Il TAR del Lazio, con sentenza depositata il 2 novembre scorsa, ha annullato
la gara per l’acquisizione di Volare, accogliendo il ricorso presentato dalla
Air One
contro il
Ministero delle Attivita’ Produttive (ora dello Sviluppo Economico) e
nei confronti del Commissario Straordinario delle Società del Gruppo
Volare in Amministrazione Straordinaria, della stessa Alitalia e di Volare
S.p.A.
La sentenza dispone il parziale accoglimento del ricorso di Air One
e la parziale inammissibilità per difetto di giurisdizione dello stesso
nella restante parte in cui non ha accolto, per tale motivo, la declaratoria
di nullità e/o inefficacia del contratto di compravendita del complesso
aziendale Volare, stipulato il 13 aprile 2006 tra il Commissario Straordinario
pro tempore e la Volare S.p.A., costituita da Alitalia.
Di seguito, il testo della sentenza.
. . . . . . . .
TAR Lazio – sezione III ter
Sentenza 2 novembre 2006 n. 11613
(presidente Corsaro, estensore Dell’Utri)
(…)
Fatto
Con ricorso notificato il 27, 28 aprile e 2 maggio 2006 la Air One S.p.A.,
compagnia aerea italiana, partecipante alla procedura indetta dal Commissario
straordinario
delle società Volare Group S.p.A., Volare Airlines S.p.A. ed Air Europe
S.p.A. in amministrazione straordinaria, dott. Carlo Rinaldini, per la cessione
del relativo complesso aziendale, premesse notazioni in fatto circa la contestazione
da parte sua della partecipazione alla stessa procedura di Alitalia Linee Aeree
Italiane S.p.A. e circa il procedimento posto in essere, ha impugnato gli atti
in epigrafe, concernenti l’aggiudicazione e la vendita del complesso aziendale
di cui trattasi in favore di quest’ultima, ed ha chiesto nel contempo la
declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto stipulato il 13
aprile 2006, deducendo:
1.- Violazione e falsa applicazione dei punti 5.3.1., n. (vi) e 6.4 del bando.
Violazione dell’autolimite della pubblica amministrazione. Eccesso di potere
per difetto di istruttoria, sviamento, ingiustizia manifesta e disparità di
trattamento.
Poiché dal verbale del 28 dicembre 2005 risulta che Alitalia ha prodotto
una dichiarazione sostitutiva del Presidente della Società in luogo dell’estratto
del libro dei soci contenente l’elenco dei primi dieci soci, espressamente
richiesto dal bando che commina l’esclusione per la mancanza o, comunque,
la non conformità alle modalità e formalità previste dallo
stesso bando di anche uno solo dei documenti prescritti, la medesima avrebbe
dovuto essere immediatamente esclusa.
2.- Violazione e falsa applicazione del punto 6.1, n. 5) del bando di gara.
La valutazione delle offerte tecniche ed economiche, difformemente dalle prescrizioni
del bando che stabiliva come ciò dovesse avvenire alla presenza del notaio
con redazione di verbale, è stata effettuata dal Commissario straordinario
senza la presenza del notaio, che si è limitato a ricevere la dichiarazione
del medesimo di aver valutato le offerte ed assegnato i punteggi, così privandosi
di certezza pubblica privilegiata tale delicatissima operazione, comprensiva
della predisposizione dei relativi criteri e rispettivi pesi.
3.- Violazione di ogni norma e principio in materia di predeterminazione dei
criteri di valutazione delle offerte. Eccesso di potere per sviamento, ingiustizia
manifesta, irragionevolezza.
a.- E’ mancata un’effettiva predeterminazione dei criteri di valutazione
delle offerte, posto che il Commissario si è limitato a riprodurre i quattro
generici “criteri” (in realtà “elementi”) del
bando, senza alcuna specificazione, e a prevedere il relativo peso in percentuale.
Sicché il giudizio ne è risultato arbitrario ed assolutamente svincolato
da regole predeterminate ed uniformi, tanto che – ad esempio – alla ricorrente
ed ad Alitalia è stato attribuito lo stesso punteggio per i livelli occupazionali
benché la prima avesse offerto di mantenere i 707 dipendenti per un anno
in più.
b.- I c.d. “criteri” e, segnatamente, i “pesi” sono stati
elaborati successivamente all’apertura delle buste contenenti sia le
offerte economiche che quelle tecniche.
4.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, l. n. 241 del 1990 nonché del
punto 6.2 del bando di gara. Violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990:
difetto e/o contraddittorietà di motivazione. Eccesso di potere per violazione
dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza, per disparità di
trattamento ed ingiustizia manifesta.
Come da bando, il Commissario era tenuto a valutare le offerte tenendo conto
delle differenze in esse presenti in ordine al regime temporale del mantenimento
dei livelli occupazionali, mentre ha valutato con lo stesso punteggio di Air
One l’offerta Alitalia di mantenere gli occupati per il solo biennio minimo
da garantirsi, senza peraltro fornire alcuna motivazione al riguardo. Ove valutata
secondo un corretto criterio di proporzionalità, l’offerta della
ricorrente sarebbe risultata prima in graduatoria.
5.- Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca, difetto assoluto
di istruttoria, travisamento dei fatti.
Il decreto impugnato riferisce solo una parte della nota del Presidente della
CONSOB (sollecitata dallo stesso Ministero a fornire elementi in merito alla
notizia dell’operazione in questione ai soci di Alitalia), senza menzionare
l’omissione nel prospetto informativo di Alitalia di uno specifico riferimento
all’eventualità di proporre un’offerta di acquisizione del
Gruppo Volare e, soprattutto, senza dar conto del carattere interlocutorio della
stessa nota. Contraddittorietà si ravvisa laddove, a seguito di una precedente
nota, si era ritenuto inopportuno concludere l’iter di aggiudicazione e
non anche a seguito della seconda nota, altrettanto interlocutoria ed esprimente
il perdurante dubbio circa la correttezza informativa di Alitalia. Non vi è motivazione
sul punto.
6.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 5.1 del bando di gara. Violazione
e falsa applicazione degli artt. 1, 27, 37, 42 e 63, co. 2 e 3, D.Lgs. n. 270
del 1999, anche in combinato disposto con la previsione del bando di gara. Illogicità e
manifesto contrasto con le finalità ed i principi posti dalla legge
n. 270 del 1999 (art. 63).
Il contratto di acquisto del Gruppo Volare è stato stipulato da Volare
S.p.A. con socio unico Alitalia; ma, nonostante quanto prescritto dal bando,
Alitalia ha partecipato alla gara senza evidenziare nell’offerta la propria
volontà di procedere all’eventuale acquisizione tramite una società veicolo
di recente costituzione e, di conseguenza, senza identificare chiaramente il
soggetto diverso che avrebbe formalmente acquistato. In tal modo ha violato il
principio dell’immodificabilità della persona che partecipa ad una
procedura per la stipula di un contratto, ha violato la prescrizione di bando
ed il preciso impegno di acquistare direttamente, assunto con l’offerta
priva di indicazione della volontà di procedervi mediante una newco, nonché ha
di conseguenza radicalmente modificato il contenuto della propria offerta. Ciò altera
le condizioni di gara, vìola la par condicio e vanifica la verifica dei
requisiti di ammissione. Essendo stato individuato il soggetto legittimato all’acquisto
in una società che non aveva preso parte alla procedura, risulta inficiato
in radice il successivo contratto.
7.- Violazione delle stesse norme e principi di cui al precedente motivo. Violazione
dell’art. 1 del decreto 17 marzo 2006 del Ministero della attività produttive.
L’art. 1 dell’impugnato decreto autorizzava il Commissario straordinario
a stipulare il contratto esclusivamente con Alitalia ed alle condizioni di cui
all’offerta del 28 dicembre 2005; non indica perciò la possibilità di
acquisto da parte di soggetto diverso. Di qui un ulteriore profilo di nullità del
contratto.
8.- Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 27, 37, 42 e 63, co. 2 e
3, D.Lgs. n. 270 del 1999, anche in combinato disposto con le previsioni del
bando
di gara. Violazione falsa applicazione della disciplina in materia di Cassa
Integrazione Guadagni Straordinaria e di mobilità dei dipendenti. Eccesso di potere
per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto connessi all’affidabilità dell’aggiudicatario
sulla salvaguardia delle attività aziendali in liquidazione. Sotto altro
profilo, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà interna
al provvedimento ed esterna con i principi di buon andamento ed economicità dell’azione
amministrativa.
Alitalia, stante lo stato di profonda crisi in cui – nonostante gli aiuti di
Stato, peraltro sorvegliati dalle Autorità comunitarie – versa, tanto
che si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, è priva del
requisito dell’affidabilità dell’acquirente e del relativo
piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali anche in ordine alla
garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali, prescritto dal cit. art.
63, co. 1.e 2. Quindi il Ministero avrebbe dovuto negare la partecipazione alla
gara della stessa Alitalia o, quantomeno, sottoporre al proprio vaglio le misure
che la stessa avrebbe potuto o dovuto adottare per il riassorbimento del proprio
personale ed il risanamento delle proprie attività; né poteva ritenere
adeguata la sanzione di cui all’art. 1456 c.c. inserita nel bando, giacché l’eventuale
risoluzione non giova alla conservazione delle attività imprenditoriali
e dell’occupazione. Non considera il fatto che Alitalia dichiara di ricorrere
alla CIGS anche per i dipendenti del Gruppo Volare, senza spiegare come possa
assumerli senza riassorbire i propri dipendenti, come possa mantenere i benefici
della CIGS per i dipendenti propri e del Gruppo Volare, né come conservare
e sommare i relativi sgravi contributivi con l’assorbimento di ulteriori
risorse da reintrodurre in un altro trattamento CIGS.
La situazione di Alitalia non è stata tenuta presente neppure ai fini
dell’attribuzione del punteggio per affidabilità e per il livello
occupazionale garantito, per i quali identica valutazione è stata effettuata
nei riguardi di Air One. In tale contesto, la modificazione soggettiva realizzata
con la costituzione di Volare S.p.A. appare intesa ad eludere le predette gravissime
criticità.
9.- Violazione e falsa applicazione della disciplina comunitaria in materia
di aiuti di Stato e di compatibilità con il mercato. Violazione e falsa
applicazione della decisione della Commissione UE n. 270/2004.
Sotto altro profilo: Eccesso di potere per contraddittorietà con gli impegni
assunti in sede comunitaria, per carenza dei presupposti di fatto e di diritto
connessi ai requisiti per l’ammissione della società Alitalia
alla gara. Sotto altro profilo: Eccesso di potere per violazione del principio
della
par condicio.
Per quanto esposto il Ministero non avrebbe dovuto non solo emettere l’impugnato
decreto autorizzativo, ma neanche ammettere Alitalia presentare offerta giacché alla
data ultima (20 novembre 2005) non erano ancora operanti gli imponenti aiuti “di
salvataggio” (non “di ristrutturazione”) autorizzati dalla
Commissione europea, idonei essi stessi a pregiudicarne l’ammissione in
quanto suscettibili – seppur indirettamente – di essere impiegati per falsare
il gioco della concorrenza nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica
quale quella per cui è causa, quindi idonei alterare la par condicio tra
i partecipanti in contrasto con ogni regola e principio comunitario. D’altra
parte la Commissione europea aveva autorizzato gli aiuti di salvataggio prendendo
atto dell’impegno di Alitalia e del Governo italiano a non aumentare la
capacità dell’offerta e a non utizzare gli stessi aiuti per la copertura
di nuovi investimenti; e l’acquisizione del complesso aziendale è proprio
un nuovo investimento, comportando aumento di capacità; né l’acquisizione
in questione era prevista nel piano di risanamento che ha rappresentato il
presupposto essenziale degli aiuti, senza i quali anche Alitalia sarebbe stata
ammessa alla
procedura di amministrazione straordinaria.
Il Ministero non poteva superare quanto sopra prendendo atto del rimborso del “prestito
ponte”, sia perché proprio il Ministero ha autorizzato il Commissario
straordinario a differire dal 20 al 28 dicembre la scadenza per la presentazione
delle offerte proprio per consentire ad Alitalia di effettuare il rimborso –
avvenuto sempre grazie agli impegni dello stesso Ministero – in data 21
dicembre, sia perché alla data del 20 novembre prevista per la manifestazione
dell’interesse Alitalia versava in un grave stato di insolvenza sicché in
carenza degli aiuti non avrebbe potuto effettuare tale manifestazione.
10.- Eccesso di potere per carenza, in capo ad Alitalia, dei requisiti di ammissione
alla procedura di evidenza pubblica per la cessione del complesso aziendale
del Gruppo Volare in costanza di procedura idonea a denotare stato di insolvenza
della medesima Compagnia, per illogicità e manifesto contrasto con le
finalità ed i principi posti dalla legge n. 270 del 1999.
Alitalia non poteva essere ammessa, atteso il divieto di partecipazione stabilito
dal bando per le imprese sottoposte a qualsiasi procedura che denoti lo stato
di insolvenza, sia per la sua suddetta situazione economico finanziaria, sia
perché una siffatta procedura è quella di controllo di compatibilità degli
aiuti, nonché in quanto la sua partecipazione si pone in contrasto con
le stesse finalità della cessione, consistenti nella salvaguardia delle
attività aziendali in liquidazione ed il mantenimento dei livelli occupazionali
attraverso il recupero di un effettivo equilibrio economico.
11.- Eccesso di potere, contraddittorietà ed illogicità del provvedimento
ministeriale per omessa e/o erronea valutazione dei presupposti di fatto e di
diritto relativi alle condizioni ed ai limiti imposti dalla Commissione europea
in ordine al procedimento di privatizzazione di Alitalia, ai fini dell’esclusione
dell’operazione di ricapitalizzazione come aiuto di Stato.
L’impegno di privatizzazione di Alitalia è stato sostanzialmente
eluso sia per il comportamento statuale quale privato investitore che per la
limitatezza dell’intervento privato.
12.- Manifesta violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 22 e 25 della
legge n. 287/1990. Eccesso di potere per omessa e carente istruttoria. Violazione
e
falsa applicazione dell’art. 63 D.Lgs. n. 270/1999.
Il Ministero avrebbe dovuto inoltre verificare l’inesistenza di ulteriori
impedimenti alla stregua della normativa antitrust, peraltro espressamente segnalati
dall’attuale ricorrente (quali il sommarsi – per effetto della concentrazione
– degli slots posseduti dal Gruppo Volare e da Alitalia sull’aeroporto
di Linate, tale da impedire all’istante di operarvi, specie per i collegamenti
con l’aeroporto di Orly) ed interessare l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato, di cui avrebbe dovuto acquisire preventivamente
il parere.
Le parti intimate, con esclusione di Volare S.p.A., si sono costituite in giudizio;
Alitalia ed il Commissario straordinario, nella persona del dott. Carlo Rinaldini
presente anche in proprio, hanno svolto controdeduzioni; il secondo ha altresì eccepito
il difetto di giurisdizione.
In relazione al deposito da parte di quest’ultimo, tra l’altro, della
dichiarazione di offerta di Alitalia, contenente l’indicazione di acquisto
mediante società veicolo appositamente costituita, con atto notificato
il 22 ed il 26 maggio 2006 Air One ha proposto motivi aggiunti contestando la
mancata osservanza del punto 5.1 del bando, il quale imponeva all’offerente
di identificare chiaramente una società veicolo già costituita
al momento dell’offerta e non consentiva la presentazione di un’offerta
per persona da nominare.
Con ordinanza collegiale 11 maggio 2006 n. 2657 la Sezione ha respinto l’istanza
cautelare avanza dalla ricorrente. Con ordinanza 23 maggio 2006 n. 2464 la Sezione
VI del Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto avverso la prima
ed ha sospeso gli effetti degli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti
di rinnovazione della gara e quelli volti alla salvaguardia medio tempore degli
interessi pubblici e privati.
Con memoria del 3 ottobre 2006 il Ministero dello sviluppo economico (già delle
attività produttive) ha svolto anch’esso controdeduzioni.
Con memoria del 13 seguente Air One ha replicato all’eccezione formulata
dal Commissario straordinario dott. Rinaldini ed alle avversarie argomentazioni
difensive.
In data 17 ottobre 2006 si è costituito in giudizio anche in proprio il
dott. Fabio Franchini, subentrato quale Commissario straordinario, e con memoria
del successivo giorno 20, richiamate le eccezioni svolte, ha confutato tutte
le proposte censure, soffermandosi in specie sulle due che hanno formato oggetto
di censura da parte del Consiglio di Stato in sede cautelare, ed ha inoltre sostenuto
che l’eventuale annullamento dell’atto conclusivo del procedimento
amministrativo non può spiegare effetti sul contratto, già stipulato
anteriormente alla proposizione del ricorso.
Infine, in pari data ha prodotto memoria anche Alitalia, con cui ha ribadito
ed ulteriormente illustrato le proprie difese, rimarcando altresì l’inammissibilità della
richiesta pronuncia di nullità e/o inefficacia del contratto stipulato
il 13 aprile 2006.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata posta in decisione,
previa ampia trattazione orale.
Diritto
1.- Com’è esposto nella narrativa che precede, col ricorso in esame
la compagnia aerea Air One S.p.A., partecipante alla “procedura di vendita
del complesso aziendale del Gruppo Volare” (Volare Group S.p.A., Volare
Airlines S.p.A. e Air Europe S.p.A.) in amministrazione straordinaria indetta
con bando pubblicato il 25 ottobre 2005 e classificatasi al secondo posto della
relativa graduatoria, impugna il decreto ministeriale 17 marzo 2006, col quale
il Commissario straordinario del Gruppo è stato autorizzato ad aggiudicare
la gara ad Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. ed a stipulare con la medesima
il contratto di compravendita del Gruppo stesso, nonché gli atti della
medesima procedura tra i quali, in particolare, i due verbali in date 28 e 29
dicembre 2005, di “apertura dei plichi contenenti le offerte di acquisto” e “selezione
della migliore offerta” da parte del Commissario straordinario. Chiede,
altresì, che sia dichiarato nullo e/o inefficace il detto contratto, stipulato
il 13 aprile 2006 tra il Commissario straordinario e Volare S.p.A., “società veicolo” appositamente
costituita da Alitalia.
2.- In via preliminare, va esaminata l’eccezione formulata dalla difesa
del Commissario straordinario Carlo Rinaldini, richiamata dalla difesa del Commissario
straordinario dott. Fabio Franchini, subentrato al primo, con la quale si adduce,
oltre all’inconferenza del richiamo di parte ricorrente all’art.
23 bis l. n. 1034/71, “l’assoluto difetto di giurisdizione in capo
al Giudice Amministrativo nelle controversie aventi ad oggetto l’attività di
gestione straordinaria e in generale di liquidazione dei complessi aziendali
in crisi, per ciò che attiene ai comportamenti posti in essere da Commissario
straordinario”. Si sostiene che, nonostante la presenza di profili procedimentali
e provvedimentali di tipo amministrativo, attinenti in particolare alla vigilanza
del Ministero delle attività produttive, non per questo la materia che
attiene al salvataggio realizzata dal Commissario straordinario è attratta
dalla giurisdizione amministrativa, tant’è che l’art. 40 del
D.Lgs. n. 270 del 1999 non gli conferisce alcun tipo di funzione amministrativa,
ma solo i poteri (privatistici) di gestione del complesso aziendale, e tenuto
conto che l’art. 1 della legge 23 agosto 1988 n. 391 (che riservava ai
TAR la competenza, oltre che sui ricorsi contro atti e provvedimenti di autorizzazione
alla vendita dei beni di proprietà delle imprese sottoposte ad amministrazione
straordinaria, quelli “contro atti o provvedimenti adottati nel corso della
suddetta procedura di vendita”) è stato espressamente abrogato dall’art.
109 del D.Lgs. n. 270/99 il quale, d’altra parte, all’art. 65 ribadisce
che la sede naturale delle censure avverso l’attività del Commissario
straordinario è quella del giudice ordinario, vertendosi in tal caso
in materia di diritti soggettivi.
Al riguardo, il Collegio osserva che, se va condivisa la tesi del resistente
secondo cui la fattispecie in esame non rientra in alcuna delle ipotesi previste
dall’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (aggiunto dall’art.
4 della legge 21 luglio 2000 n. 205), non trattandosi, in particolare, di procedura
di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica
utilità (lett. b) né di servizi pubblici o forniture (lett. c),
e neppure, all’evidenza, di provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione
o di dismissione di imprese o beni pubblici (lett. e), l’eccezione di cui
innanzi non può invece che essere disattesa.
Invero, come oppone controparte il cit. art. 65 del D.Lgs. 8 luglio 1999 n.
270, nello stabilire che “Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti
soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione
straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario
straordinario e degli altri eventuali interessati”, non fa altro che ribadire
il tradizionale criterio di riparto fondato sulla natura e consistenza della
posizione giuridica fatta valere in giudizio, sicché, pur dopo l’abrogazione
dell’art. 1, co. 1, della legge 23 agosto 1988 n. 361, che in materia configurava
la giurisdizione amministrativa esclusiva, appartiene alla cognizione del giudice
amministrativo l’impugnazione da parte di un offerente alla procedura di
vendita della serie procedimentale culminata con l’autorizzazione ministeriale
alla vendita dei beni dell’impresa insolvente, dal momento che le posizioni
soggettive ivi coinvolte non possono che essere qualificate di interesse legittimo
(cfr., in tal senso, TAR Liguria, Sez. II, 25 maggio 2005 n. 715).
In altri termini, il detto art. art. 65, lungi dal configurare a sua volta
un’ipotesi
di giurisdizione ordinaria esclusiva, attribuisce al giudice ordinario le sole
controversie riguardanti atti e provvedimenti relativi alla liquidazione dei
beni dell’impresa in amministrazione straordinaria “lesivi di diritti
soggettivi”, mentre per il resto opera il generale criterio di riparto
della giurisdizione, in base al quale spetta al giudice amministrativo ogni controversia
relativa alla legittimità degli atti lesivi di posizioni di interesse
legittimo.
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, equiparata
per legge alla liquidazione coatta, dà luogo, infatti, ad un procedimento
amministrativo essenzialmente finalizzato al mantenimento dell’occupazione,
nell’ambito del quale anche la cessione dei singoli cespiti, pur mediante
strumenti di carattere privatistico, è volta a realizzare, oltre all’interesse
dei creditori, le finalità pubbliche della salvaguardia dei livelli occupazionali
e del risanamento economico dell’impresa.
Sulla base di tali premesse, è stato
affermato in giurisprudenza che tale procedura è “presidiata da
esigenze di politica industriale di carattere generale, la cui valutazione è rimessa
all’autorità di vigilanza (Ministero delle attività produttive),
con conseguente degradazione dei diritti soggettivi dei privati coinvolti nel
procedimento al ruolo d’interesse legittimo, implicante la sola pretesa
alla legittimità degli atti e dei provvedimenti attraverso i quali si
sviluppa il procedimento”; ed in tale prospettiva l’art. 1, comma
1, della legge 23 agosto 1988, n. 391 aveva “la mera finalità di
dar lume agli interpreti e dissipare possibili equivoci in relazione al massiccio
ricorso da parte dei privati all’autorità giudiziaria ordinaria
con l’intento di sovrapporre le loro esigenze individuali a quelle collettive
che l’autorità di vigilanza è tenuta a tutelare (Cass. SS.UU.
20 dicembre 1990, n. 12068)”, ragion per cui il ripetuto art. 65 “non
introduceva un nuovo riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice
amministrativo, avendo avuto riguardo alla consistenza delle posizioni giuridiche
coinvolte, quali risultavano dalle norme sostantive senza forzarle in ambito
di tutela diversa attraverso la degradazione, ovvero con l’introduzione
ex novo di un ambito di giurisdizione esclusiva (investendo il giudice amministrativo
anche della cognizione di diritti soggettivi). Di modo che, anche se il legislatore
non fosse intervenuto, l’interprete sarebbe potuto giungere ugualmente
alla conclusione che rientrassero nell’ambito della giurisdizione generale
amministrativa di legittimità tutte le impugnazioni di atti amministrativi
adottati nel corso della procedura di vendita (Cass. SS.UU. 23 agosto 1990, n.
8579)”. Con la conseguenza che “l’esplicita abrogazione dell’indicato
art. 1 della legge 23 agosto 1988, n. 391 ad opera dell’art. 109 lett.
b) del decreto legislativo n. 270/99 (Prodi bis), non ha avuto neanch’essa
alcuna incidenza sul riparto della giurisdizione che, come avveniva precedentemente,
continuava ad essere distribuita tra giudice ordinario e giudice amministrativo
sulla base della sostanziale posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio
dall’interessato”.
Si è così riconosciuto che la controversia
concernente l’autorizzazione ministeriale alla liquidazione del complesso
aziendale rientra nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo,
mentre ricade in quella del giudice ordinario la controversia relativa al subprocedimento
di liquidazione del complesso aziendale instaurata dal creditore che, temendo
le conseguenze di una vendita antieconomica, contesti l’adeguatezza del
prezzo e la legittimità delle previste modalità di pagamento, la
regolarità delle garanzie, la scomposizione dell’oggetto con l’attribuzione
agli immobili di un valore del tutto irrisorio; controversia, quest’ultima,
intesa ad ottenere “tutela piena di diritto soggettivo” e, dunque, “la
posizione giuridica fatta valere al riguardo” va parimenti “qualificata
come diritto soggettivo pieno” (Cfr. Cons. St., Sez. VI, 12 aprile 2004
n. 1674).
Ricordato che l’oggetto della controversia in trattazione non è costituito
dalla liquidazione del complesso aziendale del Gruppo Volare, ma dalla procedura
vendita dello stesso complesso, e che parte ricorrente non è creditrice
del medesimo né rivendica diritti sul relativo patrimonio, bensì è soggetto
partecipante a detta procedura conclusasi col provvedimento ministeriale impugnato,
alla stregua delle considerazioni che precedono deve ritenersi che la controversia
rientri nell’ambito della giurisdizione generale amministrativa di legittimità,
tenuto conto che a fronte della procedura in parola sono configurabili esclusivamente
posizioni di interesse legittimo.
3.- Risolta nei sensi di cui innanzi la questione di giurisdizione sulla svolta
impugnativa, nel merito già il primo motivo di gravame si rileva fondato.
Con tale mezzo, rubricato violazione del bando ed eccesso di potere sotto vari
profili, si deduce che Alitalia avrebbe dovuto essere esclusa dalla competizione
ai sensi del punto 6.4 dello stesso bando, non avendo osservato la prescrizione
che in sede di presentazione dell’offerta imponeva l’inclusione nella
busta A del documento n. 6 consistente in un “estratto del libro soci con
l’indicazione di tutti i soci o almeno dei dieci maggiori soci” (punto
5.3.1.vi), giacché essa aveva prodotto in luogo di tale documento una
dichiarazione sostitutiva del Presidente.
Il richiamato punto 6.4 del bando, denominato “cause di esclusione”,
stabilisce l’esclusione dalla procedura di vendita degli “Offerenti
che avranno omesso di presentare anche uno solo dei documenti richiesti (…)
o che comunque non si siano attenuti alle modalità e formalità previste
nel presente Bando”.
Ora, nel verbale di apertura dei plichi in data 28 dicembre 2005 si dichiara
che nelle buste degli offerenti sono stati rinvenuti tutti i documenti prescritti “ad
eccezione
1) del documento numero 6 (sei) della Busta ‘A’ dell’offerta ‘ALITALIA-
LINEE AEREE ITALIANE S.P.A.’ che in sostituzione dell’estratto del
libro dei soci contenente l’elenco dei primi dieci azionisti contiene una
dichiarazione sostitutiva del Presidente della Società”.
Tuttavia, da tale carenza il Commissario straordinario non ha tratto le previste,
tassative conseguenze in caso di mancanza anche soltanto di un solo documento;
e non v’è dubbio sulla mancanza del documento n. 6, posto che la
formula della prescrizione non consentiva equipollenti, richiedendo soltanto
ed esclusivamente l’estratto del libro soci. Tenuto conto di ciò,
in ogni caso la presentazione di tale dichiarazione si traduce nella non conformità del
documento alle modalità e formalità previste, e per ciò solo
sanzionabile con l’esclusione anche per questo aspetto.
Né può sostenersi che, in base alla natura di società quotata
di Alitalia, il documento prescritto non sarebbe stato rappresentativo della
compagine azionaria – peraltro notoria – per effetto, tra l’altro, dei
costanti e repentini cambiamenti della platea azionaria in funzione delle negoziazioni
dei titoli e che, in realtà, la dichiarazione ne assolverebbe la funzione,
essendo idonea sotto il profilo formale in quanto l’estratto veniva richiesto
senza precisazione di alcuna formalità, quale l’autenticazione,
e sotto il profilo sostanziale, in quanto ritenuta dall’ENAC sufficiente
per la verifica della sussistenza dei requisiti di nazionalità per il
rilascio della licenza di vettore aereo.
Sta di fatto che il bando, costituente la lex specialis della procedura di
vendita – non diversamente che nel caso di una vera e propria procedura di
aggiudicazione,
affidamento ed esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità o di
servizi pubblici o forniture da parte di un’amministrazione pubblica -,
richiedeva un “estratto del libro soci” e che la dichiarazione in
parola in parola non lo è.
Né, sotto un aspetto maggiormente sostanziale, può seguirsi la
tesi difensiva dell’Avvocatura dello Stato e del Commissario Rinaldini,
secondo cui giustamente quest’ultimo ha ritenuto la dichiarazione equipollente
al previsto estratto poiché “l’informazione che la procedura
di amministrazione straordinaria voleva trarre dal documento stesso poteva essere
fornita anche da tale dichiarazione”. Ciò perché la dichiarazione
contiene non già l’indicazione quanto meno dei dieci maggiori soci,
ossia l’informazione che l’amministrazione straordinaria intendeva
acquisire, bensì quella dei soli tre soci con quote che superano la soglia
del 2% del capitale sociale. E’ evidente che se tale fosse stato il dato
che si intendeva conoscere, e non quello dei dieci maggiori soci, il bando tanto
avrebbe dovuto richiedere in luogo di quest’ultimo. D’altro canto,
si è già detto che il bando in parola costituisce la lex specialis
della procedura che, com’è noto, non è disapplicabile – ancorché in
ipotesi non osservi il principio del favor partecipationis – neanche da parte
dello stesso soggetto emanante, di cui costituisce autolimite e, nel contempo,
regola esterna intesa ad assicurare la par condicio tra i concorrenti e l’imparzialità delle
scelte amministrative, sicché la sua inosservanza si risolve nella violazione
di tali principi (ed in ciò sta la lesione della sfera giuridica propria
dell’istante in conseguenza della rilevata difformità, radicandosi
in tal modo il suo interesse a siffatta deduzione e senza che abbia rilievo la
circostanza che analoga dichiarazione ha prodotto anche altra concorrente, non
aggiudicataria né anteposta in graduatoria).
Infine, neppure ha rilievo la facoltà del Commissario di richiedere all’offerente
integrazioni e precisazioni, cui alludono ancora l’Avvocatura dello Stato
ed il dott. Rinaldini. A prescindere dall’effettiva sussistenza nella specie
di una tal facoltà alla stregua sia della clausola di cui al punto 6.1,
n. 3), del bando, sia dei principi generali in tema di irregolarità sanabili
o meno, va invero osservato che della stessa facoltà il Commissario non
si è avvalso, avendo egli, in sostanza, ammesso senz’altro Alitalia
alla valutazione.
4.- L’accoglimento della doglianza trattata al paragrafo che precede consentirebbe
all’evidenza l’assorbimento degli altri motivi. Tuttavia, per completezza
d’indagine il Collegio ritiene di procedere all’ulteriore disamina
dei motivi di gravame attinenti all’espletamento della gara, ed in particolare
del successivo mezzo, col quale si lamenta violazione del punto 6.1, n. 5),
del bando per aver il Commissario valutato le offerte non in presenza del notaio.
La doglianza è fondata.
Il cit. punto 6.1, n. 5, recita: “Il Commissario Straordinario (o soggetto
da esso delegato) con l’assistenza dei propri Advisor procederà,
alla presenza del notaio, in una o più riunioni successive, alla valutazione
delle Offerte Tecniche ed Economiche relative alle Offerte rimaste in gara e
all’assegnazione dei relativi punteggi, secondo i criteri di valutazione
indicati nella Sezione 6.2, di cui verrà redatto apposito verbale dal
notaio”.
Nella specie risulta quanto segue.
Col verbale notarile “di apertura di plichi contenenti offerte di acquisto
del Gruppo Volare” in data 28 dicembre 2005 si dà atto, in chiusura
(avvenuta alle ore 19,55), che “i plichi con i relativi contenuti vengono
ritirati dal Commissario Straordinario onde consentirgli la valutazione delle
offerte ai sensi dell’art. 63, comma 3, del D.Lgs. 8 luglio 1999 n. 270,
come previsto al punto 6.2 del Bando”.
Col verbale notarile “di selezione della migliore offerta di acquisto del
Gruppo Volare” in data 29 seguente, aperto alle ore 10,15, dato atto della
comparsa del dott. Rinaldini e, tra l’altro, del precedente verbale, si
espone che, completate le formalità di apertura delle buste, occorre proseguire
nella procedura e si richiama al riguardo il disposto dei punti 6.1 (n. 5, sopra
riportato) e 6.5 (rubricato “graduatoria”, secondo cui “completate
le formalità di apertura delle buste, il Commissario Straordinario (o
soggetto da esso delegato), con l’assistenza degli advisors, procederà,
alla presenza del Notaio, in una o più riunioni successive, alla valutazione
delle Offerte Vincolanti rimaste in gara, alla determinazione della graduatoria
delle stesse ed alla selezione della migliore Offerta”). Quindi “Tutto
ciò premesso e costituente con il seguito unico ed inscindibile contesto,
alla mia presenza, il Commissario Straordinario dichiara quanto segue:
a) di aver proceduto alla valutazione delle offerte (…) con l’assistenza
degli Studi Legali (…), come da documento che, sottoscritto dal Comparente
e da me Notaio, si allega al presente atto sotto la lettera “A”;
b) di aver stabilito l’assegnazione dei punteggi sotto indicati a ciascuna
delle offerte pervenute e, pertanto, di aver stabilito la seguente graduatoria
(..)
c) di aver, pertanto, selezionato quale migliore offerta quella pervenuta dalla
Società “ALITALIA-LINEE AEREE ITALIANE S.P.A.”, portante un
prezzo non inferiore al valore di stima …”.
Il verbale si chiude alle ore 11,25.
Se le espressioni usate nella redazione del verbale hanno un senso (ed un senso
debbono avere, non essendo consentito all’interprete del testo – anche
di un atto negoziale privato – prescindere dal significato oggettivo delle
parole, pur non intese in senso strettamente letterale), risulta da tali atti
che:
– il giorno 28 dicembre 2005 il Commissario straordinario ha ritirato i plichi,
completi del rispettivo contenuto, relativi alle offerte di che trattasi;
– il giorno seguente, come detto alle ore 10,15, si è presentato davanti
al notaio ed ha reso le dichiarazioni suddette (“di aver proceduto …”. “di
aver stabilito …”, “di aver selezionato …”), evidentemente
riferite ad attività già svolte e, dunque, non effettuate in
quella sede, relative alle operazioni di cui agli elaborati poi allegati a
verbale.
Pertanto, risulta dagli stessi verbali che il Commissario straordinario non
ha agito alla presenza del notaio, non avendone questi dato atto nonostante
il richiamo
alla prescrizione di bando, né tanto meno risulta che sia stato “redatto
apposito verbale” della valutazione delle offerte e dell’assegnazione
dei relativi punteggi, come richiesto per queste operazioni dallo stesso bando
(riportato punto 6.1)
In senso contrario non può attribuirsi rilievo alla dichiarazione del
medesimo notaio rilasciata, dietro richiesta del Commissario, in data 10 maggio
2006, con la quale si “conferma per quanto possa occorrere che, come si
evince dalla natura dell’atto stesso di cui in oggetto e dal suo contenuto,
le operazioni di valutazione delle offerte presentate per l’acquisizione
del Complesso Aziendale del Gruppo Volare sono state effettuate “in un
unico ed inscindibile contesto” alla mia presenza e presso il mio Studio …”.
A parte l’equivocità della dichiarazione successiva, quanto meno
laddove si rifà alle dizioni utilizzate nel verbale del 29 dicembre 2005
(“unico ed inscindibile contesto”) riferendone il senso alla valutazione
anziché, come dallo stesso verbale, alle premesse ed alle dichiarazioni
che seguono, resta il fatto, da un lato, della diversa natura e diversa efficacia
probatoria dei due atti – il verbale e la dichiarazione -, il secondo dei
quali non è per legge assistito dalla fede privilegiata assegnata all’atto
pubblico; dall’altro lato, v’è il dato oggettivo dell’omessa
redazione dello “apposito verbale” delle operazioni di predisposizione
dei criteri nonché – diversamente da quanto sostenuto dall’Avvocatura
dello Stato, anche – di attribuzione dei punteggi (operazioni di cui, peraltro,
riesce difficile ipotizzare l’esecuzione nel lasso di tempo di soli un’ora
e dieci minuti, stante la loro complessità ed articolazione e l’implicazione
dell’esame di ponderosa documentazione presentata dalle cinque offerenti
ammesse), giacché le stesse operazioni sono descritte negli allegati,
neppure richiamati quali parti integranti del verbale stesso. Non senza dire
che tale dichiarazione non è entrata a far parte del procedimento e, dunque,
di valutazione da parte dell’Autorità ministeriale emanante l’impugnato
decreto, in data ben ad essa anteriore.
Ed infine, parimenti irrilevanti sono la qualità di pubblico ufficiale
del Commissario straordinario, a lui conferita per quanto attiene alle sue funzioni
dall’art. 40, D.Lgs. n. 270/1999, e la mancanza di alcun potere del notaio
in merito alla selezione della migliore offerta, dal momento che è la
lex specialis – avente la suesposta valenza – a richiedere lo svolgimento
delle attività di cui trattasi alla presenza del notaio e la verbalizzazione
delle medesime.
5.- Ugualmente fondato è il motivo seguente, il quale è articolato
in due censure, con la prima delle quali si contesta la mancata predeterminazione
di effettivi criteri di massima per la valutazione delle offerte e con la seconda
la fissazione dei “pesi” riservati a ciascuno dei quattro elementi
individuati dal bando in momento successivo all’apertura delle buste
contenenti le offerte tecniche e le offerte economiche.
Con formula pressoché identica al disposto dell’art. 63, co. 3,
D.Lgs. n. 270/1999, il bando richiedeva al punto 6.2 che la valutazione delle
offerte fosse effettuata “tenendo conto oltre che dell’ammontare
del prezzo offerto, dell’affidabilità dell’Offerente e del
piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato,
anche dei livelli occupazionali previsti e del loro mantenimento, anche successivamente
al biennio garantito successivo al trasferimento del Complesso Aziendale”.
Coerentemente, il Commissario straordinario ha individuato i seguenti elementi:
1) prezzo offerto; 2) affidabilità dell’offerente; 3) piano di prosecuzione
delle attività imprenditoriali; 4) livello occupazionale. Dopodiché ha
stabilito di attribuire agli stessi la “ponderazione” rispettivamente
del 40%, 15%, 15% e 30%.
Ciò posto, in relazione alla seconda delle censure suaccennate deve rilevarsi
che siffatta determinazione forma oggetto dell’allegato ‘A’ al
verbale del 29 dicembre 2005, come si è visto al paragrafo precedente.
Tuttavia, dal verbale del giorno anteriore risulta che il Commissario straordinario “dà seguito
all’apertura delle buste ‘A’, ‘B’ e ‘C’ di
tutti i plichi …”, ossia delle buste contenenti, oltre alla documentazione
amministrativa, l’offerta tecnica (busta B) e l’offerta economica
(busta C) di ciascuno dei cinque offerenti.
Chiarissimo è perciò, in punto di fatto, che la predeterminazione
dei “pesi” in base ai quali valutare i singoli quattro elementi è stata
effettuata dopo che il Commissario si era posto di grado di prendere conoscenza
degli specifici contenuti delle offerte tecniche ed economiche.
In linea giuridica, il Collegio osserva come tale modus operandi si riveli
in aperto contrasto con i generalissimi e fondamentali canoni di garanzia di
imparzialità,
trasparenza e par condicio che, secondo ampia, consolidata e pacifica giurisprudenza,
debbono presidiare ogni forma di gara ad evidenza pubblica, qual è la
procedura di vendita di cui si discute. E’ evidente, invero, che anche
solo la mera possibilità della conoscenza dell’entità dell’offerta
economica e delle caratteristiche di quella tecnica metta in pericolo tale garanzia,
comportando il rischio che i criteri siano plasmati ed adattati alle offerte
in modo che ne sortisca un effetto potenzialmente premiante nei confronti di
una di esse. Nel caso in esame, ad esempio, la conoscibilità delle cinque,
diverse offerte tecniche ed economiche ben consentiva in astratto di assumere
per i singoli elementi di valutazione una determinata misura percentuale (ad
es. 40%) in luogo di altra (ad es. 30 o 20%), talché nella combinazione
delle rispettive valutazioni ne risultasse attribuito un miglior punteggio complessivo
ad un offerente anziché ad un altro.
Ex adverso si oppone che l’iniziativa di vendita non comporterebbe “alcun
obbligo legale (…) di esperire qualsivoglia procedura concorsuale di selezione,
né ancor meno di improntare la contrattazione a regole e principi valevoli
per le tipiche procedure ad evidenza pubblica”, e che, nella specie, sarebbe
stata delineata una procedura in cui “l’unica regola per la valutazione
delle offerte e l’individuazione del contraente migliore si sostanziava
nell’obbligo di prendere in considerazione e di verificare taluni fattori,
peraltro mutuati pedissequamente dalla legge (…), senza alcun obbligo di
pesarli percentualmente e di graduarli preventivamente secondo valori numerici”.
Dimenticano però parti resistenti che lo stesso Commissario straordinario
ha stabilito di procedere adottando i valori di “ponderazione” di
cui sopra, optando in tal modo – sia pur illegittimamente a buste aperte – per
una autolimitazione della propria discrezionalità di valutazione. D’altra
parte, la presenza di un bando propriamente di gara (tale anche nella definizione
datagli nell’impugnato decreto ministeriale del 17 marzo 2006), le regole
dettate e le garanzie apprestate in esso conducono a ritenere che sia stato prescelto
un modello dell’intera procedura di vendita (meglio: di individuazione
del contraente) ispirato alle non dissimili regole e garanzie della gara ad evidenza
pubblica, con la conseguenza che tale soluzione imponeva poi l’osservanza
quantomeno dei ricordati canoni fondamentali, ai quali il Commissario, non diversamente
da una amministrazione pubblica, deve ritenersi vincolato, pena il venir meno
di ogni utilità stessa della gara (cfr., in fattispecie analoga, cit.
TAR Liguria, Sez. II, n. 715/2005).
Neanche è valida la tesi secondo cui il Commissario avrebbe seguito la
sequenza procedimentale fissata dal bando (non oggetto di impugnazione), che
richiedeva, dopo una prima fase concernente la verifica della integrità e
della tempestività della ricezione dei plichi pervenuti, l’apertura
dei plichi medesimi e la verifica della presenza delle tre buste A, B e C, una
seconda fase consistente nell’apertura di tutte e tre tali buste per tutte
le offerte e nella constatazione della presenza dei documenti ivi contenuti,
come indicati dal bando (punto 6.1.A). Ciò per il semplice motivo che
nulla impediva al Commissario di procedere alla specificazione dei criteri
prima ancora di iniziare tale sequenza, oppure subito dopo la prima fase.
Neppure possono essere seguite le parti resistenti laddove osservano come la
verifica effettuata dal Comitato di sorveglianza (verbale n. 11 del 23 gennaio
2006, richiamato nel decreto impugnato) abbia dato un esito del tutto confermativo
delle valutazioni effettuate dal Commissario sostenendo, di qui, l’inidoneità delle
doglianze in parola a riverberare sulla legittimità dell’aggiudicazione
e, in ultima analisi, la carenza di interesse alle relative deduzioni.
La verifica
in questione risulta infatti eseguita conservando la stessa proporzione dei “pesi” del
40%, 15%, 15% e 30% fissata appunto dal Commissario, rapportati rispettivamente
a 400, 150, 150 e 300 anziché ciascuno a 1.000, come fatto dal Commissario.
Anche in relazione a tale esito resta pertanto integro l’interesse dell’istante
a far valere il vizio riscontrato, stante la sua perdurante incidenza sulla legittimità delle
valutazioni operate dal Commissario straordinario, sulla conseguente aggiudicazione
e, in via derivata, sul decreto ministeriale del 17 marzo 2006, conclusivo
della procedura.
5.- Corollario dell’esigenza dell’osservanza dei canoni essenziali
di imparzialità, trasparenza e par condicio tipici dell’evidenza
pubblica, sopra evidenziata, è nella specie la necessità, attesa
la genericità dei criteri di legge e di bando – consistenti in realtà,
va ribadito in questa sede, nella previsione dei soli elementi di valutazione
-, di predisporne una specificazione che tenesse conto dei singoli aspetti a
ciascuno connessi; necessità alla quale non assolve la semplice previsione
dei predetti “pesi”.
Circa tale necessità ed in generale, in tema di gare ad evidenza pubblica è ben
noto principio giurisprudenziale che, quando la scelta della migliore offerta
non scaturisce da una meccanica ricognizione dei prezzi offerti, ma segue al
vaglio di una pluralità di elementi di natura tecnica ed economica dell’offerta,
suscettibili di valutazione sia in termini assoluti che comparativi, la commissione
giudicatrice della gara può legittimamente introdurre elementi di specificazione,
nell’ambito dei criteri generali stabiliti dal bando o dalla lettera d’invito,
mediante la previsione di sottovoci rispetto alle categorie generali già fissate,
ove queste ultime non risultino adeguate a rappresentare la peculiarità delle
singole offerte; si tratta però non di una mera facoltà, ma di
una potestà il cui esercizio assume il carattere della doverosità tutte
le volte che i margini di discrezionalità, lasciati dalla disciplina generale
della gara, risultino tanto ampi, quanto alle valutazioni di convenienza ed agli
apprezzamenti tecnici, che l’esame delle singole offerte richiede, da incidere
sull’espletamento della gara (cfr. ad es., Cons. St., Sez. V, 25 novembre
2002 n. 6479 e TAR Liguria, Sez. II, 31 marzo 2004 , n. 312).
Tale principio, che ben si attaglia alla fattispecie in discussione per le
ragioni spiegate innanzi, consente di ritenere fondata anche la prima articolazione
del
terzo motivo.
6.- Quanto sin qui esposto conduce inevitabilmente all’annullamento degli
atti accennati, a partire – per le considerazioni di cui al precedente
paragrafo 3) – dal verbale notarile del 28 dicembre 2005 e con assorbimento
di ogni ulteriore censura non esaminata, in accoglimento della rispettiva domanda
formulata da Air One.
A questo punto della trattazione viene in rilievo l’altra domanda avanzata
nell’atto introduttivo del giudizio, con la quale si chiede la declaratoria
di nullità e/o inefficacia del contratto di compravendita del Gruppo Volare
stipulato tra il Commissario straordinario e la newco Volare S.p.A., costituita
da Alitalia, in ordine alla quale è stato eccepito il difetto di giurisdizione
amministrativa.
Al riguardo, occorre ricordare le conclusioni alle quali il Collegio è pervenuto
al paragrafo 2) nell’affermare la sussistenza di giurisdizione amministrativa
sulla domanda di annullamento precedentemente esaminata, e cioè la ricomprensione
della relativa controversia nell’ambito della giurisdizione generale di
legittimità.
In tale contesto, la domanda ora in trattazione non può aver accesso poiché per
sua natura essa ricadrebbe nel diverso ambito della giurisdizione esclusiva
che qui appunto non ricorre.
Difatti, in tema di appalti pubblici proprio e solo sulla base della sussistenza
della pienezza di giurisdizione, che il legislatore del 1990 e del 2000 ha
conferito al plesso giurisdizionale amministrativo, è stata affermata la spettanza
della potestas decidendi in ordine alla declaratoria in parola da parte dello
stesso giudice che pronuncia la sentenza costitutiva di demolizione dell’atto
gravato. In altri termini, si è ritenuto che la concentrazione e la pienezza
di tutela proprie della giurisdizione esclusiva sulle procedure di affidamento
– tali da superare il sistema che imponeva al cittadino di moltiplicare i giudizi
passando dall’una all’altra giurisdizione per conseguire il bene
dell’effettività della tutela stessa – consentissero al giudice
amministrativo di indagare anche sugli effetti prodotti dall’annullamento
della procedura sul contratto stipulato (cfr., tra le tante, Cons. St., Sez.
V, 28 maggio 2004 n. 3465).
Devesi dunque declinare la giurisdizione in favore del giudice ordinario. Tale
affermazione, ma anche l’assunto secondo cui l’ormai acquisita situazione
proprietaria del complesso aziendale in capo ad Alitalia avrebbe prodotto effetti
irreversibili, nulla tolgono all’attuale permanenza dell’interesse
dell’istante alla pronuncia demolitoria, se non altro in considerazione
della possibilità del ripristino per equivalente della posizione giuridica
lesa.
7.- In conclusione, il ricorso va in parte accolto ed parte dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese di causa, nella complessità della vicenda il Collegio
ravvisa giusti motivi affinché ne possa essere disposta la compensazione
tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III ter, così dispone
sul ricorso in epigrafe:
a.- lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto
annulla gli atti impugnati;
b.- lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione nella restante parte.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 ottobre 2006.
Francesco Corsaro PRESIDENTE
Angelica Dell’Utri ESTENSORE
Depositato il 2 novembre 2006