Secondo l’ECTA (associazione europea degli operatori alternativi nelle telecomunicazioni) la diffusione della banda larga in Italia sta rallentando bruscamente. Tra i paesi aderenti all’EU15 l’Italia precede nella classifica relativa alla penetrazione della banda larga solo Portogallo, Grecia e Spagna con una percentuale del solo 12,7% contro una media tra i venticinque paesi dell’Unione Europea del 14,1%.
La principale ragione di questo rallentamento deve addebitarsi all’insufficiente regolamentazione che ha consentito a Telecom Italia di detenere una quota pari al 72% del mercato della banda larga. Si tratta della più alta percentuale detenuta da una società di telecomunicazioni operante nell’ambito dei paesi aderenti all’EU15.
Servizi innovativi e competitivi sono stati introdotti in Italia solo dagli operatori alternativi come Tiscali, Fastweb e Wind ed hanno ottenuto un largo successo di mercato; il che conferma l’esistenza di una forte domanda nel settore. Tuttavia l’ulteriore sviluppo di un ampio spettro di servizi per gli utenti è ostacolato dall’insufficiente grado di concorrenza attualmente esistente.
Steen Clausen, managing director dell’ECTA afferma: “Non vi è dubbio che il ritardo nella diffusione della banda larga debba essere addebitato al persistere di barriere alla concorrenza create dall’incumbent. Dato che il consumatore non ha alcuna alternativa, nessuna pressione viene esercitata su Telecom Italia affinché essa aumenti la diffusione della banda larga o investa in innovazione. L’unico modo per migliorare questa situazione è quello di creare un ambiente competitivo”.
Secondo l’ECTA la via migliore per assicurare la competizione è quello di creare un assetto di regole che consenta agli operatori alternativi di accedere al mercato su un piano paritario rispetto all’incumbent. Per di più senza una regolamentazione efficace gli abusi di posizione dominante sul mercato della banda larga rischiano di estendersi ai servizi IP in downstream, ricorrendo ad una strategia volta a negare l’interconnessione e l’interoperabilità, in tal modo restringendo ulteriormente la concorrenza.
Inoltre secondo Clausen l’AGCOM dovrebbe adoperarsi affinché l’umbundling del local loop e l’accesso wholesale a banda larga siano più efficaci. Ciò appare ancora più importante tenuto conto che il mercato in Italia si muove verso l’IPTV. In assenza di un intervento dell’AGCOM volto a prevenire l’adozione da parte di Telecom Italia di una strategia walled garden nel mercato dell’IPTV e a promuovere l’adozione di uno standard aperto per l’IPTV, vi è il pericolo che Telecom Italia adotti la stessa condotta monopolistica già sperimentata nel mercato dell’accesso a banda larga.