I risultati delle societa’ a partecipazione pubblica totalitaria
o maggioritaria, in termini di ammontare di spese e di debito, debbano essere
conteggiati insieme a quelli dell’ente pubblico costitutore poiche’, in caso
contrario, quest’ultimo potrebbe trovarsi, contemporaneamente, da un parte
in una situazione di sostanziale pareggio di bilancio e sana situazione finanziaria e, dall’altra, essere azionista di una societa’ di capitali gravata di ingenti debiti, dei quali dovrebbe comunque rispondere in modo illimitato se azionista unico o pro-quota se azionista di maggioranza
. . . . . . . .
Corte dei Conti, Sezione regionale di Controllo per la Lombardia
Deliberazione del 30 ottobre 2006 n. 17
(presidente Mastropasqua, relatore Astegiano)
nell’adunanza del 30 ottobre 2006
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio
decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000
del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione
delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni
delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
vista la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti.
Udito il relatore, dott. Giancarlo Astegiano.
Premesso in fatto
Dall’esame della relazione redatta, ai sensi dell’art. 1, commi
166 e segg. della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dal Collegio dei Revisori
dei conti del Comune di Fino Mornasco, pervenuta a quest’ufficio il 9
agosto 2006, si evince che l’impostazione del bilancio preventivo del
Comune di Fino Mornasco per l’anno 2006 non è tale da garantire
il rispetto del Patto di stabilità interno con riferimento alla spesa
corrente.
Infatti, a fronte di un obiettivo di spesa pari ad euro 3.329.000, le spese
previste dall’ente ammontano ad euro 3.532.000.
Il magistrato istruttore, pertanto, con comunicazione in data 7 settembre
2006, chiedeva al Presidente del Collegio dei revisori di indicare se e quali
provvedimenti fossero stati adottati dal Consiglio comunale al fine di addivenire
al rispetto dei limiti previsti dalla normativa sul Patto di stabilità interno.
Il Presidente del Collegio dei revisori inviava una nota in data 26 settembre
2006, pervenuta il 13 ottobre 2006, con la quale informava la Sezione che il
Consiglio comunale, al fine di conseguire economie di gestione, migliorare
la qualità dei servizi e ridurre i costi anche con il fine “del
rispetto delle regole del patto di stabilità” era in procinto di
costituire una “società patrimoniale” a totale partecipazione
del Comune che avrebbe permesso di ridurre la spesa corrente a carico del bilancio
del Comune al fine di rientrare negli obiettivi previsti dalla normativa sul
Patto di stabilità.
A seguito dell’istruttoria, il Magistrato Relatore riteneva sussistessero
i presupposti per l’attivazione della procedura prevista dall’art.
1, comma 168 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e, pertanto, al fine di
acquisire gli ulteriori documenti necessari per una completa disamina, invitava
il Sindaco del Comune di Fino Mornasco a trasmettere copia conforme all’originale
del bilancio di previsione relativo all’esercizio 2006, delle (eventuali)
delibere di approvazione di varianti allo stesso, nonché copia dei rendiconti
relativi agli esercizi 2004 e 2005, corredate dei pareri del Collegio dei Revisori
dei conti, nonché copia degli atti relativi alla costituenda società
Il Presidente di questa Sezione, con ordinanza n. 16, in data 20 ottobre 2006,
fissava l’adunanza del 30 ottobre 2006 per la discussione, concedendo
termine al Comune di Fino Mornasco sino al 26 ottobre per il deposito di memoria
illustrativa.
L’ente territoriale, ottemperando alla richiesta proveniente dal Magistrato
Istruttore, in data 26 ottobre 2006 depositava i documenti richiesti ed una
nota illustrativa, datata 26 ottobre 2006, con la quale, in particolare, metteva
in luce che la situazione finanziaria del Comune era caratterizzata da sana
gestione, non presentando alcuna situazione di criticità, sia in relazione
alla situazione delle entrate che del debito e del risultato di amministrazione,
sempre ampiamente positivo. Confermava, inoltre, che con atto notarile del
25 ottobre 2006 aveva provveduto alla “costituzione di una società patrimoniale
a totale partecipazione del Comune” alla quale sarebbe stata affidata
la gestione di alcuni servizi comunali e sarebbero stati trasferiti “alcuni
costi relativi all’ultimo bimestre … con conseguente riduzione … delle
poste di spesa corrente …, conseguendo pertanto anche il rispetto dei
limiti del patto di stabilità”.
6) Prima ancora del deposito dei documenti e della memoria da parte del Comune,
il 25 ottobre 2006 è pervenuta alla Sezione una nota a firma di un consigliere
comunale del Comune di Fino Mornasco, capogruppo di un gruppo consiliare di
minoranza, con la quale veniva comunicato che il Consiglio comunale di Fino
Mornasco con delibera in data 20 ottobre 2006 aveva deliberato di procedere
alla costituzione di una società patrimoniale a totale partecipazione
pubblica, da considerarsi quale “surrogato al mancato rispetto del Patto
di stabilità”.
7) In data 30 ottobre 2006, in limine all’apertura dell’adunanza, è giunta
una comunicazione a firma dell’arch. Gianni Cairoli, nella qualità di
rappresentante di un sindacato dei lavoratori partecipante ad una trattativa
sindacale svoltasi nel Comune di fino Mornasco, in ordine alla decisione assunta
dall’ente di costituire una società di capitali, corredata di
alcuni documenti (studio redatto per conto del Comune da “Laboratorio
Utilities & Enti locali” e dichiarazione a verbale rilasciata dallo
stesso arch. Cairoli nel corso di una trattativa sindacale).
8) All’adunanza del 30 ottobre 2006, intervenivano i rappresentanti
del Comune di Fino Mornasco, i quali, dopo la relazione del Magistrato relatore,
ribadivano le argomentazioni già svolte nella nota 26 ottobre 2006.
Considerato in diritto
La legge 23 dicembre 2006, n. 266 ha delineato una nuova e significativa modalità di
verifica del rispetto degli obiettivi previsti dalla normativa sul Patto di
stabilità interno, stabilendo una specifica competenza in capo alle
Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.
Proseguendo in un disegno legislativo avviato dopo la riforma del Titolo V,
Parte seconda, della Costituzione con la legge 5 giugno 2003, n. 131 che vede
il progressivo riconoscimento del ruolo delle Sezioni regionali di controllo
della magistratura contabile di garanti della corretta gestione delle risorse
pubbliche nell’interesse, contemporaneamente, dei singoli enti territoriali
e della comunità che compone la Repubblica (posizione già riconosciuta
alla Corte dei conti dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla nota
sentenza 27 gennaio 1995, n. 29), il legislatore ha ritenuto di rafforzare
ulteriormente questo ruolo. Ha affidato, quindi, alle Sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti il compito di vigilare sul rispetto della normativa
relativa al Patto di stabilità interno, con lo specifico compito di
indirizzare alle Amministrazioni interessate apposite e specifiche segnalazioni
in modo che ciascuna di esse possa assumere, nella sua autonomia e nel rispetto
dei vincoli di solidarietà con le altre entità che costituiscono
la Repubblica, ogni più opportuna decisione.
La verifica affidata alla Corte dei conti, come già rilevato ed illustrato
compiutamente nella delibera di questa Sezione n. 10 del 13 ottobre 2006, non è invasiva
dell’autonomia degli enti ma, nel solco della funzione collaborativa
della funzione di controllo, è diretta, nell’interesse del singolo
ente e della comunità nazionale, a rappresentare agli organi elettivi
la reale ed effettiva situazione finanziaria in modo che gli stessi possano
responsabilmente assumere le decisioni più opportune, sia nell’interesse
dell’ente amministrato che della più vasta Comunità cui
l’ente appartiene.
L’esame della relazione predisposta dai revisori dei conti del Comune
di Fino Mornasco, ai sensi del comma 166 dell’art. 1, della legge finanziaria
per il 2006, mette in luce che l’ente ha approvato un bilancio di previsione
per l’anno 2006, senza tenere conto delle regole relative al Patto di
stabilità interno e, a seguito dell’attività istruttoria
compiuta dal Magistrato relatore, la circostanza è risultata confermata.
La verifica di competenza della Corte dei conti, a seguito della specifica
disposizione contenuta nel comma 168 dell’art. 1, della legge n. 266
del 2005 deve avere riguardo alle previsioni contenute nel bilancio preventivo,
anche se l’effettivo mancato rispetto è accertabile solo al termine
dell’esercizio. Infatti, compito della Magistratura contabile è quello
di segnalare al Consiglio comunale il possibile scostamento dall’obbiettivo
programmatico, in modo che l’organo elettivo dell’ente possa intervenire
in tempo utile per porre rimedio.
Al riguardo, peraltro, è bene precisare che se anche è vero
che nella pratica, in base a quanto accade in molte situazioni, non sempre
le previsioni contenute nel bilancio vengono eseguite integralmente, occorre
rilevare che il vincolo del rispetto degli obiettivi previsti dal Patto di
stabilità deve essere contenuto sin dal documento di previsione e ciò perché il
bilancio deve essere predisposto in base ai criteri della veridicità e
dell’attendibilità (art. 162, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267),
che impongono – anche se il principio proprio dei bilanci civilistici,
non sembra essere stato ancora completamente assimilato nella pratica – che
al momento della predisposizione gli amministratori locali prevedano di effettuare
i soli interventi che effettivamente sono in grado di porre in essere. Anche
perché i bilanci degli enti pubblici e, in particolare quelli degli
enti territoriali, sono ancora predisposti in termini finanziari, ma debbono
essere formulati in relazione ai programmi che l’ente intende perseguire.
Significativamente le norme in materia di bilancio sono inserite nel Testo
Unico sugli enti locali nel Titolo II, riferito alla “Programmazione e
bilanci”, al capo I diretto a disciplinare la “Programmazione”.
Nessun rilievo può essere attribuito all’interpretazione della
normativa sul Patto di stabilità interno, fornita anche da fonti autorevoli,
secondo la quale gli enti territoriali potrebbero approvare il bilancio preventivo
anche in violazione della normativa citata, purchè rispettino i vincoli
a consuntivo. In proposito basti osservare che se anche è vero che le
limitazioni all’attività amministrativa dell’ente per il
mancato rispetto del vincolo debbono essere applicate al termine dell’esercizio,
non può essere trascurato che se sin dall’inizio della gestione
l’ente non ha presente i limiti finanziari entro i quali può spingersi
in base ai programmi ed alle iniziative che intende effettuare, non potrà programmare
in modo coerente la sua attività (Corte conti, sez. contr. Lombardia,
13 ottobre 2006, n. 10/deliberazioni/2006).
La relazione inviata a questa Sezione dal Collegio dei revisori dei conti
del Comune di Fino Mornasco ha suscitato alcuni interrogativi, sia in ordine
al mancato rispetto nel bilancio di previsione dell’ente dell’obiettivo
di spesa corrente previsto dalla legge finanziaria per il 2006 che alla costituzione
di una società di capitali da parte del Comune per gestire alcune attività pubbliche,
anche al fine di permettere all’ente di rispettare i parametri di spesa
derivanti dalla disciplina del Patto di stabilità interno.
In relazione alla questione del mancato rispetto degli obiettivi di spesa,
la Sezione non può esimersi dal rilevare che il contenimento della spesa
corrente per l’esercizio 2006 nei limiti della spesa effettuata nel 2004,
ridotta di una ulteriore percentuale che, per il Comune di Fino Mornasco ammonta
all’8%, è un obiettivo previsto in linea generale per tutti gli
enti territoriali ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica
che l’Italia ha assunto nei confronti dell’Unione europea e degli
altri Stati europei e che, pertanto, deve essere osservato anche dal Comune
di Fino Mornasco.
Tantopiù, che in relazione allo specifico obiettivo che l’ente
dovrebbe osservare, 3.329.000 euro, la spesa prevista ammonta ad euro 3.532.000
e, pertanto, lo scostamento non è elevato (supera di poco il 6%), e,
come tale, poteva e probabilmente, può ancora essere riassorbito, se
solo si tiene conto della circostanza che l’obiettivo previsto non riguarda
tutta la spesa corrente, ma solo una parte di essa, depurata dalle componenti
più rigide e strutturali (quali la spesa per i dipendenti e quella per
il pagamento degli interessi passivi sul debito dell’ente) e dalla spesa
che presenta un particolare impatto a tutela delle fasce più deboli
(la spesa sociale).
L’ente sinora non è intervenuto per contenere le previsioni di
spesa, ma ha deciso di costituire una società di capitali a totale partecipazione
pubblica con l’obiettivo di conferire alla stessa alcuni beni e l’esercizio
di alcuni servizi od attività pubbliche in modo, secondo quanto prospettato
dal Comune, da contenere i costi e da rispettare le previsioni del Patto di
stabilità interno.
La decisione del Comune di Fino Mornasco suscita alcuni interrogativi e perplessità che
richiedono un particolare approfondimento.
6.1) L’esternalizzazione di servizi e funzioni da parte delle Amministrazioni
pubbliche è un fenomeno che si è diffuso negli ultimi anni, incontrando
un favore sempre più ampio e crescente.
Le ragioni addotte a sostegno della tesi sono molteplici e vanno dalla convinzione
che la gestione dei servizi pubblici sia più efficiente se effettuata
al di fuori dell’Amministrazione pubblica a quella che la gestione da
parte di “soggetti privati” comporti un contenimento dei costi rispetto
a quelli che sosterrebbero le Amministrazioni pubbliche.
Tuttavia, il fenomeno non è unitario e al suo interno si rinvengono
diverse modalità attuative che finiscono con incidere e condizionare
la natura stessa delle operazioni poste in essere dalle Amministrazioni pubbliche.
Infatti, a seconda delle scelte il risultato cambia, dovendosi distinguere
fra le operazioni di esternalizzazione di natura sostanziale e quelle di natura
solo formale.
A questo proposito occorre precisare che numerosi enti – come nel caso
di specie il Comune di Fino Mornasco – procedono alla costituzione di
società a capitale totale o maggioritario pubblico alle quali affidano
la gestione di servizi pubblici ed anche di alcune attività proprie
dell’ente costitutore.
In questo modo viene creato un ente che pur avendo natura formale di società di
capitali, presenta le caratteristiche proprie di un ente pubblico.
6.2) Il fenomeno non è nuovo se solo si rammenta che nei primi anni
novanta del secolo ventesimo, nel periodo caratterizzato da ampie privatizzazioni
delle attività economiche svolte da enti pubblici, la giurisprudenza
costituzionale e la dottrina più avveduta hanno chiarito che nonostante
la forma societaria assunta dagli enti pubblici trasformati in società per
azioni occorreva distinguere fra privatizzazioni effettive caratterizzate dal
passaggio della proprietà e della gestione a soggetti privati e privatizzazioni
solo formali che implicavano la permanenza della proprietà pubblica
e dell’utilizzo di risorse della collettività (C. cost. 28 dicembre
1993, n. 466).
6.3) Alla semplice costituzione di una società per azioni o a responsabilità limitata
da parte di un ente pubblico non consegue necessariamente la natura privata
della società, poiché la disciplina societaria e la natura dell’organismo
devono essere verificati su due piani diversi. Il primo attiene alle regole
di funzionamento dell’ente e il secondo alle qualità che presenta
il soggetto e alla conseguente posizione che occupa nel sistema.
Quanto al primo aspetto l’esame della disciplina societaria contenuta
nel codice civile mette in luce che non è previsto che le società costituite
da enti pubblici abbiano regole di gestione e funzionamento peculiari (se non
ad alcuni limitati effetti, in relazione alla nomina degli amministratori:
artt. 2449 e 2450 cod. civ.).
Conseguentemente, si applica la disciplina ordinaria.
Quanto al secondo aspetto, a seguito della diffusione che negli ultimi anni
ha incontrato all’interno dell’Amministrazione il modulo societario,
la giurisprudenza è ormai unanime nel riconoscere che il criterio da
utilizzare per individuare la natura pubblica o privata di un organismo non è dato
dalla forma rivestita (ente o società), bensì dalle risorse utilizzate
nello svolgimento della sua attività, con la conseguenza che anche in
presenza della forma societaria se l’ente utilizza risorse pubbliche è da
considerare a tutti gli effetti ente pubblico (Cass. civ., s.u., 22 dicembre
2003, n. 19667; C. conti, I, 3 novembre 2005, n. 356; Cons. St., VI, 23 gennaio
2006, n. 182; id, IV, 31 gennaio 2006, n. 308).
Peraltro, la stessa Corte costituzionale in relazione alla disciplina legislativa
di una società le cui azioni erano interamente possedute dal Ministero
dell’Economia ha affermato che la totale partecipazione pubblica unita “alla
predeterminazione eteronoma dei compiti e delle funzioni pubbliche che la stessa
società è chiamata a perseguire” implica che la società presenti “tutti
i caratteri propri dell’ente strumentale” (Corte cost. 19 dicembre,
2003, n. 363) e, pertanto, sia da equiparare agli altri enti pubblici.
6.4) L’ampio utilizzo da parte dei soggetti pubblici di enti con natura
formalmente privata e, in particolare, con veste societaria, al fine di raggiungere
finalità di rilievo pubblicistico (gestione di servizi e funzioni pubbliche) è stato
preso in considerazione anche dal diritto comunitario al fine di delineare
una nozione di amministrazione pubblica valida ed utilizzabile all’interno
dell’ordinamentodell’Unione Europea.
6.4.1) L’intervento comunitario si è reso necessario non solo
per la finalità di armonizzazione della legislazione dei paesi membri
ma anche, e soprattutto, a seguito della decisione degli Stati appartenenti
alla Comunità Economia europea di istituire l’Unione europea e
di varare la moneta comune.
Così, con il Trattato di Maastricht si è previsto che gli Stati
nazionali debbano evitare deficit eccessivi (art. 104, del Trattato, approvato
nel 1992), in modo da assicurare che le finanze pubbliche dei Paesi aderenti
alla moneta comune siano sane, per non pregiudicare né il valore della
moneta comune nè gli interessi degli altri Stati aderenti al progetto.
Al fine di rafforzare il vincolo, gli Stati europei, successivamente, hanno
concluso un accordo denominato “Patto di stabilità e crescita” con
il quale ciascuno Stato si è impegnato sia nei confronti dell’Unione
europea che degli altri Stati a ridurre sia i disavanzi annuali di bilancio,
limitandoli ad un importo annuo massimo del 3% del Prodotto interno lordo,
che il debito pubblico interno, il cui ammontare non deve essere superiore
al 60% del suo Prodotto interno lordo (Accordi di Amsterdam del 1997).
Gli Stati che hanno aderito alla moneta unica si sono impegnati a svolgere
le attività loro proprie in modo da rispettare questi indici.
6.4.2) L’introduzione di vincoli e parametri a livello di Unione monetaria
europea ha comportato la necessità che, sempre a livello europeo, venissero
stabilite regole comuni per addivenire al calcolo dei disavanzi e del debito
pubblico di ogni Stato, non potendosi consentire a ciascuno di essi di determinare
in via autonoma le grandezze della finanza pubblica.
La principale regola comune non poteva che riguardare i criteri di calcolo
delle grandezze di finanza pubblica e la delimitazione dei soggetti che all’interno
di ciascun ordinamento dovevano essere considerati pubblici, così da
rientrare fra le Amministrazioni pubbliche al fine della determinazione dei
risultati della finanza pubblica dei singoli Stati.
Con il Regolamento CE 2223/96 del consiglio, in data 25 giugno 1996, relativo
al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella comunità (SEC
95), il Consiglio della Comunità economica europea ha modificato il
Sistema Statistico europeo, varando nuove definizioni e regole di calcolo delle
grandezze relative alla finanza pubblica denominate SEC 95, ed applicabili
in ogni Stato.
All’interno del SEC 95, che ha valore normativo primario poiché è stato
approvato, come si è detto con un regolamento del Consiglio delle comunità europee,
si ritrova una precisa nozione di Amministrazione pubblica, laddove è precisato
che sono da considerare Amministrazioni Pubbliche “tutte le unità istituzionali
che agiscono da produttori di beni e servizi non destinati alla vendita, la
cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali ed è finanziata
in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti
ad altri settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale
consiste nella redistribuzione del reddito e delle ricchezze del paese” (punto
2.68 del SEC 95). Deve considerarsi ente pubblico, pertanto, qualsiasi soggetto
che indipendentemente dalla forma giuridica assunta utilizzi in prevalenza
per lo svolgimento dell’attività per cui è costituito risorse
pubbliche, anziché private.
Ne consegue che, anche a livello europeo, al fine di individuare la natura
di un ente non è rilevante la forma giuridica che viene data al medesimo,
ma le risorse che utilizza per lo svolgimento della sua attività.
6.5) All’interno dell’ordinamento italiano, la individuazione
dell’effettiva natura degli organismi societari costituiti da enti pubblici è divenuta
sempre più necessaria, anche a causa delle difficoltà in cui
versa da numerosi anni la finanza pubblica.
Infatti, sin da quando è stato ammesso alla moneta comune, il nostro
Paese ha dovuto lottare ogni anno con le difficoltà per contenere il
disavanzo annuale al di sotto della soglia limite del 3% e per cercare di ridurre
il debito pubblico (ammontante ad un importo superiore al 105% del Prodotto
interno lordo annuo, anziché al 60%, come prevedono le regole europee).
Trattandosi di un impegno che riguarda la situazione finanziaria di tutta
l’Amministrazione pubblica, lo Stato si è trovato nella necessità di
introdurre anche all’interno dell’ordinamento italiano alcuni vincoli
all’attività finanziaria degli altri enti pubblici, ricalcando
quelli previsti a livello europeo, in modo da garantire il rispetto dei parametri
finanziari previsti dalle regole del “Patto di stabilità e crescita”,
concluso in sede comunitaria.
E’ stato introdotto, così, con la legge finanziaria per l’anno
1999 il Patto di stabilità interno (art. 28 della legge 28 dicembre,
1998, n. 448), prevedendo dei limiti e parametri a carico di ciascuna tipologia
di ente pubblico da prendere in considerazione al fine di calcolare gli obiettivi
assegnati a ciascun ente, in modo che le limitazioni imposte al complesso degli
enti pubblici garantissero alla Repubblica nel suo complesso di mantenersi
entro i limiti europei.
In relazione agli enti territoriali la disciplina sinora è stata mutevole
e i vincoli ed i parametri da osservare sono stati cambiati dal legislatore
nazionale di anno in anno, impedendo così agli enti di perseguire un’efficace
programmazione (art. 28 della l . 448 del 1998, art. 30 della l. 488 del 1999,
art. 53 della l. 338 del 2000, art. 24 della l. 448 del 2001, art. 29 della
l. 289 del 2002, art. 1, commi 21 – 41 della l. 311 del 2004 e art. 1,
commi 138 – 150 della l. 266 del 2005).
In particolare, con la legge finanziaria per l’anno 2006, come si è visto
sopra, si sono stabilite nuove e più stringenti regole, utilizzando
quale parametro di riferimento le spese effettuate in un periodo precedente
(l’esercizio 2004), oltretutto prevedendo un doppio limite in relazione
alla spesa corrente e a quella in conto capitale.
Così, in relazione alla parte corrente, ogni ente è tenuto a
contenere la spesa in misura pari a quella sostenuta nell’esercizio 2004,
ulteriormente diminuita di una percentuale pari al 6,5% o all’8%, a seconda
del rispetto dell’ente di specifici parametri di virtuosità.
Al fine di attenuare il meccanismo, assai rigido, alcune spese dell’ente
non sono considerate ai fini del calcolo del tetto di spesa e, in particolare,
per quanto può rilevare in questa sede “le spese per trasferimenti
correnti destinate alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato e individuate dall’istituto Nazionale di Statistica (ISTAT)
nell’elenco annualmente pubblicato in applicazione di quanto stabilito
dall’articolo 1, comma 5della legge 30 dicembre 2004, n. 311” (art.
1, comma 142, lett. c, della l. 23 dicembre 2005, n. 266).
La ratio dell’esclusione è chiara se solo si considera lo scopo
della normativa ed i suoi rapporti con i vincoli europei, come richiamati sopra.
Infatti, non risultano esclusi dal calcolo del limite di spesa i trasferimenti
effettuati in favore di qualsiasi altro soggetto pubblico, ma solo quelli diretti
a soggetti pubblici che siano inclusi nella contabilità nazionale ai
fini del calcolo del disavanzo e del debito nazionale in sede europea.
Sono esclusi, quindi, i soli trasferimenti nei confronti di soggetti la cui
natura pubblica sia stata riconosciuta dall’ISTAT in sede di contabilità nazionale
e i cui risultati concorrono al calcolo degli obiettivi di disavanzo e di debito
nazionale, poiché in relazione a ciascuno di essi sono operanti le regole
di finanza pubblica dirette a contenere le spese.
E’ ragionevole ritenere, quindi, che i trasferimenti correnti e in conto
capitale nei loro confronti debbano essere conteggiati al di fuori dei limiti
previsti per l’ente territoriale erogante poiché in relazione
alla loro attività operano verifiche e limiti particolari e peculiari.
Così stando le cose sembra chiaro che non tutti i trasferimenti degli
enti pubblici territoriali a terzi fuoriescono dal limite di spesa previsto
dai commi 139 e 140, dell’art. 1, della legge finanziaria per il 2006,
ma solo quelli diretti ad altri enti pubblici rientranti nel perimetro della
pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT.
I trasferimenti ad altri enti pubblici rispetto ai quali non sia previsto
espressamente il conteggio dei risultati nelle grandezze di finanza pubblica
(conto nazionale) debbono essere conteggiati all’interno della spesa
degli enti territoriali soggetta alle limitazioni del Patto di stabilità interno
e, pertanto, possono essere effettuati nei soli limiti di spesa previsti dai
citati commi 139 e 140.
6.6) Le considerazioni svolte sopra mettono in luce che le società a
totale partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria costituite da un
ente territoriale per lo svolgimento di alcuni compiti e funzioni pubbliche
mantengono la natura di ente pubblico ove, per il raggiungimento dello scopo
per il quale sono state istituite, utilizzino risorse pubbliche in misura superiore
a quelle private.
In tale caso, inoltre, trattandosi di enti pubblici, i loro risultati, anche
in mancanza di una specifica disciplina che preveda il loro consolidamento
con i risultati dell’ente pubblico costitutore, debbono essere conteggiati
insieme a quest’ultimo al fine di calcolare le grandezze di finanza pubblica
relative al Patto di stabilità interno, cosicché se la società durante
la sua attività genera debito non può che trattarsi di debito
pubblico.
Infatti non può che ritenersi che, anche in mancanza di specifiche
regole relative al calcolo del Patto di stabilità interno, previste
solo per gli enti presi in considerazione esplicitamente dalla contabilità nazionale,
i risultati delle società a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritariain
termini di ammontare di spese e di debito debbano essere conteggiati insieme
a quelli dell’ente pubblico costitutore poiché, in caso contrario,
quest’ultimo potrebbe trovarsi, contemporaneamente, da un parte in una
situazione di sostanziale pareggio di bilancio e sana situazione finanziaria
e, dall’altra, essere azionista di una società di capitali gravata
di ingenti debiti, dei quali dovrebbe comunque rispondere in modo illimitato
se azionista unico o pro-quota se azionista di maggioranza.
La mancata considerazione dei risultati delle società partecipate totalmente
o maggioritariamente insieme con quelle dell’ente pubblico di riferimento
comporta la possibilità che si creino situazioni occulte di debito che,
prima o poi, finiscono col gravare sulla collettività pubblica e sul
mancato rispetto degli impegni che lo Stato con il citato art. 104 del Trattato
di Maastricht ha assunto nei confronti dell’Unione Europea e degli altri
Stati europei.
6.7) Peraltro, anche in presenza di una esternalizzazione sostanziale di un’attività o
di un servizio nei confronti di un ente effettivamente privato, qualora l’ente
territoriale insieme all’attività o al servizio eroghi somme di
denaro a qualsivoglia titolo, detti importi debbono essere calcolati al fine
del rispetto dei limiti di spesa stabiliti dalla normativa sul Patto di stabilità interno.
Ne consegue che:
– il Comune di Fino Mornasco deve osservare i vincoli posti dai commi 138
e seguenti dell’art. 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e, pertanto,
ove il Consiglio comunale non assuma le iniziative necessarie per variare gli
stanziamenti contenuti nel bilancio preventivo relativo all’esercizio
2006, in modo da ricondurre la spesa pubblica di parte corrente al rispetto
della soglia di euro 2.281.150,16, il Comune nel corso dell’esercizio
2007 potrà incorrere nelle limitazioni previste dal comma 33, dell’art.
1 della legge n. 311 del 2004;
– nella disciplina dei rapporti patrimoniali e finanziari con la società per
azioni appena costituita, gli organi comunali debbono tenere conto della effettiva
natura della società e delle regole che disciplinano la finanza pubblica,
anche in relazione ai vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione
europea.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia,
segnala al Consiglio comunale di Fino Mornasco che:
– ove non assuma le iniziative necessarie per variare gli stanziamenti contenuti
nel bilancio preventivo relativo all’esercizio 2006, in modo da ricondurre
la spesa pubblica di parte corrente al rispetto della soglia risultante dai
commi 139 e 140 dell’art. 1, l. 23 dicembre 2005, n. 266, il Comune nel
corso dell’esercizio 2007 potrà incorrere nelle limitazioni previste
dal comma 33, dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004;
– nella disciplina dei rapporti patrimoniali e finanziari con la società per
azioni appena costituita, gli organi comunali debbono tenere conto della effettiva
natura della società e delle regole che disciplinano la finanza pubblica,
anche in relazione ai vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione
europea.
Depositata in Segreteria il 13 ottobre 2006