Il Tar Friuli, con sentenza pubblicata da ultimo, fa applicazione della nozione comunitaria di “Organismo di diritto pubblico”, contenuta ora nella direttiva unica appalti, n. 2004/18/CE.
Secondo la direttiva, e’ “organismo
di diritto pubblico” qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale,
aventi carattere non industriale o commerciale,
b) dotato di personalita’ giuridica, e
c) la cui attivita’ sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure
la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo
d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei
quali piu’ della meta’ e’ designata dallo Stato, dagli enti
pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
. . . . . . . .
TAR Friuli Venezia Giulia :
Sentenza 26 ottobre 2006 n. 698
(presidente Borea, estensore Settesoldi)
(…)
Diritto
Ritiene il Collegio, in via preliminare, che sussista la giurisdizione del
giudice amministrativo.
Sostiene al contrario la resistente EXE s.p.a. di non essere tenuta, nella
scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica sicchè la
controversia non rientrerebbe tra quelle devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo dall’art. 6 della l. 205/2000, a sensi del
quale “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi
o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente
o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto
dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”
Secondo la resistente, infatti, la scelta di effettuare una gara pubblica
per la progettazione delle due discariche sarebbe stata dettata da ragioni
di mera opportunità senza che essa fosse al riguardo obbligata, perché l’ambito
soggettivo di applicazione della legge regionale n. 14/2002 sarebbe ristretto
alle società con capitale pubblico partecipate dalle amministrazioni
aggiudicatici “che abbiano ad oggetto della propria attività la
produzione di beni e servizi non destinati ad essere collocati sul mercato
in regime di libera concorrenza” ( art. 3, c. 5) mentre la resistente
afferma che la sua attività non “soffre di limitazioni di sorta,
per quanto essa sia ispirata anche a funzioni calmieratici sul mercato e non
debba necessariamente rispondere alla logica del massimo profitto economico”.
Ritiene invece il Collegio che la partecipazione quasi integralmente pubblica
della società EXE s.p.a., oltre che il suo oggetto sociale e la natura
delle prestazioni svolte, la rendano a tutti gli effetti un “organismo
di diritto pubblico” ai sensi della direttiva Comunitaria 93/37 e della
legge regionale n. 14/2002, art. 3, comma 1, per cui essa non poteva esimersi
dall’indire una gara ad evidenza pubblica.
Premesso infatti che lo stesso oggetto sociale della EXE spa ribadisce che
questa è caratterizzata da “finalità di tipo pubblicistico
e di perseguimento di criteri di economicità per i cittadini” e
che in conseguenza di ciò potrà nel corso della propria attività di
impresa “ astenersi dal ricercare il massimo profitto e ….. praticare
prezzi, imporre tariffe e richiedere corrispettivi inferiori a quelli correnti
di mercato…” si deve ricordare che la attualmente vigente direttiva
Dir. 31-3-2004 n. 2004/18/CE, ricalcando quanto già previsto dalla precedente
direttiva n. 1993/37 chiarisce che “Per «organismo di diritto pubblico» s’intende
qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale,
aventi carattere non industriale o commerciale,
b) dotato di personalità giuridica, e
c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure
la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo
d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei
quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti
pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”
In sintesi, dunque, affinchè sussista un organismo di diritto pubblico è necessario
e sufficiente che ricorrano i seguenti elementi: a) possesso di personalità giuridica;
b) sussistenza di dominanza pubblica ; c) perseguimento della soddisfazione
di bisogni di interesse generale di carattere non industriale o commerciale.
Di quest’ultimo elemento, in particolare, i sintomi sono l’assenza di criteri
imprenditoriali nella gestione (e dunque la possibile mancanza dell’utile di
impresa) e lo svolgimento dell’attività non in regime di concorrenza.
Il Collegio ravvisa in capo alla EXF spa la sussistenza di tutti i citati
elementi, dal momento che la stessa – come si è già visto – può "astenersi
dal ricercare il massimo profitto" dall’attività, cosi come può "imporre
tariffe e richiedere corrispettivi inferiori a quelli correnti sul mercato",
cosicchè, il compenso alla sua attività non è necessariamente
il risultato di trattative nè cambia a seconda delle condizioni di mercato
o dell’incidenza dell’attività concorrenziale delle altre ditte.
Nè possono sorgere dubbi in ordine al requisito della dominanza pubblica,
la cui sussistenza nel caso di specie è ictu oculi evidente. La presenza
delle citate caratteristiche in capo alla EXE spa fa sì che questa debba
essere qualificata come organismo di diritto pubblico.
Alla luce di tali considerazioni ed in ragione dell’art. 3 della L.R. FVG
n, 14/2002 ("Disciplina organica dei Lavori pubblici) rubricato "Ambito
soggettivo di applicazione della legge", il quale afferma che "la
presente legge si applica alle amministrazioni aggiudicatrici, ai loro consorzi
di diritto pubblico, agli organismi di diritto pubblico, di cui all ‘art. 1
della direttiva 93/37 CEE", appare evidente che la Exe spa era soggetto
sicuramente tenuto allo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica per
l’affidamento dell’incarico in questione.
Pertanto, essendo la società appaltante tenuta alla applicazione delle
norme comunitarie in materia di appalti pubblici di servizi, la controversia
de qua rientra sicuramente tra quelle devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo ai sensi della vigente normativa.
Passando ora all’esame del merito del ricorso il Collegio, pur consapevole
di avere a suo tempo accolto l’istanza cautelare avanzata in ordine ai
motivi aggiunti, ritiene che, melius re perpensa, il ricorso si riveli infondato
e debba essere respinto.
Con il primo motivo di ricorso si assume che l’esclusione dalla gara
delle parti ricorrenti sarebbe illegittima per un’errata o quantomeno
discutibile interpretazione data dalla commissione alle norme di capitolato,
le quali conterrebbero una lunga serie di errori grammaticali e disposizioni
ambigue che “rendono di fatto opinabile qualsiasi interpretazione”.
Osserva peraltro il Collegio che l’art. 7 del capitolato reca un incipit
di esemplare ed indiscutibile chiarezza : “ A pena di esclusione, la
busta con la dicitura “a) documentazione amministrativa” dovrà contenere: …d)
dichiarazione di essere in possesso dei requisiti minimi di capacità finanziaria
e tecnica di cui al precedente articolo 4), corredata da una dettagliata tabella
dalla quale emerga il livello dei requisiti posseduti e i documenti dai quali
evincere le relative specifiche…”
I ricorrenti sono stati esclusi perché “ la società non
possiede il requisito minimo di capacità tecnico/ finanziaria di cui
all’art. 4 comma 1 lett. c) ed art. 4 comma 2 del capitolato allegato
al bando come richiesto all’art. 7 comma 1 lettera d) del medesimo capitolato” (
verbale seduta 28 febbraio 2006).
A prescindere dalle illazioni avanzate in ricorso circa una presunta “materializzazione” dei
verbali solo molto tempo dopo la richiesta di accesso avanzata dai ricorrenti,
– che non hanno pregio alcuno visto che, comunque, i verbali fanno piena prova
fino a querela di falso e che, in ogni caso, è fatto notorio che i verbali
possono essere materialmente stesi e firmati anche parecchio tempo dopo lo
svolgimento di operazioni che inizialmente vengono annotate in maniera informe
e successivamente riportate in verbali ufficiali -, non v’è possibilità di
dubbio alcuno in ordine al fatto che il capitolato voleva che nella busta A)
fosse inclusa della documentazione che nella busta dei ricorrenti non c’era.
Gli stessi ricorrenti, non potendo negarlo, tentano di rendere di dubbio significato
una norma che è invece chiarissima e di semplicissima comprensione,
e dall’asserito errore sintattico consistente nel fatto che all’art.
7 punto d) stava scritto “…corredata da una dettagliata tabella
dalla quale emerga il livello dei requisiti posseduti e i documenti dai quali
evincere le relative specifiche” anziché “ e dai documenti..” tentano
di far discendere la conseguenza che bastasse dichiarare nella c.d. autocertificazione
di esser in possesso dei richiesti requisiti di idoneità tecnico finanziaria.
Peraltro anche a prescindere dal fatto che l’ambiguità interpretativa è,
ad avviso del Collegio, insussistente, tale argomentazione non giova comunque
ai ricorrenti perché, in tal caso, avrebbero dovuto far constare nella
tabella allegata alla dichiarazione di cui alla lett. d) l’esistenza
ed esatta natura dei documenti di cui trattasi, con loro dettagliata elencazione,
cosa che non risulta essi abbiano fatto.
Il secondo motivo di impugnazione è inammissibile perché si
riferisce al bando ed al capitolato che non sono stati impugnati
Il terzo motivo di ricorso, dedotto con i motivi aggiunti, è inammissibile
per carenza di interesse perché, essendo incontestata la legittimità dell’esclusione
dei ricorrenti, anche l’eventuale accoglimento della censura relativa
alla illegittimità della mancata esclusione di altre due società concorrenti
per la presentazione di offerte economiche inferiori alle tariffe professionali
non li rimetterebbe comunque in gara, perché comporterebbe la necessità di
rinnovazione della procedura da momento successivo a quello della loro già avvenuta
esclusione. Allo stesso modo è inammissibile per carenza di interesse
l’ultima censura rivolta nei confronti del provvedimento di aggiudicazione.
Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso è infondato e
deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, respinta
ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso
in premessa comprensivo dei motivi aggiunti impugnatori, lo rigetta.
Condanna i ricorrenti in solido a rifondere a EXE s.p.a le spese e competenze
del presente giudizio liquidate in complessivi euro 2.000,00, oltre al contributo
unificato che resta a carico dei ricorrenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in Camera di Consiglio, l’11 ottobre
2006. Depositata nella segreteria del Tribunale il 26 ottobre 2006.