I limiti del diritto di accesso dei Consiglieri Comunali e Provinciali

E’ vero che il consigliere comunale (o provinciale) deve formulare le proprie istanze di accesso in maniera dettagliata, con indicazione degli estremi degli atti o almeno di elementi che ne consentano l’identificazione, dal momento che egli non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli per scopi emulativi o aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro limiti proporzionalità e ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’ente.

E’ altresì vero che il diritto di accesso dev’essere contenuto entro il munus pubblico, attribuito al consigliere, del controllo politico-amministrativo.

E tuttavia, al consigliere comunale (o provinciale) non può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso – da dimostrare – che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione.

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Consiglio di Stato, Sezione V

Sentenza 28 settembre 2007 numero 5020

(presidente Millemaggi Cogliani, estensore Dell’Utri)

(…)

Diritto

Con l’appellata sentenza il TAR Piemonte, Sez. II, ha accolto il ricorso in materia di accesso del signor Franco Lenti, consigliere comunale di minoranza del Comune di Pietra Marazzi, il quale aveva inutilmente chiesto all’Amm.ne di ottenere in tale qualità copia semplice, senza allegati, del libro giornale di cassa e del libro mastro dell’anno 2005.

Il TAR ha ritenuto il ricorso manifestamente fondato aderendo, in assenza di ragioni per discostarsene nel caso di specie, al condiviso orientamento espresso in fattispecie analoghe dalla giurisprudenza amministrativa, anche di quella Sezione, secondo il quale “al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo i pochi casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso – da dimostrare – che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione” (Cons. St., IV, 21 agosto 2006 n. 4855).

Il Comune appellante lamenta innanzitutto un’eccessiva genericità della pronunzia, con cui da un lato sarebbero stati ignorati tutti i rilievi logici, pratici e giuridici da esso sollevati in ordine al comportamento emulativo del richiedente – il quale ha avanzato 529 richieste per 3.542 fotocopie in due anni -, alla carenza di un suo interesse attuale, alla genericità della richiesta, al tipo di compito demandato ai consiglieri comunali (controllo politico – amministrativo e non ragionieristico – contabile);
e, dall’altro lato, non sarebbe stato tenuto conto che la stessa giurisprudenza richiamata chiede però, in linea con i detti rilievi, che il consigliere formuli le istanze in maniera dettagliata, con indicazione degli estremi degli atti o almeno di elementi che ne consentano l’identificazione, dal momento che egli non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli per scopi emulativi o aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro limiti proporzionalità e ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’ente (primo motivo).

Aggiunge poi che, se è ben vero che è consentito al consigliere ex art. 43, co. 2, d.lg. n. 267 del 2000 di avere tutte le notizie ed informazioni utili a espletare il proprio mandato, ciò dev’essere contenuto entro il munus pubblico, attribuitogli, del controllo politico-amministrativo, mentre i libri mastro e cassa non possono che servire ad un’analisi approfondita della contabilità – che inizialmente l’interessato avrebbe voluto spingere fino all’esame delle singole spese e fatture -, cioè ad un controllo prettamente contabile demandato dall’art. 239 del cit. d.lg. all’organo di revisione;
insiste, inoltre, nella mancata considerazione da parte dei primi giudici della condotta emulativa del Lenti, che impegna in 2,56 fotocopie al giorno i due dipendenti comunali addetti i quali avrebbero da sbrigare ben più importanti compiti e che porterà alla paralisi e monopolizzazione dell’Ufficio copia, con rischio di disservizi per cittadini, sicché in questa situazione sarebbe ipotizzabile quel danno patrimoniale evidenziato dal parere della Corte dei Conti da esso prodotto davanti al TAR (secondo motivo).

Insiste, altresì, nella genericità dell’istanza di accesso, in quanto il Lenti ha chiesto copia di tutti i due libri, senza precisare altro se non “senza allegati”, quando invece altre volte è stato più specifico, come in occasione della richiesta di quattro mandati (terzo motivo).

Le censure appena sintetizzate, le quali si integrano e specificano a vicenda, possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate.

Al riguardo, si osserva che il primo giudice ha – correttamente – ritenuto evidente come la richiesta dei due libri mastro e cassa fosse già di per sé sufficientemente puntuale e specifica, circoscritta nei limiti ai quali si riferiscono le pronunce citate, nonché giustificata e pertinente, a maggior ragione in quanto avanzata “in vista della convocazione del Consiglio comunale per l’approvazione del bilancio 2005” (come evidenziato dallo stesso TAR, sia pure nell’esporre le argomentazioni dell’istante), ossia realmente finalizzata all’acquisizione di informazioni al fine di consentire lo svolgimento consapevole dell’attività propria del mandato di cui è investito il consigliere comunale.

Peraltro, la difesa dell’appellato ha sottolineato, senza essere smentita da controparte, che il signor Lenti ha agito in qualità di capogruppo di minoranza e che la documentazione richiesta sarebbe stata da egli posta anche a disposizione dei consiglieri appartenenti allo stesso gruppo, con ciò prevenendone, in sostanza, le eventuali ulteriori richieste di accesso.

Che, poi, il controllo politico-amministrativo non coincida con un controllo di tipo contabile, è smentito dal fatto stesso che il consigliere comunale è chiamato istituzionalmente a pronunciarsi sull’approvazione del bilancio anche consuntivo; non senza dire che un vero controllo contabile non può prescindere dal riscontro dei dati riportati nei libri con i rispettivi documenti giustificativi, non oggetto dell’istanza di accesso di cui si controverte.

Appunto tale istanza era l’oggetto del giudizio di primo grado, e non le precedenti che avrebbero comportato un così insostenibile impegno delle strutture comunali; istanza in ordine alla quale il Comune non precisa quale impegno, a sua volta, avrebbe richiesto, giacché non indica il numero delle pagine dei libri in questione, anzi afferma di essere di dimensioni ridotte per cui è logico presumere che non si tratti di registri particolarmente ponderosi, senza che sia provato il contrario.

D’altra parte, è ben noto che per garantire l’effettività del diritto di accesso, non solo nei confronti dei consiglieri comunali ma anche in linea generale nei confronti di tutti coloro che possano esserne definititi titolari, l’ente è tenuto ad adeguare le proprie strutture e la propria organizzazione di modo che non ne risentano gli altri servizi.

Va dunque escluso che le rappresentate difficoltà ostino al corrispondere positivamente alla specifica istanza di cui trattasi, come pure che il suo contenuto esorbiti rispetto alle esigenze cognitive del consigliere comunale, strumentali all’espletamento del suo mandato.

Parimenti da escludersi è l’attinenza del medesimo contenuto ad un interesse personale dell’istante, neppure adombrata dall’appellante.

E se così è, nessun rilievo assume nella controversia il parere n. 1/2004 della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria, allegata anche in primo grado, in tema di “danno patrimoniale ingiusto”.

Peraltro, lo stesso parere evidenzia come sia riconosciuto al consigliere comunale “il pieno diritto di ottenere gratuitamente copia delle deliberazioni (…) nonché di ogni altro atto utile all’espletamento del mandato (…)” e come “a tale posizione soggettiva non può che corrispondere il dovere dell’ente territoriale di non frapporre ostacoli”, laddove il cennato danno sussisterebbe solo “ove risultasse effettivamente dimostrato che il diritto pretensivo del consigliere sia stato esercitato o consentito in modo non corretto in contrasto con le finalità di legge, così che i documenti acquisiti non sono risultati utili né per l’esercizio del mandato amministrativo, né per i fini di questo”.

Da ultimo (quarto motivo), l’appellante sospetta di incostituzionalità le norme procedimentali di cui all’art. 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i. in quanto, a suo avviso, violerebbero gli artt. 3 e 24 Cost. non prevedendo termini idonei per la costituzione in giudizio di parte resistente ed il deposito di ulteriori memorie e nuovi documenti antecedentemente all’udienza di discussione, pregiudicando in tal modo il diritto di una completa e precisa difesa anche mediante un laconico riferimento alla possibilità che siano presenti i difensori delle parti.

Ma la questione è, nella specie, per una parte del tutto irrilevante, dal momento che nel giudizio di primo grado il Comune di Pietra Marazzi ha avuto modo di costituirsi, eccepire, contraddire, depositare tutti i documenti ritenuti utili, tanto che in questa sede lamenta – come detto – che il TAR non abbia preso in considerazione tali eccezioni, controdeduzioni e documenti, ed il suo difensore ha partecipato all’udienza camerale di discussione della causa.

Per la restante parte, ossia per quanto riguardo i depositi del ricorrente il giorno anteriore alla stessa udienza, la questione è manifestamente infondata, trattandosi di rito speciale caratterizzato da snellezza e celerità in funzione dell’oggetto della controversia e, dunque, in ragione dei valori di trasparenza, imparzialità, efficacia, qualità dell’azione amministrativa che il diritto di accesso intende assicurare attraverso l’immanente controllo individuale e sociale della stessa attività.

L’appello va pertanto respinto. Come di regola, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe. Condanna il Comune di Pietra Marazzi al pagamento, in favore di Lenti Franco, delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione

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