Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari ex art.37 Codice Contratti: l’incremento del quinto ex art.3 DPR 34/2000

Il requisito minimo di cui all’art. 95 comma 2 del DPR 554/99 (misura minima del 40 % dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal bando di gara in capo alla mandataria) va calcolato, considerando il beneficio dell’incremento minimo del quinto ai sensi dell’art. 3 comma 2 del DPR 34/2000.

Invero, ai sensi dell’articolo 95, comma 2 del DPR 554/99 (applicabile fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento attuativo) “Per le associazioni temporanee di imprese e per i consorzi di cui all’art. 10, comma 1, lettere d), e) ed e-bis), della legge di tipo orizzontale, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria o da una impresa consorziata nelle misure minime del 40%; la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandatanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10 per cento di quanto richiesto all’intero raggruppamento. L’impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura maggioritaria”.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 2 del DPR 34/2000 “La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata”.

Il requisito per partecipare alla gara va, pertanto, individuato alla luce del combinato disposto delle due norme sopra citate.

Dunque, se l’impresa è abilitata ad eseguire lavori di importo corrispondente alla propria qualifica aumentata di un quinto, a questo criterio deve essere improntata anche l’individuazione del requisito di partecipazione.

Requisito che va individuato nella qualifica corrispondente alla categoria dei lavori da eseguire in una fascia di classificazione che, aumentata di un quinto, corrisponda all’importo dei lavori oggetto dell’appalto.

. . . . . .

TAR Campania-Salerno, sezione I

Sentenza n. 273 del 22 marzo 2007

(presidente Portoghese, estensore Liguori)

(…)

Diritto

Preliminarmente, rileva il Collegio che nessuna sostanziale conseguenza pregiudizievole per le ricorrenti è da riconnettersi all’omesso deposito, da parte loro, dell’avviso attestante il ricevimento ad opera del Comune di Torchiara (non costituito) della notifica dell’atto di impugnazione con motivi aggiunti della determina n° 34/2006 di aggiudicazione definitiva dell’appalto dei lavori de quibus, e del verbale di consegna di questi ultimi – sotto riserva – all’impresa aggiudicataria. Ciò in quanto detta aggiudicazione definitiva risultava in effetti già oggetto di rituale impugnazione con il ricorso principale (attesa la sua adozione proprio il 13.6.2006, giorno in cui il ricorso è stato inoltrato per la notifica al Comune di Torchiara); ed altresì perché nessuna valenza provvedimentale può riconnettersi al successivo verbale di consegna dei lavori.

Ciò posto, va poi chiarito che si impone come pregiudiziale la disamina delle doglianze articolate in via incidentale dalla impresa Costruzioni Ruberto Filippo, la cui eventuale fondatezza determinerebbe l’inammissibilità – per carenza di interesse – del gravame primario. Ed invero, invocandosi, con tale mezzo, l’esclusione delle ricorrenti principali dalla gara di cui si discute (comunque per altri profili, rispetto a quello oggetto del ricorso principale; in tal senso dovendosi interpretare la richiesta di annullamento del verbale di gara dell’11.5.2006, prot. n° 1739 nella parte in cui avrebbe illegittimamente ammesso alla procedura l’A.T.I. Ediltecnica s.r.l.-Costruzioni La Porta s.r.l.; ammissione che in realtà non vi è mai stata), lo stesso assume, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, valenza pregiudiziale rispetto all’esame del gravame principale (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 8/5/2002, n. 2468; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 7/3/2003, n. 445).

E’ chiaro infatti che ove con il ricorso incidentale (c.d. diretto) venga contestata la mancata esclusione dalla gara del ricorrente principale, e sia dimostrata l’assenza di titolo all’aggiudicazione, si deduce la carenza di legittimazione dello stesso ricorrente principale (riducendosi in tal caso l’interesse di questo a contrastare i risultati della gara ad interesse di mero fatto): in tale prospettiva, all’eventuale accoglimento del ricorso incidentale potrebbe conseguire una pronuncia in rito idonea a definire il processo per difetto di una condizione dell’azione (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 344 del 18.4.1994; T.A.R. Lazio-Roma n° 12512/2006; T.A.R. Campania-Salerno n° 169/2006; T.A.R. Lazio-Roma n° 7068 del 28.8.2001; T.A.R. Campania-Salerno n° 519 del 16.11.1999).

Tale priorità logica dell’esame del ricorso incidentale viene meno solamente allorché abbiano partecipato alla gara due soli concorrenti, che propongano censure afferenti lo stesso segmento procedimentale (in termini T.A.R. Lazio, Sez. I, 25/7/2006, n. 6372).

Tanto premesso, nel merito va detto che è infondato il primo motivo del ricorso in esame, con il quale viene dedotta la mancanza, in capo alla costituenda A.T.I. ricorrente principale, del requisito di qualificazione richiesto dal bando (classifica II, €516.457,00), essendo ognuna delle due società ad essa partecipanti sì in possesso della necessaria qualifica per la categoria OG8, ma solo con classifica I (fino ad €258.228,00); per cui, assunta l’impossibilità di cumulare gli importi di cui alle rispettive classifiche, nessuna di esse, pur con l’aumento di un quinto previsto dal co. 2 dell’art. 3 D.P.R. 34/2000, sarebbe riuscita a coprire né l’importo dei lavori (pari ad euro 478.932,00), né, tantomeno, a raggiungere la soglia della classifica II richiesta in bando (ovvero euro 516.457,00).

Infatti, in contrario, va evidenziato che la possibilità di costituire A.T.I. per partecipare a procedure di affidamento di lavori pubblici è prevista dalla legge (artt. 10 e 13 L. 109/1994) onde ampliare la platea dei concorrenti, e che proprio a tal fine i partecipanti a tali entità possono cumulare le qualifiche in possesso di ciascuno di essi, purché vengano rispettati i limiti posti in proposito dall’art. 95 D.P.R. 554/1999, e cioè, per quanto qui interessa (vertendosi in tema di A.T.I. di tipo “orizzontale”, presa in considerazione dal co. 2 del detto articolo), che i requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole siano posseduti dalla mandataria nella misura minima del 40%, e che la restante percentuale sia posseduta cumulativamente dalle mandanti ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento; fermo restando, per la mandataria, il possesso dei requisiti in misura maggioritaria (cfr. T.A.R. Campania-Salerno n° 169/2006; T.A.R. Sicilia-Catania n° 43/2004).

E nel caso di specie gli esposti limiti appaiono rispettati, atteso che la somma delle classifiche possedute dalle due società interessate (la I per ognuna, suscettibile di aumento di un quinto, ai sensi dell’art. 3 co. 2 ult. parte D.P.R. 34/2000, trattandosi di qualifica superiore, come importo, al quinto dei lavori a base d’asta) determina il seguente risultato, superiore all’importo di euro 516.457,00 (riferibile alla classifica II richiesta in bando, e da considerare soglia di riferimento da raggiungere, onde aversi un trattamento uguale a quello delle imprese partecipanti alla procedura in forma singola, per le quali è appunto necessario il possesso dell’iscrizione in parola):

258.228,00 + (1/5) 51.645,60 = 309.873,60; da moltiplicarsi per le due componenti l’A.T.I.= 619.747,20.

Parimenti infondato appare il terzo motivo del ricorso incidentale (con il quale si deduce la violazione formale del bando, nella parte in cui, per le A.T.I. costituende, sarebbe richiesta la presentazione di un’unica domanda sottoscritta da tutti i soggetti partecipanti), in quanto deve dirsi che il bando imponeva non tanto la formulazione in un unico contesto documentale, quanto piuttosto la coerenza e la specularità delle istanze di partecipazione delle ditte interessate alla successiva costituzione di un’A.T.I. (al fine di non ingenerare dubbi in ordine agli impegni presi da ciascuna di esse); caratteristiche queste rinvenibili nella specie.

Pertanto, stante l’assenza di lesioni della par condicio dei partecipanti, e in applicazione del canone ermeneutico secondo il quale, in caso di dubbio, deve preferirsi l’interpretazione che favorisca la maggior partecipazione agli incanti, la censura va disattesa.

Viceversa, è fondato il secondo motivo del ricorso in esame, fondato sull’assunto che nessuna delle due società ricorrenti principali sia qualificata per la categoria di opere OG13 richiesta dal bando in relazione a specifiche lavorazioni componenti l’intervento (come incontestato inter partes, e, peraltro, dimostrato dagli attestati SOA presentati), e che perciò per detti lavori avrebbe dovuto essere da entrambe resa apposita dichiarazione in ordine al loro subappalto o concessione a cottimo a impresa munita della necessaria qualificazione, qualora aggiudicati alla loro A.T.I.: nell’occasione è lamentata – in violazione della lex specialis – l’omessa effettuazione appunto di una tale dichiarazione da parte della Costruzioni La Porta s.r.l., la quale anzi (al punto ff della propria domanda), ha espressamente affermato che, in caso di aggiudicazione, avrebbe eseguito direttamente e in proprio i lavori per la quota di sua spettanza (37,89%, mentre il restante 62,11% era previsto a carico della società mandataria, come pure incontestato tra le parti), senza ricorrere a nessun subappalto e/o concessione a cottimo.

Per contrastare l’esposta tesi, la difesa delle ricorrenti principali sostiene che la dichiarazione resa dalla Costruzioni La Porta s.r.l. sarebbe conforme alla normativa di settore, e quindi anche al disciplinare di gara, in quanto sull’importo delle lavorazioni di cui alla categoria OG13 previste in bando (pari a euro 88.059,62), soltanto una parte, per euro 33.365,79 (corrispondente alla percentuale di lavori di spettanza dell’impresa interessata, pari al 37,89%), avrebbe dovuto essere da essa eseguita, rimanendo la restante parte (per euro 54.693,83, pari al 62,11%) a carico della mandataria Ediltecnica s.r.l.: il citato importo di euro 33.365,79, sarebbe però corrispondente a circa il 7% a quello complessivo delle opere, per cui, essendo inferiore al limite del 10%, i relativi lavori avrebbero potuto essere eseguiti in proprio, in applicazione degli artt. 72, 73 commi 2 e 3, e 74 del D.P.R. 554/1999.

Tale ultima prospettazione non è tuttavia condivisibile.

Invero, l’art. 74 D.P.R. 554/1999 è chiaro nel fissare i principi in ordine ai “criteri di affidamento delle opere generali e delle opere specializzate non eseguite direttamente”, poiché al co. 1 prevede che “le imprese aggiudicatarie, in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel bando di gara come categoria prevalente possono, fatto salvo quanto previsto al comma 2, eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l’opera o il lavoro, anche se non sono in possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in possesso delle relative qualificazioni”; ed al successivo comma 2 stabilisce che “le lavorazioni relative a opere generali, e a strutture, impianti ed opere speciali di cui all’art. 72 co. 4, indicate nel bando di gara, non possono essere eseguite direttamente dalle imprese qualificate per la sola categoria prevalente, se prive delle relative adeguate qualificazioni”, pur con la precisazione che esse, “fatto salvo quanto previsto dall’art. 13 co. 7 della legge, sono comunque subappaltabili ad imprese in possesso delle relative qualificazioni”, e che “le medesime lavorazioni sono altresì scorporabili e sono indicate nei bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di tipo verticale”.

Il precedente art. 73, invece, nel riferirsi alle stazioni appaltanti, dopo aver affermato al comma 1 che “nei bandi di gara per l’appalto di opere o lavori pubblici è richiesta la qualificazione nella sola categoria di opere generali che rappresenta la categoria prevalente, e che identifica la categoria dei lavori da appaltare”, e che “si intende per categoria prevalente quella di importo più elevato tra le categorie costituenti l’intervento”; stabilisce al comma 2 che “nel bando di gara è indicato l’importo complessivo dell’opera o del lavoro oggetto dell’appalto, la relativa categoria generale o specializzata considerata prevalente, nonché tutte le parti appartenenti alle categorie generali o specializzate di cui si compone l’opera o il lavoro, con i relativi importi e categorie che, a scelta del concorrente, sono subappaltabili o affidabili a cottimo, oppure scorporabili”; ed altresì, al comma 3 che “le parti costituenti l’opera o il lavoro di cui al comma 2 sono quelle di importo singolarmente superiore al dieci per cento dell’importo complessivo dell’opera o lavoro ovvero di importo superiore a 150.000 euro”.

Ora, da tale articolato normativo scaturisce la regola per cui, se non viene posta nel bando alcuna “indicazione” circa l’esistenza di parti dell’opera o dei lavori diverse da quella considerata prevalente, l’aggiudicatario in possesso della qualificazione per quest’ultima potrà eseguire ogni lavoro previsto (anche se non in possesso delle relative qualificazioni), o comunque, in alternativa, scegliere di subappaltare ad imprese in possesso delle necessarie qualificazioni alcune delle particolari lavorazioni di cui si compone l’opera; mentre invece, una volta che (come nel caso di specie per le opere di rinverdimento, naturalizzazione lungo i corsi d’acqua, e costituzione di copertura vegetale) una lavorazione relativa ad opere generali (nella fattispecie OG13) sia stata oggetto di specifica indicazione nel bando di gara (in quanto parte superiore al 10% dell’importo complessivo dell’opera o lavoro), essa non potrà essere eseguita direttamente da un’impresa in possesso di qualificazione per la sola categoria prevalente (come, appunto, la Costruzioni La Porta s.r.l.), per cui dovrà, in ossequio al co. 2 del citato art. 74 D.P.R. 554/1999, essere subappaltata ad altra impresa dotata di apposita qualifica.

Né tale regola può rimanere vanificata, quando l’impresa aggiudicataria sia una A.T.I, dalla circostanza che, in rapporto al complesso dei lavori oggetto dell’appalto, l’importo delle particolari opere delle quali si discute, nella quota affidata a ciascuna impresa partecipante al raggruppamento, sia eventualmente inferiore al 10%: ciò in quanto, altrimenti opinando, si determinerebbe un’ingiustificata sperequazione tra la posizione delle imprese partecipanti in forma singola alla procedura (sempre soggette alla evidenziata disciplina), rispetto a quelle raggruppate in A.T.I., le quali invece, in conseguenza del frazionamento dell’esecuzione delle parti di opera oggetto di indicazione in bando tra più partecipanti (il cui numero è rimesso alla loro sola volontà), si troverebbero a poterle eseguire direttamente pur non essendo in possesso delle relative qualifiche, così eludendo la ratio legis finalizzata a che vi sia la garanzia che parti rilevanti dei lavori (poiché oggetto di specifica individuazione) siano eseguite a regola d’arte da soggetti appositamente qualificati, e perciò competenti.

Pertanto il ricorso incidentale va accolto, la qual cosa determina che risulta accertata l’illegittimità di una eventuale ammissione alla gara della A.T.I. Ediltecnica s.r.l.-Costruzioni La Porta s.r.l.

Tanto, a sua volta, implica, secondo quanto esposto in precedenza, una pronunzia di inammissibilità per carenza di interesse delle domande annullatorie proposte con il ricorso principale e i connessi motivi aggiunti.

A questo punto rimangono da esaminare soltanto le domande di risarcimento danni contestualmente proposte dalle imprese ricorrenti.

Dette domande rientrano indubbiamente nella giurisdizione del Giudice Amministrativo, in applicazione dell’art. 7 co. 3 L. 1034/1971, nel testo modificato dall’art. 7 L. 205/2000.

In proposito va premesso che il dibattito giurisprudenziale e dottrinario riguardo al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione di interessi legittimi è tuttora aperto, sebbene vi siano state ormai numerose e autorevoli prese di posizione.

Questo Tribunale, però, ponendosi nel solco tracciato dall’Ad. Plen. del Consiglio di Stato con la decisione n° 4 del 26.3.2003 (nonché dalla Corte di Cassazione con la sentenza n° 4538 del 27.3.2003), ritiene che non sia possibile nel vigente sistema di giustizia amministrativa (nel quale sono previsti rigidi termini per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi e non è consentita la disapplicazione da parte del giudice di atti di natura non regolamentare) un accertamento “incidenter tantum” dell’illegittimità di un provvedimento amministrativo, cosicché l’azione di risarcimento del danno, proposta unitamente all’azione di annullamento o in via autonoma, è ammissibile e resta procedibile solo a condizione che sia stato tempestivamente impugnato il provvedimento che si assuma illegittimo, e sia coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento, essendo necessario e vincolante in sede di decisione sulla domanda di risarcimento un previo o contestuale accertamento circa l’illegittimità dell’atto operato dal giudice amministrativo in sede di giudizio di impugnazione.

Posto questo assunto, nel caso di specie deriva che, essendo risultata inammissibile l’impugnativa dei provvedimenti lesivi della posizione delle ricorrenti e che si assumevano illegittimi (cioè l’atto di esclusione dalla gara di appalto, quello di successiva aggiudicazione alla impresa Costruzioni Ruberto Filippo, e il disciplinare di gara in parte qua), risultano improcedibili le domande di risarcimento riferibili a pretese lesioni delle posizioni di interesse legittimo di cui erano titolari le imprese destinate a far parte della costituenda A.T.I. di cui si è discorso.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione I di Salerno, definitivamente pronunziando sul ricorso di cui all’epigrafe, con i connessi motivi aggiunti, proposto dalla Ediltecnica s.r.l. e dalla Costruzioni La Porta s.r.l., in proprio e, rispettivamente, quale capogruppo e quale mandante di una costituenda A.T.I. tra le stesse, nonché sul ricorso incidentale proposto dalla controinteressata impresa Costruzioni Ruberto Filippo, così provvede:

1. accoglie il ricorso incidentale, e, per l’effetto dichiara inammissibili il ricorso principale e i motivi aggiunti a questo connessi, quanto ai profili impugnatori prospettati;
2. dichiara improcedibili le domande di risarcimento danni contestualmente proposte nel ricorso principale e in quello per motivi aggiunti;
3. condanna la Ediltecnica s.r.l. e la Costruzioni La Porta s.r.l., in solido tra loro, alla rifusione, in favore della impresa Costruzioni Ruberto Filippo, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi €2.000,00 (di cui €300,00 per esborsi; €500,00 per diritti; ed €1.200,00 per onorario), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Redazione

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