegiali
e negli organi di garanzia, secondo il criterio proporzionale;
l) l’attribuzione a esponenti delle minoranze formalmente costituite
della presidenza degli organi di garanzia;
m) l’attribuzione alle minoranze formalmente costituite di quote delle
risorse pubbliche conferite al partito, in misura corrispondente alla consistenza
delle minoranze medesime;
n) la presenza delle minoranze formalmente costituite nelle candidature del
partito nelle competizioni elettorali;
o) l’effettivo rispetto dei quorum strutturali e funzionali per le delibere
degli organi collegiali;
p) la temporaneità delle cariche di partito e il numero limitato dei
mandati nella medesima carica;
q) la incompatibilità tra la partecipazione ad organi esecutivi del
partito e la titolarità di cariche istituzionali e di funzioni amministrative;
r) la previsione di un referendum generale tra gli iscritti, secondo le modalità previste
dallo statuto, su richiesta di un numero di iscritti non inferiore al 5 per
cento e non superiore al 10 per cento del totale degli iscritti. Il quesito
referendario è definito dai richiedenti. Nel referendum è consentito
il voto per via telematica, assicurando la segretezza ove prescritta o richiesta.
Non può essere prescritto un quorum di partecipanti per la validità del
voto;
s) l’osservanza e l’attuazione del voto referendario come obbligo
di tutti gli organi collegiali o monocratici del partito;
t) la disciplina delle sanzioni secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità,
assicurando in ogni caso un efficace contraddittorio. La manifestazione di
voti o opinioni dissenzienti non può mai essere assunta a fondamento
di sanzioni.

2. Costituiscono danno grave e irreparabile ai fini del ricorso di cui all’articolo
700 del codice di procedura civile la mancata convocazione secondo le modalità previste
dallo statuto del partito alle riunioni di organi collegiali di cui l’iscritto
faccia parte e ogni altro comportamento che ostacoli o impedisca l’effettiva
partecipazione alle discussioni e votazioni.

Art. 8.
(Definizione di iscritto)

1. Il diritto di iscrizione al partito si esercita presentando apposita domanda
ai sensi del comma 2, previo pagamento di una quota annuale nella misura determinata
ai sensi dello statuto, secondo le modalità in esso previste.

2. Lo statuto del partito prevede che l’iscrizione sia concessa su
domanda presentata in forma scritta dall’interessato. La domanda di iscrizione
contiene l’espressa adesione allo statuto ed al progetto del partito.
La domanda è accettata o rigettata entro un tempo definito dallo statuto
e comunque non superiore a sessanta giorni. Nel caso di silenzio protratto
oltre tale termine la domanda si intende accolta.

3. Il rigetto può essere in ogni caso impugnato davanti agli organi
di garanzia interni del partito. In deroga a quanto disposto dall’articolo
11, il ricorso al giudice avverso il rigetto della domanda di iscrizione è escluso.
Il ricorso è invece consentito per il diniego rivolto all’iscritto
che chieda il rinnovo dell’iscrizione per l’anno successivo.

4. Lo statuto prevede la possibilità che la domanda di iscrizione e
la corrispondente quota annuale siano inoltrate per via telematica. Nel caso
di organizzazione territorialmente differenziata, lo statuto determina gli
effetti ai fini della collocazione territoriale dell’iscrizione avvenuta
per via telematica. L’iscritto per via telematica ha tutti i diritti
e tutti i doveri di qualunque altro iscritto.

5. Non è consentita l’adesione contemporanea a due partiti come
definiti dalla presente legge.

Art. 9.
(Diritti degli iscritti)

1. Lo statuto definisce i diritti degli iscritti, che comprendono in ogni
caso tutti quelli desumibili dall’articolo 7.

Art. 10.
(Doveri degli iscritti)

1. Lo statuto definisce i doveri degli iscritti, le sanzioni in caso di sua
inosservanza, le procedure e gli organi competenti a irrogare le sanzioni.

2. La sanzione deve essere motivata e proporzionata alla gravità della
violazione. In nessun caso la sanzione può essere irrogata senza previo
adeguato contraddittorio.

3. Contro la sanzione è sempre ammesso il ricorso al giudice.

Art. 11.
(Tutela giurisdizionale)

1. È diritto irrinunciabile dell’iscritto ricorrere al giudice
per ottenere rimedio alla violazione della presente legge, dello statuto, di
delibere degli organi collegiali del partito, o avverso qualunque atto o comportamento
che costituisca compressione, limitazione, violazione del metodo democratico
come definito dall’articolo 7. Il diritto alla tutela giurisdizionale
non può essere vietato o limitato dallo statuto né l’esercizio
può costituire in alcun modo elemento a carico dell’iscritto,
tale da limitare o ostacolare l’esercizio di altre facoltà o diritti
di cui sia titolare in quanto iscritto.

Art. 12.
(Anagrafe degli iscritti)

1. L’anagrafe degli iscritti è l’archivio comprendente,
per ogni iscritto, l’indicazione del nome e cognome, della data di nascita,
del luogo di residenza e del luogo di iscrizione al partito nel caso di organizzazione
territorialmente differenziata.

2. L’anagrafe degli iscritti è aggiornata annualmente.

3. L’inserimento nell’anagrafe degli iscritti è condizione
per l’esercizio da parte dell’iscritto dei diritti previsti dalla
presente legge e dallo statuto. All’atto dell’inserimento è attribuita
ad ogni iscritto una chiave individuale per l’accesso telematico a servizi
offerti dal partito e per l’esercizio, anche in via telematica, dei diritti
pevisti dalla presente legge e dallo statuto.

4. Ciascun iscritto ha diritto di accedere in qualunque momento a tutti i dati
dell’anagrafe. Una quota di iscritti prevista dallo statuto, comunque
in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 20 per cento, può chiedere
la revisione in tutto o in parte dell’anagrafe, per la inesattezza dei
dati in essa contenuti.

5. Entro il 31 gennaio di ogni anno è depositata presso le Presidenze
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica l’anagrafe degli
iscritti di ciascun partito attestante gli iscritti al partito per l’anno
precedente. Il deposito è condizione per il conferimento al partito
di risorse pubbliche a qualunque titolo ed in qualunque forma per l’anno
in corso. In caso di mancato deposito le somme eventualmente già percepite
devono essere restituite.

6. L’anagrafe degli iscritti è sottoposta a verifiche annuali
a campione. Quando il totale dei dati affetti da errore superi il 10 per cento
del totale dei dati sottoposti a verifica, si procede alla verifica completa
dell’anagrafe. Se a seguito della verifica il totale degli errori supera
il 10 per cento del totale dei dati inseriti nell’anagrafe, il deposito
di cui al comma 5 si intende non effettuato.

Titolo III
ORGANIZZAZIONE

Art. 13.
(Assemblea generale degli iscritti)

1. L’assemblea generale degli iscritti è l’organo rappresentativo
del partito.

2. All’assemblea di cui al comma 1 partecipano tutti gli iscritti al
partito, anche per voto telematico.

3. Lo statuto del partito prevede che all’assemblea spettino in ogni
caso le decisioni relative alla definizione della linea politica generale del
partito, ai programmi elettorali, alle candidature, alla partecipazione a coalizioni,
all’elezione degli organi esecutivi del partito.

4. Le deliberazioni dell’assemblea sono valide con la presenza della
metà più uno degli iscritti e sono normalmente assunte a maggioranza
dei presenti. Lo statuto può prevedere in casi determinati che le deliberazioni
siano assunte a maggioranza qualificata.

5. L’assemblea delibera in via generale a voto palese. Una quota di iscritti
determinata dallo statuto, in ogni caso non superiore al 10 per cento degli
aventi diritto, può chiedere su qualsiasi oggetto il voto segreto. Il
voto è comunque segreto per i casi previsti dall’articolo 7, comma
1, lettera e).

6. Lo statuto del partito può prevedere che l’assemblea generale
degli iscritti deleghi le sue funzioni ad un organo collegiale più ristretto,
composto di delegati.

7. Il voto telematico deve essere sempre consentito a richiesta. Lo statuto
determina nel caso di organi collegiali composti da delegati il rapporto tra
voto telematico e delega.

Art. 14.
(Organi esecutivi)

1. Agli organi esecutivi spetta l’attuazione delle deliberazioni dell’assemblea
generale degli iscritti.

2. Gli organi esecutivi collegiali sono eletti a voto segreto dall’assemblea
generale degli iscritti. Se nel partito sono presenti minoranze formalmente
costituite, l’assemblea delibera con voto limitato, in modo da assicurare
una rappresentanza proporzionale delle minoranze negli organi esecutivi collegiali.

3. Alle deliberazioni degli organi collegiali si applicano le norme previste
dall’articolo 13 per l’assemblea generale degli iscritti. In tal
caso i diritti dell’iscritto si intendono riferiti al componente dell’organo
collegiale.

4. La rappresentanza legale del partito spetta all’organo esecutivo monocratico.
Tale organo è eletto a voto segreto secondo le modalità stabilite
dallo statuto.

5. Lo statuto prevede le modalità per la revoca degli organi esecutivi
monocratico e collegiali da parte dell’assemblea generale degli iscritti.
Alla revoca si procede su iniziativa di una quota di iscritti non inferiore
al 10 per cento e non superiore al 20 per cento dei componenti dell’assemblea,
per voto segreto, contestualmente eleggendo nuovi organi esecutivi collegiali
e monocratico.

Art. 15.
(Organi di garanzia)

1. Lo statuto prevede organi collegiali di garanzia cui è affidata
la verifica del rispetto della presente legge, dello statuto e delle deliberazioni
adottate nell’ambito delle proprie competenze dagli organi del partito.
Nel caso di violazioni l’organo collegiale può annullare gli atti
e irrogare, nei confronti degli iscritti, le sanzioni previste dallo statuto.

2. Lo statuto prevede le incompatibilità con la carica di componente
degli organi collegiali di garanzia, tra le quali rientra la partecipazione
agli organi collegiali esecutivi e la titolarità di cariche esecutive
monocratiche nel partito, il percepimento di emolumenti a carico del partito,
la titolarità di funzioni istituzionali o amministrative retribuite
per le quali la designazione sia stata fatta dal partito.

3. La previsione e le deliberazioni di organi di garanzia non limita in alcun
modo il diritto di ciascun iscritto alla tutela giurisdizionale, di cui all’articolo
11.

Art. 16.
(Organizzazione territoriale)

1. L’organizzazione interna del partito può essere articolata
territorialmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

2. La presente legge si applica anche alle articolazioni territoriali del
partito, ove siano previste. È esclusa l’applicazione delle norme
concernenti la costituzione del partito in associazione riconosciuta nonché di
quelle relative all’anagrafe degli iscritti, che deve essere unica per
tutto il partito.

3. L’articolazione territoriale del partito non può in alcun caso
essere limite o impedimento per i diritti dell’iscritto.

4. Lo statuto disciplina tassativamente i casi, di particolare gravità,
in cui si può procedere allo scioglimento, chiusura, sospensione e commissariamento
di articolazioni territoriali del partito. Il provvedimento sanzionatorio è adottato
in prima istanza previo contraddittorio dall’organo di garanzia del livello
territoriale corrispondente e può essere impugnato presso gli organi
di garanzia dei livelli territoriali superiori. Il provvedimento sanzionatorio
non può essere adottato per la manifestazione di opinioni e di voti
di dissenso politico e può sempre essere oggetto di ricorso davanti
al giudice.

Art. 17.
(Decadenza dal finanziamento pubblico)

1. Il rimborso delle spese elettorali e ogni forma di accesso alle risorse
pubbliche, ivi comprese quelle a favore dell’editoria di partito, è attribuito
esclusivamente alle associazioni che si qualificano come partiti ai sensi della
presente legge.

2. Chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio perché sia
accertata la non conformità dello statuto di un partito alle norme della
presente legge, inclusa la violazione dei princìpi di cui all’articolo
7. La sentenza definitiva dichiara la decadenza totale o parziale dal diritto
del partito ai benefici di cui al comma 1.

Art. 18.
(Norma transitoria e finale)

1. I partiti che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano
rappresentanti eletti nel Parlamento nazionale o in almeno tre consigli regionali,
acquistano dalla stessa data la natura di associazioni giuridicamente riconosciute
ai sensi della presente legge. Essi adeguano i propri statuti e la propria
organizzazione interna alle disposizioni della presente legge entro il termine
inderogabile di un anno. Nel caso di mancato adeguamento entro il predetto
termine, ogni conferimento di risorse pubbliche a qualsiasi titolo cessa a
decorrere dal termine di cui al primo periodo.

2. Per i partiti di cui al comma 1, il nome, il simbolo e lo statuto già adottati
alla data di entrata in vigore della presente legge sono equiparati a quelli
depositati ai sensi dell’articolo 2.

3. Per i partiti di cui al comma 1, il conferimento di risorse pubbliche in
ogni forma è consentito in via transitoria fino alla scadenza del primo
termine annuale per la presentazione dell’anagrafe degli iscritti, successivo
all’adeguamento di cui al medesimo comma 1.

4. Per tutti gli altri partiti, ogni conferimento di risorse pubbliche cessa
alla data di entrata in vigore della presente legge. Il conferimento è ripreso
previa costituzione in associazione giuridicamente riconosciuta secondo le
modalità previste dalla presente legge e dal momento della presentazione
dell’anagrafe degli iscritti.

Redazione

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