art.21 D.L. 223/2006 (relazione del Governo)

Il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge di conversione del decreto
legge 223/2006. Di seguito si riporta la relazione illustrativa sull’art. 21,
relativo al nuovo contributo unificato per le spese del processo amministrativo.
Di seguito lo stralcio della relazione al disegno di legge numero 741 AS.

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(…)

Articolo 21.

Al fine di evitare la formazione di eccedenze di spesa, viene modificata
la disciplina connessa al pagamento delle spese di giustizia, impedendo, nella
relativa procedura di erogazione, l’anticipazione da parte di Poste Spa,
fatta eccezione per le spese di notifica d’ufficio relative ai processi
penali.

I commi da 4 a 6 hanno la finalità di istituire una fonte di finanziamento
per la copertura di parte dei costi di gestione della giustizia amministrativa,
in analogia a quanto previsto per la giustizia ordinaria dall’articolo
1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Le innovazioni introdotte dalla norma nella disciplina del contributo unificato
dovuto per i processi davanti ai tribunali amministrativi regionali e davanti
al Consiglio di Stato sono le seguenti:

– l’importo del contributo è fisso (euro 500), anziché commisurato
al valore della vertenza;

– il contributo è dovuto anche per la fase cautelare (euro 250).

La previsione di un contributo di importo fisso per i processi amministrativi
si giustifica per il fatto che la maggior parte dei ricorsi davanti al giudice
amministrativo (presumibilmente circa il 90 per cento) sono diretti ad ottenere
l’annullamento di un atto e, pertanto, sono di valore indeterminabile.

Inoltre, pur quando si tratta di ricorsi diretti al conseguimento di un bene
della vita, spesso il petitum è espresso in forma generica.

Questa consuetudine
si spiega in quanto nel processo amministrativo il valore della causa è irrilevante
ai fini processuali. In realtà il valore sostanziale delle vertenze
supera spesso il limite che si riferisce alle cause di valore indeterminato.

La contribuzione in misura fissa semplifica il controllo da parte dell’ufficio
preposto alla ricezione del ricorso, che richiederebbe, altrimenti, un esame
del ricorso e del fascicolo e determinerebbe, per conseguenza, un rilevante
e non sostenibile aggravio di lavoro.

Il pagamento di un contributo (euro 250) per il giudizio cautelare trova giustificazione
nel fatto che tale fase dà vita ad attività del giudice amministrativo
e degli uffici di supporto sostanzialmente equivalente a quella richiesta dal
giudizio di merito (audizione delle parti; decisione in forma collegiale; appellabilità)
e richiede, pertanto, un investimento di risorse umane e materiali sostanzialmente
equivalente.

Un analogo contributo di misura ridotta (euro 250) è dovuto
per il processo conseguente al «silenzio» dell’amministrazione,
per il processo a tutela del diritto di accesso ai documenti e per i giudizi
di ottemperanza.

Beninteso, restano ferme nel processo amministrativo sia le
ipotesi di esenzione previste dall’articolo 10 del testo unico di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sia la disciplina
di favore prevista dal successivo articolo 11 per coloro che sono ammessi al
patrocinio a spese dello Stato.

Il comma 5 introduce una sanzione per l’omesso o parziale pagamento del
contributo, colmando così una lacuna della disciplina vigente, che configura
una rara se non unica ipotesi di obbligazione tributaria il cui inadempimento
comporta soltanto il pagamento di interessi calcolati al saggio legale. La
soluzione si conforma a quanto previsto nell’ipotesi di omesso o parziale
pagamento dell’imposta di registro.

Il maggior gettito derivante, nell’anno 2006, dall’incremento dell’importo
del contributo previsto dall’articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre
2004, n. 311, per la parte relativa ai processi amministrativi, è destinato
alle spese di funzionamento della giustizia amministrativa, largamente inferiori,
in proporzione, rispetto a quelle degli altri plessi giurisdizionali.

(…)

Redazione

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