I costi per la sicurezza nei cantieri

L’Autorita’ di Vigilanza sugli Appalti interviene, con propria
determinazione, n. 4/2006 (di seguito riportata per esteso) sulla sicurezza
dei lavoratori nei cantieri e sulle modalità di calcolo dei relativi costi,
nelle gare
d’appalto.

L’Autorità ha preliminarmente acquisito
il parere delle
rappresentanze
delle
categorie
e
degli
organi
istituzionali interessati alla tematica (i Ministeri
della Salute, del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Infrastrutture e
Trasporti, la Commissione Salute delle Regioni e Province Autonome, i Consigli
Nazionali degli Architetti, degli Ingegneri, dei Geometri e dei Periti edili
e industriali, l’ANCE, le associazioni sindacali FENEAL-UIL, FILCA-CISL,
FILLEA-CGIL).

L’Autorità osserva come “sulla sicurezza nei cantieri, si è passati
da un regime in cui si ponevano a carico dell’impresa
le incombenze concernenti la sicurezza dei lavoratori sul cantiere al diverso
sistema, nel quale i costi della sicurezza sono stati esclusi dal ribasso d’asta
e gli stessi margini di sicurezza sono stati ampliati, allo scopo di garantire
in cantiere il massimo grado di
protezione possibile, in conformità ai principi fondamentali del nostro
ordinamento”.

“La sicurezza dei lavoratori è materia
di elevata rilevanza sociale che trova fondamento nella Costituzione (art.
32 e art. 41,
comma 2)
e nel diritto comunitario. Come significativo fattore di garanzia del diritto
alla salute, costituisce bene inderogabile a rilevanza pubblicistica e in quanto
tale sottratto alla disponibilità di chiunque ne debba determinare i
suoi contenuti in applicazione delle disposizioni di legge e regolamenti”.

Coerentemente, “la legge 415/98, modificativa della 109/94,
per quanto riguarda i lavori pubblici, e il d.lgs. 528/99, di modifica del
d.lgs. 494/96, per tutte le tipologie di lavori, hanno introdotto nella normativa
nazionale la regola secondo cui, a garanzia della sicurezza e della salute
dei lavoratori impegnati nei cantieri, il costo delle misure di sicurezza,
degli apprestamenti, dei dispositivi di protezione collettiva ed individuale,
previsti nei piani, deve essere determinato nel dettaglio, è sottratto
alla competizione del mercato e va riconosciuto integralmente agli appaltatori,
mediante esclusione dallo sconto o ribasso d’asta”.

In sintesi, ecco alcuni delle conclusioni cui perviene la determinazione :

– I costi per la sicurezza sono evidenziati nei bandi di gara e non sono
soggetti a ribasso d’asta, inoltre su tali costi non sono ammesse le
giustificazioni a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art. 87,
comma 4 del Codice dei contratti pubblici approvato con d.lgs. n. 163 del
12.4.2006.

– In sede di valutazione della congruità delle offerte, la stazione
appaltante deve procedere, ai sensi dell’art. 86 comma 3 e dall’art.
87, comma 2, lett. e) del Codice n. 163/2006, alla verifica del rispetto
delle norme vigenti in tema di sicurezza e condizioni di lavoro.

– Il coordinatore della sicurezza per la fase dell’esecuzione (CSE)
ha l’obbligo di verificare, da un lato, la costante corrispondenza
dei contenuti del PSC alla specificità del cantiere e dall’altro,
il rispetto da parte dell’esecutore di tutti gli altri obblighi generali
della sicurezza (ex lege) che, in quanto a carico dell’esecutore stesso,
non fanno parte del PSC; il RUP vigila, verificando che tali adempimenti
a carico del CSE siano effettivamente assolti, compresi tutti quelli indicati
nell’art. 127 del DPR 554/99.

– Nel caso di varianti in corso d’opera, le relative perizie, ai sensi
dell’art. 134, comma 9 del DPR 554/99 dovranno essere corredate anche
del PSC e a questi fini il RUP dovrà farsi carico del rispetto di
tali adempimenti ed in particolare di quello relativo all’individuazione
del costo della sicurezza compreso nell’importo di perizia, costo da
non assoggettare a ribasso.

– Le reiterate infrazioni agli obblighi della sicurezza costituiscono un
valido presupposto per avviare la risoluzione del contratto, secondo la procedura
dell’art. 136 del d.lgs. n. 163/2006).

. . . . . .


Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture

Determinazione n. 4/2006 del 26 luglio 2006

“Sicurezza nei cantieri temporanei o mobili relativamente agli appalti
di lavori pubblici. D.P.R. 222/2003. Art. 131 d.lgs. n. 163 del 12.4.2006”

Premessa

Da parte di stazioni appaltanti ed associazioni di categoria sono stati chiesti
chiarimenti in ordine all’applicazione del DPR 222/2003. Diversi dubbi
interpretativi sono stati evidenziati soprattutto in riferimento all’art.
7 di detto DPR 222, riguardante la stima dei costi della sicurezza.

I quesiti sono stati posti in particolare su:

– l’attualità del metodo di calcolo dei costi della sicurezza
già proposto dall’Autorità nella determinazione n. 2/2001;

– l’ascrivibilità del costo delle opere provvisionali (e in particolare
dei ponteggi) ai costi della sicurezza.

Alla luce del mutato quadro normativo, della rilevanza degli argomenti relativi
alla sicurezza dei lavoratori nei cantieri, l’Autorità ha ravvisato
l’esigenza di un nuovo pronunciamento sulla materia, già oggetto
di numerose determinazioni (determinazioni nn. 12/99, 37/2000, 2/2001, 11/2001,
2/2003).

Allo scopo di pervenire ad una interpretazione condivisa sui temi sollevati
nei quesiti e sulle altre problematiche derivanti dall’entrata in vigore
del D.P.R. 222/2003, il Consiglio dell’Autorità ha deciso di procedere
a una audizione delle rappresentanze delle categorie e degli organi istituzionali
interessati alla tematica.

All’audizione, tenutasi nei giorni 22 e 23 marzo 2006, hanno preso parte
i rappresentanti delle seguenti amministrazioni ed associazioni: i Ministeri
della Salute, del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Infrastrutture e
Trasporti, la Commissione Salute delle Regioni e Province Autonome, i Consigli
Nazionali degli Architetti, degli Ingegneri, dei Geometri e dei Periti edili
e industriali, l’ANCE, le associazioni sindacali FENEAL-UIL, FILCA-CISL,
FILLEA-CGIL.

In sede di audizione, i soggetti cointeressati hanno espresso il proprio avviso
sulle questioni in argomento, anche attraverso la produzione di memorie scritte;
tra gli altri, il rappresentante della Conferenza delle Regioni e delle Province
autonome ha presentato un documento contenente le “Linee guida per l’applicazione
del D.P.R. 222/2003” redatte di concerto dal “Coordinamento Tecnico
delle Regioni e delle Province Autonome della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro” della
Commissione Salute e dal Gruppo di lavoro “Sicurezza Appalti Pubblici” di
ITACA, organi di coordinamento della suddetta Conferenza. Tale documento ha
già avuto ampia diffusione tramite le riviste specializzate ed è stato
accolto favorevolmente dagli operatori del settore.

Inquadramento normativo

Sulla sicurezza nei cantieri – materia al centro dell’attenzione
dell’opinione pubblica anche a seguito dei tragici incidenti che frequentemente
si ripetono – le disposizioni contenute nel D.P.R. 222/03 costituiscono l’attuazione
della previsione dell’art. 31 comma 1 della legge 109/94 e s.m. e rappresentano
lo snodo attuale di una lunga evoluzione normativa, nella quale il concetto
di costo della sicurezza ha assunto diverse configurazioni e si è prestato
a molteplici interpretazioni.

Si è passati, infatti, da un regime in cui si ponevano a carico dell’impresa
le incombenze concernenti la sicurezza dei lavoratori sul cantiere (v. l’art.
18 comma 8 della legge 55/90) al diverso sistema, nel quale i costi della sicurezza
sono stati esclusi dal ribasso d’asta e gli stessi margini di sicurezza
sono stati ampliati, allo scopo di garantire in cantiere il massimo grado di
protezione possibile, in conformità ai principi fondamentali del nostro
ordinamento.

La sicurezza dei lavoratori è infatti materia di elevata rilevanza
sociale che trova fondamento nella Costituzione (art. 32 e art. 41, comma 2)
e nel diritto comunitario. Come significativo fattore di garanzia del diritto
alla salute, costituisce bene inderogabile a rilevanza pubblicistica e in quanto
tale sottratto alla disponibilità di chiunque ne debba determinare i
suoi contenuti in applicazione delle disposizioni di legge e regolamenti.

Coerentemente a tali principi, la legge 415/98, modificativa della 109/94,
per quanto riguarda i lavori pubblici, e il d.lgs. 528/99, di modifica del
d.lgs. 494/96, per tutte le tipologie di lavori, hanno introdotto nella normativa
nazionale la regola secondo cui, a garanzia della sicurezza e della salute
dei lavoratori impegnati nei cantieri, il costo delle misure di sicurezza,
degli apprestamenti, dei dispositivi di protezione collettiva ed individuale,
previsti nei piani, deve essere determinato nel dettaglio, è sottratto
alla competizione del mercato e va riconosciuto integralmente agli appaltatori,
mediante esclusione dallo sconto o ribasso d’asta.

Pertanto, i costi della sicurezza, nel caso di lavori pubblici, debbono essere
preventivamente quantificati già nella fase progettuale, evidenziati
in modo distinto nei bandi di gara (cfr. art. 31 della legge 109/94 e s.m.)
ed esclusi dal ribasso, come ricordato.

L’art. 12 del d.lgs. 494/96 e l’art. 41 del D.P.R. 554/99 hanno
indicato la stima dei costi della sicurezza come uno degli elementi essenziali
del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che, come è noto, è di
competenza del coordinatore della progettazione nominato dalla S.A. e fa parte
dei documenti contrattuali.

Anche il piano operativo di sicurezza (POS) ovvero il piano sostitutivo (PSS),
nei casi in cui è richiesto, fanno parte dei documenti contrattuali.
In assenza dei piani di sicurezza previsti dalla norma i contratti di appalto
o concessione sono nulli.

La definizione dei costi della sicurezza previsti nei piani, quindi, in base
alle norme citate e alla luce dell’art. 31 comma 2 della legge 109/94,
ha valenza contrattuale.

Occorre inoltre evidenziare che l’art. 31 prevede che vadano “evidenziati
nei bandi di gara” per l’esclusione dal ribasso anche i costi derivanti
dal POS e dal PSS, nonostante tali documenti vengano redatti dopo l’aggiudicazione
a cura dell’impresa aggiudicataria.

I contenuti di detto art. 31 della legge 109/94 sono stati riprodotti integralmente
nell’art. 131 del nuovo Codice dei contratti pubblici approvato con il
d.lgs. n. 163 del 12/04/2006 (in vigore dal 1° luglio 2006), che, in parte
qua, ha sostituito l’art. 31.

Tuttavia il comma 1 dell’art. 131 prevede, come sostanziale diversità rispetto
all’art. 31, l’autorizzazione al Governo di introdurre le modifiche “… necessarie
al testo del D.P.R. 222/2003.”

Sulla base delle norme sopra richiamate, sono state elaborate in ambito tecnico
e giuridico interpretazioni non univoche su cosa debba intendersi nello specifico
per “costo della sicurezza” e, soprattutto, sui relativi criteri
di computo.

La riflessione a riguardo, in ogni modo, non poteva né può prescindere
da alcune disposizioni della normativa dei lavori pubblici.

In primis, l’art. 34 del D.P.R. 554/99, in base al quale la composizione
del prezzo unitario di ogni lavorazione comprende una aliquota “percentuale
per le spese relative alla sicurezza” (comma 2, lett. b).

Anche nella redazione dei prezziari ufficiali tradizionalmente la spesa per
eseguire in sicurezza ogni singola lavorazione è stata inclusa nel prezzo
unitario della lavorazione stessa.

L’art. 34 del Regolamento 554/99 andava letto in collegamento con l’art.
5 del Capitolato generale sui ll.pp. di cui al D.M. n. 145/2000.

Quest’ultimo elenca le voci comprese nel prezzo dei lavori e perciò a
carico dell’appaltatore: tra queste sono riferibili in senso lato alla
sicurezza quelle di cui alle lettere “a”, “c” ed “i”

Dall’art. 5 discende(va) dunque che le spese per opere provvisionali
e per quant’altro sia direttamente strumentale all’esecuzione dei
lavori, così come quelle per l’impianto e la manutenzione del
cantiere e il suo adeguamento al D.lgs. 626/94, erano da corrispondere all’appaltatore
col prezzo contrattuale, mediante le spese generali e, quindi, soggette a ribasso.

Le due norme succitate delineavano pertanto una distinzione: da un lato, i
costi imputabili alla sicurezza in senso stretto, inclusi nei prezzi unitari
delle varie lavorazioni, da evidenziare nei bandi ed esclusi dal ribasso; dall’altro,
altre voci di spesa riferibili alla sicurezza (ponteggi, allestimento cantiere,
etc.), che per il nesso di strumentalità con l’esecuzione dei
lavori, erano tuttavia inclusi nelle spese generali e dunque assoggettati a
ribasso d’asta

Un contributo su tali aspetti è stato offerto dall’Autorità con
le determinazioni nn. 37/2000 e 2/2001 con le quali è stato proposto
un metodo di calcolo dei costi della sicurezza applicabile sino all’entrata
in vigore del regolamento di cui all’art. 31 comma 1 della legge 109/94
e s.m. e dunque da intendersi come metodo interlocutorio.

L’Autorità aveva indicato come le spese complessive della sicurezza
(Scs) derivino dalla somma dei costi “diretti” (SRPi) – relativi
alle misure e procedure di sicurezza obbligatoriamente previste per ogni singola
lavorazione e pertanto già valutati nella determinazione dei prezzi
unitari compresi nei relativi elenchi – e dei costi “speciali” (SSS)
– riferiti alle misure di sicurezza relative allo specifico cantiere non comprese
nei costi diretti di cui sopra.

Per la stima dei costi diretti, l’Autorità aveva quindi previsto
che dai prezzi unitari relativi alle varie lavorazioni venisse scorporata una
quota afferente alla sicurezza, in una misura percentuale variabile da determinarsi
analiticamente.

Per il calcolo dei costi speciali, invece, il progettista della sicurezza
era tenuto ad effettuare un computo metrico estimativo.

Il metodo di calcolo dei costi della sicurezza nel DPR n. 222 del 3 luglio
2003

Il contesto normativo prima brevemente descritto è stato innovato ad
opera del citato DPR n. 222/2003 – riguardante i “contenuti minimi dei
piani di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili” – con cui è stato
approvato il Regolamento di attuazione, in virtù della doppia delega
ex art. 31 comma 1, legge 109/94 ed ex art. 22 del d.lgs. 528/99.

Il suo ambito di applicazione comprende sia i lavori privati, sia i lavori
pubblici ed è volto a disciplinare i contenuti minimi dei piani di sicurezza.

Esso dunque rappresenta un livello minimo inderogabile di regolamentazione,
applicabile a qualunque tipologia lavorativa, dall’opera pubblica complessa
al modesto intervento di manutenzione, naturalmente sempre nel rispetto dei
criteri della ragionevolezza e della proporzionalità ed adeguatezza.

In particolare il tema della stima dei costi derivanti dai piani di sicurezza è affrontato
nell’art. 7 del regolamento in questione.

Questa norma contiene al comma 1 una elencazione dei costi che “vanno
stimati nei costi della sicurezza” nei casi in cui vige l’obbligo
di redigere il PSC ai sensi del D.lgs. 494/96.

Tale elenco comprende:

gli apprestamenti previsti nel PSC; le misure preventive e protettive e i
dispositivi di protezione individuale previsti nel PSC per le sole lavorazioni
interferenti; i mezzi e servizi di protezione collettiva; le eventuali procedure “speciali” per
la sicurezza; i sovraccosti connessi al coordinamento temporale tra le diverse
fasi esecutive e le diverse imprese e all’uso comune di apprestamenti,
infrastrutture mezzi e servizi di protezione collettiva, nonché gli
impianti tecnici per la sicurezza del cantiere (impianti di terra, antincendio,
evacuazione fumi).

Si tratta di voci connesse tutte alla specificità del singolo cantiere,
e non alle modalità ordinarie di esecuzione dei lavori.

La formulazione della norma non consente interpretazioni che lascino margini
per integrare o ridurre detto elenco, in sede applicativa.

Esso deve quindi considerarsi tassativo.

Nel comma 3, inoltre, il predetto art. 7 stabilisce che “la stima dovrà essere
congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura, riferita ad elenchi
prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali
vigenti nell’area interessata, o sull’elenco prezzi delle misure di sicurezza
del committente; nel caso in cui un elenco prezzi non sia applicabile o non
disponibile, si farà riferimento ad analisi costi complete e desunte
da indagini di mercato”.

Non trova più spazio, quindi, la prassi – praticata in passato – di
stimare i costi della sicurezza mediante l’applicazione di percentuali
sull’importo complessivo dei lavori. E’ richiesto invece al coordinatore
per la progettazione l’impegno di calcolare i costi della sicurezza mediante
un accurato computo metrico estimativo fondato sulle proprie scelte progettuali.

Il metodo di calcolo dei costi della sicurezza da escludere dal ribasso si
può ricavare dal D.P.R. 222 attraverso una lettura esegetica delle disposizioni
contenute nell’art. 7.

Sotto questo profilo l’interpretazione fornita dalla Conferenza delle
Regioni, assunta peraltro in conformità al parere dell’UOC Unità Operativa
di Coordinamento presso il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, costituisce
un valido contributo.

L’impostazione contenuta nel predetto documento (per brevità,
documento ITACA) è fondata sui seguenti assunti:

· in base a una lettura combinata dell’art. 12 comma 1 del D.lgs.
494/96 e dell’art. 7 comma 1 del D.P.R. 222/03 non tutti i costi della
sicurezza devono essere stimati nel PSC, ma solo quelli elencati nel citato
art. 7;

· in base all’art. 7 comma 4 dello stesso regolamento e alle
altre disposizioni succitate, sono esclusi dal ribasso in sede di gara solo
i costi della sicurezza preventivamente stimati nel PSC;

· a norma dell’art. 5 del D.M. 145/2000, rientrano tra le spese
generali una parte delle spese “di sicurezza” necessarie all’assolvimento
degli obblighi del D.lgs. 626/94, in particolare quelle legate all’adeguamento
del cantiere (vd. Parere UOC Ministero Infrastrutture).

Partendo da tali assunti, il documento ITACA opera una distinzione tra i costi
della sicurezza a cui l’impresa è vincolata contrattualmente in
quanto previsti nel PSC per lo specifico cantiere (per brevità, costi
della sicurezza “contrattuali”) e costi della sicurezza che il
datore di lavoro è comunque obbligato a sostenere a norma del Titolo
IV del D.lgs. 626/94 per l’esecuzione in sicurezza di ogni singola lavorazione
compresa nell’appalto (costi della sicurezza“ex lege”).

I costi della sicurezza “contrattuali” vanno riconosciuti integralmente
all’appaltatore, in quanto derivanti dall’ingerenza del committente
nelle scelte esecutive dell’impresa, che deve conformarsi alle indicazioni
del PSC.

Secondo il documento ITACA, quindi, il PSC in base al disposto dell’art.
7 comma 1 deve comprendere soltanto le spese connesse al coordinamento delle
attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o sovrapposizioni,
nonché quelle degli apprestamenti, dei servizi e delle procedure necessari
per la sicurezza dello specifico cantiere secondo le scelte di discrezionalità tecnica
del Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione.

Non sono oggetto del PSC, in quanto costi della sicurezza ex lege, quelli
intrinsecamente connessi alle varie lavorazioni e compresi nei relativi prezzi
unitari, come le spese per i dispositivi di protezione individuale (DPI), nonché i
cosiddetti “costi generali” per l’adeguamento dell’impresa
al D.lgs. 626/94, ossia la formazione, l’informazione, la sorveglianza
sanitaria, etc..

E’ chiaro, altresì, che per la stima dei costi di sicurezza contrattuali
il progettista della sicurezza dovrà procedere mediante computo metrico.

Il documento si sofferma anche sui costi derivanti dal Piano Operativo di
Sicurezza redatto dall’impresa. Come piano complementare e di dettaglio
del PSC, il POS non dà luogo a costi aggiuntivi rispetto a quelli stimati
nel PSC.

Essendo anche equiparato al documento di valutazione dei rischi della singola
impresa previsto dall’art. 4 del D.lgs. 626/94, esso contiene le scelte
relative a misure e a procedure di prevenzione (DPI, formazione, sorveglianza
sanitaria, etc.) i cui costi sono indipendenti dal rapporto contrattuale e
quindi non sono a carico del committente.

L’interpretazione proposta dal documento ITACA appare per larga parte
aderente al nuovo quadro normativo, così come innovato dal regolamento
222/03.

Difatti, nel nuovo assetto introdotto dal D.P.R. 222 vige l’obbligo
di evidenziare nel PSC e conseguentemente escludere dal ribasso di gara soltanto
i costi della sicurezza contrattuali.

Nell’elenco tassativo di cui all’art. 7 comma 1, infatti, non
sono comprese le voci riconducibili ai cd. costi ex lege, quali, ad esempio,
i DPI necessari all’esecuzione ordinaria delle varie lavorazioni, la
formazione dei lavoratori, ecc.

Lo stesso documento ITACA pone poi la questione se, in base al disposto dell’art.
31 comma 2 della legge 109/94 (oggi art. 131 del d.lgs. 163/2006), tutti i
costi della sicurezza debbano essere esclusi dal ribasso.

Il problema riguarda in particolare il POS, per il quale il comma 2 dell’art.
31 (riprodotto nell’art. 131) prevede che – al pari che per il
PSC e il PSS – “i relativi oneri vanno evidenziati nei bandi di gara
e non sono soggetti a ribasso d’asta”.

Tale norma viene interpretata nel senso che la Stazione appaltante deve stimare
ed evidenziare nel bando per l’esclusione dal ribasso di gara unicamente
i costi della sicurezza individuati nel PSC ossia quelli contrattuali, mentre
i restanti costi della sicurezza – ossia quelli relativi alla tutela fisica
dei lavoratori nell’esecuzione delle singole lavorazioni e quelli relativi
all’organizzazione dell’impresa, connessi alla mera osservanza
delle norme in materia di sicurezza – che non sono compresi nell’elenco
di cui all’art. 7 comma 1 del D.P.R. 222, dovrebbero anch’essi
essere esclusi dal ribasso.

Tuttavia secondo questa tesi non compete alla S.A. stimarne analiticamente
l’importo, ma solo “evidenziarli nei bandi di gara”. Spetterebbe
invece alle singole imprese concorrenti effettuarne la stima analitica estrapolandoli
dal costo delle singole lavorazioni (con l’utilizzo dei prezziari specialistici
per la sicurezza già predisposti dalle Regioni) ed escluderli dal ribasso
in sede d’offerta.

Le stazioni appaltanti dovranno verificare la congruità delle offerte
delle imprese con riguardo ai costi di sicurezza evidenziati da queste, per
accertare che sia stata correttamente valutata la quota relativa alla sicurezza
e che non sia assoggettata al ribasso.

In riferimento a questi ultimi assunti, il rimedio proposto da ITACA non trova
piena copertura normativa e potrebbe tra l’altro comportare un aggravio
del procedimento di gara.

Quanto alla verifica della congruità, l’art 87 del Codice 163/06
espressamente prevede (comma 2 lett. e) che le giustificazioni possono riguardare,
tra l’altro, il rispetto delle norme in tema di sicurezza e condizioni
di lavoro.

Questa Autorità ritiene dunque che la verifica sulla circostanza che
il ribasso offerto lasci inalterata la sicurezza ex lege potrà essere
effettuata dalla stazione appaltante nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario,
ovvero nei confronti della successiva offerta, nel caso in cui l’offerente
primo classificato non riuscisse a dimostrare la congruità del suo ribasso,
e così via.

Tale metodo è inoltre applicabile anche nei casi in cui il committente
optasse per l’esclusione automatica delle offerte, ai sensi dell’art.
122 comma 9 del Codice n. 163: infatti, anche per gli appalti sotto soglia,
ogni stazione appaltante (cfr. art. 86, comma 3 e art. 87, comma 1) esercita
la discrezionalità di valutare la congruità dell’offerta,
compresa quella che presenti il ribasso che per difetto più si avvicina
alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’art. 86 di detto Codice.

Inoltre, secondo il principio di effettività, sul coordinatore della
sicurezza per la fase dell’esecuzione (CSE) grava l’obbligo di
verificare, da un lato, la costante corrispondenza dei contenuti del PSC alla
specificità del cantiere e dall’altro, il rispetto da parte dell’esecutore
di tutti gli altri obblighi generali della sicurezza (ex lege) che, in quanto
a carico dell’esecutore stesso, non fanno parte del PSC.

Quanto poi alla estrapolazione dal costo delle singole lavorazioni, nel vigente
ordinamento vanno esclusi dal ribasso i costi per la sicurezza riferiti alle
esigenze dello specifico cantiere ex art. 7 del D.P.R. 222/2003, con la conseguenza
che non vi sarebbe per le SS.AA. l’obbligo di individuare una componente
di costo riferibile alla sicurezza nel prezzo unitario di ciascuna lavorazione
e di escluderla dal ribasso. (Sotto questo profilo, è significativo
il raffronto tra l’art. 34 del Regolamento e la nuova disciplina dell’allegato
XXI del Codice – valida, però, per i soli lavori relativi a infrastrutture
strategiche e insediamenti produttivi ex legge n. 443/2001 – che, all’art.
15, non menziona tra le componenti del prezzo unitario delle lavorazioni la
quota riferita alla sicurezza).

E’ evidente, altresì, che l’individuazione e la stima dei
costi della sicurezza è adempimento che attiene alla competenza esclusiva
della S.A., nel quadro della predeterminazione del corrispettivo della prestazione
che è propria del contratto d’appalto.

L’impresa quindi non può provvedere o comunque partecipare alla
definizione della parte del prezzo da escludere dal ribasso d’asta (ad
esempio, con l’individuazione dei costi derivanti dal POS o dal PSS).
Tanto è vero che il DPR 222 tra i contenuti minimi rispettivamente del
PSS e del POS esclude espressamente, o quantomeno non prevede, la stima dei
relativi costi (cfr. art. 7 co. 2, art. 5 co. 1 e art. 6 co. 1 del DPR 222/03).

Ciò non esclude, peraltro, che l’impresa possa influenzare la
determinazione del costo della sicurezza, attraverso le modifiche che la stessa
eventualmente propone al piano di sicurezza ai sensi dell’art. 131 comma
2 (prima della stipula del contratto, ossia in sede di POS) e comma 4 (prima
dell’inizio dei lavori ovvero in corso d’opera) a condizione che
tali modifiche siano approvate dalla stazione appaltante.

In sintesi, può dunque verificarsi – dopo che la S.A., attraverso
il coordinatore per la progettazione, abbia provveduto a calcolare i costi
della sicurezza in sede di PSC – che:

– la sola impresa aggiudicataria presenti in sede di POS proposte di adeguamento
del PSC in rapporto alla propria tecnologia ed organizzazione di cantiere – e
conseguentemente anche dei relativi costi di sicurezza, già calcolati
dalla S.A. – purché tali modifiche siano destinate a migliorare
la sicurezza dei lavoratori.

L’Amministrazione, nel valutare le proposte dell’impresa aggiudicataria,
può modificare la stima dei costi della sicurezza effettuata in sede
di PSC, ma con parziali e limitate variazioni, eventualmente anche in detrazione.

Il costo degli apprestamenti

In rapporto alla seconda questione di cui in premessa, si pone poi la problematica
relativa al costo delle opere provvisionali e degli apprestamenti.

Nel D.P.R. 222/2003 il riferimento agli apprestamenti è contenuto nelle
seguenti norme:

– l’art. 1 comma 1 lett. c) laddove sono definiti apprestamenti “le
opere provvisionali necessarie ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori
in cantiere”;

– l’art. 7 comma 1 che, nell’elencare i costi afferenti alla sicurezza
per i cantieri ove è prevista la redazione del PSC, alla lett. a) stabilisce
che “…nei costi della sicurezza vanno stimati …. i costi
degli apprestamenti previsti nel PSC…”;

– l’allegato 1, ove è contenuto l’elenco, definito “indicativo
e non esauriente”, degli elementi essenziali utili alla definizione dei
contenuti del PSC, e in particolare il 1° capoverso che indica le voci
comprese nella categoria degli apprestamenti.

Confrontando dette disposizioni con l’art. 5 del D.M. 145/2000 sopra
ricordato, si coglie il contenuto innovativo del Regolamento 222.

Stando alla portata letterale della legge, infatti, alcune voci di costo che
in base al D.M. n. 145 afferivano alle spese generali di cantiere a carico
dell’impresa, rientrando ora tra gli “apprestamenti” in forza
dell’elencazione contenuta nell’allegato I, 1° cpv del D.P.R.
222, sono integralmente riconducibili al costo della sicurezza e devono essere
escluse dal ribasso.

Ci si riferisce in particolare ai mezzi e servizi di protezione collettiva
connessi agli obblighi della legge 626/94, alle recinzioni di cantiere, nonché alle
opere provvisionali propriamente dette (ponteggi, trabattelli, etc.) e i baraccamenti
di cantiere (bagni, spogliatoi, refettori etc.).

Si veda al riguardo l’elenco contenuto all’art. 7 comma 1, e in
particolare la lett. a) laddove è stabilito che “…nei costi
della sicurezza vanno stimati …. i costi degli apprestamenti previsti
nel PSC…”.

Oggi infatti la normativa, con il citato allegato 1 al DPR 222, definisce
apprestamenti, con elencazione esemplificativa, “i ponteggi, i trabattelli,
gli impalcati, le passerelle, le andatoie”, oltre che “i bagni,
i refettori, gli spogliatoi …” etc., tutti elementi che, benché destinati
funzionalmente a servizio delle attività di costruzione o di altre attività connesse,
devono garantire prioritariamente, attraverso le loro caratteristiche intrinseche
nonché in forza delle condizioni di uso e di manutenzione, il rispetto
dei requisiti di sicurezza e di igiene.

Sotto questo profilo, quindi, la formulazione dell’art. 7 differisce
dalla disposizione dell’art. 5 lett. c) del D.M. 145/2000, in base alla
quale, come sopra ricordato, le spese per le opere provvisionali erano comprese
nel prezzo delle lavorazioni, a carico dell’esecutore e assoggettate
a ribasso. In altri termini, quindi, erano ascritte alle cd. “spese generali”.

Altrettanto dicasi delle voci di cui alle lettere a) ed i) dell’art.
5.

Si rileva, inoltre, che anche il documento della Conferenza delle Regioni
concorda con la tesi di ricondurre i costi degli apprestamenti, e in particolare
delle opere provvisionali, tra i costi della sicurezza, alla luce dell’art.
7 comma 1 del DPR 222/2003; pur sottolineando, al riguardo, il discrimine costituito
dall’inserimento nel PSC, per cui potrebbero afferire integralmente alla
sicurezza solo gli apprestamenti previsti dal progettista della sicurezza in
base alla sua discrezionalità tecnica.

Premesso quanto sopra, la traslazione tra gli oneri di sicurezza di alcune
voci prima considerate “spese generali” potrebbe però determinare
alcuni dubbi applicativi, nonché problemi di coerenza con la normativa
esistente.

Per un primo aspetto, posto che la componente relativa alle spese generali
inclusa nei prezzi unitari è sempre calcolata in base ad una percentuale
compresa tra il 13 e il 15% (cfr. art. 34 del D.P.R. 554/99), oggi il trasferimento
delle opere provvisionali e dei baraccamenti dall’ambito delle S.G. a
quello della sicurezza può comportare l’esigenza di rideterminare
l’incidenza delle spese generali su valori percentuali inferiori a quelli
fissati dalla norma, onde evitare di pagare due volte le stesse spese.

In secondo luogo, si pone il problema di imputare il costo delle attrezzature
che svolgono una funzione sostitutiva delle opere provvisionali (ponti mobili,
cestelli), ma che in base alla legge sono da considerare spese generali.

Al riguardo si ritiene che, ove l’impresa, in variazione alle previsioni
del PSC e dietro espressa autorizzazione della S.A., adotti un macchinario
in luogo di un ponteggio, la conseguente variazione di costo dovrà essere
considerata alla stregua di quanto indicato nella parte finale del precedente
paragrafo.

Inoltre, è stata prospettata la questione relativa alla esatta portata
della disposizione di cui alla lett. c) del richiamato art. 1 del D.P.R. 222/2003,
che classifica come apprestamenti “le opere provvisionali necessarie
ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.”

In particolare, si tratta di chiarire se l’elemento teleologico racchiuso
nell’alinea “….ai fini della tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori” valga in qualche modo a restringere il campo
delle opere provvisionali imputabili alla sicurezza.

In altri termini, si tratta di verificare se le opere provvisionali, tra cui
i ponteggi, debbano integralmente afferire alla sicurezza ed i relativi costi
essere sottratti dal ribasso, ovvero se continua ad operare la prassi precedente
di assoggettare a ribasso quanto meno il costo delle opere provvisionali strettamente
strumentali all’esecuzione delle varie lavorazioni.

Difatti, attraverso una esegesi della disposizione ora indicata, tra gli apprestamenti
rientrerebbero solo le opere provvisionali necessarie “ai fini della
tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori” in cantiere, cosicché,
non subendo modificazione – ad esempio – la distinzione tra ponteggi “di
servizio” e ponteggi “di sicurezza”, solo questi ultimi sarebbero
computati tra gli oneri di sicurezza.

Tale interpretazione, per quanto non irragionevole sul piano astratto, sarebbe
però di non agevole applicazione, per la difficoltà di definire
un discrimine netto tra quanto (un apprestamento o parte di esso) è destinato
in prevalenza a garantire la sicurezza dei lavoratori e quanto afferisce invece
ad altre funzioni.

Il legislatore ha dunque privilegiato una scelta definitiva attraverso una
inequivoca, seppur solo esemplificativa, elencazione delle tipologie di apprestamenti
i cui costi vanno esclusi dal ribasso.

Questo nuovo orientamento del legislatore, distaccandosi da quello risalente
al Dm 145/2000, sembra peraltro coerente con la generale evoluzione del quadro
normativo verso un consolidamento e rafforzamento della sicurezza nei luoghi
di lavoro ed in particolare nei cantieri.

La sicurezza e le varianti

Il DPR 222, all’art. 7 nel comma 5, dispone espressamente che anche
nel caso di varianti in corso d’opera è necessario stimare i costi
della sicurezza, adottando i medesimi criteri che si applicano nella fase di
progettazione dei lavori od opere.

Pertanto nel caso di varianti le relative perizie, ai sensi dell’art.
134, comma 9 del DPR 554/99, dovranno essere corredate anche del PSC ed a questi
fini il RUP dovrà farsi carico del rispetto di tali adempimenti ed in
particolare di quello relativo all’individuazione del costo della sicurezza
compreso nell’importo di perizia, costo da non assoggettare a ribasso.

In taluni casi, invece, la variazione progettuale in corso d’opera è generata
proprio dalla necessità di migliorare il PSC rispetto alla primitiva
stesura facente parte del progetto appaltato, sia che esso contenga una vera
e propria carenza di previsione – in caso di previsione parziale delle misure
di sicurezza o sottostima dei relativi costi – sia che esso necessiti di meri
assestamenti o correttivi di dettaglio; ciò si ricava dall’art.
131 comma 4 del Codice dei contratti n. 163/2006.

Altre problematiche in tema di sicurezza – Implementazione del
Casellario informatico

Sono state inoltre esaminate altre questioni riguardanti le azioni di contrasto
da parte dei soggetti istituzionali nei confronti del grave fenomeno degli
infortuni sul lavoro.

In generale è stato osservato che una efficace politica di prevenzione
degli incidenti e di tutela dell’integrità dei lavoratori si scontra
con la resistenza da parte di alcuni operatori del settore alla “effettiva” applicazione
delle norme di legge e delle regole di sicurezza contenute nei piani.

Sotto questo profilo, in una logica di contrasto di comportamenti irregolari,
l’Autorità ritiene necessario che le SS.AA. attendano alla selezione
dei contraenti anche in base a criteri di provata affidabilità nella
prevenzione degli incidenti e di capacità ad eseguire i lavori in sicurezza.

In questo senso, i poteri delle SS.AA. sono delimitati dall’art. 75
comma 1 lett. e) del D.P.R. 554/99 (oggi art. 38, comma 1, lett. e del Codice
degli appalti n. 163/2006), in base al quale tra le cause d’esclusione
dalle gare d’appalto per l’esecuzione dei lavori pubblici è compreso
l’“aver commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme
in materia di sicurezza e ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro,
risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio”.

Tale circostanza, come è noto, configura un requisito di ordine generale
e di affidabilità per poter contrattare con la P.A., ed è soggetto
a una verifica di tipo dinamico da parte delle SS.AA. in occasione di ogni
singola gara (si veda anche l’art. 3 del d.lgs. 494/96 e s.m., che affida
al committente l’onere di verificare “l’idoneità tecnico-professionale
delle imprese esecutrici”)

In coerenza con le citate disposizioni, il Regolamento sulla qualificazione
n. 34/2000, all’art. 27, comma 2 prevede che nel Casellario informatico
presso l’Osservatorio siano annotati tra l’altro: “p) eventuali
episodi di grave negligenza nell’esecuzione di lavori ovvero gravi inadempienze
contrattuali, anche in riferimento all’osservanza delle norme in materia di
sicurezza e degli obblighi derivanti da rapporto di lavoro, comunicate dalle
stazioni appaltanti” .

In ordine ai presupposti per l’iscrizione nel Casellario di detta annotazione,
l’Autorità con successive determinazioni n. 16-23/2001, n. 10/03,
n. 13/2003 e n. 1/05, ha complessivamente affermato che:

· l’accertamento della esistenza e della gravità della
violazione compete alla Stazione appaltante;

· detto accertamento è di natura discrezionale e comporta l’obbligo
di motivazione;

· la S.A. può desumere la “gravità” della
violazione dalla specifica tipologia dell’infrazione commessa, sulla
base del tipo di sanzione penale (arresto o ammenda) irrogata, dell’eventuale
reiterazione della condotta, del grado di colpevolezza e delle eventuali altre
conseguenze dannose che ne sono derivate (es. infortunio sul lavoro).

· per gravi infrazioni alle norme in materia di sicurezza e ad ogni
altro obbligo derivante dal rapporto di lavoro debbono intendersi non soltanto
le omissioni inerenti il mancato pagamento dei relativi contributi, ma anche
le infrazioni alle prescrizioni di cui al d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626,
al d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 e al d.lgs. 19 novembre 1999, n. 528 sulla
sicurezza nei cantieri.

In rapporto agli obbiettivi sopra indicati emerge l’esigenza di incrementare
la pubblicità – tramite l’Osservatorio – delle notizie circa
la affidabilità delle imprese sotto il profilo della sicurezza e di
implementare il Casellario informatico con le annotazioni riguardanti le infrazioni
delle norme sulla sicurezza e delle disposizioni contenute nei piani.

Nell’attuale corpus normativo “la grave negligenza” e “la
grave inadempienza contrattuale” in tema di sicurezza di cui all’art.
27 comma 1 lett. p) del Regolamento 34/2000 trova risonanza in alcune altre
disposizioni legislative e regolamentari.

In primo luogo, l’art. 31 comma 3 della legge 109/94, modificata dalla
legge 415/98, oggi riprodotto nell’art. 131 del codice degli appalti,
ove è sancito che“le gravi o ripetute violazioni dei piani di
sicurezza da parte dell’appaltatore o del concessionario, previa formale costituzione
in mora dell’interessato, costituiscono causa di risoluzione del contratto”.

Al contempo, l’art. 127 comma 2 del DPR 554/99 – e analogamente
l’art. 5 del D.lgs. 494/96 e s.m.i. – che consente al coordinatore
per l’esecuzione, al ricorrere di gravi inosservanze delle norme in materia
di sicurezza nei cantieri, di assumere diversi provvedimenti, graduati in rapporto
alla valutazione del caso concreto ed in particolare:

“d) proporre alla stazione appaltante la sospensione dei lavori, l’allontanamento
delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o la risoluzione del contratto;

e) sospendere in caso di pericolo grave ed imminente le singole lavorazioni
fino alla comunicazione scritta degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle
imprese interessate”.

Se ne deduce che sia la fattispecie di cui all’art. 131 del Codice 163
che quelle di cui all’art 127 del regolamento 554/99 possono integrare
gli estremi per l’iscrizione nel casellario informatico delle imprese
ex art. 27 del D.P.R. 34/2000.

Tuttavia, allo stato attuale, sono oggetto di comunicazione al Casellario
da parte delle Stazioni appaltanti solo le infrazioni che hanno già determinato
la risoluzione del rapporto contrattuale ex art. 31 comma 3 della legge 109/94.

Nella prassi si è quindi determinata una applicazione riduttiva della
norma, rispetto alla più ampia formulazione dello stesso art. 27 o del
citato art. 75 del D.P.R. 554/99, atteso che la gravità dell’infrazione è spesso
da collegare alla recidività della stessa.

Alla luce delle precedenti considerazioni, l’Autorità ritiene
che:

· il DPR 222 del 3 luglio 2003 disciplina i contenuti minimi dei piani
di sicurezza e rappresenta il livello minimo inderogabile di regolamentazione,
applicabile a qualunque tipologia lavorativa, dall’opera pubblica complessa
al modesto intervento di manutenzione, naturalmente sempre nel rispetto dei
criteri della ragionevolezza, della proporzionalità ed adeguatezza;

· il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione nel redigere
il PSC esercita un’attività amministrativa di discrezionalità tecnica;

· sono oggetto di stima nel PSC solo i costi della sicurezza espressamente
elencati nell’art. 7 comma 1 del D.P.R. 222/2003 e riferibili alle specifiche
esigenze del singolo cantiere (costi della sicurezza “contrattuali” nel
senso sopra indicato);

· la stima deve essere congrua, analitica per voci singole, a corpo
o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata
su prezziari o listini ufficiali vigenti nell’area interessata, o sull’elenco
prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco
prezzi non sia applicabile o non disponibile, si farà riferimento ad
analisi costi complete e desunte da indagini di mercato;

· i costi della sicurezza inseriti nel PSC sono evidenziati nei bandi
di gara e non sono soggetti a ribasso d’asta; inoltre su tali costi non
sono ammesse le giustificazioni a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art.
87, comma 4 del Codice dei contratti pubblici approvato con d.lgs. n. 163 del
12.4.2006;

· in sede di valutazione della congruità delle offerte, la stazione
appaltante deve procedere, ai sensi dell’art. 86 comma 3 e dall’art.
87, comma 2, lett. e) del Codice n. 163/2006, alla verifica del rispetto delle
norme vigenti in tema di sicurezza e condizioni di lavoro;

· gli apprestamenti di cui all’art 7 comma 1, elencati nell’all.
1 del DPR 222/2003, sono ricompresi negli oneri della sicurezza ed i relativi
costi non sono soggetti a ribasso d’asta;

· il coordinatore della sicurezza per la fase dell’esecuzione
(CSE) ha l’obbligo di verificare, da un lato, la costante corrispondenza
dei contenuti del PSC alla specificità del cantiere e dall’altro,
il rispetto da parte dell’esecutore di tutti gli altri obblighi generali
della sicurezza (ex lege) che, in quanto a carico dell’esecutore stesso,
non fanno parte del PSC; il RUP vigila, verificando che tali adempimenti a
carico del CSE siano effettivamente assolti, compresi tutti quelli indicati
nell’art. 127 del DPR 554/99;

· nel caso di varianti in corso d’opera, le relative perizie,
ai sensi dell’art. 134, comma 9 del DPR 554/99 dovranno essere corredate
anche del PSC e a questi fini il RUP dovrà farsi carico del rispetto
di tali adempimenti ed in particolare di quello relativo all’individuazione
del costo della sicurezza compreso nell’importo di perizia, costo da
non assoggettare a ribasso;

· le stazioni appaltanti devono acquisire le segnalazioni, i verbali
e gli ordini di servizio emessi dal CSE, al fine di valutare, ai sensi dell’art.
127 del DPR 554/99 (e dell’art. 5 del d.lgs. 494/96 e s.m.), se ricorrano
le condizioni per la sospensione dei lavori o per l’allontanamento delle
imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o per la risoluzione dell’appalto;

· le reiterate infrazioni agli obblighi della sicurezza costituiscono
un valido presupposto per avviare la risoluzione del contratto, secondo la
procedura dell’art. 119 del medesimo DPR 554/99 (oggi, art. 136 del d.lgs.
n. 163/2006);

· le stazioni appaltanti devono inviare all’Osservatorio, per
l’annotazione nel Casellario informatico, copia di tutte le segnalazioni
riguardanti le infrazioni in fatto di sicurezza prodotte dal coordinatore (CSE),
che siano seguite da risoluzione del contratto o anche dalla sola sospensione
dei lavori;

· tutte le precedenti determinazioni emanate da questa Autorità nella
materia della sicurezza, si intendono superate, per la parte relativa ai criteri
di computo dei costi della sicurezza.

Redazione

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